mercoledì 30 marzo 2011

729 anni fa a Palermo...

Si vuole che, quando l'Arcivescovo Gualtiero Offamilio, pose la prima pietra per la erigenda Chiesa di Santo Spirito, per un eclissi, oscuravasi il sole. Ciò nell'anno 1173.

Sorse così la Chiesa e l'annesso monastero di Santo Spirito nella grande pianura che, per decreto del viceré Caracciolo, nel 1782, divenne il cimitero di Sant'Orsola.

Era costume dei Palermitani, recarsi il lunedì di Pasqua in quella grande pianura, per mangiare all'aperto e divertirsi.

Giovanni di Saint Remy, giustiziere di Val di Mazara, aveva proibito ai cittadini, nell'anno 1282, pena la vita, di portare armi.

Droetto, ufficiale francese, avendo ammiccato fra la folla una leggiadra giovinetta, decise, malgrado quella fosse in compagnia dei genitori e del fidanzato, di metterle le mani nel petto, con la scusa di accertarsi se avesse armi nascoste. La giovane donzella, a quell'atto, gridò e svenne.



L'insulto fatto ad una fanciulla fu la scintilla che provocò la ribellione, che doveva propagarsi rapidamente in tutta l'Isola.

Un ardimentoso giovane, accortosi di quell'atto inverecondo, trasse dal fianco stesso del francese, la spada, e gliela immerse nel seno. In quel mo­mento le campane annunziavano l'ora del vespro. Un grido solo eruppe dal petto degli astanti: — Muoiano i Francesi! —

I Palermitani armatisi di sassi li scagliarono contro i Francesi.

Il gesto di Droetto fu come la goccia che fa traboccare il vaso già colmo.



La zuffa fu breve, ma la strage fu grande : duecento erano i francesi e due­cento ne caddero. Gli insorti corsero alla città e ripeterono il fatidico grido : — Morte ai Francesi! —. Quella stessa notte il popolo palermitano, aduna­tosi a Parlamento, stabilì di reggersi a Comune sotto la protezione della Chiesa. Suscitata così la rivolta, i baroni corsero alle loro terre, animando dappertutto il popolo a seguire l'esempio di Palermo. Questa formidabile rivolta, combattuta con sassi, coltelli e bastoni, fu la più eloquente espres­sione del carattere siciliano, che, di fronte alla tirannide, insorse con uno scatto spontaneo ed impulsivo.

Il grido di « Muoiano i Francesi! » fu da Dante raccolto e rivestito di poesia (1):

E la bella Trinacria, che caliga

tra Pachino e Peloro, sopra 'l golfo

che riceve da Euro maggior briga,

non per Tifeo ma per nascente solfo,

attesi avrebbe li suoi regi ancora,

nati per me di Carlo e di Ridolfo;

se mula signoria, che sempre accora

li popoli suggetti, non avesse

mosso Palermo a gridar « Mora! Mora! ».

Nella riunione della notte seguente l'eccidio, i Palermitani dessero come loro capi Ruggero Mastrangelo, Nicolo Ebdomonia, Arrigo Baviero e Nicoloso Ortoleva. Ripresero il loro vecchio vessillo: l'aquila d'oro in cam­po rosso. Giovanni di Saint Remy con un pugno di animosi, sperava di tener testa ai rivoltosi; ferito in volto, fuggì sperando di trovar riparo al castello di Vicari, ma raggiunto dai rivoltosi di Palermo e da quelli di Caccamo, fu ucciso.

Sul finir d'aprile non v'era più traccia del dominio francese in Sicilia. Carlo d'Angiò, ordinò a Erberto di domare Palermo, ma la rivolta di Mes­sina lo costrinse a sollecitare aiuti in Francia. Con un grosso esercito e col legato del Papa armato di scomuniche, Carlo mosse sopra Messina, dopo di essere sbarcato in Milazzo.



I Messinesi respinsero eroicamente l'assalto, deposero Mussone, primo loro capitano del popolo, che s'era lasciato sconfìggere, ed dessero Alaimo da Lentini, vecchio ma savio. Dopo tre giorni re Carlo ritentò la battaglia, ma anche questa volta i Francesi furono respinti. Anche le donne, veglia­rono sui destini della loro città e, quando una notte le truppe di Carlo ten­tarono di scalare le mura della Capperina, le donne affrontarono il nemico e gridarono soccorso. I cittadini accorsero e i Francesi furono inseguiti. I nomi di Dina e Clarenza (le due donne che ritroviamo raffigurate nel cam­panile di Messina) si resero celebri per il loro eroismo.



Re Pietro d'Aragona giocò di astuzia, diede ad intendere che il Queralt e il Castelnau sarebbero andati dal Papa, mentre segretamente li inviò in Palermo per far conoscere che era pronto a debellare Carlo d'Angiò.

Dopo tale annuncio re Pietro, il 4 settembre, giunto in Palermo, intimò a Carlo di abbandonare la Sicilia, e corse subito a dare aiuto a Messina.

Ordinò nel frattempo all'ammiraglio Ruggero di Lauria di recarsi con tutte le galère siciliane e aragonesi a combattere improvvisamente l'armata Angioina.

Intanto Arrighino da Genova, ammiraglio di Carlo, fu di ciò avvisato da una spia. Consigliò quindi Carlo di oltrepassare lo stretto di Messina.

Quando giunse il Lauria, molte galère avevano di già guadagnato la costa calabrese, ma potè sempre distruggere quelle che non avevano fatto in tempo ad allontanarsi.



Così Messina, con la virtù completò la liberazione dal dominio gravoso degli Angioini della Sicilia, che Palermo a suo onore e vanto aveva iniziato il lunedì di Pasqua del 1282. Essenzialmente popolana e borghese, senza che alcun nome di feudatari potenti vi figurasse nel suo primo periodo, la rivoluzione del Vespro, per cinque mesi non suonò che repubblica, federa­zione di Municipi a modo Guelfo sotto la tutelare autorità della Chiesa (l). La guerra tra Angioini ed Aragonesi, si concluse nel 1302 con la pace di Caltabellotta, cittadina fondata dagli Arabi.



TRATTO DA STORIA DI SICILIA DI G.GANCI BATTAGLIA



(1) Paradiso - Canto Vili, versi 67-75.



(1) L'indomani del Vespro si ribellarono ai francesi tutte le città vicine, prima fra tutte Corleone, che il 3 Aprile inviò i suoi ambasciatori a Palermo per realizzare una lega per la comune difesa. Questo patto diede vita al primo nucleo della Federa­zione Siciliana dopo la rivoluzione contro i francesi. Per Palermo firmarono i capi­tani del popolo « Ruggiero Mastrangelo, Arrigo Baverio, Niccolo D'Ortilevo Militi e Niccolo d'Ebdemonia, il governatore della città giudice Jacopo Simonide e i consi­glieri Tommaso Grillo, Simone de Farrasio, Perrone di Caltagirone, Bartolotto de Milite, Luca de Guidayfo, Riccardo Fimetta Milite e Giovanni de Lampo; per Corleo­ne gli oratori di quella città. Guglielmo Basso,, Guifone de Miraldo e Guglielmo Corto.

I due Comuni, in forza di tale patto si impegnavano all'unione, alla fedeltà, ed alla fratellanza. Nel contempo dovevano aiutarsi nella difesa con armi, persone e denari e assicurava i diritti della reciproca cittadinanza e le franchigie dalle imposte sui dazi.

martedì 29 marzo 2011

Munnizza più monnezza !

La Sicilia dell'emergenza rifiuti "importa" immondizia dalla Campania. In base a un accordo fra la società che gestisce la discarica di Mazzarrà Sant'Andrea, provincia di Messina, e la Sapna, l'azienda pubblica che gestisce il ciclo dei rifiuti a Napoli, è in corso da qualche settimana il trasferimento nell'Isola di 25 mila tonnellate di spazzatura. Rifiuti trattati nei siti di Giugliano e Tufino e spediti a Sud: così la Campania allevia le proprie sofferenze, quelle che nei mesi scorsi hanno proiettato nel mondo le immagini dei cassonetti ricolmi e delle proteste di piazza. Ma la destinazione finale dei rifiuti è un'altra regione, la Sicilia, che non sta molto meglio: tanto da diventare oggetto, sin dal luglio scorso, di una dichiarazione di stato di emergenza da parte del governo nazionale. Una storia che ha poi un risvolto incredibile: la Regione, di questa operazione, ufficialmente non sapeva nulla. E ora l'assessore all'Energia e ai Rifiuti, Giosuè Marino, ha disposto un'ispezione. Anche per capire se l'Isola, in questo momento, accoglie spazzatura pure in altre discariche. Il caso è già politico: Franco Piro, dirigente del Pd, reputa "assurdo e paradossale" il fatto che una Regione in emergenza "importi ingenti quantitativi di spazzatura che vanno a saturare le poche discariche disponibili. Ed è incredibile che né il commissario delegato (il governatore Lombardo, ndr) né l'assessore competente ne sappia nulla. Tutto ciò apre un altro scenario inquietante: sul fronte dei rifiuti i controlli sono inesistenti".
Da fine gennaio è un via vai di camion sulla rotta fra la provincia napoletana e le colline messinesi. Il carico ha un nome in codice: 19.12.12, ovvero scarti della lavorazione del compost. Rifiuti trattati, o meglio biostabilizzati e tritovagliati, per usare termini tecnici che indicherebbero comunque materiale poco nocivo per l'ambiente. E, soprattutto, in grado di viaggiare da una regione all'altra senza bisogno di autorizzazioni. "Si tratta di un accordo privato per smaltire rifiuti speciali, e non solidi urbani, che possono dunque essere trasferiti senza previo accordo fra gli organi regionali", dice Pino Innocenti, amministratore delegato della Tirrenambiente, la spa che gestisce il sito di Mazzarà Sant'Andrea. Innocenti fornisce le cifre senza remore: "Abbiamo già accolto 11 mila tonnellate di rifiuti, e non è un dato aggiornatissimo. Secondo le nostre stime, entro i primi giorni di aprile l'intero quantitativo sarà trasferito a Mazzarà. Venticinquemila tonnellate possono sembrare molte, ma il nostro sito ne può accogliere un milione e 700 mila. Non è un business, anzi operiamo in ossequio al principio di solidarietà. Cosa dire allora del percolato siciliano portato in Calabria?" Il trasporto dei rifiuti è stato affidato a un'associazione di imprese costituita dalla ditta D'Angelo di Alcamo e dalla Profineco di Palermo. Proprio Vincenzo D'Angelo ha detto al giornale messinese "Centonove" che non è solo filantropia quella che muove i gestori delle discariche siciliane: "Molti mi fanno la corte: una parte sostanziosa dei 200 euro a tonnellata va a loro. E Tirrenoambiente, per quanto mi risulta, se non avesse avuto questi rifiuti avrebbe dovuto chiudere per mancanza di liquidità".
Ma l'assessore Marino ora vuole vederci chiaro: "Venticinquemila tonnellate? È proprio sicuro?", chiede al telefono. Poi afferma: "Su questa vicenda ho già disposto una verifica, che deve coinvolgere anche l'amministrazione provinciale di Messina chiamata a fare i controlli. A questo punto serve un'indagine ad ampio raggio, per capire se altri siti siano interessati da flussi di rifiuti in entrata. Il problema non è la liceità degli accordi. Ma la Regione deve sapere se la capacità delle discariche comprese nel piano per l'emergenza siciliana si va esaurendo per l'arrivo di rifiuti da altre zone d'Italia".

fonte: la Repubblica

domenica 27 marzo 2011

IL NOBEL PER LA PACE AGLI ABITANTI DI LAMPEDUSA

La grande tragedia che travolge migliaia di esseri umani in fuga dalla miseria e dalla morte pesa in modo straordinariamente sproporzionato su di una sparuta comunità di isolani, gli abitanti di Lampedusa.
Ormai da parecchi anni accolgono come possono i profughi africani che raggiungono l'isola, (vista secondo l'immagine che la società opulenta ama dare di sé) come il primo avamposto di un mondo migliore nel quale ricominciare a vivere.
Oggi il numero dei profughi supera quello degli abitanti, ma i lampedusani, pur disperati per essere impotenti di fronte alla inarrestabile invasione, abbandonati dallo stato e dalla comunità internazionale, fatti strumento di luride speculazioni politiche, continuano a dar prova di generosità, apertura e capacità di comprensione, che non trovano certo riscontro laddove ricchezza e abbondanza di mezzi non difettano.
L'esempio che continuano a dare costituisce, perciò, una grande lezione di civiltà, tanto più preziosa e straordinaria perché data senza condizioni e pregiudizi.
Questo esempio non deve essere oscurato o travolto dalla grettezza e dal razzismo di contesti politici e culturali che sembrano prevalere e montare in tutta Europa.
Perciò la “lezione” che i lampedusani stanno dando a tutto il mondo merita il più prestigioso riconoscimento internazionale.

sabato 26 marzo 2011

E ORA CHIEDETECI SCUSA!!!

La seguente lettera,verrà inviata a tutti gli organi di (dis)informazione italioti: stampa,TG,programmi di approfondimento. Vi prego di fare lo stesso anche voi. Facciamo sentire a tutti che siamo stanchi delle loro menzogne!!!


Per Napoli si profila un'altra emergenza rifiuti. L'ennesima in 20 anni. Con essa,arriveranno le polemiche,e gli immancabili insulti ai napoletani. "Napoli,rifiuto del mondo",tra i titoli meno offensivi degli ultimi tempi. Ma prima che si ripeta lo stesso copione,a nome di tutti i napoletani: PRETENDIAMO LE VOSTRE SCUSE E SOPRATTUTTO CHE SI DICA LA VERITA'. Perchè nessun giornale,Telegiornale o programma di approfondimento dice che l'emergenza rifiuti in Campania è stata creata a tavolino da chi aveva interessi economici in questo "business"? Perchè non ho mai letto nè sentito il nome di ROMITI,di IMPREGILO,dell'ABI,dei politici locali e nazionali,della Banca Sanpaolo IMI? Eppure,esistono inchieste giudiziarie e fascicoli aperti dalla Magistratura a riguardo. D'altro canto,perchè "infangare" il nome di chi vi paga lo stipendio o degli amici di,quando possiamo tirare in mezzo i "soliti napoletani"? Che sarà per loro,rifiuto del mondo,un insulto in più o uno in meno? D'altro canto,se anche non fosse vero che l'emergenza rifiuti è stata creata dalle loro pessime abitudini,chissenefrega? A noi mica interessa fare informazione. Ciò che ci interessa è salvaguardare il deretano di chi ci paga. Non è vero? La cosa veramente sconcertante è l'unità di intenti che arriva dagli organi di (dis)informazione di qualunque schieramento. Non importa che si sia di destra o di sinistra. L'importante è non far sapere la verità al mondo. E cioè,che i napoletani sono VITTIME del "sistema rifiuti",non certamente gli artefici. E che importa se,oltre alla Magistratura, esistono persone "indipendenti",professionisti come Travaglio,Santoro,Caporale,Gentilini,Saviano,Rabitti ed altri,che tentano disperatamente,in un magma di menzogne e giornalisti prezzolati,di far sapere la verità a tutti....tanto,ce l'abbiamo bella e pronta la scusa...e che importa se il WWF ha evidenziato che nei quartieri di Napoli in cui è stata avviata la raccolta differenziata,si raggiungono percentuali svizzere,fino oltre il 90%. E a chi importa se Portici,a 10km da Napoli,è una città esemplare in tal senso.E a cosa serve ricordare che l'Italiaunita S.P.A. si è beccata una bella multa per il modo VERGOGNOSO in cui è stata gestita la situazione e l'eurodeputata Merkies era letteralmente INORRIDITA per le discariche nel parco nazionale del Vesuvio. Ma adesso basta. Siamo stanchi delle vostre menzogne,pennivendoli senza scrupoli che infangate la nostra reputazione. Noi napoletani esasperati,ci attiveremo con tutti i nostri mezzi per far conoscere al mondo la verità. E grazie ad internet(e non certo a voi) possiamo sperare che la verità arrivi anche oltre confine. A chi ha orecchie per ascoltare.

di : Drusiana Vetrano



 

venerdì 25 marzo 2011

Lampedusa è la metafora della Sicilia.

Lampedusa è la metafora della Sicilia. Tutto ciò che succede a Lampedusa, accade anche in Sicilia, solo che in Sicilia cade una specie di nebbia che non ci fa vedere niente. Una nebbia fatta di parole, mezze parole, distinguo che non fanno capire niente a nessuno. Ogni evento viene rappresentato in un modo o nel suo opposto per spiegare comportamenti e decisioni del governo di Roma. Prevale l’appartenenza politica, non i bisogni dell’Isola.

E’ stato sempre così, continua a rimanere così. Solo che da una ventina di anni a questa parte, la soggiacenza della Sicilia è diventata più grave, intollerabile. La presenza della Lega Nord ha trasformato la tepidezza dei governi della Prima Repubblica e la loro gerarchia degli interventi (a sfavore del Mezzogiorno d’Italia), in una avvilente regola: non più e non solo due pesi e due misure ma anche la salvaguardia, sempre e comunque, degli interessi padani.



Lampedusa è stata lasciata “sola” con l’invasione degli immigrati. Hanno mandato poliziotti e null’altro. Nemmeno l’acqua. L’isola non ha acqua potabile, l’isola è invasa da derelitti, poveri disgraziati e qualche sciagurato: scappano dalla guerra, dalla fame, dalla tirannia.

Migliaia di uomini e donne affollano ogni angolo di Lampedusa. Non hanno un luogo in cui dormire, attendere alla loro igiene, consumare un pasto. La gente del posto non sa più a che santo votarsi. Un comportamento civile, responsabile, una lezione per tutti.

I ministri leghisti, che contano quanto e più del resto del governo, vogliono che l’Europa ci aiuti a smaltire la folla di clandestini; hanno un solo problema, che questi disgraziati non arrivino al Nord. Dopo avere lanciato allarmi apocalittici sul numero di immigrati, non sono riusciti a organizzare strutture di accoglienza, lo smistamento immediato dei profughi lasciandoli a Lampedusa. Per giorni non si è trovato il modo di portarli altrove. Dove? Naturalmente, in Sicilia, a Mineo, o un poco pià a nord, ma non troppo. In Puglia, per esempio.

I leghisti hanno messo le mani avanti, avrebbero accolto i profughi di guerra ma non i clandestini. Con una faccia tosta inaudita il governatore leghista veneto, Zaia, dopo avere dato la sua disponibilità ad accogliere la sua parte di profughi, ha precisato che, per quanto lo riguardava, a Lampedusa non erano sbarcati profughi. Non è furbizia, è qualcosa di più: un’offesa verso quel pezzo di Sicilia o Meridione che si tiene clandestini e profughi, ancora non separati, perché nessuno ha proceduto ad un esame individuale dei soggetti sbarcati.

I sindaci del Catanese sono arrabbiati, e ne hanno ben donde, il presidente della Regione vuole un Consiglio dei ministri dedicato agli immigrati. Difficilmente otterranno quello che chiedono, una parità di trattamento, un’accoglienza “allargata” con la distribuzione degli immigrati in tutte le regioni d’Italia. Lo scetticismo è dovuto al fatto che la Lega Nord “domina” le decisioni del governo e si mette di traverso ad ogni scelta che possa in qualche modo provocare problemi ai padani. I leghisti hanno avversato l’intervento umanitario in Libia e messo in discussione le buone ragioni della risoluzioni delle Nazioni Unite – quelle che mandano Gheddafi davanti alla Corte internazionale e l’altra, che prevede la no-fly zone – per evitare che fossero messi i barconi in mare.

Miopia pura. La guerra civile in Libia, chiunque fosse prevalso, avrebbe provocato la fuga di masse di diseredati.

fonte: SiciliaInformazioni.com

UN PROCESSO

- Si aprano le porte ed entrino gli imputati,

quali sono i reati a loro contestati? -



- Signor Giudice, sono rei d’assassinio d’innocenti,

difensori di pensiero libero e sentimenti,

nel corso di una lunga guerra di Potere,

che affratellava camicie rosse, bianche e nere.

In quel tempo, un silente messaggio persuasivo

costoro lanciarono in modo subdolo, ma invasivo:

“Distruggi il diverso, è un tuo nemico,

solo con lo stesso pensiero può esserti amico.

E se zitto e buono con noi starai

ed alle nostre regole tu obbedirai,

prerogative e vantaggi potrai avere,

e successo e denaro potrai ottenere.”

Gli imputati ben conoscevano l’animo umano,

facilmente disposto a diventar mercenario.

Un esercito di venduti si pose al loro fianco,

piegandosi e applicando le regole del branco,

rinunciando, allegramente, alla propria libertà,

e adeguandosi ad una disumana mentalità.

La discordia germogliava da mattino a sera,

frutto del principio del dividi et impera,

menzogne e raggiri alimentavano un caos quotidiano

e avere fiducia nell’altro era ingenuo e vano.

L’insegnamento del Principe Machiavellico

fu il principale strumento bellico,

il famoso motto avrebbe, infatti, giustificato,

ogni sporca infamia e male arrecato.

Sull’altare del Potere i sentimenti furono sacrificati,

se d’intralcio ad esso, gli affetti andavano immolati,

senza rimorso, venne calpestata l’umana dignità,

e nessuno mostrava alcun cenno di pietà.

Questa guerra gli uomini in bestie trasformava

e custodire la propria umanità ai margini condannava.

I valori universali dell’uomo, sempre eterni,

non si confacevano più a quei tempi moderni:

gli ideali che illuminano il terreno cammino,

ritenuti inutili, erano stati buttati nel cestino.

Coloro che si opponevano a questo regime

erano condannati ad una disgraziata fine,

fatalmente perdevano casa, figli o lavoro,

stroncati dalla mancanza del proprio tesoro.

Il loro triste e perdente modello dimostrava

cosa sarebbe accaduto a chi non si adeguava,

e capacità di una faticosa e logorante resistenza

era possibile solo con una ben radicata coscienza.

Risorgere da umane macerie pareva una chimera,

e, per l’omertoso muro d’indifferenza che c’era,

inutilmente veniva cercata d’aiuto una mano,

restando privati, anche, del salubre calore umano.

A brama di suicidio gli oppositori furono istigati,

dopo essere stati torturati ed emarginati,

e la morte fu considerata unica via di salvezza,

per porre fine a così tanta tristezza.

Solo una caparbia ricerca di Giustizia li ha salvati

e dalle proprie ceneri i sopravvissuti sono risuscitati. –



- Ma vostro Onore, replicano gli imputati,

si tratta d’accuse da parte di poveri malati,

neanche un solo proiettile in questa guerra fu sparato

e un cadavere a terra non si è mai contato.

Come possiamo essere ritenuti assassini,

senza macchiarci di sangue di morti lontani o vicini?

Un sistema sociale già corrotto era tutto da cambiare

e per raggiungere tale fine dovevamo comandare.

Ingiustizie e corruzioni c’erano sempre state

e noi le abbiamo vistosamente moltiplicate,

per provocare, prima o poi, una sociale reazione

da cui far nascere una nuova Nazione.

E’ vero, abbiamo fatto la prima mossa

ma tanta gente aveva bisogno di una grande scossa,

un popolo di dormienti andava risvegliato

ed usando astuti mezzi e con l’inganno, abbiamo osato.

La religione è un efficace strumento di potere

e come Dei in terra ci dovevano temere,

dirigendo, con mistero, dalle nuvole celati

sudditi docili e obbedienti, da noi ben addestrati.

Per essere temibili stroncavamo ogni opposizione,

neanche un santo era esentato da carota e bastone,

e se un grave peccato noi scoprivamo,

a causa delle loro stesse colpe, li ricattavamo.

Il nostro continuo spargere dolori e sofferenze

serviva, anche, al risveglio delle coscienze,

e con la promessa di un terreno paradiso,

a chi si sottometteva schiarivamo il viso.

Bastava dare pancia piena e divertimenti,

non chiedevano altro per essere contenti.

Tanta gente non si curava di Giustizia e Libertà


e accettava soprusi e prepotenze come normalità,


era sempre pronta a tradire il proprio amico

pur di avere un banale e possibile beneficio

e la scelta di diventar nostri schiavi

fu conveniente per una pavida massa d’ignavi.

Tutti con un prezzo maggiore o minore

pronti ad osannare un qualsiasi dittatore,

anche un demonio avrebbero servito

pur di sfamare il loro terreno appetito.

Le loro colpe e debolezze abbiamo sfruttato

per avere il comando di un gregge omologato,

poiché un branco di persone è più facile da guidare

quando nessuno in modo libero riesce a pensare,

idolatrando, più di tutto, noi Dei in terra

che azionavamo il meccanismo di questa guerra. -



La parola, infine, passa al Magistrato,

che così riassume ciò che è stato argomentato:

- Con delirio di onnipotenza e presunzione

voi imputati, torturaste il galantuomo e il mascalzone,

trasformando gli uomini in legnosi burattini,

pronti ad ubbidire unicamente ai vostri fini

Il perseguimento dei dichiarati scopi, seppur nobili,

non può mai giustificar l’uso di mezzi ignobili

e violare la psiche umana e bandire i sentimenti

non vi rende, al mio cospetto, innocenti.

Saranno i posteri a giudicare la Storia,

poiché di questi fatti rimarrà scritta memoria,

ma, oggi, dalle vittime Giustizia è reclamata

e la Legge della Vita va sempre rispettata.


Pertanto, sentenzia il Giudice, con un amaro sorriso,


siete colpevoli perché agli uomini l’anima avete ucciso,

con perversa strategia annientaste mente e cuore

ed è per questo che vi dichiaro assassini del Dio Amore. –

_



A tal punto lo scrittore esce di scena,

richiamato dalla melodia di una sirena,

non cerca applausi, caro e paziente lettore,

poiché, della Giustizia, è solo un sognatore.

di : SILVANA CATALANO

mercoledì 23 marzo 2011

Lampedusa, sequestrata dal governo leghista

Governo bifronte: partecipa alla coalizione internazionale per impedire al colonnello Gheddafi di fare pulizia dei suoi nemici, ammazzandoli come cani, ma non crede che la sollevazione di popolo abbia un fondamento e che il Raìs usi le armi per sedare la rivolta. I governatori leghisti, che fanno parte della maggioranza di governo, sono disponibili ad accogliere gli immigrati che si affollano nell’Isola di Lampedusa, ma a patto che siano profughi di guerra, altrimenti niente. Zaia, il governatore veneto, sostiene fino ad oggi non siano arrivati profughi a Lampedusa, mentre il sottosegretario Castelli non crede all’offensiva armata del regime libico.

L’Italia è il ventre molle della coalizione internazionale con la sua ambiguità ed i suoi distinguo. Le priorità leghiste sono gli sbarchi di clandestini e gli interessi delle aziende italiane da tutelare, vogliono che la flotta navale internazionale al largo della Libia faccia anche l’embargo di esseri umani che scappano dalla guerra e dalla fame, respingendo i barconi e riportandoli indietro. Dove e come?

Una risposta è impossibile, così come è impossibile fare uno screening fra profughi e non. Ci vorrebbero mesi. Il risultato è che Lampedusa e, probabilmente, la Sicilia si devono tenere gli immigrati, comunque vada, trasformando la ridente isola in un girone infernale sia per gli abitanti quanto per il popolo in fuga, che non ha un luogo in cui dormire, lavarsi e mangiare.

Tutto questo non è solo sbagliato, ma immorale.

Lo scetticismo del sottosegretario Castelli sulle buone ragioni della coalizione e i guai provocati dal Colonnello Gheddafi non è una eccezione, il governo si rispecchia in questa posizione e a cominciare dal Premier si comporta come se fosse stato tirato per i capelli dentro il conflitto. Deve starci dentro per non perdere il posto al tavolo della distribuzione delle spoglie, per salvaguardare i buoni affari ed evitare che i clandestini giungano in Padania. Nulla di più.

L’incredulità di Castelli, e non solo la sua, sui crimini compiuti da Gheddafi è la spia di questo stato d’animo diffuso nel governo. Non è una novità, la cautela della “vigilia” del conflitto fu una esemplare manifestazione di “indiretto” dissenso verso le notizie ufficiali, che raccontavano di massacri compiuti dai mercenari di Gheddafi, che stanavano i dissidenti casa per casa. Massacri che avevano indotto il consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ad esprimere una riprovazione nei confronti di Gheddafi e, all’unanimità, deferire il Raìs al tribunale internazionale dell’Aia per i crimini perpetrati per soffocare la rivolta popolare. La risoluzione 1970, dimenticata dal governo, è stata votata all’unanimità dal massimo consesso internazionale, senza alcuna smagliatura. Per arrivare ad essa, sono state raccolte prove inconfutabili sulle responsabilità del Colonnello.

L’Onu aveva deciso di portare alla sbarra Gheddafi per giudicarlo delle sue malefatte quando in Italia il Premier riferiva di non avere voluto disturbare il Colonnello in un momento difficile. In quelle giornate, l’Italia avrebbe potuto svolgere un compito di mediazione per comporre pacificamente lo scontro che minacciava di trasformarsi in guerra civile, ma ciò non è avvenuto perché Gheddafi non ha voluto prendere in considerazione alcuna possibilità di lasciare il potere e il nostro governo non ha voluto rischiare il conflitto, politico prima che militare, con il Raìs.

Ambiguità, incertezze, furbizie, interessi confessabili ed inconfessabili: c’è tanta roba dietro l’atteggiamento ondivago del governo.

Alla resa dei conti, il confine del Paese resta la Padania: il popolo in fuga – un solo immigrato o mille non fa differenza – deve restare “fuori”, a Lampedusa se è necessario. Così, dopo avere gridato per l’invasione in arrivo, l’onda di profughi che avrebbe sommerso il paese come lo tsunami – 100, 200. 300 mila persone – non si è fatto nulla per affrontare l’emergenza ben più modesta.

In più, si chiede all’Europa di darci una mano, mentre il governatore Zaia non vuole che in Veneto arrivi un solo immigrato, anche temporaneamente.

In che Paese viviamo?

fonte: SiciliaInformazioni.com

martedì 22 marzo 2011

PER QUANTO TEMPO ANCORA VOGLIAMO SUBIRE ?

Lampedusa scoppia, il numero degli immigrati ha superato quello dei residenti.
Gli immigrati, sono tutti giovani attorno ai ventanni, non c'è cibo, non ci sono docce, non ci sono servizi igienici, e quindi sono giovani affamati, sporchi, sono costretti a fare i loro bisogni dapertutto, e per tutto questo sono molto arrabbiati; da un momento all' altro la situzione può sfuggire di mano...
Maroni e il governo, ne sono consapevoli e fino adesso hanno fatto soltanto delle vaghe promesse per affrontare la situazione; Maroni chiede all' Europa di farsi carico degli immigrati dichiarando che l ' Italia da sola non ce la può fare, PERO' DI FATTO PRETENDE CHE A FARSENE CARICO SIA SOLTANTO LA SICILIA !
L ' Italia ha 20 regioni, se gli immigrati che stanno a Lampedusa fossero distrubuiti, il peso sarebbe davvero minimo : All' incirca 250 immigrati per regione!
In base a queste considerazioni non sembra fuori luogo ritenere che la scelta di Maroni & company sia una scelta politica-elettoralistica fatta sulla pelle dei cittadini di Lampedusa, della Sicilia tutta, e sulla pelle degli immigrati.
Mentre la Lega " detta legge e condizioni ", assistiamo all' inerzia più totale delle istituzioni siciliane, non c'è alcuna ferma presa di posizione in merito del Presidente della Regione Siciliana, di fatto c' è un silenzio assordante con qualche miagolìo in sottofondo, c' è una colpevole latitanza !
Siciliani, per quanto tempo ancora dobbiamo subire le scelte del governo italiota e dei suoi ascari siciliani?
Rialziamo la testa e diciamo BASTA !!!

lunedì 21 marzo 2011

Galatea : Uno sfizio, finora del tutto inutile

Una barca di soldi. Piovuti giù dall’Europa e utilizzati dalla Regione siciliana per regalarsi un “gioiellino”. Uno sfizio, finora del tutto inutile. Galatea è una nave oceanografica di proprietà di Arpa Sicilia (l’Agenzia regionale per la protezione ambientale), ente posto sotto il controllo dell’assessorato regionale al Territorio e all’ambiente. Ventitrè metri “full optional”. Corredata, cioè, di apparecchiature ultramoderne (solo la strumentazione scientifica ha un valore di oltre mezzo milione di euro), fondamentali per svolgere compiti molto importanti in tema di tutela ambientale. Per la modica cifra, come detto, di oltre un milione e mezzo. Ma la nave è rimasta ancorata al porto di Palermo dal 22 luglio del 2009 a oggi: lo rivela, in un servizio di Accursio Sabella, il numero di “S” in edicola, che si occupa degli sprechi della Regione.

L’unico viaggio del natante è stato effettuato a metà del 2010: la nave Galatea è salpata da Palermo per compiere le verifiche utili a ottenere la licenza di navigazione. Un viaggio che ha spinto la Regione ad “affittare” un comandante. Poi più niente, tanto che oggi il dirigente generale dell’Arpa Sergio Marino attacca: “In due anni abbiamo subito le lentezze di Regione e Capitaneria di Porto”. L’imbarcazione, comunque, presto potrebbe iniziare a navigare: la gestione è stata data in appalto alla ditta Nautilus che sceglierà anche l’equipaggio.

fonte: SiciliaInformazioni

Indagati Lombardo, Marino e Russo

presidente della Regione siciliana, Raffaele Lombardo, e gli assessori regionali alle Infrastrutture Piercarmelo Russo e all’Energia, Giosué Marino sono indagati dalla Procura di Enna, nell’ambito dell’inchiesta sulla miniera di Pasquasia, ridotta a una discarica di rifiuti speciali pericolosi.

I reati ipotizzati dai magistrati, che oggi hanno disposto il sequestro del sito, sono quelli di omissione di atti d’ufficio e gestione di rifiuti non autorizzata. Nel registro degli indagati era stato iscritto nel gennaio scorso un funzionario dell’assessorato regionale dell’Energia, Pasquale La Rosa, al quale era stata affidata la custodia della miniera. Nei suoi confronti la Procura di Enna ha già chiesto il rinvio a giudizio per omissione di atti d’ufficio, gestione di rifiuti non autorizzata e crollo colposo di costruzioni. De Rosa si sarebbe rifiutato di rimuovere e smaltire cumuli di cemento – amianto, materiale gommoso e ferroso e di adottare le misure necessarie per la messa in sicurezza del sito.

Fonte: LiveSicilia

domenica 20 marzo 2011

Le spese pazze di Palazzo d'Orleans

Orologi con lo stemma della Regione, riviste sull'autonomia siciliana, ma anche piantane da mille euro l'una. E, soprattutto, pioggia di finanziamenti ad associazioni di volontariato e a parrocchie per restauri di canoniche e chiese, a partire da quella del suo paese, Grammichele. Scorrendo il lungo elenco di decreti di spesa fatti dalla Presidenza della Regione guidata da Raffaele Lombardo c'è davvero di tutto.

Tante le voci di spesa per restauri di chiese, soprattutto nei Comuni della Sicilia orientale. Non un euro a Palermo. Oltre 500 mila euro sono stati finanziati per restaurare la chiesa di San Michele Arcangelo a Grammichele, 1,5 milioni di euro per la chiesa di San Matteo a Scicli, 294 mila euro per il convento di San Benedetto a Catania. E poi, ancora, fondi per la chiesa di San Vito a Mascalucia (141 mila euro) o di Grotte (430 mila euro) e l'elenco potrebbe ancora proseguire.

Soldi a pioggia anche a una miriade di associazioni di volontariato da quella palermitana che si occupa di alzheimer (6 mila euro), ai "volontari riuniti" di Racalmuto (2 mila euro) passando per un contributo generico dato a enti di volontariato in contatto con il Comune di Catania (42 mila euro). Soldi, tra gli altri, anche all'Assoartisti (38 mila euro), a otto associazioni nel Comune di Milo (134 mila euro) e a due fondazioni, quella di Fulvio Frisone (226 mila) e la Whitaker (40 mila euro). Quattrocentomila euro sono andati al Cerisdi per il "premio Bonsignore".

Non mancano poi decreti di spesa per acquisti di volumi e riviste: 15 mila euro sono stati spesi per mille volumi del libro degli scritti di Giuseppe Alessi, 52 mila euro per 500 copie del libro di "Arte di Palazzo d'Orleans", 490 mila euro per mille copie di "Catania città del Mediterraneo" edizioni Maimone, e 2.100 euro per cento volumi del libro "Franco Restivo vicerè della Sicilia autonoma". Oltre 30 mila euro invece sono stati spesi per acquistare diversi numeri della rivista "Quaderni dell'autonomia" curata dal docente catanese Carmelo Rapisarda. La Presidenza ha inoltre speso 4.800 euro per mille gagliardetti con lo stemma della Regione.

I duemila biglietti da visita di Lombardo sono costati altri 10.400 euro, mentre 18.366 è il costo affrontato per gli orologi con il logo della Regione. Un capitolo a parte riguarda l'arredamento. Acquistate otto piantane a oltre mille euro l'una, una "poltrona dirigenziale" a 1.258 euro, e tre studi "da dirigenti" a 11 mila euro. Le tre medaglie d'oro al valore civile della Regione date a dicembre sono costate 2.850 euro. La diretta video satellitare della conferenza stampa del novembre scorso nella quale Lombardo ha chiarito la sua posizione sull'inchiesta su mafia e politica della procura catanese è costata invece 3.600 euro. Non mancano infine incarichi esterni, tra cui quelli agli avvocati Giovanni Pitruzzella (31 mila euro) e a Victor Uckmar (31 mila euro).

fonte:la Repubblica

L ' APPELLO DEL PARROCO DI LAMPEDUSA

" Uomini di governo, la tensione libica non può giustificare il ritardo accumulato. Noi siamo più vicini alla Libia più di qualunque italiano comune o di potere. Se le prospettive belliche sono preoccupanti ancora più preoccupante dovrà essere il possibile flusso migratorio che seguirà. E l’isola continuerà ad essere in stato di emergenza. Le bombe forse non cadranno più su Tripoli ma la miccia è innescata a Lampedusa”. A parlare è don Stefano Nastasi, parroco di Lampedusa, che lancia un accorato appello. ”Signor presidente della Repubblica, oggi avvertiamo che l’Italia non è unita né unica. Siamo soli – dice – Signor presidente del Consiglio e signor ministro (agrigentino) della Giustizia, la ricerca della giustizia, alla quale vi appellate, vale anche per noi. Ma qui oggi non c’è giustizia. Signor ministro dell’Interno lei è anche il nostro ministro. I prefetti non possono sostituire le scelte politiche. E lei è ministro della Repubblica Italiana e dunque anche di Lampedusa”.
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Caro don Stefano Nastasi, " NOI " siamo sempre stati soli; gli uomini politici ai quali Ella si rivolge non ci rappresentano, rappresentano esclusivamente gli interessi dell' Italia ( tra l ' altro molto male ).

sabato 19 marzo 2011

Lombardo: “Con Gheddafi non possiamo stare tranquilli”

”Sulla situazione libica vedremo quello che succede: con Gheddafi che minaccia ritorsioni, non c’è da stare tranquilli. Facciamoci il segno della croce, perché le annunciate ritorsioni avrebbero ripercussioni sul nostro territorio”. Lo ha detto Raffaele Lombardo, a Palermo, a margine del convegno dal titolo ”Sud la naturale evoluzione”. Il presidente della Regione siciliana ha aggiunto: ”I timori legati a quello che sta accadendo ci sono ma mi auguro non accada nulla. La Sicilia ha un ruolo geograficamente strategico e come sempre offrirà il proprio contributo consistente nella concessione delle basi militari”. ”Siamo a poche decine di chilometri dal nord Africa – ha concluso Lombardo – ed esposti quasi passivamente agli eventi. Speriamo non ci sia una nuova Lampedusa come nell’86”.

”Siamo solidali con gli abitanti di Lampedusa nell’invocare l’intervento del governo. Che cosa ha fatto l’esecutivo per fronteggiare il fenomeno dell’immigrazione? Niente”. Lo ha detto il governatore siciliano Raffaele Lombardo, a Palermo. ”Qualche giorno fa qualcuno lamentava un certo allarmismo, dicendo che i 10 o i 100 mila arrivi erano numeri inventati. In effetti si prevedeva un esodo così massiccio dal nord Africa – ha aggiunto – ma il governo non è intervenuto. Avrebbe potuto requisire non solo il Villaggio degli Aranci a Mineo, ma un po’ di navi da crociera ed imbarcare direttamente lì le persone, piuttosto che pensare ad una tendopoli a Lampedusa”. ”L’isola è al collasso – ha concluso – e rischia di distruggere la propria economia, e la prospettiva di una stagione turistica”.

fonte: Livesicilia

mercoledì 16 marzo 2011

Celebrare al Pantheon i Savoia? Non in mio nome, Presidente Napolitano

La Repubblica che celebra la monarchia dei Savoia! Mi sarei aspettato da parte del Presidente della Repubblica, casomai, un omaggio al repubblicano Giuseppe Mazzini che i Savoia fecero morire da latitante. Mi sarei specialmente aspettato che lo Stato, fi...nalmente, riconoscesse che in Italia, per dieci anni (1860 – 1870) vi fu una Guerra Civile e che l'esercito “unitario” operò nel sud con una ferocia tale da fare impallidire le più crudeli rappresaglie dell'esercito tedesco contro la popolazione operate durante la lotta partigiana del 1943-45. Ecco perchè la scelta, da parte del Presidente Giorgio Napolitano, di celebrare il 150° dell'Unità d'Italia rendendo omaggio alle spoglie custodite nel Pantheon del re "abusivo" Vittorio Emanuele II di Savoia mi lascia sbigottito ed incredulo. Già mi sembrava assurda la scelta di questa data, poichè il 17 marzo 1861 si proclamò soltanto Vittorio Emanuele II re d'Italia e non si costituì il nuovo Regno d'Italia. E nè l'Italia era unita, allora, mancando Roma e il Lazio, il Veneto, la Venezia Giulia e il Trentino con Mantova. Ma mai mi sarei immaginato che il Presidente della Repubblica si recasse al Pantheon a rendere omaggio di persona alla tomba di Vittorio Emanuele II. Il Presidente Napolitano che si richiama sempre alla costituzione del 1948 e dove, fino al 2002, in essa era sancito che "I membri e i discendenti di Casa Savoia non sono elettori e non possono ricoprire uffici pubblici ne' cariche elettive. Agli ex re di Casa Savoia, alle loro consorti e ai loro discendenti maschi sono vietati l'ingresso e il soggiorno nel territorio nazionale." Voglio ricordare, ma il Presidente Napolitano lo sa benissimo, che queste disposizioni vennero dettate dall'Assemblea Costituente non per mera cattiveria, ma perchè la dinastia dei Savoia si era macchiata di grandi crimini contro il popolo italiano portando il Paese ripetutamente in guerre offensive che potevano essere evitate non essendo stata mai minacciata la propria sicurezza. Una lunga scia di sangue, infatti, segna il percorso tra le generazioni della dinastia dei Savoia. Cominciando con Vittorio Emanuele II che condusse una spietata guerra di conquista con ogni mezzo per impossessarsi degli stati italiani gettando il sud in una sanguinosa guerra civile che provocò in un decennio centinaia di migliaia di vittime per la dura repressione. Umberto I che nel suo delirio di potenza e coadiuvato dal Crispi, inseguì un maldestro tentativo di occupare un posto nella storia con la conquista dell'Eritrea che, di contro, fece riportare all'esercito italiano numerose sconfitte come quella di Adua: unico caso, tra i paesi europei, a farsi sconfiggere così duramente dagli indigeni africani . Ma più fortuna Umbero I ebbe, nel solco della tradizione dei Savoia, nell'impiego dell'esercito nella repressione delle proteste sociali in Sicilia e a Milano: con le cannonate! E poi Vittorio Emanuele III il più sanguinario dei monarchi d'Europa! Il re nano, detto "sciaboletta", forse per compensare la sua misera statura fisica, si lanciò in un susseguirsi continuo di guerre che portarono al macello milioni di Italiani! Cominciò con la guerra in Libia, dove le atrocità commesse dagli italiani ancora i libici ce lo ricordano, ma fu la grande guerra il suo primo capolavoro. Pur facendo parte della Triplice Alleanza con la Germania e l'Austria allo scoppio della prima guerra mondiale nel 1914 il Regno d'Italia si dichiarò neutrale. E fin qui tutto bene. Ma con l'anno nuovo il re e i suoi governanti cominciarono a sentire l'odore del sangue e con un voltafaccia senza rossore e a dispetto dei patti voluti e sottoscritti a suo tempo dichiararono guerra all'Austria. Fu così che l'Imperatore Francesco Giuseppe emise un proclama in cui parlò di «tradimento quale la storia non conosceva pari» e di «nuovo perfido nemico» galvanizzando le truppe austriache nel combattere contro gli italiani. Fu la grande guerra, una carneficina di italiani. Ma ciò non bastò. In seguito alla crisi economica di un paese esausto dopo la guerra ed ai disordini che ne derivarono, nel paese si formò il partito dell'ordine, del manganello e dell'olio di ricino: il fascismo. Fu il re Vittorio Emanuele III che il 28 ottobre 1922 rifiutò di firmare il decreto che ordinava alle truppe a sbaragliare i fascisti alle porte di Roma e che anzi propose a Benito Mussolini di formare un nuovo governo. Ciò aprì le porte alla dittatura che ci portò alla guerra d'Etiopia e alla seconda guerra mondiale a fianco della Germania nazista gettando gli italiani nel baratro della rovina più totale. Ma ecco un nuovo colpo di scena: vedendosi perso Vittorio Emanuele III, dopo aver fatto arrestare Mussolini che LUI aveva voluto alla guida dello Stato e dopo aver fatto siglare l'armistizio con gli alleati, il 13 ottobre dichiarò guerra alla Germania con un voltafaccia peggiore di quello del 1915 e solo per salvare il suo trono! La reazione dei tedeschi la conosciamo e quindi qui terminiamo. Queste furono le ragioni per le quali i Savoia furono mandati in esilio. Nel 2002 dopo una stucchevole e continua pressione mediatica si decise per i discendenti di quella sciagurata dinastia di abrogare quella disposizione che appariva odiosa e i Savoia tornarono in Italia. Dopo un pò Vittorio Emanuele e suo figlio Emanuele Filiberto ebbero la brillante idea, come ringraziamento, di chiedere un risarcimento di 260 milioni allo Stato italiano per i beni confiscati ai loro antenati! E come se non bastasse Vittorio Emanuele veniva coinvolto e arrestato nell'ambito di un'inchiesta su gioco d'azzardo e prostituzione. Stupisce molto che giovedì 17 marzo il puttaniere d'oro assieme al figlio ballerino e a tutta la sua famiglia saranno a fianco del Presidente della Repubblica per rendere omaggio al loro antenato! L'aver fatto rientrare i discendenti dei Savoia come semplici cittadini non significa la rabilitazione di quella odiosa dinastia col riverirla da parte delle massime autorità della Repubblica. Questo omaggio alla monarchia dei Savoia offende lo spirito che fonda la Costituzione e le vittime di 85 anni di tirannide sabauda. Una Repubblica che ha completamente smarrito le ragioni della sua origine. Una ragione in più, come se altro non bastasse, per vergognarmi profondamente di essere cittadino di questo Stato. Nino Vassallo Mostra tutto
Di: Nino Vassallo

martedì 15 marzo 2011

Fiat Termini, operai bloccano l'autostrada Palermo-Catania

Circa duecento operai dello stabilimento Fiat di Termini Imerese e dell’indotto, stamani, hanno bloccato l’autostrada A 19 Palermo-Catania. I manifestanti hanno invaso la corsia in direzione del capoluogo regionale e si stanno muovendo verso Termini. Il corteo avviene nel giorno in cui Fim, Fiom e Uilm hanno indetto otto ore di sciopero per chiedere l'immediata apertura di un tavolo tecnico tra sindacati e ministero dello Sviluppo economico sull'accordo di programma quadro per la riconversione del polo industriale di Termini, siglato a Roma il 16 febbraio scorso. “Non conosciamo ancora i dettagli dei piani industriali e d'investimento - dice il segretario provinciale della Fiom, Roberto Mastrosimone - e non ci sono garanzie occupazionali per i 2.200 lavoratori della Fiat e dell' indotto. Chiediamo un incontro immediato con il ministero perché per ora l'unica certezza che abbiamo è che la Fiat andrà via il 31 dicembre di quest'anno”.

fonte:SiciliaInformazioni.com

lunedì 14 marzo 2011

E Lombardo opportunamente ( o opportunisticamente ) cambia parere.

Lombardo: "Niente nucleare in Sicilia o marciamo su Roma"
PALERMO. "Il governo nazionale smetta di disincentivare il piccolo fotovoltaicolo forse perché si illude di puntare sul nucleare. Il governo nazionale eviti di farci fare manifestazioni per impedirgli di fare sbarcare il nucleare in Sicilia. Non ero pregiudizialmente contrario all'energia nucleare ma, dopo quello che sta succedendo in Giappone con il pericolo reale di radiazioni, in una terra a rischio sismico altissimo come la Sicilia soggetta a terremoti, non esiste parlare di nucleare".

Lo dice il presidente della regione siciliana Raffaele Lombardo. "Se la vadano a fare altrove - aggiunge - e il governo nazionale punti sulle energie alternative, che non risolvono certo il problema energetico, ma dalle nostre parti è una grande risorsa per le famiglie. E ripristini gli incentivi, altrimenti ci sarebbe da fare una marcia su Roma.

fonte:GIORNALEDISICILIA:IT

mercoledì 9 marzo 2011

Briciole per Giampilieri

Ancora soldi al Nord, mentre il Sud resta a guardare

Per il Comitato interministeriale per la programmazione economica (Cipe), l’organo collegiale del governo che si occupa dei principali investimenti nel nostro Paese, esistono regioni di serie a e regioni di serie b.

Infatti, mentre per il Nord si investono risorse volte a realizzare opere e infrastrutture, per il Sud si fa poco o nulla. Emblematico è il diverso utilizzo delle quote del Fas (Fondo per lo sviluppo delle aree sottoutilizzate) destinate al Settentrione e quelle per il Mezzogiorno. Le prime sono state investite quasi tutte. Le seconde, invece, o non sono state investite, o sono state spese per finalità diverse da quelle previste oppure, addirittura, sono state dirottate al Nord. Dall’inizio della legislatura ad oggi, quindi, il Comitato guidato dal siciliano Gianfranco Miccichè ha approvato quasi esclusivamente delibere di finanziamento in favore del Nord, anche per quanto riguarda l’impiego di risorse diverse dal Fas..

L’ultima in ordine di tempo è la 101 del 2009, pubblicata in Gazzetta il 3 marzo, riguardante la linea ferroviaria Genova-Milano. Per la realizzazione del primo lotto sono stati stanziati 100 milioni a favore della Società Rete Ferroviaria Italiana, nonché un contributo di circa 35 milioni di euro per 15 anni reperito da altri fondi statali.

Pochi mesi prima, nel novembre del 2010, il Cipe aveva stanziato risorse per 20 miliardi di euro, sempre per la costruzione di infrastrutture al Nord, contro soli 200 milioni concessi al Sud. In proporzione il governo ha investito nel Settentrione cento volte di più che nel Mezzogiorno. Tra i vari provvedimenti adottati, poi, c’è anche uno stanziamento di 400 mila euro alla Scuola Europea di Varese. Una delle sette scuole europee riservate prevalentemente ai figli dei dipendenti del Centro Comune di Ricerca di Ispra, un ente di ricerca che fornisce sostegno scientifico e tecnico per l’attuazione e il controllo delle politiche dell’Unione.

Sembra, quindi, che dentro il Cipe ci sia una corsia preferenziale dedicata al Nord, mentre il governo congela o dirotta tutte le risorse destinate al Meridione. Dei soldi del Fas, ad esempio, che ammontano a 63,3 miliardi di euro, soltanto le briciole sono andate al Sud. La maggior parte si trovano presso le casseforti dei ministeri e un’altra buona fetta è stata utilizzata dal governo per fini diversi da quelli stabiliti dalla legge. L’obiettivo del Fas, infatti, è il finanziamento di programmi per incentivare la crescita delle aree più depresse del Paese.

In Sicilia si dovrà aspettare ancora un altro anno prima di poter utilizzare i 4 miliardi che le spettano, perché il governo ne ha vincolato l’utilizzo. Altri 4 miliardi sono stati utilizzati dall’esecutivo per gli ammortizzatori sociali rivolti ai lavoratori delle industrie in crisi, maggiormente concentrati al Centro-Nord. Sempre dallo stesso pozzo sono state attinte le risorse per il terremoto in Abruzzo e per l’emergenza rifiuti in Campania, piuttosto che utilizzare quelle destinate alle calamità naturali. Così è stata assottigliata la riserva destinata allo sviluppo del Mezzogiorno.

E come se non bastasse anche le multe inflitte dall’Europa agli allevatori padani che non hanno rispettato le quote latte sono state coperte con i soldi del Fas. Una beffa trasformatasi in vergogna qualche giorno fa col decreto milleproroghe, quando governo e maggioranza hanno deciso di prorogare di altri sei mesi il pagamento delle suddette multe, utilizzando 5 milioni di euro originariamente destinati ai malati di cancro.

Il tutto viene offuscato dagli annunci e dai proclami roboanti sul famigerato Piano per il Sud che da settembre dello scorso anno ad oggi Berlusconi e il ministro Fitto hanno già presentato per ben tre volte. L’ennesima strategia di propaganda ordita dal premier per ingannare l’opinione pubblica meridionale visto che di concreto non c’è proprio nulla e i 100 miliardi di euro annunciati da Berlusconi per finanziare il Piano provengono proprio dal Fas rimasto e dalla rimodulazone dei Fondi strutturali che l’Unione europea destina allo sviluppo delle regioni del Mezzogiorno.

Nel frattempo la maggioranza prima e il governo poi hanno approvato il decreto sul federalismo municipale voluto dalla Lega che aumenta le tasse ai cittadini e assegna ai comuni il gettito fiscale pagato nei territori, favorendo le aree più ricche del Paese e danneggiando quelle più povere.

E’ questa la considerazione riservata da Berlusconi ad un Mezzogiorno da dove trae gran parte della sua forza elettorale e dove può contare su una certa classe dirigente remissiva e accondiscendente, disposta a sacrificare la propria terra e il proprio popolo pur di coltivare interessi e privilegi personali.

fonte: SiciliaInformazioni.com

martedì 8 marzo 2011

Il Sorriso di Michela di Eugenio Bennato


IL " SORRISO DI MICHELA " PRESTO TORNERA SULLE LABBRA DELLE DONNE SICILIANE E DI TUTTO IL SUD E SARA' UN SORRISO TRIONFANTE !!!

lunedì 7 marzo 2011

‘Da quelle parti ho una campagna..."

‘Da quelle parti ho una campagna, di proprieta’ di mio padre, per la verita’. Non so se potro’ andarmene una settimana in campagna tranquillamente e serenamente e invece se non devo stare col mitra in mano, ma mitra non ne ho…’. Cosi’ il presidente della Regione Siciliana Raffaele Lombardo ha risposto, a margine di un incontro a Catania, ai giornalisti in merito al progetto del ‘Villaggio della solidarieta’ che sara’ realizzato nel ‘Residence degli aranci’ di Mineo per ospitare gli immigrati.

‘Con la scusa degli sbarchi – ha proseguito Lombardo – si stanno portando da dieci centri diversi 2.000 persone richiedenti asilo. Sono afghani piuttosto che iracheni, palestinesi che si sentiranno magari perseguitati dagli ebrei, qualcuno magari appartenente ad Hamas, che saranno liberi di circolare nelle nostre campagne’. ‘Mi auguro – ha concluso Lombardo – che il governo segua momento per momento queste 2.000 persone, credo che sia impossibile, e che tuteli la nostra agricoltura’.

fonte: Giornalettismo
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Lombardo,invece di preoccuparsi della sua campagna, farebbe cosa buona e giusta a chiedere al suo " alleato-finanziatore " leghista di distribuire su tutto il territorio italiano gli immigrati che arrivano in Sicilia !

venerdì 4 marzo 2011

Islanda: una rivoluzione nel cuore dell'Europa .

Recentemente ci hanno sorpreso i fatti della Tunisia che sono sfociati nella fuga del tiranno Ben Alí, tanto democratico per l’Occidente fino all’altroieri e allievo esemplare del FMI. Tuttavia, un’altra· “rivoluzione” in atto da due anni è stata opportunamente censurata dai mezzi di comunicazione al servizio delle plutocrazie europee.

È successo proprio nel cuore dell’Europa (nel senso geopolitico), in un Paese con la democrazia probabilmente più antica del mondo, le cui origini risalgono all’anno 930, e che si è piazzato al primo posto nel rapporto dell’ONU sull’Indice di Sviluppo Umano 2007/2008. Indovinate di chi si tratta? Sono sicuro che la maggioranza non ne ha idea, come non ce l’avevo io prima di scoprirlo per caso (nonostante sia stato là nel 2009 e nel 2010). Se tratta dell’Islanda, dove un governo intero si è dovuto dimettere, sono state nazionalizzate le principali banche, è stato deciso di non pagare il· debito che queste avevano creato con la Gran Bretagna e l’Olanda a causa della loro esecrabile politica finanziaria ed è stata appena creata un’assemblea popolare per riscrivere la sua costituzione. E tutto questo in forma pacifica: a colpi di casseruole, urla e un appropriato lancio di uova. Questa è stata una rivoluzione contro il potere politico-finanziario neoliberista che ci ha condotto alla crisi attuale. Ne parlo qui perché per due anni non c’è stata quasi nessuna informazione su questi fatti o si è informato in modo superficiale o di rimbalzo: cosa succederebbe se il resto dei cittadini europei prendessero esempio? E per inciso si conferma ancora una volta, come se ancora non fosse chiaro, al servizio di chi sono i mezzi di comunicazione e come ci restringono il diritto all’informazione nella plutocrazia globalizzata del Pianeta S.p.A.Questa è, brevemente, la storia dei fatti:

Alla fine del 2008, gli effetti della crisi nell’economia islandese sono devastanti. In ottobre· si nazionalizza Landsbanki, principale banca del Paese. Il governo britannico congela tutti gli attivi della sua sussidiaria IceSave, con 300.000 clienti britannici e 910 milioni di euro investiti da amministrazioni locali ed enti pubblici del Regno Unito. A Landsbanki seguiranno le altri due principali banche, la Kaupthing e la Glitnir. I loro principali clienti sono in questo Paese e in Olanda, clienti a cui gli Stati devono rimborsare i loro risparmi con 3 miliardi e 700 milioni di euro di denaro pubblico. Di conseguenza il totale dei debiti bancari dell’Islanda equivale a diverse volte il suo PIL. Inoltre la moneta crolla e la Borsa sospende le sue attività dopo un crollo del 76%. Il Paese è alla bancarotta.
Il governo chiede ufficialmente aiuto al Fondo Monetario Internazionale (FMI), che approva un prestito di 2 miliardi e 100 milioni di dollari, integrato da altri 2 miliardi e mezzo di alcuni Paesi nordici.
Le proteste dei cittadini di fronte al parlamento a Reykjavik aumentano. Il 23 gennaio 2009 vengono convocate le elezioni anticipate e tre giorni dopo le manifestazioni con le pentole sono già di massa e provocano le dimissioni del Primo Ministro, il conservatore Geir H. Haarden, e di tutto il suo governo in blocco. È il primo governo (e l’unico che io sappia) que cade vittima della crisi mondiale.
Il 25 aprile si tengono le elezioni generali dalle quali esce un governo di coalizione formato dall’Alleanza Social-democratica e dal Movimento della Sinistra Verde, guidato dal nuovo Primo Ministro Jóhanna Sigurðardóttir.
Nel corso del 2009 continua la pessima situazione economica del Paese e l’anno chiude con una caduta del PIL del 7%.
Tramite una legge ampiamente discussa nel parlamento si propone la restituzione del debito a Gran Bretagna e Olanda mediante il pagamento di 3 miliardi e mezzo di euro, somma che pagheranno tutte le famiglie islandesi mensilmente per i prossimi 15 anni al 5,5% di interesse. La gente torna a riempire le piazze e chiede di sottoporre la legge a referendum. Nel gennaio 2010 il Presidente, Ólafur Ragnar Grímsson, si rifiuta di ratificarla e annuncia che ci sarà a consultazione popolare.
A marzo si tiene il referendum e il NO al pagamento del debito stravince con il 93% dei voti. La rivoluzione islandese ottiene una nuova vittoria in modo pacifico.
Il FMI congela gli aiuti economici all’Islandia in attesa che venga effettuato il pagamento del suo debito.
A questo punto, il governo ha iniziato una ricerca per individuare giuridicamente le responsabilità della crisi. Cominciano gli arresti di diversi banchieri e di alti dirigenti. L’Interpol emana un ordine internazionale di arresto contro l’ex-Presidente della Kaupthing, Sigurdur Einarsson.
In questo contesto di crisi, lo scorso mese di novembre si elegge un’assemblea costituente per scrivere una nuova costituzione che raccolga le lezioni apprese dalla crisi e che sostituisca l’attuale, una copia della costituzione danese. Per questo si ricorre direttamente al popolo sovrano. Si scelgono 25 cittadini senza appartenenza politica tra i 522 che hanno presentato la loro candidatura, per la quale era necessario solo essere maggiorenni ed avere l’appoggio di trenta persone. L’assemblea costituzionale inizierà i lavori nel febbraio 2011 e presenterà un progetto di carta magna sulla base delle raccomandazioni approvate nelle diverse assemblee tenutesi in tutto il Paese. Dovrà essere approvata dall’attuale Parlamento e da quello che si formerà dopo le prossime elezioni legislative.
E per finire, un’altra misura “rivoluzionaria” del parlamento islandese: l’Iniziativa Islandese Moderna per i Mezzi di Comunicazione (Icelandic Modern Media Initiative), un progetto di legge che intende creare una cornice giuridica destinata alla protezione della libertà d’informazione e di espressione. S’intende fare del Paese un rifugio sicuro per il giornalismo di ricerca e la libertà d’informazione dove siano protette le fonti, i giornalisti e i provider Internet che ospitino informazione giornalistica; l’inferno per gli USA e il paradiso per Wikileaks.

Quindi questa è la breve storia della Rivoluzione Islandese: dimissioni in blocco di un governo, nazionalizzazione delle banche, referendum perché il popolo decida sulle decisioni economiche fondamentali, carcere per i responsabili della crisi, riscrittura della costituzione da parte dei cittadini e un progetto di blindatura della libertà d’informazione e di espressione. Ci hanno parlato di questi sui mezzi di informazione europei? Si è commentato tutto questo nei ripugnanti dibattiti radiotelevisivi di politicastri da strapazzo e mercenari della disinformazione? Sono state viste le immagini dei fatti in TV? Chiaramente no. Sarà che agli Stati Uniti d’Europa non sembra abbastanza importante che un popolo riprenda le redini della sua sovranità e affronti a muso duro il matterello neoliberista. O forse temono di perdere la faccia per la vergogna risultando ancora una volta chiaro che hanno trasformato la democrazia in un sistema plutocratico dove nulla è cambiato con la crisi, eccetto l’inizio di un processo di socializzazione delle perdite con tagli sociali e precarizzazione delle condizioni lavorative. È molto probabile anche che pensino che ancora rimanga vita intelligente tra le loro unità di consumo, che tanto gli piace chiamare cittadini e temono un effetto contagio. Anche se la cosa più sicura è che questa calcolata sottovalutazione informativa, quando non silenzio clamoroso, si debba a tutte queste cause insieme.

Alcuni diranno che l’Islanda è una piccola isola di solo 300.000 abitanti, con un tessuto sociale, politico, economico e amministrativo molto meno complesso di quello di un grande Paese europeo, per cui è più facile organizzarsi e metter in atto questo tipo di cambiamenti. Però è un Paese che, anche se gode di una grande indipendenza energetica grazie alle sue centrali geotermiche, dispone di pochissime risorse naturali ed ha un’economia vulnerabile le cui esportazioni dipendono per il 40% dalla pesca. Ci sarà anche qualcuno che dirà che hanno vissuto al di sopra delle loro possibilità indebitandosi e speculando nel casinò finanziario, e questo è vero. Come hanno fatto nel resto dei Paesi guidati da un sistema finanziario liberalizzato all’infinito dagli stessi governi irresponsabili e suicidi che ora si mettono le mani nei capelli. Io penso semplicemente che il popolo islandese sia un popolo colto, solidale, ottimista e coraggioso, che ha saputo cambiare tirando fuori le palle, affrontando a muso diro il sistema e dando una lezione di democrazia al resto del mondo.

Il Paese ha già iniziato trattative per entrare nell’Unione Europea. Spero per il suo bene, e per come si stanno mettendo le cose nel continente con la banda di commedianti che ci governa, che il popolo islandese completi la sua rivoluzione rifiutando l’adesione. E magari succedesse il contrario, che fosse l’Europa a entrare in Islanda, perché questa sì che sarebbe la vera Europa dei popoli.

Articolo del blog No sin mi bici, de Luis Picazo Casariego tratto da: Nodo50.
Traduzione per Senzasoste Andrea Grillo

mercoledì 2 marzo 2011

Saverio Romano, un indagato per mafia al ministero dell’Agricoltura?

Dall’anonimato al centro della cronaca parlamentare. Da deputato semplice a leader di una forza entrata a pieno titolo nella maggioranza che sostiene il governo Berlusconi. E, probabilmente, ministro. Questa legislatura sarà ricordata dall’onorevole siciliano Francesco Saverio Romano come quella del grande balzo nella politica che conta.

NELLA STRATEGIA DEL CAVALIERE - Palermitano, democristiano doc, eletto in consiglio provinciale nel 1990, e a Montecitorio dal 2001, sempre nelle fila dell’Udc, Romano, si trova oggi al centro della strategia parlamentare e mediatica del Cavaliere per frenare il processo Ruby. E’ entrato a far parte dell’ufficio di presidenza di Montecitorio, portando i numeri da dieci a nove in favore dell’opposizione e rendendo così decisivo il voto di Gianfranco Fini, e vanificando le possibilità del presidente della Camera di impedire all’aula di pronunciarsi sul conflitto di attribuzione sollevato dalla maggioranza e che genererà attriti tra potere esecutivo, potere legislativo e ordine giudiziario.

LA PATTUGLIA DEI RESPONSABILI – Fuoriuscito dall’Udc nel mese di settembre scorso insieme ad altri cinque deputati siciliani del partito di Casini (Drago, Pisacane, Ruvolo e Mannino) Romano ha dato vita, poco dopo, alla componente del gruppo misto Pid, Popolari di italia Domani. Erano i tempi della prima fiducia al governo Berlusconi successiva allo strappo dei finiani di Futuro e Libertà. I cinque onorevoli centristi saltarono il fosso giurando fedeltà alla causa berlusconiana. A loro ben presto si uniranno gli ex Mpa di Noi Sud (Belcastro, Iannaccone, Milo, Sardelli), l’Adc (ex Udc) Pionati, gli ex Idv Razzi, Scilipoti e Porfidia, i finiani Catone, Siliquini, Moffa e Polidori, reduci da una breve esprienza in Fli. Nascerà Iniziativa Responsabile, ufficialmente il 20 gennaio 2001. Si tratta di una pattuglia di oltre 20 uomini fedeli al governo del Cavaliere che, di fatto, costituiscono la terza gamba della maggioranza aggiungendosi a Pdl e Lega.
Il leader Romano, forte del peso del gruppo nella sopravvivenza dell’esecutivo, entra in questi giorni a pieno titolo nella partita delle nomine che Berlusconi si appresta a fare nel governo e nelle grandi aziende di Stato. Ne parla Marco Conti sul Mattino di Napoli:

Domani il consiglio dei Ministro dovrebbe affrontare il nodeo dell’assegnazione di una decina di incarichi di governo. Anche se la Lega nicchia, Saverio Romano pretende un ministero di peso. Al punto che ieri è girata con isnistenza la voce che accredita l’ex centrista come ministrod ell’Agricoltura al posto di Galan che verrebbe spostato alle Politiche Comunitarie. Il Carroccio però non ci sta e reclama quel dicastero per il veneto Federico Bricolo. La Lega, inoltre, punta alla presidenza dell’Enel con Gianfranco Tosi e a proporre un loro nome (Dario Galli?) per la sostituzione dell’attuale ad di Finmeccanica Guarguaglini.

INDAGATO PER MAFIA – Macchie sulla reputazione. Nel 2003 Romano. è stato indagato dalla Procura di Palermo per concorso esterno in associazione mafiosa e corruzione. Accusa poi archiviata nel 2005. Nel 2009 Massimo Ciancimino lo accuserà di avergli pagato tangenti per 100 mila euro. Sarà per questo iscritto nel registro degli indagati della Dda di Palermo per concorso in corruzione aggravata dal favoreggiamento di Cosa Nostra assieme ai politici dell’Udc Totò Cuffaro e Salvatore Cintola e del Pdl Carlo Vizzini.

fonte: Giornalettismo.com

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