venerdì 30 marzo 2012

Per Lombardo imputazione coatta

Il Gip Luigi Barone non ha accolto la richiesta di archiviazione presentata dalla Procura di Catania e ha disposto l'imputazione coatta per concorso esterno all'associazione mafiosa e voto di scambio aggravato del presidente della Regione
Siciliana, Raffaele Lombardo, e di suo fratello Angelo, deputato nazionale del Mpa.

Entro 10-15 giorni la Procura di Catania à coattivamente chiedere, a un nuovo Giudice per l'udienza preliminare, la richiesta di rinvio a giudizio per concorso
esterno all'associazione mafiosa e voto di scambio aggravato per il presidente della Regione Siciliana, Raffaele Lombardo, e per suo fratello, Angelo, deputato per il Mpa.

Il processo in corso, che riguarda le elezioni alla Camera del 2008 e la compagna elettorale per fare eleggere Angelo Lombardo, nasce da uno stralcio dell'inchiesta Iblis su presunti rapporti tra mafia, politica, pubblica amministrazione e imprenditoria dopo indagine avviate da carabinieri del Ros su Cosa nostra di Catania. La posizione dei due fratelli Lombardo era stata stralciata dal fascicolo principale e l'accusa iniziale di concorso esterno all'associazione mafiosa e' stata
derubricata in reato elettorale con la citazione a giudizio diretta disposta dalla Procura davanti al Tribunale monocratico.

Adesso pero', sullo stralcio dal quale era pendente l'accusa di concorso esterno all'associazione mafiosa, il Gip Barone ha disposto l'imputazione coatta per Raffaele e Angelo Lombardo, la cui posizione dovra' essere vagliata da un altro giudice che
dovra' decidere sulla richiesta di rinvio a giudizio dei due imputati.

Dimissioni nella peggiore delle ipotesi? "La peggiore delle ipotesi non esiste, quello che esiste e' la verita'. E io su questa vicenda scrivero' un memoriale". Cosi' il governatore della Sicilia, Raffaele Lombardo, ha risposto ai giornalisti che gli hanno chiesto se valuta l'ipotesi di dimettersi nel caso di rinvio a giudizio da parte del gup cui spetta la decisione sulla richiesta di rinvio a giudizio che la Procura che formulera' dopo l'ordinanza del gip che ha deciso per l'imputazione coatta per il reato di concorso esterno in associazione mafiosa.

"Non e' una pronuncia definitiva, ma una decisione che dovra' passare al vaglio di un Gip". E' il commento dell'avvocato Giudo Ziccone all'imputazione coatta per
concorso esterno all'associazione mafiosa e voto di scambio aggravato del presidente della Regione Siciliana, Raffaele Lombardo, e di suo fratello Angelo, deputato nazionale del Mpa "In quella sede - ha aggiunto il penalista - faremo valere con forza, determinazione convinzioni le nostre ragioni. Noi eravamo e siamo sereni perche' certi delle nostre ragioni".

"Decidero' con i miei avvocati se avviare la richiesta di rito abbreviato, ma non vi dico che faro' questa scelta, in conseguenza a come procederanno i fatti". Lo afferma il presidente della Regione Raffaele Lombardo. Lombardo
ha poi sostenuto che "ci sono tre ipotesi di fronte a questa vicenda: non luogo a procedere, rito abbreviato e dibattimento". Rispetto alle conseguenze che potrebbe avere la notizia dell'imputazione coatta sulla campagna elettorale per le amministrative, Lombardo ha risposto: "Non sono candidato", mi aspetto che i giornali faccinao la loro parte e attendo ancora la valutazione preliminare su questa mia vicende forte delle mie ragioni e con un'accusa che ha ritenuto di chiedere
l'archiviazione. E' bene che tutti in camapgna elettorale sappiano che tra le tre ipotesi c'e' una sentenza di non luogo a procedere".

Rainews24.it

domenica 25 marzo 2012

Leoluca Orlando, la chiarezza della politica

La candidatura di Leoluca Orlando a sindaco di Palermo ha tanti meriti , ma sopra tutto uno: ha, di fatto, determinato una netta linea di confine tra chi pratica la politica per la politica, cioè fine a se stessa, e chi continua ancora a pensare alla politica come bene comune.

Adesso il popolo del centro sinistra non ha più scuse: abbiamo assistito ad una consultazione (le primarie) che ha suscitato non pochi dubbi sulla correttezza dello svolgimento e che, al di la dei fatti oggetto di indagini da parte della magistratura, ha dimostrato il venir meno del concetto di lealtà che deve essere alla base di ogni consultazione democratica.

Di fronte ad un tale sfacelo non pochi elettori erano disorientati, delusi, quasi incapaci di reagire a metodi di vecchia politica, di ancien regime, di comportamenti che nulla hanno a che fare con la cultura con la tradizione di sinistra di questo Paese.

Orlando ha percepito tutto ciò e con grande senso di responsabilità (che gli fa onore) ha deciso di dare una speranza a chi, diversamente, non avrebbe avuto punti di riferimento. Quindi tutto chiaro, chi crede che tutto ciò sia vero non avrebbe dovuto avere dubbi su chi sostenere alle amministrative.

Ma non è stato così, abbiamo visto come partiti e singoli “politici” dopo aver per settimane gridato allo scandalo e alla espropriazione dei diritti democratici incomprensibilmente hanno deciso di fare altro, cioè di stare con quelle stesse persone che fino a ieri rappresentavano il male assoluto.

Finalmente un po’ di chiarezza. Oggi sappiamo con certezza chi preferisce far prevalere le ragioni del “bene comune” rispetto a chi preferisce operazioni di ‘Palazzo’, magari etero guidate da qualche leader nazionale che utilizza Palermo come merce di scambio per operazioni che nulla hanno a che fare con l’amore per Palermo e i palermitani.

Adesso, paradossalmente, non è più neanche importante saper chi vince come vince e se al primo o al secondo turno, adesso sappiamo chi l’etica la predica e chi l’etica la pratica.
fonte:Linksicilia

venerdì 23 marzo 2012

Orlando si candida: "Palermo? Città in default. E non può esserci candidato sindaco 'abusivo' di sinistra"


"Mi candido a sindaco di Palermo, che oggi è una città in default, con le municipalizzate in fallimento". Sono queste le prime parole, in conferenza stampa, di Leoluca Orlando, che correrà per la poltrona di primo cittadino del capoluogo siciliano.

"Le Primarie andavano azzerate e bisognava trovare un altro candidato. A Napoli sono state annullate, e' stato candidato De Magistris, la stessa cosa andava fatta a Palermo".



"A Lombardo, indagato per mafia - prosegue Orlando - dico: giù le mani da Palermo. Le primarie sono state drogate. Dopo un sindaco abusivo come Cammarata, non puo' esserci un candidato sindaco del centrosinistra abusivo"

"Caro Veltroni, giu' le mani da Palermo. Quando eri sindaco di Roma - ha proseguito Orlando - non mi sono mai permesso di interferire sulle vistre scelte. Abbi la compiacenza di lasciare ai palermitani la scelta del candidato sindaco".
SiciliaInformazioni.com

lunedì 19 marzo 2012

“Voto di scambio, primarie sporcate”

”Non è possibile lasciare che da queste primarie venga fuori l’idea che atti come il controllo del voto o il voto di scambio siano irrilevanti dal punto di vista etico e politico. Il sequestro dei verbali del gazebo di piazza Indipendenza si aggiunge all’annullamento del seggio del Zen, confermando che quello che doveva essere uno strumento di democrazia è stato macchiato da gravissime anomalie e da comportamenti lontani alla cultura del centrosinistra”. Lo dice Rita Borsellino, candidata alle primarie di Palermo

”Il rispetto delle primarie e del suo popolo – aggiunge – passa dalla questione etica e morale che per me è al di sopra di tutto: solo così si fa fede al valore democratico e partecipativo che questo strumento dovrebbe avere in sè. Oggi occorre chiudere questo capitolo delle primarie e voltare pagina, mettere Palermo in cima alle priorità – conclude – Serve una seria presa di responsabilità da parte del centrosinistra per trovare una candidatura forte e unitaria, che sia espressione di vera discontinuità e credibilità sul piano valoriale e programmatico”.
fonte: LIVEsicilia

sabato 17 marzo 2012

Ustica, fermati i risarcimenti. Motivo: il danno economico che subirebbe lo Stato


Non saranno versati, almeno non ora, gli oltre 100 milioni di euro a carico dei ministeri dei Trasporti e del Tesoro riconosciuti dalla terza sezione civile del tribunale di Palermo



È uno stop in attesa che ricominci il processo di secondo grado sui risarcimenti ai familiari delle vittime della strage di Ustica, avvenuta in 27 giugno 1980. Causa: il danno economico che lo Stato subirebbe. Sembra un paradosso, ma è così. Sciogliendo la riserva, infatti, la prima sezione civile della Corte d’appello di Palermo ha fissato la ripresa del dibattimento al 15 aprile 2015, fra oltre 3 anni, e ha sospeso l’esecutività della sentenza pronunciata lo scorso settembre “per il grave danno che il debitore potrebbe ricevere”.

Non saranno versati, almeno non ora, gli oltre 100 milioni di euro a carico dei ministeri dei Trasporti e del Tesoro riconosciuti dalla terza sezione civile del tribunale di Palermo, presieduta dal giudice Paola Proto Pisani, a una quarantina di parenti delle 81 vittime della strage. E respinta al mittente anche l’istanza che il pool legale – composto dagli avvocati Daniele Osnato, Alfredo Galasso e Vanessa Fallica – aveva presentato perché si procedesse alla liquidazione immediata degli importi anche sotto forma di buoni del Tesoro.

Ad avere la meglio, in questa fase, è stata l’avvocatura di Stato, che lo scorso 1 febbraio aveva presentato una richiesta di sospensione. Nelle ragioni presentate dal tribunale di Palermo, si legge infatti che “ritenuto che con l’appello principale non è contestato solo il quantum ma anche l’an (cioè il se, ndr) della condanna risarcitoria; che avuto riguardo alla considerevole entità della somma oggetto della condanna ricorrono i gravi motivi richiesti per l’accoglimento dell’istanza avanzata; che in considerazione della solvibilità della parte appellante non ricorrono i presupposti per prevedere specifiche forme di cauzione a garanzia del credito, per questi motivi si dispone la sospensione dell’efficacia esecutiva della sentenza”.

Per Daria Bonfietti, presidente dell’associazione che riunisce i familiari delle vittime, questa sentenza “indica la difficoltà che governo e avvocatura di Stato hanno nel rapportarsi alla verità di quella strage”. Una verità che, in base a quanto sentenziato lo scorso settembre, parla in termini espliciti di “omissioni e negligenze” che precedettero e seguirono la sciagura aerea. Da un lato, infatti, secondo il giudice Proto Pisani non era stata messa in sicurezza la tratta del velivolo soprattutto nel cosiddetto Punto Condor, dove si concentravano attività militari. E dall’altro, dopo il disastro, venne negata ai familiari la possibilità di conoscere l’esatto accadimento dei fatti a causa di di alterazioni di documenti, omissioni, segreti di Stato tali o presunti, menzogne. Di depistaggi, insomma.

“Se si decidesse una volta per tutte ad accettare che il Dc9 dell’Itavia è stato abbattuto nel corso di un atto di guerra”, ha aggiunto Bonfietti, “allora le istituzione dovrebbero presentarsi come responsabili degli ostacoli all’accertamento della verità. Responsabili che vanno ricercati proprio tra coloro che avrebbero dovuto comportarsi molto diversamente, cioè gli uomini che avevano ruoli nei ministeri e nelle amministrazioni dello Stato”.

La presidente delle vittime ex parlamentare sottolinea anche un altro fatto. “Governo e avvocatura”, dice, “sono stati rapidissimi nel chiedere il blocco dei risarcimenti. Tuttavia non abbiamo assistito alla stessa rapidità nel sollecitare le risposte alle rogatorie internazionali attualmente ancora inevase”. Il riferimento è a Germania, Francia e Gran Bretagna, interrogate nel 2008 dopo l’indicazione di presunte responsabilità materiali di Parigi nell’abbattimento dell’aereo.

E per sollecitare quelle risposte Daria Bonfietti si era rivolta lo scorso autunno al parlamento europeo, dove aveva trovato in prima istanza il supporto di Salvatore Caronna, Sergio Cofferati e David Sassoli. Oltre a esaminare la possibilità che Ustica diventi oggetto di una commissione istituita ad hoc a Bruxelles, era stato raccolto in breve il sostegno di Roberta Angelilli, del Pdl ed esponente del Ppe, oltre che vicepresidente dell’europarlamento. Inoltre all’inizio di marzo 2012 erano stato 32 i deputati italiani avevano presentato un’interrogazione alla Commissione e al Consiglio d’Europa perché a quelle rogatorie si rispondesse. Motivo: ulteriore silenzio avrebbe violato “la cooperazione giudiziaria penale sia tra i Paesi membri sia tra l’Unione e Paesi terzi”.
il Fatto Quotidiano

lunedì 12 marzo 2012

Sicilia, il presidente Lombardo “ottenne i voti mafiosi”, ma manca la prova dello scambio



Raffaele Lombardo? Ha ottenuto i voti dei mafiosi, ma non vi sono prove che abbia offerto qualcosa in cambio. E quindi la sua posizione, e quella del fratello Angelo, indagati per concorso esterno alla mafia, devono essere archiviate. Parola del procuratore di Catania Giovanni Salvi, che, sposando la linea del suo predecessore, ha ribadito stamane, insieme ai suoi aggiunti, la richiesta di archiviazione nei confronti del governatore della Sicilia al termine di un’inchiesta che ha spaccato l’ufficio del pm, diviso tra innocentisti e colpevolisti, e provocando persino la pubblicazione su un quotidiano dell’annuncio, infondato, della richiesta di arresto per Lombardo.

Nell’udienza il gip Luigi Barone ha preso tempo e ha chiesto i verbali delle deposizioni di tre pentiti, Francesco Ercole Iacona, Maurizio Di Gati e Maurizio La Rosa, che sono stati sentiti in videoconferenza il 6 marzo scorso dal Tribunale monocratico davanti al quale si celebra il processo per reato elettorale ai due fratelli Lombardo. Per Salvi, procuratore “esterno”, scelto dal Csm su una rosa che vedeva anche due candidati “interni”, Giuseppe Gennaro e Giovanni Tinebra, ci sono prove sui rapporti di Raffaele Lombardo con esponenti di Cosa Nostra “finalizzati a ottenere il sostegno dell’organizzazione criminale in occasione di competizioni elettorali, anche mediante finanziamenti provenienti dall’organizzazione e che si ritiene essere stati effettivamente erogati’’.

Non ci sono però prove sufficienti a ritenere che l’accordo suddetto si sia sostanziato “in promesse concrete dei politici”. Ora – ha concluso il procuratore – “si attende serenamente la decisione del giudice su di una complessa questione di diritto che non intacca gli elementi di fatto, ma solo la loro valutazione in termini giuridici”. Determinante per la richiesta di archiviazione è stata infatti la sentenza delle sezioni unite della Cassazione su Calogero Mannino, che restringe fortemente l’ambito di applicabilità del reato di concorso in associazione mafiosa, e che probabilmente, ha inciso anche sulla decisione di annullare la condanna a Marcello Dell’Utri.

Anche se tra i due processi, uno in fase di indagini preliminari, l’altro con due condanne, in tribunale ed in appello, quest’ultima annullata, non ci può essere alcun paragone. All’udienza a porte chiuse, assenti i fratelli Lombardo, ha poi parlato il difensore del governatore, il professor Guido Ziccone, che partendo dalla posizione della procura, ha trattato la questione relativa al reato di concorso esterno definendo generici i fatti contestati al punto da non poterli ritenere neppure frutto di un accordo. Il giudice ha aggiornato l’udienza al 28 marzo, giorno in cui è prevista l’arringa dell’avvocato Piero Granata che difende Angelo Lombardo.
fonte : il Fatto Quotidiano

Dagli amici (di Dell’Utri) mi guardi Iddio


Dunque la Cassazione ha azzerato tutto e il processo per mafia al senatore Marcello Dell’Utri è da rifare. Lui si mostra sereno, mentre Gasparri è euforico. Del resto, appartengono allo stesso partito, anzi popolo e magari sono pure amici. Benché, anche nella sentenza a favore di Dell’Utri si ribadisca che il senatore ha molti amici mafiosi. E anche se ora sembra che frequentare mafiosi non sia reato, non possiamo fare a meno di chiederci a quale scopo un uomo oberato da importanti incarichi aziendali prima e poi anche da funzioni politiche, si incontrasse con note personalità criminali. Voleva convertirli? Magari come quei vecchiacci che pagano escort minorenni, ma solo per strapparle ai pericoli e al peccato. C’è una cosa che il procuratore generale Iacoviello non ha il dovere di sapere, ma noi incalliti spettatori televisivi non possiamo dimenticare: Dell’Utri, una volta, in diretta tv, pronunciò la frase : «I pm ce l’hanno con me perché sono mafioso, pardon, volevo dire siciliano». Dopo questo clamoroso lapsus, il senatore smise di frequentare la tv, ma evidentemente non i mafiosi.
http://www.dongiorgio.it/rubri.php?id=131

sabato 10 marzo 2012

IMPUNITA ' E SALVACONDOTTI



Parafrasando Bettino: da oggi siamo tutti un pò più mafiosi. Anche se, dopo la decisione della Cassazione, si può affermare che la mafia non esiste. Perché se non esiste il concorso esterno (o se “non ci crede più nessuno”) ciò equivale a dire che non esiste nemmeno la mafia, che è tutta un “concorso esterno”, salvo quando ti fa saltare in aria con le bombe, o ti spara un colpo in bocca e ti incapretta.

Certo, nostro malgrado, ma è così.

Parafrasando Pasolini potremmo dire che, pur non avendo le prove, sappiamo quasi tutto quello che si deve sapere.

Qualche giornale ha scritto che ieri il cellulare di Dell’Utri parlava spagnolo, lasciando intendere che, forse, il braccio destro di Berlusconi stava aspettando la sentenza fuori dai confini patrii. Io penso che quella segreteria telefonica fosse una interferenza casuale. Volete che non sapesse come sarebbe andata a finire? Quello, citando Leonardo Sciascia, è un “vero uomo”, mica un “quaqquaraqquà” qualunque.

L’eroe del nostro tempo, liberato dalla mafia, è un signore, Francesco Iacoviello, che, nella sua qualità di Procuratore Generale delle Cassazione, (grazie alla ferrea memoria di Travaglio, che ha fatto l’elenco) ha nel suo curriculum “la richiesta e l’ottenimento dell’annullamento delle condanne di Squillante per IMI-Sir e di De Gennaro per il G8, e la conferma dell’assoluzione di Mannino e della prescrizione per Berlusconi nel caso Mondadori”. Giustizie sono state fatte.

Resterà nei libri di storia, meritoriamente. Nei libri di storia scritti dai vincitori. Solo in quelli, naturalmente, ma poiché sono quelli che contano, buon per lui. Arriverà alla pensione con tutti gli onori.
Giulietto Chiesa



Noi, che siamo saltati in aria – moralmente – insieme a Falcone e a Borsellino, non dobbiamo lamentarci o piangere. Questo è il risultato dei rapporti di forza politici in cui si trova questo nostro disgraziato paese. L’unica cosa che dobbiamo proporci è di rovesciare questi rapporti di forza, sempre che ne abbiamo ancora l’intenzione e il coraggio.

Giulietto Chiesa

64 anni rubati a Placido e alla Sicilia


Sono stati identificati con le prove del DNA, dopo 64 anni, i resti di Placido Rizzotto, partigiano (fu presidente dell’ANPI a Palermo), militante socialista e della CGIL, segretario della Camera del Lavoro di Corleone, sequestrato, assassinato, infoibato il 10 marzo 1948 e fino ad oggi desaparecido.

Placido era in prima fila nelle lotte per la terra e perciò la mafia, con la collusione dei latifondisti e dello stato che aveva permesso Portella della Ginestra, lo assassinò e fu sempre impedito di fare giustizia. Con l’assassinio di Placido Rizzotto e di centinaia di altri lottatori sociali e con l’impunità garantita dalle coperture statali, con l’oggettiva, organica alleanza tra mafia e conservazione, si sono risolti i conflitti sociali, per la terra, per il lavoro, e alla Sicilia e al meridione è stato impedito progresso, giustizia sociale e sviluppo.

Adesso Placido, al quale dal 2001 è intitolata la cooperativa Libera Terra a Corleone, che semina nelle terre recuperate alla mafia il suo ricordo e la sua battaglia di dignità e giustizia, avrà una degna sepoltura. Ma giustizia ci sarebbe dovuta essere 64 anni fa per Placido e noi possiamo solo guardare indietro ai 64 anni rubati a lui e alla sua terra.

di Gennaro Carotenuto

venerdì 2 marzo 2012

QUANTE SOCIETA' CIVILI ESISTONO A PALERMO ?

Palermo, i veleni delle primarie di coalizione La corsa a quattro che divide tutti

A due giorni dal voto, si inaspriscono i toni e le accuse tra i candidati. Faraone ripete che il Pd "ha pagato i manifesti a Rita Borsellino", sua avversaria. Mentre Ferrandelli, cacciato dall'Idv, incassa il sostegno di Lombardo

“Il candidato della società civile? Ovviamente sono io, gli altri sono imposti dalle segreterie di partito”. A due giorni dalle primarie del centrosinistra a Palermo è questo il leit motiv. Dopo due rinvii, qualche contrasto e parecchie polemiche, le consultazioni preliminari del capoluogo siciliano si sono guadagnate sul campo l’appellativo di “primarie al veleno”. E visto che il Pd appoggia ben tre candidati, le possibilità per il partito di Pier Luigi Bersani di rivivere la delusione e il fallimento di Genova non sono campate in aria. A Palermo sono quattro i pretendenti ai blocchi di partenza, tutti convinti di essere esclusiva espressione dell’onda arancione di Giuliano Pisapia e Luigi De Magistris.

Candidata di sicura espressione della società civile è Antonella Monastra, ginecologa sostenuta da alcuni movimenti cittadini, che per la sua campagna elettorale ha deciso di pubblicare on line il bilancio di spese e donazioni. “In periodi del genere il massimo tetto di spesa per questo grado di campagna elettorale non può superare i 10mila euro”. Del titolo di “sindaco arancione” si fregia Davide Faraone, trentacinquenne consigliere regionale del Pd, supportato dal rottamatore Matteo Renzi e dallo spin doctor Giorgio Gori, che per sostenerlo sono venuti più volte a Palermo. Tra un giro in bici per le vie della città e una partitella a calcetto con il sindaco di Firenze, Faraone ha basato la sua campagna elettorale su semplicità e chiarezza. Fino a dire agli elettori che “tutto non si può fare e bisogna essere onesti con i cittadini”. Dai suoi manifesti garantisce un immediato stop al traffico, lavoro semplice e strade pulite.
Vicinanza alla società civile è naturalmente riconosciuta anche a Rita Borsellino, protagonista della battaglia (persa per un soffio) contro Totò Cuffaro nel 2006, e ora proposta alle primarie proprio da Bersani. Ad accompagnarla in lunghe passeggiate elettorali (a piedi o in autobus) c’è Leoluca Orlando, che per sostenerla ha sbattuto fuori dall’Idv il quarto candidato alle primarie, il trentenne Fabrizio Ferrandelli. Il giovane consigliere comunale non ha comunque ritirato la sua candidatura: “A chiedermelo – sostiene – è stata la società civile, da cui provengo a differenza degli altri”. Dopo la cacciata dall’Idv, Ferrandelli ha incassato un appoggio trasversale che va dagli eurodeputati Sonia Alfano e Rosario Crocetta, e arriva fino ai dirigenti regionali del Pd Giuseppe Lumia, Antonello Cracolici e Totò Cardinale, registi della discussa alleanza con il Movimento per l’Autonomia di Raffaele Lombardo all’Ars. Un appoggio ingombrante quello su cui può contare Ferrandelli che infatti ha subito suscitato le stilettate degli altri candidati. Il rottamatore Faraone non ha perso un attimo per andare all’attacco: “Cracolici e Lumia usano Ferrandelli per prevalere su Bersani, Di Pietro e Vendola. In combutta con il presidente della regione siciliana, Raffaele Lombardo, appoggiano Ferrandelli, facendosi un baffo delle indicazioni del segretario nazionale del partito in cui militano. Ferrandelli è un candidato paracadutato da Palazzo d’Orleans (la sede della presidenza regionale)”. L’ex consigliere comunale di Idv ha immediatamente risposto per le rime: “Faraone appoggia Lombardo all’Ars insieme al Pd, tra i candidati alle primarie io sono l’unico a non conoscere Lombardo”.

Se da una parte i giovani Faraone e Ferrandelli non perdono occasione per farsi i dispetti a vicenda, riescono però a marciare compatti quando c’è da attaccare Rita Borsellino. ”Ho le prove che il Pd ha pagato i manifesti della Borsellino- ha detto Faraone inaugurando le primarie al veleno – Bersani ha smesso di fare il segretario ed è sceso in campo a sostenere un candidato, sia economicamente che politicamente. È inaccettabile, Io non gli ho chiesto né un euro, né di sostenermi, anche perché ogni volta che sostiene qualcuno il suo candidato perde le primarie. Il Pd siciliano fa ancora più schifo di quello che fa nel resto del paese”.

Stima per la sorella del giudice assassinato era stata espressa invece da Ferrandelli che però ha subito ammesso di avere dei dubbi sulla sua resistenza fisica: “Palermo non può avere un sindaco come la Borsellino, qui il lavoro da fare sarà durissimo, troppo per una persona di 67 anni”. Dal canto suo la Borsellino ha abbozzato un sorriso pacifico rifiutando di replicare alle accuse: “Non mi piace la rissa e non dovrebbe fare parte di una manifestazione democratica come dovrebbero essere le primarie. Per quanto riguarda l’età dico solo che sono coetanea di Pisapia”. Nel frattempo a soffiare sul fuoco delle polemiche ha contribuito anche Antonio Di Pietro, vittima di uno scherzo ideato da una trasmissione radiofonica. “Adesso dobbiamo vedere che succede domenica a Palermo – si è lasciato sfuggire il leader di Idv pensando di parlare al telefono con Nichi Vendola – Non vorrei che paradossalmente quello che è uscito da me va a vincere e noi che abbiamo sostenuto la Borsellino…”. Quello “uscito da lui” è Fabrizio Ferrandelli che, facendo i dovuti scongiuri, ha risposto piccato al suo ex leader : “Di Pietro mi conosce benissimo, il suo modo di parlare fa capire benissimo quasi sono le condizioni di libertà nel mio ex partito. A questo punto spero che le sue parole mi siano di buon auspicio”.

E mentre Faraone annuncia di non voler più partecipare a incontri con gli altri candidati delle primarie “perché sono solo controfigure”, a Palermo c’è già chi ipotizza come i veleni possano continuare anche dopo il voto del 4 marzo: qualcuno tra gli sconfitti infatti potrebbe comunque candidarsi sindaco. Un’ipotesi che decreterebbe il fallimento definitivo delle primarie a Palermo. Ma che già da ora potrebbe avere una motivazione facilmente prevedibile: a chiedere la candidatura forzata dello sconfitto sarebbe ovviamente la società civile. Resta solo da capire quante società civili esistano a Palermo.
fonte : il Fatto Quotidiano