domenica 27 dicembre 2009

Cari Compatrioti

sta per terminare un anno che per la Sicilia e per il Suo Popolo è stato duro e difficile; mai la disoccupazione ha raggiunto tali livelli, mai tanti lavoratori hanno perso il posto di lavoro, mai tanti cassintegrati, mai tanti lavoratori in nero, mai la forbice tra i ricchi e i poveri è stata così larga, e mai i siciliani sono apparsi così SFIDUCIATI, oserei dire rassegnati e senza più alcuna speranza in un cambiamento.

Il 2010 si prospetta come un anno, se possibile, ancora più duro e difficile : Negli scranni del governo e del Parlamento italiano, seggono dei ‘ nominati ‘ che sono usi a rivolgere il loro pensiero alla Sicilia esclusivamente per considerarla un serbatoi di voti al quale attingere, ed una Terra da sfruttare a beneficio loro e del nord Italia.

Negli scranni del Parlamento e del governo siciliano seggono degli “ onorevoli che si dividono e si uniscono “ in base ad una esclusiva lotta di potere; una caratteristica li accomuna :

-L ‘ ascarismo ed il servilismo nei confronti dei palazzi romani.

Tra tutti questi fattori negativi, mi piace sottolineare due fattori positivi:

1°- Sempre più siciliani prendono coscienza della loro SICILIANITA’ avvicinandosi a quei partiti, gruppi e movimenti che hanno come riferimento ed Ideali un vero autonomismo e l ‘ Indipendenza della nostra Terra

2 °- Il 17 Ottobre scorso si è costituito l ‘ EVIS – Partito per l ‘ Indipendenza della Sicilia che è nato per contrastare un politica non politica di quanti, all’ombra dell’autonomismo, sembrano anelare la chiamata a posti di potere, e adoperarsi sul territorio per rilanciare lo spirito indipendentista del popolo Siciliano.
Per raggiungere il suo scopo l’EVIS non userà la violenza ma opererà nel rispetto del diritto internazionale e giocherà la sua partita politica rispettando le norme imposte dallo stato.

Le simpatie, i consensi, le adesioni che in questi 2 mesi di vita il Partito dell’ EVIS ha riscosso ci fanno ben sperare per il futuro.

Amici e Compatrioti, auguro a tutti Voi un sereno Natale nel rispetto delle nostre più vere tradizioni, e un 2010 foriero di salute, pace e serenità.

Vi saluto con l’ esortazione dei nostri combattenti del Vespro “«ANimus TUus DOminus»

Che il coraggio sia il tuo Signore !

ANTUDO !



Maria Allegra, alias Neva

Segretaria Nazionale dell ‘EVIS Partito per l ‘Indipendenza della Sicilia

venerdì 13 novembre 2009

Lombardo: "E' crisi"

Il presidente della Regione commenta la bocciatura del Dpef all'Ars: "Quello del Pdl è un ribaltone. Avvierò una verifica per accertare la sussitenza delle condizioni che consentano di governare". Nostro sondaggio: vota

PALERMO - "È evidente che si è aperta una crisi politica. Il Pdl ha usato strumentalmente il voto contrario insieme al Pd sul Dpef, sebbene il documento fosse stato condiviso e approvato dai suoi assessori in giunta. Con ciò si è assunto la responsabilità di un vero e proprio ribaltone".

Il presidente della Regione, Raffaele Lombardo, ha commentato così la bocciatura del documento di programmazione economica e finanziaria avvenuta ieri all'Assemblea regionale siciliana.

"Avvio - ha proseguito Lombardo - una verifica per accertare la sussistenza delle condizioni che permettano di assicurare alla Sicilia un Governo che, lo ripeto possa garantire una azione di risanamento e di liberazione dal marciume, dai saccheggi e dagli sprechi".

"Intanto, ritengo opportuno che venga sottratto il rendiconto e l'assestamento tecnico, attualmente giacenti in Aula, al clima di confusione e aggressione - ha affermato il governatore - che potrebbe arrecare danni irreversibili alla Sicilia. La giunta si riunirà esclusivamente per adottare i provvedimenti urgenti".

12/11/2009
fonte La Sicilia.it

mercoledì 11 novembre 2009

...e loro esultano !

Mentre alcune regioni d’Italia ottengono miliardi di euro dalle ultime deliberazioni Cipe per la realizzazioni di opere pubbliche di grande rilievo, la politica siciliana esulta per i pochi spiccioli che, in effetti, raggiungono la Sicilia.

Vediamo le differenze:

- al nord vengono assegnati 4.166 milioni di euro per un’autostrada che collegherà 5 province (Bergamo, Monza e Brianza, Milano, Como, Varese), in Sicilia vengono assegnati 6 milioni di euro per il raddoppio di una strada nell’agrigentino;

- al nord vengono assegnati 130,5 milioni di euro per i lavori della Lecco-Bergamo, in Sicilia vengono assegnati 5 milioni di euro che riguarderanno i lavori di recupero dei manufatti industriali nell’ex area Montedison;

- al nord vengono assegnati 1.691 milioni di euro per la Metro di Milano e 500 milioni di euro per la realizzazione del terzo Valico dei Giovi sull’Appennino Ligure, in Sicilia vengono assegnati 3 milioni di euro ad Aragona per il completamento dei lavori di urbanizzazione sempre nell’agrigentino.

E’ talmente evidente la sperequazione che vi è nella ripartizione dei finanziamenti e nell’importanza degli investimenti stessi e sono due le cose che secondo me dovrebbero far riflettere i siciliani: la prima, che la politica regionale non abbia dei progetti di grande importanza al Cipe per migliorare quelle condizioni infrastrutturali di cui la Sicilia ha veramente bisogno, oltre al Ponte sullo Stretto; la seconda, che il solo Ponte sullo Stretto, ritenuta opera di primaria importanza per le sorti della Sicilia, possa eliminare l’enorme gap infrastrutturale del territorio siciliano.

Sono evidenti e sotto gli occhi di tutti le condizioni infrastrutturali della Sicilia (strade, autostrade, ferrovie etc.).

E’ evidente che alla Sicilia sono stati destinati pochi spiccioli a differenza delle risorse ben più consistenti assegnate al nord.

Non basta e non deve bastare alla politica siciliana, quella con la “P” maiuscola, la scusa che la popolazione siciliana è facilmente propensa ad accontentarsi, specialmente in un momento di profonda crisi, la crisi per noi siciliani è da almeno 40 anni che esiste e non è un problema di questi ultimi anni. La crisi infrastrutturale della Sicilia è prettamente un problema politico e la prova tangibile è sotto gli occhi di tutti, nessun collegamento veloce stradale né ferroviario tra le nove province siciliane, penso che ciò possa bastare a far riflettere i siciliani e tutta la classe politica siciliana.

di Giosuè Malaponti

domenica 8 novembre 2009

PONTE: FERMIAMO TUTTO, DAVVERO! LOTTIAMO PER LE VERE PRIORITÀ!"

Il Governo ha annunciato che il 23 dicembre verrà dato avvio ai cantieri del Ponte sullo Stretto. Il primo atto sarà la modifica di un tratto di linea ferrata prossima alla Stazione ferroviaria di Cannitello-Villa San Giovanni. Non sono stati sufficienti, evidentemente, i morti di Scaletta e Giampilieri per porre fine a questa idea scellerata e destinare le risorse pubbliche del Ponte per la messa in sicurezza del territorio. Da anni ci battiamo contro quello che abbiamo definito "il mostro sullo Stretto" perché riteniamo che così vengano sperperate ingenti risorse pubbliche, perché riteniamo che sia inutile, perché riteniamo che sia devastante per l'ambiente. Lo scorso otto agosto siamo scesi in piazza in migliaia per dire no al Ponte. Quella manifestazione presentava una piattaforma alternativa che vedeva come elemento centrale la messa in sicurezza sismica ed idrogeologica del territorio, accompagnata dalla richiesta del potenziamento del trasporto pubblico nello Stretto. Con questa stessa piattaforma saremo in piazza il 19 dicembre a Villa San Giovanni in un appuntamento che rivestirà carattere nazionale. Nell'ambito del percorso che ci porterà a quella manifestazione, indiciamo per giorno 1 dicembre un corteo a Faro, a due mesi dai tragici eventi che hanno colpito la zona sud della città e la riviera jonica, nei luoghi nei quali vorrebbero far sorgere il pilone della sponda messinese.

Messina, 04.11.09

ReteNoPonte

Lombardo shock! Ma tu guarda lui che firma senza sapere cosa ci sta dietro.....forse!!.

sabato 7 novembre 2009

Palermo, rifiuti attrazione turistica

Si aggrava di ora in ora l'emergenza spazzatura a causa dello sciopero dei netturbini e della crisi finanziaria del Coinres. La popolazione, esausta, incendia i cassonetti, cresce la tensione tra gli operatori. Come a Napoli, gli stranieri fotografano lo stato di degrado in città

PALERMO - Come succedeva a Napoli anche a Palermo le montagne di immondizia sui marciapiedi sono diventate una attrazione per i turisti che fotografano il degrado in cui si trova la città. Lo sciopero dei netturbini di Amia Essemme e la crisi finanziaria del Coinres, il consorzio che si occupa del servizio nei comuni della provincia, hanno determinato l'accumulo di rifiuti con situazioni igienico-sanitarie al limite.

A Palermo in ogni strada, anche in pieno centro, i cassonetti sono stracolmi di spazzatura, con la gente costretta a lasciare i sacchetti nei marciapiedi perchè l'immondizia non viene raccolta da alcuni giorni. Anche la scorsa notte nei quartieri di periferia alcuni cittadini hanno bruciato i rifiuti che ormai vengono abbandonati anche di fronte alle scuole e agli ospedali.

La situazione non è migliore in molti comuni della provincia, dove la raccolta della spazzatura è ferma per i problemi del Consorzio che la gestisce, a cui l'Amia impedisce di conferire i rifiuti nella discarica di Bellolampo per un contenzioso economico. C'è un clima di tensione tra gli stessi operatori; due giorni fa a Palermo alcuni lavoratori di Amia Essemme hanno aggredito gli operatori della capogruppo Amia, sollevando l'indignazione del sindaco Diego Cammarata e del Prefetto Giancarlo Trevisone.

06/11/2009

martedì 3 novembre 2009

Questo è il quadro siciliano

Oramai si gioca a carte scoperte e le accuse, anche pesanti, non si mandano a dire, anzi. Il presidente Lombardo deve essere proprio in una situazione difficile se alza il tiro e spara accuse precise contro settori della politica presenti all’ARS e nelle commissioni.

Apparentemente le ragioni di questa guerra sarebbero determinate dalla necessità di alcuni referenti di alto lignaggio del partito azienda di Berlusconi, di farsi spazio e crearsi una porzione di potere regionale autonoma; e di altri, di mantenere ben vivo l’amore verso il proprio capo nazionale. Ed ecco che ufficialmente la guerra è tra la corrente Alfano/Schifani, impropriamente definiti lealisti, e la corrente Miccichè, definito scissionista …

In mezzo, l’UDC che gode e l’MPA sempre più all’angolo. Chi ne paga le conseguenze, ma questo poco importa alla casta, la Sicilia ed i siciliani.

Dal momento della sua elezione, Lombardo ha annunciato grandi riforme e grandi interventi sull’apparato regionale, salvo poi, rimanere solo annunci.

La sanità abbiamo visto tutti come è finita. Russo ha tagliato qua e là servizi e prestazioni per risparmiare tanto quanto bastava per poter ottenere il famoso mutuo di due miliardi, ma i problemi di disorganizzazione, di sprechi, di disservizi, di incapacità professionale e di nepotismo politico nel sistema, sono rimasti tali e quali. Si potrebbe dire che sono aumentati. Scampato pericolo per il 118. Russo, grazie anche agli scandali SISE e CRI, e la famosa richiesta di 37 milioni di euro per “straordinari”, alla fine si è convinto che l’(af)fondazione che aveva pensato sarebbe stato un disastro e starebbe orientandosi verso un sistema di emergenza “in house”… Meglio tardi che mai.

L’agricoltura, nelle mani di un assessore, Cimino, che a Marsala, durante un incontro con gli agricoltori si è dichiarato candidamente “incompetente in materia”.

La viabilità è peggio dell’era Cuffaro che come e più di Lombardo è innamorato del ponte dei sogni berlusconiani.

L’occupazione scende, ma questo, in un sistema complesso e colluso di economia in nero non interessa più di tanto anche se si spendono, meglio sarebbe dire sprecano, oltre 200 milioni di euro per “formare” disoccupati con qualifiche indecenti, tanto per tenere in piedi il giocattolo della formazione in mano ai sindacati che in Sicilia sembrano completamente avulsi all’interno del sistema clientelare della formazione.

Le autostrade del mare si sono impantanate nella palude degli interessi trasversali così come il trasporto merci “in cargo aereo” . Comiso sta a dimostrare come gli interessi della politica e gli interessi trasversali siano prioritari alle esigenze della comunità siciliana.

Lo sviluppo dell’Isola, sia economico che sociale, registra il minimo storico e il divario nord sud, per colpa delle incapacità politiche siciliane e nazionale, è aumentato notevolmente.

Questo è il quadro siciliano all’interno del quale si combattono guerre personali per riaffermare la supremazia nei feudi, altro che scissionismo o autonomismo.

Qui si fa la guerra per avere il potere. Tutto il resto sono favole a cui non crede più nessuno.

Non ci sorprende l’assenza da questa guerra guerreggiata, di Silvio Berlusconi da Arcore. La Sicilia per l’uomo di Arcore è divenuta un po’ pesante e più distante ne sta meglio è per lui. In fin dei conti alcuni “cardinali” quali Alfano, Schifani e La Russa sono costretti a stare con lui perchè senza Berlusconi, in Sicilia sarebbero tagliati fuori. E’ è sul territorio che si combattono le guerre e non seduti su comode poltrone romane.

E in Sicilia la guerra è giocata senza fioretti e l’UDC, apparentemente assente, sta giocando la sua partita potendo contare sull’asso Cuffaro che a torto qualcuno aveva pensato fuori dalla politica che conta.

Lombardo, invece, deve credere che Miccichè stia dalla sua parte ed è per questo che dichiara : “Si avvia (riferendosi allo strappo, ancora solo ipotetico, che il delfino di Berlusconi dovrebbe operare) un percorso di adeguamento della politica all’autonomia siciliana. L’Mpa e’ in cammino da tempo su questa strada, lieto che ci sia anche il Pdl”.

E secondo quanto dichiara a Repubblica, “All’Ars e in commissione Bilancio – si annidano i difensori di un sistema marcio. Una cosa e’ certa: i lealisti del Pdl che hanno due assessori in giunta prima o poi dovranno porsi il problema del comportamento irresponsabile in commissione. Altrimenti ci penserò io presto”.

Sembra il viatico al rimpasto annunciato e a … nuove elezioni.

lunedì 2 novembre 2009

2 " discussioni su Facebook - la seconda

" L'EVIS SI RICOSTITUISCE PER CONTRASTARE UNA POLITICA NON POLITICA DI QUANTI,
ALL'OMBRA DELL'AUTONOMISMO, SEMBRANO ANELARE LA CHIAMATA A POSTI DI POTERI, E
ADOPERARSI SUL TERRITORIO PER RILANCIARE LO SPIRITO INDIPENDENTISTA DEL POPOLO
SICILIANO ".
Carissima Neva, Segretaria dell'EVIS,
hai voluto mettere i puntini
sulle i, hai voluto ribadire le tue verità, hai voluto pronunciare e scrivere,
a beneficio di tutti, fatidiche parole che ho riportato all'inizio di questo
mio intervento con lettere maiuscole, per una doverosa puntualizzazione.
-
Avresti potuto iniziare, invece, con la consegna della tessera dell'EVIS al
Presidente Lombardo e, seppure la tua non sarebbe stata un'iniziativa
originale, avresti comunque rimediato una stretta di mano e magari un dolcino
o un bitter a Palazzo D'Orleans; già, ma come ti saresti presentata dal
Presidente, con una pistola nel fodero, un mitra e dieci bombe a mano appese
alla cintura, dal momento che sei a capo di un esercito di guerriglieri, come
ha saggiamente scritto qualcuno ?
-Avresti potuto, ancora, creare un altro
blob " LIBERO E PENSANTE, SICILIANO NAZIONALITARIO " con la foto di Turi Lima
nel centro della Bandiera di combattimento che fu di Canepa e, cercare, come
hanno fatto altri " DI RIUNIFICARE IL POPOLO DI ANTENNA TRINACRIA, LA RADIO
CONCEPITA DA TURI LIMA COME STRUMENTO DI SENSIBILIZZAZIONE RIVOLTA AL POPOLO
SICILIANO AL FINE DI RISCOPRIRE LA PROPRIA = SICILIANITA' E LA MEMORIA
STORICA = "
E in questo contesto " TANTISSIMI DEI TANTISSIMI SAREMMO DIVENTATI
ASCOLTATORI MILITANTI "
-Oppure, avresti potuto " METTERE A DISPOSIZIONE UNO
SPAZIO A TUTTI COLORO CHE VOGLIONO DIBATTERE SULLA QUESTIONE SOLLEVATA DALLA
DECISIONE DEL PRESIDENTE LOMBARDO DI AZZERARE L'ATTUALE GOVERNO REGIONALE,
PROSPETTANDO UNA NUOVA RAGIONE AUTONOMISTICA PER LA SICILIA ".
-Ma avresti,
potuto, altresì, associarti alla conclusione dello stesso Presidente, del 21
maggio 2009, " ADERENDO ALL'INVITO DI VOTARE PER L'AUTONOMIA, L'UNICA FORZA
REALE CHE CI HA INSERITI NELL'AGENDA POLITICA DEL PAESE, NON COME QUATTRO
SELVAGGI DA COMPRARE CON LE PERLINE COLORATE, MA COME UN POPOLO CHE MERITA UN
FUTURO "
E così operando, cara Neva, avresti visto la tua firma comparire
assieme a quella di altri firmatari illustri, come Mario di Mauro, già
ideologo di " Noi Siciliani " Presidente dell'Istituto Terra e Liberazione;
per non tacere degli altri eminenti firmatari, come Renato Sgroi Santagati,
Segretario di Rinascita Siciliana e, dulcis in fundo, di Salvo Musumeci,
Presidente per l'Indipendenza della Sicilia.
E a conclusione di quell'incontro,
oltre alla tessera onoraria per il Presidente, avresti potuto consegnare anche
tu la bandiera di combattimento dell'EVIS, " QUALE SEGNO CHE LA BATTAGLIA PER
L'AFFERMAZIONE DEI DIRITTI DEL POPOLO SICILIANO E' ANCORA IN CORSO..........
ribadendo che LA STRADA DA FARE E' TUTTA IN SALITA E TORTUOSA, E PROPRIO PER
QUESTO OCCORRE UNIRE LE FORZE CONTRO L'ASCARISMO ED IL CENTRALISMO DEI PARTITI
ITALIANI ( Amodei, addetto stampa MIS).
Il fatto si è, cara Neva, che tu sei
una testarda impenitente ed irrecuperabile, e quella testardaggine di porterà,
in un prossimo futuro, a proporre ancora l'idea pazza dell'Indipendenza
dell'Isola. Mi chiedo, anzi ti chiedo in proposito, se non ritieni di
scopiazzare dallo Statuto del MIS, prendendo a prestito in toto l'articolo 2
dello stesso che, molto saggiamente, e senza danneggiare nessuno, parla di
tutto tranne che di indipendenza della Sicilia;
D'altra parte come si fa a non
gioire di tutta l'opulenza che il padre Priore del Convento ci offre a noi
Isolani : Lavoro e occupazione per tutti, mafia e potentati scomparsi
dall'Isola, inquinamento inesistente, agricoltura floridissima, turismo,
commercio e terziario ai massimi livelli ipotizzabili, carburanti ed energia
prodotti in Sicilia volti a beneficio dei nostri corregionali, e non a prezzi
assurdi come quelli praticati in Val D'Aosta.
Avresti dovuto ringraziare gli
eminentissimi affiliati al MIS che si sono scomodati di pubblicare a tuo
esclusivo beneficio ( io già lo conoscevo ) lo Statuto predetto, redatto in
modo limpido, lineare, TRANQUILLO, PLACIDO e SERENO ( come i figli di Totò ),
che parla di tutto, di Canepa compreso, tranne che di Indipendenza della
Sicilia.
Il fatto poi che tu, con arroganza e incompetenza sfrontata, ti sia
voluta confrontare con eminentissimi storici sulla figura, le gesta e la
storiografia di Canepa, dei suoi rapporti con Finocchiaro Aprile, della
costituzione dell'EVIS e dei rapporti fra il MIS e l'EVIS, è stata e rimane
un'autentica presunzione ed una mancanza imperdonabile; tu, infatti, hai messo
in dubbio decenni di ricerche portate avanti da eminentissimi studiosi della
storiografia della quale si discute;
sappi, incorregibile presuntuosa, che
costoro hanno sovvertito gli scritti e il pensiero di coloro che osarono
affermare, sbagliando, che " LE OMBRE SULLO SCONTRO DI MURAZZU RUTTU NON SONO
MAI STATE DIRADATE E GLI INTERROGATIVI NON HANNO AVUTO RISPOSTE SICURI E
PLAUSIBILI. NON E' VERO CHE NON ESISTONO DOCUMENTI CHE RILEVANO O LASCIANO
INTRAVEDERE I RETROSCENA DI QUEL TREMENDO EPISODIO. NE' L 'ANALISI DEI FATTI
PUO' SUGGERIRE ALTRE RAGIONEVOLI CONGETTURE, SE NON QUELLE FORNITECI DA Sì
EMINENTISSIMI STUDIOSI.
RESTA PERCI0' ACCERTATA, per merito di siffatti
studiosi, LA VERITA' ASSOLUTA DEI ACCADIMENTI RIGUARDANTI CANEPA, FINOCCHIARO
APRILE E GLI ALTRI PERONAGGI DELL'INDIPENDENTISMO;
RESTA ULTERIORMENTE
ACCERTATA LA VERITA' STORICA CHE CANEPA NON FU TRADITO DA QUALCUNO DEGLI
INSOSPETTABILI DEL MIS; CHE NON CI FU LA " SOFFIATA " PER CATTURARE CANEPA E
GLI ALTRI; CHE E' FALSA LA RELAZIONE INTRODUTTIVA AGLI ATTI DELLA COMMISSIONE
PARLAMENTARE ANTIMAFIA DEL 10 FEBBRAIO 1972 LA QUALE SOSTIENE, SBAGLIANDO, CHE
LA = FINE DEL RIVOLUZIONARIO CANEPA, RIMASTA AVVOLTA NEL MISTERO, E' ATTRIBUITA
ALLA REAZIONE DEGLI AGRARI, PREOCCUPATI DELLA RIUSCITA DI UNA RIVOLUZIONE CHE
AVREBBE POTUTO ROVESCIARE IL SISTEMA SOSTANZILAMENTE FEUDALE; E' STATA ,
ALTRESì, ACCERTATA, DA PARTE DI QUESTI EMINENTISSIMI STORICI, CHE RISULTA
CERTAMENTE FALSA LA DEPOSIZIONE RESA, ALLA COMMISSIONE STESSA L'8 GENNAIO 1971,
DELL'AVV. VARVARO; CHE NON E' VERO QUANTO AFFERMATO DA QUEST'ULTIMO CHE CANEPA
MORI' IN UN AGGUATO NON OCCASIONALE, ASSOLUTAMENTE NON COMBINATO DAGLI STESSI
INDIPENDENTISTI DI DESTRA. NON E' VERO, INFATTI, CHE CANEPA PRONUNCIò MAI, SUL
VOLUMETTO = LA SICILIA AI SICILIANI = CHE QUANDO SI SAREBBE FATTA LA REPUBBLICA
SOCIALE IN SICILIA, I FEUDATARI AVREBBERO DOVUTO CONSEGNARE LE LORO TERRE PER
NON CONSEGNARE LE LORO TESTE; E' ANCORA FALSO CHE QUELL'ULTIMA FRASE GLI COSTO'
LA VITA.
NON E' PERCIO' VERO CHE GLI AGRARI SI ACCORDARONO, DIRETTAMENTE O
INDIRETTAMENTE, COI CARABINIERI, NE' E' VERO CHE FURONO SEMPRE GLI AGRARI A
FARE ARRIVARE AI CARABINIERI LA SOFFIATA ANONIMA ".
Ma perchè ti ho voluto
inviare questo scritto ? Soltanto per farti capire che si vive meglio se non si
litiga con nessuno.
Si vive meglio, come fanno gli altri, se si guarda alle
vicende di Messina senza scomodarsi minimamente.
Si vive da beati se riuscirai,
senza provare orrore, a guardare i nipoti dei terremotati del 1908.
Si vive
beati se te ne starai tranquilla, senza scomodare nessuno, quando vedrai un
siciliano che fruga nella spazzatura per cercare un pò di cibo per mangiare.
Si
vive beati quando sentirai affermare, con voce sommessa, ma senza scomporti
più di tanto, che gli abitanti di Gela hanno mercurio nel sangue.
Si vive
beati, insomma, se ci si comporta da leccapiedi, da meschini, da vili, se ci si
inchina a questo e quell'altro politico di turno, se si saprà recitare la
commedia di sempre, leccando la mano come un accattone, un essere senza decoro
nè dignità.
Ravvediti, carissima Neva, e fai come gli altri che, dalla loro
mediocrità esistenziale, hanno saputo trarre il loro squallore interiore per
condire quel pezzo di pane ammuffito.
Un saluto affettuoso e l'augurio che tu
possa magari ritornare nel MIS, per gioire, se saprai e vorrai apprezzare
altri comportamenti, meno scomodi, ma sicuramente più proficui.
Paolo Calabrese ( Lucio ) - Vice Segretario dell ' EVIS-Partito per l' Indipendenza della Sicilia

2 " discussioni " su Facebook - la prima

Sono diversi giorni che mi astengo dal partecipare a delle polemiche delle quali è fatto oggetto l 'EVIS - Partito per l ' Indipendenza della Sicilia e la sua Dirigenza, la mia astensione è dettata principalmente da tre motivazioni:
1°- A condurre questa polemica è soltanto una persona, affiancata sporadicamente da un altro.
2°- Per rispetto al ruolo che rivesto
3 °-Capisco le motivazioni umane di chi conduce questa polemica : Hanno visto disgregarsi tra le mani un qualcosa al quale avevano affidato tutte le loro ambizioni personali.
Per evitare polemiche, in questi giorni mi sono astenuta anche dall’ intervenire sulle note nelle quali amici mi taggano, neanche con un semplice “ mi piace “ se nelle note è taggato anche questo “ soldato di ventura disarcionato dal suo ronzino “.
Ma ieri sera hanno toccato il fondo; l’ ispiratore principale delle polemiche, che si erge a “ ricercatore storico “ ha ispirato al suo assistente la più vile e falsa menzogna storica riguardante Antonio Canepa e l’ EVIS, e questo non posso ignorarlo, non posso permettere che infamità del genere vengano diffuse impunemente.
Ecco cosa dice l’ assistente ( credo che siano dichiarazioni dettate dall’ ignoranza ) senza che lo “ studioso intervenga “ ( questi sì chiaramente in malafede ):
-<< il vostro movimento o altro, anche se personalmente non lo avrei mai chiamato EVIS visto che lo stesso è fuorilegge… >>
Sfido colui che ha scritto questa frase e il suo ispiratore, a citarmi un solo articolo di un qualunque ordinamento giuridico italiano che sostenga l’ illegalità dell’ EVIS di Canepa, sempre che non voglia rifarsi agli ordinamenti dell’ epoca fascista.
l’ EVIS NON ‘ E’ FUORILEGGE, all’ EVIS di Canepa venne riconosciuto dalle organizzazioni internazionali lo status DI UN ESERCITO REGOLARE, soltanto il regime fascista non lo ritenne tale, ed uno dei primi atti dell’ Italia repubblicana nel 20 Giugno del 1946 fu quello di concedere l’ amnistia ai militanti del Mis e dell’EVIS.
L’ EVIS di Concetto Gallo fu ben altra cosa da quella di Canepa; il professor Salvatore Musumeci ( mentore del “soldato di ventura disarcionato dal suo ronzino “ ) nel suo libro “ Il movimento separatista per l’ indipendenza della Sicilia tra separatismo ed autonomia “ riferendosi a Concetto Gallo così scrive a pagina 82 –
“ Partendo dalla considerazione che nel 1860 Garibaldi si era avvalso dalla collaborazione di bande di delinquenti comuni e di picciotti di mafia per conquistare la Sicilia, Concetto Gallo inziò una “ politica “ di coinvolgimento nella lotta indipendentista dei tanti latitanti e banditi che, in quel drammatico dopoguerra, infestavano le campagne siciliane.
A pagina 85 del suo libro, il Professore Musumeci aggiunge :
- “ Un errore gravissimo fu quello di avere accolto, indiscriminatamente nell’ EVIS bande e banditi senza escludere contatti con persone infide e/o mafiose “.
Il Professore Musumeci per avvalorare la sua dichiarazione riporta un breve brano dal libro di Pino Arlacchi ‘ Gli uomini del disonore ‘- pg. 46 “ Il pentito Antonino Calderone riferisce che Concetto Gallo uno dei capi del Movimento Separatista Siciliano , che è stato anche Deputato Nazionale, era pure uomo d’ onore della famiglia di Catania “.
QUESTO NON ERA PIU ‘ L’ EVIS DI CANEPA, ERA UN ‘ALTRA COSA , ed ai banditi che ne fecero parte non venne MAI riconosciuta la dignità di combattenti, infatti vennero esclusi dalla amnistia, tra gli altri venne escluso anche Salvatore Giuliano e la sua banda
Ricapitolando: Il vero EVIS fu dichiarato fuorilegge, così come lo erano gli altri partiti antifascisti, SOLTANTO DAL GOVERNO FASCISTA !
Capisco che per l’ “ Assistente del Ricercatore Storico “ questo non faccia alcuna differenza considerando che egli ancora si riconosce negli ideali del ventennio..
Come per la morte di Salvatore Giuliano, anche per l’ assassinio si Antonio Canepa vi sono MOLTI lati oscuri, ancora tante sono le ombre sulla sua drammatica fine , e su gli “ effettivi mandanti “.
Mi fermo qui…
Mi fermo qui anche perché è al futuro che dobbiamo rivolgere i nostri sguardi, è al futuro che dobbiamo dedicare il nostro massimo impegno per raggiungere il nostro obiettivo :
L’ AUTODETERMINAZIONE DEL POPOLO SICILIANO !
VIVA L’ EVIS DI ANTONIO CANEPA !
VIVA LA SICILIA LIBERA E INDIPENDENTE !
Maria Allegra
Segretaria Nazionale dell’ EVIS – Partito per l ‘Indipendenza della Sicilia.

"Non ci abbandonate"

MESSINA - Due fiaccolate per non dimenticare l'alluvione dell'1 ottobre scorso, le 31 vittime, i sei dispersi che sono certamente morti, le case crollate, le piazze e le strade scomparse nelle frazioni messinesi e nel comune di Scaletta Zanclea.

Oltre duemila persone provenienti da Scaletta e Itala e dalle frazioni di Altolia, Giampilieri e Molino di Messina, hanno attraversato Altolia, Molino, Giampilieri e Scaletta, per giungere davanti alla stazione di Giampilieri Marina e raccogliersi in un momento di preghiera per ricordare le vittime. Alla manifestazione hanno preso parte anche molti sfollati che sono venuti qui dagli alberghi per fornire anche la loro testimonianza.

Tra i cittadini regna lo sconforto perche dopo un mese ritengono di essere stati abbandonati dalle istituzioni. "Ad un mese dalla tragedia - ha detto Vera Munafò, dirigente scolastico di Scaletta Zanclea - chiediamo una risposta concreta a tutto il fango che è stato gettato sui residenti dei paesi colpiti, affermando che abitano in case abusive, cosa che non è per niente vera. Noi non vogliamo inoltre andare via da qui e chiediamo che vengano messe in sicurezza le montagne perchè qui c'è la possibilità di restare. Le istituzioni nazionali non ci devono abbandonare come invece sembra stiano facendo".

L'altra fiaccolata, con centinaia di partecipanti, è partita da Piazza del Popolo a Messina per arrivare a Piazza Duomo. Il consigliere provinciale dell'Mpa, Roberto Cerreti chiede in ricordo della tragedia del primo ottobre, una giornata della memoria che sia un monito per le istituzioni. Cerreti chiede l'appoggio di tutti i colleghi comunali e propone anche l'intitolazione alle vittime tutte dell'alluvione, della sala della commissione consiliare della Provincia.

01/11/2009
http://www.lasicilia.it/index.php?id=29927&template=lasiciliaweb

Ombre

LE OMBRE SULLO SCONTRO DI MURAZZU RUTTU NON SONO
MAI STATE DIRADATE E GLI INTERROGATIVI NON HANNO AVUTO RISPOSTE SICURI E PLAUSIBILI.
ESISTONO DOCUMENTI CHE RILEVANO O LASCIANO
INTRAVEDERE I RETROSCENA DI QUEL TREMENDO EPISODIO

sabato 31 ottobre 2009

Una fiaccolata per ricordare le vittime del nubifragio di Messina

Domani per commemorare le vittime del nubifragio sono in programma due fiaccolate. Le popolazioni dei paesi colpiti dall’alluvione del 1° ottobre, alle 16.30 partiranno da Altolia e Molino, proseguendo verso Giampilieri Superiore fino alla stazione di Giampilieri Marina dove saranno raggiunti dagli abitanti di Briga Marina, Pezzolo, Briga Superiore, Ponteschiavo Scaletta e Itala. Previsto un momento di raccoglimento e di preghiera. Alle 19 un’altra fiaccolata partirà da piazza del popolo a Messina

La svolta di Carmela "Alle donne dei mafiosi dico riprendetevi la vostra vita"

"Lasciateli, andate ora siete schiave di un ruolo, la vera libertà è quella che ho conquistato io". Un libro racconta la vita della Iuculano, moglie del capomafia Pino Rizzo
di Alessandra Ziniti
Da figlia di un noto imprenditore sognava di fare politica, da giovanissima moglie del boss gestiva i proventi del racket, adesso da pentita di mafia arrotonda facendo le pulizie e badando agli anziani. Oggi Carmela Iuculano, 36 anni e un passato tutto da riscattare, convinta cinque anni fa a collaborare dalle due figlie di 10 e 13 anni sconvolte dall´arresto di entrambi i genitori per mafia, chiede alle donne dei boss di cambiare vita. Dal luogo protetto dove vive con una nuova identità (ancora provvisoria) e un passato di fantasia, Carmela Iuculano lancia un appello a tutte le donne di mafia: «A chi vive accanto ad un mafioso voglio dire: "Andatevene, lasciateli, riprendetevi la vostra vita, adesso siete solo schiave di un ruolo, del dovere di essere buone mogli e buone madri, ma la vera libertà è quella che ho acquistato io, quella che mi ha permesso di regalare un futuro ai miei figli».

Daniela, oggi diciottenne prossima alla maturità, ha deciso di fare la criminologa, Serena, 15 anni, studentessa del liceo classico vuol fare il magistrato in Sicilia, e Federico, solo 7 anni, non parla neanche il siciliano e adora le macchinine di polizia e carabinieri. Anche lei, Carmela, la ormai ex moglie di Pino Rizzo, il boss di Cerda appena condannato all´ergastolo anche in appello sulla scorta delle sue dichiarazioni, ha potuto completare gli studi e ha preso il diploma discutendo una tesina su Falcone e Borsellino.

La Sicilia è ormai molto lontana per questa giovane donna coraggiosa che abbiamo incontrato in un luogo protetto sotto lo sguardo costante dei suoi angeli custodi che non l´abbandonano un istante e che costituiscono un po´ anche la sua famiglia. Un rapporto difficile con il padre, il "principe azzurro" della sua infanzia, alla scoperta del tradimento della madre, la classica fuitina a 16 anni con il rampollo di una famiglia dal cognome pesante fatta solo per far dispetto al padre, poi il matrimonio riparatore a 18 anni, tre figli, e ancora la depressione, l´alcolismo, l´anoressia per un ménage fatto di botte e tradimenti. Fino all´obbligo di diventare anche lei una donnaboss.

Carmela non ricorda volentieri il suo passato in Sicilia ma nella sua terra, dove è rimasta la sua famiglia che l´ha ripudiata bollandola come pazza, Carmela sogna un giorno di tornare: «Mi piacerebbe andare nelle scuole, parlare con i ragazzi, confrontarmi con loro su che cosa è la vera libertà. Purtroppo, forse la Sicilia non cambierà mai, questo mi fa rabbia. Perché anche chi non è affiliato, ha comportamenti mafiosi, omertosi e di copertura. In Sicilia gli uomini di mafia dicono di essere coraggiosi, ma sanno solo sparare ad un uomo alle spalle, perché poi il coraggio di fare la scelta che ho fatto io non ce l´hanno. Ma io non mi sento, non sono una donna-coraggio. Io piango, sono smarrita, ma guardo i miei figli e mi viene voglia di raccontare la mia storia per cercare di sradicare questa cultura».

La sua storia, intanto, questa giovane pentita di mafia l´ha affidata alla scrittrice Carla Cerati in un libro "La vera storia di Carmela Iuculano" edito da Marsilio. Lì, i suoi figli troveranno una lettera che non hanno mai letto. «È una lettera in cui chiedo loro scusa e perdono per averli costretti ad una vita difficile, ma allo stesso tempo li ringrazio. Loro mi hanno fatto crescere, se con il loro dolore e le loro lacrime non mi facevano vedere la realtà, io oggi non avrei saputo dare loro un futuro. So che mi hanno perdonato e mi hanno dato una seconda possibilità riponendo in me tutta la loro fiducia. Non dimenticherò mai quella sera in cui le bambine mi dissero: "Mamma, ammetti tutto, assumiti le tue responsabilità ma almeno staremo insieme". La grande piangeva ancora perché in classe l´insegnante non le aveva permesso di fare un tema sulla legalità, perché aveva i genitori in carcere per mafia. Ma non dimenticherò mai neanche il loro sorriso smarrito in macchina con la polizia quella notte in cui lasciammo la Sicilia».

Una nuova vita difficilissima per tutti, soprattutto per i bambini: «Mentire sempre, vivere con un nome e una storia fasulla e provare ad avere una vita normale. Non hanno mai fatto un errore, sanno che non devono mai dire a nessuno niente di noi. E naturalmente io vivo sempre con la paura che qualcuno ci scopra e dobbiamo andare via, ricominciare tutto daccapo in un altro posto e non so se avrei la forza. E poi ho un altro cruccio. Quello di non essere ancora riuscita ad avere una vita privata. Non riesco a fidarmi di nessuno».
(30 ottobre 2009)
http://palermo.repubblica.it/dettaglio/la-svolta-di-carmela-alle-donne-dei-mafiosi-dico-riprendetevi-la-vostra-vita/1764107

venerdì 30 ottobre 2009

Consegnato il Papello originale di Riina

Palermo. Una quarantina di fogli tra cui anche il “Papello” di Riina è il contenuto della carpetta che Massimo Ciancimino nel pomeriggio di oggi ha consegnato ai magistrati di Palermo Nino Di Matteo e Antonio Ingroia.

Ciancimino Junior stamattina si trovava in Tribunale per rendere dichiarazioni spontanee davanti ai giudici che lo stanno processando in appello per aver riciclato il patrimonio di suo padre. Dopo un’esposizione durata circa un’ora, in cui l’imputato ha reclamato e chiesto al giudice di avere un giusto processo, il figlio dell’ex sindaco di Palermo si è recato in Procura per consegnare le carte di suo padre che, finora, erano conservate in una cassetta di sicurezza della banca del Liechtenstein. 
Insieme al papello vi sarebbe anche una lettera scritta a penna da don Vito Ciancimino qualche anno dopo la strage di via D'Amelio. Dopo il suo arresto il politico democristiano si sarebbe sentito scavalcato nella trattativa che lui stesso aveva condotto con lo Stato. Questo lo portò a fare alcune considerazioni paragonando arditamente la sua posizione a quella del giudice Borsellino: entrambi, aveva scritto, erano stati traditi da persone ritenute vicine. In quel ’92 infatti, nel progetto di rinascita politica, il vecchio sindaco corleonese era stato “tagliato fuori” da Provenzano mentre Paolo Borsellino sarebbe stato ucciso grazie al "tradimento" di persone che avrebbe considerato amiche. Tutte le valutazioni del caso adesso spetteranno comunque ai magistrati che sulle nuove carte potranno avviare tutte le verifiche peritali. Ciancimino nel frattempo sidifende nel suo processo in abbreviato sull’affare della “Gas spa” (chesi sta svolgendo a porte chiuse) il quale gli ha procurato una condanna in primo grado a 5 anni e 8 mesi per riciclaggio e intestazione fittizia di beni. Stamani, a fine udienza, ha dichiarato: “Nella mia vicenda processuale ci sono molti fatti strani: atti che non vengono trasmessi alla corte d'appello, intercettazioni divenute irrilevanti e non trascritte mentre secondo la mia difesa sono a me favorevoli”. “Io voglio essere condannato per quello che ho fatto e non per quello che non ho fatto". "Il processo di primo grado - ha aggiunto - è basato su una posizione pregiudiziale di colpevolezza nei miei confronti”. “Perché hanno processato soltanto me e invece non hanno mai chiesto niente ai miei fratelli?” “Sulle vicende di famiglia loro forse sapevano pure qualcosa ma l'obiettivo unico e principale ero io”. Ciancimino nei prossimi giorni comparirà nuovamente dinanzi al Collegio al quale leggerà alcuni stralci d’intercettazione ambientale che non erano stati depositati a processo.
http://www.antimafiaduemila.com/content/view/21096/78/

giovedì 29 ottobre 2009

Mi chiedo perchè le imprese del nord...

Mi chiedo: Perchè le imprese del nord investono in Sicilia ?
Una risposta potrebbe essere : La possibilità di poter avere a priori una storica ed universale giustificazione di intralcio mafioso, nella non remota eventualità di una scarsa riuscita delle opere in costruzione.

mercoledì 28 ottobre 2009

"Io non ci capisco niente, chissà quanti decreti firmo senza sapere"

"Io non ci capisco niente, chissà quanti decreti firmo senza sapere"
E il Governatore Lombardo ammise
"Le mie firme per una casa a rischio"
"Ho declassificato il rischio di un'area del comune di Rosolini
dove un consigliere comunale deve farsi l'abitazione"
Il governatore della Sicilia Raffaele Lombardo

ROMA - "Chissà quanti decreti di declassificazione del rischio firmo senza sapere, ce ne ho tante di carte". Sono le parole del governatore della Sicilia Raffaele Lombardo, registrate dall'inchiesta di Francesco Chindemi mandata in onda da Reggio Tv e ripresa dal sito strill.it. Il giorno dei funerali di Stato per le vittime dell'alluvione che ha colpito il messinese il primo ottobre scorso, Lombardo parla con un suo collaboratore, ammettendo di aver firmato permessi per costruire case in zone a rischio. Ecco due stralci della conversazione del governatore:

La trascrizione. "Senta, facciamo una cosa, guardi che io martedì devo riferire. Lei mi prepari cortesemente tutte le carte, poi però mi dovete spiegare, che io non ci capisco niente di questa "declassificazione del rischio finalizzata a costruire".

E poi racconta: "Sapete cosa ho firmato io? Ho firmato un decreto relativo a una delibera di giunta a seguito di uno studio portatomi, in base al quale ho declassificato il rischio di un'area del comune di Rosolini, dove un consigliere comunale deve farsi la casa. E' sul letto di un torrente e io ho firmato il decreto per declassificare il rischio. Capite? chissà quanti ne firmo senza sapere, perché c'ho tanto di carte..."

Contattato dallo stesso autore dell'inchiesta, il presidente della Regione, ha risposto soltanto: "E' una vicenda già nota a cui stiamo già provvedendo".

(27 ottobre 2009) Tutti gli articoli di cronaca

http://www.repubblica.it/2009/10/sezioni/cronaca/messina-frana/inchiesta-reggiotv-lombardo/inchiesta-reggiotv-lombardo.html

Ai siciliani non rimane che mettersi nelle mani del Signore, hanno un governatore che per sua stessa ammissione " non ci capisce niente " !

martedì 27 ottobre 2009

Mafia. Italia, il paese degli smemorati …

E’ strana questa terra italica. Con l’avvento della repubblica è emersa una classe politica di basso profilo ma molto attenta a salvaguardare gli interessi propri. La politica italiana ha cominciato ben prima della fine del secondo conflitto mondiale a manifestare la sua voglia di “supremazia” riuscendo a salvaguardare quanti si erano macchiati di crimini dopo la vergogna dell’ 8 settembre.

La mafia messa al potere in Sicilia dagli americani che così ringraziarono di averli aiutati nello sbarco, entra nello nella stanza del potere italiano a pieno titolo e lo controllerà, o meglio lo controlla tutt’ora, orientando scelte politiche ed economiche.

La collusione è massima e oggi, dopo che il braccio armato dello stato mafioso, i corleonesi, si è ribellato e aperto una vera e propria trattativa per ottenere i benefici “pensionistici”, dopo che personaggi politici e dipendenti dello stato hanno trattato con la mafia, dopo il tempo delle stragi, improvvisamente tanti ricordano e tanti “negano”.

Nel frattempo due magistrati appartenenti all’antistato, cioè quella parte dello stato di diritto che rifiutava lo stato colluso, veniva eliminati perché avevano capito il sistema di collusioni tra stato e mafia, ma soprattutto avevano compreso il sistema di stato mafioso e braccio armato formato dai corleonesi.

I migliori uomini appartenenti “all’antistato”, magistrati, giornalisti, appartenenti alle forze dell’ordine, uccisi perché di impiccio ai traffici economici e politici tra stato mafioso e il braccio armato corleonese.

Qual è la parte dello stato mafiosa e chi ne era e ne è ancora il capo non è dato di sapere, ma alla luce di quanto sta succedendo in questi giorni, la rete dello stato mafioso appare ben salda al potere e mischiando le carte sta spargendo una densa cortina di fumo sul passato e sul presente.

Il Vice Presidente del CSM (Consiglio Superiore della Magistratura) nega di aver incontrato Paolo Borsellino immediatamente prima della sua uccisione. Qualche dubbio noi l’abbiamo perché Paolo Borsellino era il magistrato più famoso in Italia e non solo e Mancino Ministro degli Interni …

Incredibile poi il caso dell’allora Ministro della Giustizia, Claudio Martelli, che dopo ben 17 anni dalla strage riferisce dell’esistenza di una trattativa tra lo stato (Quale ministero ? ) e la mafia (Riina o Provenzano?). Possibile che non abbia sentito prima la necessità di riferire alla Magistratura queste sue “verità” subito dopo i fatti ? Martelli precisa che , “più che una trattativa mi sembra che in diverse situazioni ci sia stato un comportamento aberrante di funzionari dello Stato. Alcuni poliziotti e magistrati a Caltanissetta e altrettanti carabinieri a Palermo, nel 1992, hanno tenuto condotte devianti”. E ritiene che “Questo nuovo ’sollevare tappeti deve fare luce sulle verità nascoste”.

Ma perchè Martelli oltre che non riferire alla magistraura questi fatti quando avrebbe dovuto, non fece nulla nella sua qualità di Ministro della Giustizia ?

Quanto credibile può essere oggi l’ex ministro ?

Curioso poi che, Violante, presidente della Commissione parlamentare antimafia … non sapesse della trattativa o di questi comportamenti abberranti riportati da Martelli!

E che contatti politica e mafia ci sono stati è confermato dalla sentenza di non luogo a procedere per “prescrizione” per il reato di concorso esterno alla mafia per Andreotti. Nella sentenza infatti si precisa che sono stati accertati i rapporti tra Andreotti e la mafia prima del 1980 …

L’allora presidente della Repubblica, visto che il reato di concorso esterno alla mafia era stato dichiarato prescritto, non ha trovato di meglio che nominare il grande uomo DC, senatore a vita. Una sorta di garanzia vita natural durante …

Lo stalliere di Berlusconi, Mangano, condannato all’ergastolo per fatti di mafia. Dell’Utri, promosso senatore da Berlusconi, ha scontato una condanna passata in giudicato di due anni per false fatturazioni e frode fiscale ed è stato condannato in primo grado a 9 anni per concorso esterno alla mafia. Ed ancora, in primo grado a Milano è stato condannato a due anni di reclusione per tentata estorsione ai danni di Vincenzo Garraffa (imprenditore trapanese), con la complicità del boss Vincenzo Virga (trapanese anche lui). Il 15 maggio 2007 la terza corte d’appello di Milano conferma la condanna a due anni.

E come dimenticare un altro eccellente Fininvest, Massimo Berruti, condannato a otto mesi definitivi per favoreggiamento nel processo per le tangenti alla Guardia di finanza

L’ex presidente della Regione Siciliana, Salvatore Cuffaro, condannato a 5 anni per aver agevolato un uomo di mafia è senatore della Repubblica.

Tanto per citare i casi più eclatanti ma la lista è lunga e ne fanno parte molti politici “regionali”.

C’è stato o no la trattativa e il famoso papello?

A vedere alcuni fatti sembra proprio di si. L’abitazione di Riina, si dice “venduto” da Provenzano, è rimasta a disposizione della mafia per diversi giorni così da poter far sparire ogni possibile documento, perché inspiegabilmente ci si è dimenticati di effettuare la perquisizione dopo la cattura del capo “dei capi” e di metterla sotto custodia delle forze dell’ordine …

La stessa cattura di Provenzano presentata come una grande operazione delle forze di polizia, appare, alla luce delle varie ricostruzioni, una resa dopo una complessa trattativa tra il “latitante ??” gravemente malato e lo stato. Quali le contropartite ?

E le stragi di Falcone prima e soprattutto quella di Borsellino , nella loro drammatica sequenzialità confermerebbero che una trattativa era in atto ed era cominciata subito dopo la caduta del muro di Berlino e quindi dopo che è venuta meno la necessità dello stato italiano e degli Usa di poter utilizzare la mafia per i traffici illeciti quali il traffico di armi e lo spionaggio industriale.

E’ venuto improvvisamente meno l’equilibrio tra la la mafia e lo stato e quindi il braccio armato, quello che effettuava i lavori sporchi, ha reagito e dettato le sue condizioni.

Falcone e Borsellino erano quindi l’antistato, cioè erano contro quella commistione politica e mafia e contro i comitati d’affari, ed andavano eliminati.

L’ordine è partito dall’alto e chi lo ha dato molto probabilmente è ancora ben saldo al suo posto di potere e ben protetto da una spessa cortina creata dallo stato mafioso e dalla massoneria.

http://www.osservatorio-sicilia.it/2009/10/27/mafia-il-paese-degli-smemorati-%e2%80%a6/#more-7939

lunedì 26 ottobre 2009

Il ponte sullo stretto? semplicemente lo stupro della Sicilia

Parlare oggi dopo il caso di Giampilieri e il fiume di fango che ha seppellito persone, case e cose del ponte sullo stretto è assolutamente scellerato. L’annuncio dell’inizio della realizzazione di questa mega infrastruttura serve solo a destare nei cuori di chi, come noi ama la Sicilia, l’idea di essere considerati una colonia periferica di un impero malato, in cui basta una conferenza stampa per decidere il massacro del terriorio e del paesaggio. Proprio così perchè la costruzione di un opera faraonica, assolutamente inutile al popolo siciliano, non sarebbe altro che un ulteriore violenza operata sul paesaggio della Sicilia. Immaginatevi, cari amici, cosa succederebbe se si realizzasse: da Palermo a Massina in tre ore per poi operare un attravensamento dello stretto in quindici minuti e farsi cinque ore, se tutto va bene, sulla Salerno-Reggio Calabria in condizioni terribili. Allora io dico al governo italiano, invece di spararle così grosse per evitare che sia ancora più palese la crisi profonda in cui è piombato, che sarebbe meglio ragionare se non sia arrivato il momento di mollare questo modo di fare politica senzazionalistica senza mai realizzare niente, basta vedere le riforme che in Italia aspettiamo, e passare ad una nuova fase di lavoro vero? Caro Presidente Berlusconi, non è arrivato il momento anche per lei, di cacciare da palazzo Chigi, ministri come la Gelmini, che in questo periodo tra tagli indiscriminati, accorpamento di classi, ricorsi persi, scioperi, malcontento di tutti gli operatori della scuola, e assoluta incompetenza in materia, come si evince dai papocchi che in questi giorni sono emersi, le hanno causato e ci hanno causato solo guasti e perdita di fiducia nelle istituzioni? E la Carfagna che vuole togliere il velo alle donne islamiche, lei così esperta in fatto di denudamenti vari? crede che questo sia proprio il primo pensiero degli italiani? e della pletora di yes men e personale politico scadente che ogni giorno le fa fare fesserie come il lodo “Alfano”? L’opposizione l’accusa di essere un nuovo Duce, ma voglio ricordarle che del Governo Mussolini facevano parte:Alfredo Rocco, Luigi Federzoni, Paolo Thaon di Revel, Alberto De Stefani, Giovanni Giuriati, Aldo Oviglio, Armando Diaz, Giuseppe D’Arzago De Capitani, Gabriello Carnazza, Giovanni Antonio Colonna di Cesarò e alla scuola Giovanni Gentile.

Certo nessuno dei citati ha le doti della Carfagna e della Gelmini, due che il mondo ci invidia insieme a Cammarata e Schifani, ma pazienza!

Silvio, prima di pensare al ponte, che i siciliani non vogliono, e di sfasciare tutto, dalla scuola alla giustizia, sfascia questo governo e metti nei posti giusti gente con competenze indiscutibili, che abbiamo anche l’autorità e gli attributi per dirti di no, il resto tienitele nelle stanze di palazzo Grazioli, tanto ci sono abituate!

Nino Sala

domenica 25 ottobre 2009

Oggi è l'anniversario della nascita di Antonio Canepa, nato a Palermo il 25 Ottobre 1908.EROE DELLA NAZIONE SICILIANA.

Ricordiamo il Nostro Martire con le Sue parole.

di Antonio Canepa – da “La Sicilia ai Siciliani!” (1944, firmato con lo pseudonimo di “Mario Turri”)

Rileggiamo insieme le immortali pagine del “Catechismo Siciliano” scritto dal nostro grande Michele Amari:
Perché i siciliani vogliono essere indipendenti?
“Perché la ragione e la storia ci insegnano che tali debbono essere e che tali sono stati da molti secoli.
Come, per legge umana e divina, nessun uomo può legittimamente essere schiavo di un altro (né può mai prosperare qualora lo diventasse) così nessuna nazione può essere serva di un’altra; e, se lo fosse, verrebbe avvilita, governata senza giustizia né umanità, aggravata dai dazi per l’utile non proprio, ma dei suoi padroni, straziata da leggi fatte a questo medesimo scopo, quindi sarebbe sempre povera, ignorante e disprezzata.
Ma come dimostrate che la Sicilia abbia una individualità a sé?
Iddio le stese d’ogni intorno i mari per separarla da tutt’altra terra e difenderla dai suoi nemici. La fece così grande di estensione, temperata di clima, fertile di suolo, da bastare non soltanto alla vita di più milioni di uomini, ma anche ai comodi, al lusso, ad ogni godimento, ad ogni industria, ad ogni commercio.
Ma come rispondete a quelli che oppongono che, essendo mutate le circostanze politiche d’Europa, per la fusione dei piccoli nei grandi Stati, la Sicilia non potrebbe più sostenersi da sé?
In primo luogo è da considerare che la Sicilia, per la sua grandezza e per la natura montuosa del territorio e per la fierezza degli abitanti, non è un’isola facile a conquistare.
Secondo: è un fatto, in politica, che gli Stati piccoli si mantengono per la gelosia reciproca dei grandi, nessuno dei quali permetterebbe a un altro di ingrandirsi con la conquista a spese dei piccoli Stati. Diversamente non esisterebbe la libera Svizzera che ha meno di due milioni di abitanti; né la libera Grecia che ne ha solo un milione: mentre la Sicilia ne ha più di due milioni! Se la perfezione politica di uno Stato consistesse nella grandezza, la Russia e la Cina sarebbero gli Stati più felici del mondo!”.
Così scriveva, più di un secolo fa, Michele Amari. Oggi, queste parole sono doppiamente vere. Oggi la Sicilia ha quattro milioni di abitanti, pronti e decisi a vendicare le antiche e le recenti offese, pronti e decisi a ottenere l’indipendenza dal resto d’Italia.
Non si può più continuare come per il passato. Per noi siciliani, è questione di vita o di morte. Separarci o morire!
Sonnino, che non era né separatista né siciliano, ma che fu anzi più volte Ministro e due volte Presidente del Consiglio del Regno d’Italia, ha scritto queste sacrosante parole:
“Quel che trovammo nel 1860 dura ancora. La Sicilia lasciata a sé troverebbe il rimedio: stanno a dimostrarlo molti fatti particolari; e ce l’assicurano l’intelligenza e l’energia della sua popolazione e l’immensa ricchezza delle sue risorse. Ma noi italiani delle altre province impediamo che tutto ciò avvenga; abbiamo legalizzato l’oppressione esistente; ed assicuriamo l’impunità all’oppressione!”
Se questo poteva scrivere Sonnino, quanto più terribile e amara è la verità! Noi siciliani siamo stati considerati sempre come la feccia dell’umanità, buoni soltanto a pulire gli stivali dei signori venuti dal continente!
E non si creda che domani, con un regime migliore, più liberale, più umano, possano accomodarsi i nostri guai! Credere ciò sarebbe un gravissimo errore.
Innanzitutto, nessun governo, per generoso che sia, ci restituirà mai (se non costrettovi dalla forza) quel che ci è stato rubato in ottanta anni. E se pure ne avesse l’intenzione, verrebbe cacciato via dagli stessi italiani prima di compiere quest’atto di giustizia e di riparazione.
In secondo luogo, l’incomprensione tra la Sicilia e il continente non deriva dalla cattiva volontà degli uomini. Deriva dalla situazione, per cui sono state unite regioni che dovevano stare separate. Deriva dal contrasto degli interessi.
L’industria siciliana danneggerebbe l’industria continentale: questo è certo. La nostra floridezza andrebbe a tutto scapito della floridezza dei nostri sfruttatori.
Perciò la Sicilia non può e non potrà mai vivere d’accordo col continente italiano.
Soltanto degli ingenui possono sperare in un avvenire migliore, pur persistendo nell’unione con l’Italia. E si illudono che forse qualche siciliano potrebbe andare al governo d’Italia…
Sciagurati! Quante volte i siciliani sono andati al governo, da Crispi a Orlando, che bene ne ha veduto mai la Sicilia?
Giuseppe Santoro, nel citato volume a cura di Castelnuovo, ha scritto queste giuste parole: “La circostanza più grave è che la Sicilia è stata maggiormente trascurata da quegli stessi suoi figli che pervennero ai più alti fastigi del potere e del sapere”.
Perché? – mi chiedete. Ma per una ragione evidentissima!
Il continente è molto più forte della Sicilia. Quindi il governo viene nominato o mandato a casa dal continente. Ora, come potete immaginare che il continente chiami al governo uno che anteponga la Sicilia al continente ?

Mafia, Spatuzza: "Avevamo ottenuto tutto grazie a Berlusconi"

Per anni la mafia trattò con la politica, trovò nelle istituzioni i suoi referenti. Un dialogo, quello tra boss e pezzi dello Stato, durato ben oltre il periodo delle stragi e andato avanti fino al 2004. Ne è convinto Gaspare Spatuzza, ex uomo d'onore del gruppo di fuoco della famiglia Graviano che, con le sue rivelazioni, ha aggiunto un altro capitolo all'inchiesta che i magistrati palermitani conducono sulla cosiddetta trattativa. L'8 ottobre scorso, l'ex killer di Brancaccio, soprannominato 'U tignusu' per la sua calvizie, ha riferito ai pm i nomi dei politici con cui la mafia avrebbe dialogato: Silvio Berlusconi e Marcello dell'Utri. Accuse subito respinte dal difensore di Berlusconi, l'avvocato Nicolò Ghedini che ha annunciato querela nei confronti del pentito. "La autorità giudiziaria - ha detto - ha già ampiamente indagato sulle assurde accuse che nel passato erano state mosse nei confronti del Presidente Berlusconi e ne ha accertato, come era ovvio, la più totale estraneità a qualsiasi ipotesi di connessione con la mafia". Il verbale dell'interrogatorio di Spatuzza è stato depositato oggi al processo d'appello al senatore del Pdl Marcello Dell'Utri, accusato di concorso in associazione mafiosa. Se la corte accoglierà le richieste della procura generale, che a sorpresa ha interrotto la requisitoria per chiedere la riapertura dell'istruttoria, Spatuzza potrebbe comparire in aula a raccontare la sua verità sulla trattativa. A rivelare al collaboratore l'identità degli interlocutori istituzionali della mafia sarebbe stato Giuseppe Graviano, boss stragista a cui il pentito era legatissimo. Dopo le bombe di Firenze, il collaboratore di giustizia e il capomafia si incontrano a Campofelice di Roccella, nel Palermitano. Spatuzza mostra perplessità per la nuova strategia del terrore di Cosa nostra che, per la prima volta, non colpisce i "nemici" istituzionali o gli avversari interni, ma cittadini comuni. Graviano, quasi stizzito, gli risponde: "io ne capisco di politica, tu no". "Mi disse - racconta il pentito - che da quei morti avremmo tratto tutti benefici, a partire dai carcerati". Affermazioni che convincono "U tignusu" che la trattativa riguardava anche la politica. Per "riscaldare" il clima Cosa nostra progetta un attentato eclatante: a saltare in aria dovevano essere i carabinieri. Spatuzza ha carta bianca nell'organizzare la nuova strage e individua come obiettivo lo stadio Olimpico, dove un'autobomba avrebbe dovuto uccidere un centinaio di carabinieri del servizio d'ordine. Per entrare in azione aspetta, però, il via libera di Graviano. I due tornano a incontrarsi a Roma a metà gennaio del 1994. Il capomafia, questa volta, è ancora più esplicito. "Era molto felice - racconta il collaboratore - disse che avevamo ottenuto tutto e che queste persone non erano come quei quattro 'crasti' (cornuti ndr) dei socialisti. La persona grazie alla quale avevamo ottenuto tutto era Berlusconi e c'era di mezzo un nostro compaesano, Dell'Utri". "Mi disse - aggiunge - che grazie alla serietà di queste persone noi avevamo ottenuto quello che cercavamo. Usò l'espressione 'ci siamo messi il Paese nelle mani'". L'attentato all'Olimpico fallisce. E l'arresto dei Graviano lo fa definitivamente sfumare. Siamo nel '94. Nel 2004, a 10 anni di distanza, Spatuzza intuisce che la trattativa e' ancora in corso. E' detenuto a Tolmezzo insieme a un altro dei Graviano, Filippo. Nelle celle si parla di una possibile dissociazione da Cosa nostra tesa ad avere benefici carcerari. Il pentito ne parla al boss che prende tempo: "se non arriva niente da dove deve arrivare - dice Filippo Graviano - anche noi cominciamo a parlare con i magistrati". "Segno - spiega il pentito - che la trattativa era ancora aperta".
http://www.siciliainformazioni.com/giornale/cronacaregionale/68398/mafia-spatuzza-avevamo-ottenuto-tutto-grazie-berlusconi.htm

venerdì 23 ottobre 2009

Voti truccati alle comunali,

Ritenuti colpevoli dal Gup un candidato al Consiglio, un aspirante componente di circoscrizione e due presidenti di seggio
Avrebbero falsificato i voti su diverse schede elettorali per favorire alcuni candidati alle elezioni comunali del 2007. Per questa ragione il gup Ettorina Contino, accogliendo le richieste del pm Maria Forti, ha condannato a 4 anni e sei mesi Gaspare Corso, candidato al Consiglio comunale con la lista di centrodestra «Azzurri per Palermo», a 4 anni e 20 giorni Vito Potenzano, candidato a un Consiglio circoscrizionale, a 3 anni e 2 mesi Giovanni Maria Profeta e a 3 anni e 20 giorni Gaetano Giorgianni, presidenti di seggio. Assolti Silvana Lo Franco, cognata di Corso, e Francesco Paolo Teresi, anche lui candidato nella lista «Azzurri per Palermo», che appoggiava l'elezione del sindaco Diego Cammarata.

Il gup ha anche deciso una provvisionale immediatamente esecutiva di mille euro per le parti civili: le consigliere comunali del gruppo «Un'altra storia» Antonella Monastra e Nadia Spallitta, difese dall'avvocato Maurizio Cicero, gli esponenti dell'Idv Leoluca Orlando, Fabio Giambrone, Aurelio Scavone, Fabrizio Ferrandelli, Cesare Mattaliano. Infine Manfredi Lombardo e Fabrizio Biondo entrambi della lista "Sindaco Orlando". Per la liquidazione del danno il gup ha rinviato al giudice civile.

«A quanti hanno guardato, con ostilità e sufficienza, le mie denunce penali non resta che far presente che oggi è arrivata la conferma in sede giudiziaria di reati commessi da sostenitori del sindaco Cammarata durante le elezioni amministrative di Palermo nel 2007», dice Orlando che in quella competizione elettorale fu battuto nella corsa a sindaco proprio da Cammarata. «Per rispetto della libertà e volontà degli elettori - aggiunge Orlando - continueremo a coltivare tutte le azioni penali già intraprese e pendenti, ricordando che siamo in attesa della sentenza del Tar che, dopo aver riscontrato documentalmente fondate le denunce di illegittimità sostanziale dell'intera procedura, annulli l'elezione». (22 ottobre 2009)

LITTRA A UN FRATI EMIGRANTI

Quindici jorna passanu prestu
pri cu veni di terri friddi e luntanu
e lu suli sicilianu c'adduma vampi di focu
nta l'occhi e lu cori pari cchiù caudu
e priziusu a cu’ prestu l’havi a lassari
pri turnari a patruna razzisti e senza cori
ca dunanu pani cunzatu cu disprezzu e feli.

Quindici jorna di pistari la terra ca ti fu matri
ca ti detti lu ciatu, t’addattò a li so’ funtani
ti vitti currri e jucari picciriddu stati strati
e po’ dispiratu, senza passatu né futuru
scappari di lu suli e di la miseria…
tagghiannu comu rami morti ràdichi di sutta li pedi
ca comu ardicula spunta senza ca la chianti.

Quindici jorna, d’jnchiriti l’occhi d’azzolu
lu nasu di ciàuri, la vucca d’antichi sapuri
ma lu cori di rabbia e di tristizza pri tutta
la miseria e li curtigghi ca nuddu tratturi abbatti mai
pirchì cu fici ‘sta terra ca pari di zuccaru filatu
meli e marturana, la misi a dormiri ‘mmenzu l’unni
di lu mari, ma comu Pilatu si nni lavò li manu.

Quindici jorna, e po’ cu l’occhi vunci e scurusi
comu si di bottu s’avissi astutatu lu mecciu riparti
e senti ancora lu cani arraggiatu abbajari 'ntra lu pettu
ddu’ cani chiamatu malancunia ca comu cancrena
ti porti attaccatu a l’ossa…ddu’ cani ca mai dormi
mai annaca la cuda, ca sapi sulu muzzicari
quannu t’arritrovi sutta autri celi ca mai ridinu di cori.

Quindici jorna e ritorni orbu nna dda’ terra di gelu
dunni nun canta acqua nna li cannola agghiacciti
nè volanu aceddi e scrivi cu palori di focu ca puru a pedi
vulissi scappari… e iu frati miu, chi pozzu fari?
Iu sacciu sulu, scriviri palora e vulissi ca fussiru trona
pri scattari nni la menti di cu’ addinòcchio nni metti
spuntuna, pri sfunnari cori di traditura e patruna...

Ca sucanu sangu e nun sunnu sanguetti
arrobbanu la vita e nun sunnu latri
fiddulianu li carni e assassini nun sunnu, ma lupi
caini ca si scannanu tra d’iddi p’un pezzu di carni
unu ossu! Li picuri si, li pecuri ca si fannu mettiri li pedi
supra lu coddu… iddi l’attrovanu lu travagghiu
e puru li dilinquenti ca s’allordanu li manu di sangu.

Ma tu o frati, nun chianciri, nun t’arrassignari
nun astutari lumi né lampi di suli a li tò’occhi
nun pèrdiri la spiranza ca un ghiornu lu ventu o la sorti
putissi canciari, pirchì lu “diavulu sapi fari li pignati”
ma spissu “si scorda di fari li cummogghi”
e a forza d’ammiscari li carti e fari mazzuna
po’ capitari ca perdi la partita cu la “signura furtuna!”

Perciò ‘ntantu c’aspetti, grida la to’ rabbia
gridala a lu ventu, a lu celu, a li stiddi
grida ca forsi, qualchi armuzza piatusa ti senti
nun ti muzzicari la lingua, nun l’ammucciari tra li denti
grida forti ca forsipuru Diu ti senti, cummatti, parra
parra cu la genti ca si senti figghiastra comu a ttia
parra a tutti li dispirati, li cunnannati senza piccatu

e ridi, ridi cu dda’ risata di picciutteddu mai crisciutu
dda’ risata, ca comu ‘na vintata d’aria frisca
accarizza l’arma, arriviscennu puru li morti
addimurati e sfatti di stu munnu ‘nfami
ca duna pani a cu' nun havi denti o nni fa minnitta
ridi, ridi di cori comu tu sai fari, ridi puru quannu
l’occhi comu funtani a chiantu vulissiru sbuttari.

Nun cunnannari a lu scuru e lu silenziu
puru la vucca, nun astutàri lanterni a ddi’ fussetti
ca un Diu fantasiusu comu pirtusa affunnò
nni la to’ facci, pri fariti cchiù beddu
di ‘na jurnata di suli…du’ fussetti c’addiventanu
fantasimi ammucciati, siddu nun ridi.

Perciò juncemu vrazza e cori, facemu ponti d’amuri
jttamu vuci p’arruspiggiari emigranti
c’arrassignati dòrminu comu pecuri nna li mannari
nna li vaneddi e li tanti scurdati paisi di lu munnu
arriviscemu morti chi caminanu all’addritta
c’ancora sbintuliannu banneri arripizzati di pitittu….

un surdatu chi curri nna lu disertu puru si armatu
nun fa scantari lu nnimicu, ma tanti surdati
chi hannu lu stissu sonnu dintra lu cori
addiventa un esercitu, vincinu guerri avennu
pri arma la lingua, pri capitanu lu curaggiu
e lu cori pri cantari, pani, paci e libirtàti!

Ottobre 1980 R.C. Maggio 2005

Di LINA LA MATTINA

giovedì 22 ottobre 2009

Facciamo un po' di chiarezza su Canepa ed i suoi rapporti con il movimento indipendentista

Il primo nucleo dell’ EVIS – Esercito Volontario per l ‘Indipendenza Siciliana – non nacque per decisione del direttivo centrale indipendentista, ma per iniziativa personale di Antonio Canepa.
Dopo aver fatto saltare l’ aeroporto di Gerbini all’ inizio del ’43 ( utilizzato dai tedeschi come aeroporto militare ) Canepa era sparito da Catania per andare a svolgere una missione al nord.
Ci sono notizie infatti sull’ attività partigiana da lui svolta a Firenze nei primi mesi del 44, e sembra che i tedeschi avessero messo una taglia su di lui. Canepa comunque tornò a Catania nell’ autunno del 44 e si pose ad organizzare una forza armata indipendentista. Nei suoi rari contatti con il movimento separatista, egli sosteneva che l ‘indipendenza si sarebbe dovuta conquistare con la forza. Ma Canepa era guardato con una certa freddezza, perché era un uomo di sinistra.
Per i latifondisti del movimento separatista, parlava troppo di riforme; inoltre criticava apertamente l ‘indirizzo reazionario del gruppo dirigente indipendentista.

martedì 20 ottobre 2009

CATANIA: LA DESTRA, DA SINDACO INCARICHI E CONSULENZE CHE GRAVANO SU BILANCIO COMUNE

Catania, 16 ott. - (Adnkronos) - "Il Sindaco di Catania ha proceduto negli ultimi mesi a conferimenti di incarichi esterni e di consulenze a vari soggetti, per un impegno di spesa gravante nel bilancio comunale per oltre 400.000 euro". Lo affermano in una interpellanza i consiglieri comunali de "La Destra-As" a Palazzo degli Elefanti, Manfredi Zammataro, Nello Musumeci e Gemma Lo Presti. "Tale condotta- continua Zammataro- cozza in maniera stridente con le reiterate dichiarazioni del Primo Cittadino di indisponibilita' finanziaria dell'Ente tali da non permettere neanche di garantire i servizi sociali alle fasce deboli".

"Il ricorso a consulenze esterne -prosegue - mortiifca inoltre l'eseprienza e l'abilita' professionali di gran parte dei dirigenti interni ai quali sembrerebbe per altro negato persino il diritto al buono pasto". "Per tale ragione chiediamo al Sindaco- coclude Zammataro- di sapere per quale motivo tali incarichi sono stati conferiti anche in presenza di abilita' professionali interne all'Ente e per altro a supporto di curricula vitae a volte inadeguati agli obiettivi che si intendono raggiungere".

Emergenza rifiuti: i sindaci barricati a palazzo D’Orleans

Sono barricati nella sala blu di palazzo D’Orleans, sede della Presidenza della Regione, una rappresentanza di sindaci della provincia di Palermo. I primi cittadini stanno manifestando a causa dell’emergenza rifiuti nei rispettivi comuni.

I sindaci lamentano di non essere stati ancora ricevuti dal Presidente della Regione, Raffaele Lombardo.

“Resteremo qui sino a quando non verremo ricevuti – dichiara Biagio Sciortino, sindaco di Bagheria – “l’emergenza rifiuti non è un problema solo delle amministrazioni comunali o dei cittadini che pagano la tassa rifiuti, è un problema che va affrontato e risolto a livello regionale”.

Intanto allarma la notizia che la discarica di Bellolampo a Palermo ha nuovamente chiuso ai comuni della Provincia che non potranno conferire lì i loro rifiuti. E’ quanto è stato disposto dall’Amia per il mancato pagamento delle somme dovute per l’uso dell’impianto da parte delle sei società d’ambito del Palermitano.

“Questa è un’emergenza igienico-sanitaria che sta creando grossi problemi – aggiunge il sindaco della città delle Ville – io sono sindaco di una città che dovrebbe essere sui giornali per le sue meraviglie e bellezze e non per i cumuli di immondizia, di questa città sono principalmente cittadino e soffro nel non riuscire a fare niente per risolvere questo annoso problema”.

lunedì 19 ottobre 2009

COMUNICATO STAMPA

Esercito Volontari per l 'Indipendenza della Sicilia
" La Sicilia ai Siciliani "
Via Salvatore Puglisi, 9 - 90143 Palermo

COMUNICATO STAMPA

Ricostituito L’ EVIS, l’Esercito Volontario per l’Indipendenza della Sicilia

Dopo oltre 70 anni la storia si ripete. L’ Esercito Volontario per l’Indipendenza della Sicilia ( EVIS ) che Antonio Canepa creò in disaccordo con la politica attendista seguita allora dal MIS, che si perse nella nebbia dell’autonomismo truffa che ha seguito i fatti del maggio 1946, è stato è ricostituito a Palermo ed ancora una volta da militanti in disaccordo con i dirigenti del MIS attuale ricostituito nel 2004.

L ' EVIS nasce per contrastare un politica non politica di quanti, all’ombra dell’autonomismo, sembrano anelare la chiamata a posti di potere, e adoperarsi sul territorio per rilanciare lo spirito indipendentista del popolo Siciliano.
Per raggiungere il suo scopo l’EVIS non userà la violenza ma opererà nel rispetto del diritto internazionale e giocherà la sua partita politica rispettando le norme imposte dallo stato italiano alla Sicilia.

All ’ 'EVIS confluisce il MAE, Movimento Agricolo Europeo anch’esso in disaccordo con la politica attendista ed immobilista del MIS, e che esce dalla Federazione Sicilia Libera.
Aderisce all’EVIS anche " l’Associazione Gattopardi Sicilia " la cui adesione è stata formulato dal Presidente dr. Vincenzo Allegra; l’Associazione formerà all’interno dell’ EVIS la " Sezione Gattopardi Sicilia."

Sono stati nominati fino al primo congresso che si terrà entro e non oltre un anno dalla ricostituzione : Segretario
Maria Vincenza Allegra (detta Neva Allegra)

Vice segretari :

Il Dott.Paolo Calabrese (detto Lucio Paladino).

Ignazio Ardagna ex MAE

VIVA la Sicilia Libera ed Indipendente

Marta Dagna
Ufficio Stampa EVIS
Tel. 336-445.8147

TERZO ATTO INTIMIDATORIO: INCENDIO DOLOSO ITTICA MEDITERRANEA

Un altro vile atto intimidatorio consumato tramite incendio doloso è stato perpetrato contro lo stabilimento Ittica Mediterranea di Petrosino.

Sin dal 2000 ho denunciato un accerchiamento a tentacoli contro l'azienda ittica mediterranea massima espressione di produttività con 120 dipendenti e con un fatturato notevole. Infatti l'ittica è stata costretta a dismettere l'attività di una unità produttiva all'interno dello stagnone di Marsala per cavilli burocratici e per interventi strumentali della massima espressione della provincia regionale di trapani e perdendo oltre 10 miliardi delle vecchie lire.

In atto all'interno dello Stagnone non si come mai esercitano due attività concorrenti. Nel 2003 la società è costretta al fallimento illegittimo in barba alle leggi che regolano l'acquacoltura, la 102 del 92 nazionale e la legge regionale 14/98, nonché la omissione del trattato di Roma dell'art. 32 della comunità europea. Appare chiaro quindi un disegno criminoso contro l'azienda ittica mediterranea allorchè viene nominato curatore fallimentare l'avvocato che ci aveva preposto al fallimento.

Si scopre oggi che la famiglia del curatore fallimentare è in aperto conflitto di interessi con la ittica mediterranea in quanto i suoi familiari sono proprietari di 50 ettari di terreno attorno all'impianto che è stato negoziato a 15 euro mq, circa otto milioni di euro, per la nascita di un grosso centro alberghiero che non potrà sorgere senza il cuore che è il terreno della ittica mediterranea che ha una cubatura di oltre 30 mila mc ed è confinante col mare per un frontale lato mare di 400 metri lineari e che è stato proposto per la vendita per 800 mila euro circa quando l'impianto costò 13 miliardi delle vecchie lire con un finanziamento al 65% a fondo perduto con i fondi della comunità europea e della regione Sicilia prevista per gli impianti agricoli per la produzione ittica. ( in atto la vendita è bloccata per la non congruità del prezzo).

Tutti gli atti da me denunciati alle autorità competenti portano ad una attività del curatore fallimentare in barba alle leggi per la dismissione della attività ittica permettendo la “vandalizzazione” dell'impianto poichè non ha mai provveduto alla custodia quando l'impianto era ancora in attività e perfettamente funzionale. I tre incendi dimostrano ancora una volta una azione minacciosa nei miei confronti per le esplicitazioni giornalistiche e televisive contro il malaffare e le organizzazioni politico mafiose e istituzionali in quanto la non applicazione delle leggi di cui sopra hanno permesso tutto lo scempio da me descritto con la perdita di strutture e di posti di lavoro ad interesse di pochi criminali affaristi che intendono allocare per i propri interessi altro tipo di attività e magari con i soldi riciclati dalla mafia.

Dopo 6 anni attendo ancora l'applicazione delle leggi di cui sopra per la revocatoria fallimentare. Assist ancora sbalordito come il governo nazionale abbia salvato le aziende di Grigoli mafioso per le istituzioni e non si sia mai preoccupato seriamente delle mie denunce e del salvataggio della mia azienda e di tutte le altre aziende che nel tempo sono state dichiarate fallite in barba alle leggi e con la perdita di diversi migliaia di posti di lavoro. Mi rendo disponibile a qualsiasi confronto con le autorità per accertare la verità giuridica nell'interesse della carta costituzionale e nella applicazione delle leggi corrette che possono dare fiducia alla nostra repubblica.

Marsala 17/10/2009

Morsello Martino

domenica 18 ottobre 2009

Un minuto di silenzio per ricordare le Vittime di una strage dimenticata

La strage di via Maqueda
La mattina del 19 ottobre 1944, a Palermo, una manifestazione di impiegati, esasperati dalla fame, confluì in via Maqueda il corso principale della città in direzione della prefettura da poco riconsegnata dagli Alleati all' Italia. Dai fianchi della strada dove sorgono i quartieri popolari si unirono al corteo centinaia di persone che divenne imponente. Chiedeva pane. La tensione era molto alta le condizioni di assoluta povertà in cui vivevano i palermitani aveva esasperato gli animi, le idee indipendentiste avevano preso piede in città e le invettive contro gli affamatori italiani vennero declamati a gran voce. In prefettura temendo che la manifestazione si trasformasse in sommossa ordinò l'intervento dei militari della divisione Sabauda a protezione del palazzo. Giunti nei pressi della prefettura i manifestanti disarmati si videro fronteggiati dai militi, la rabbia montò ma non ebbe modo di esprimersi, dal retro di un camion dei soldati, senza alcun preavviso, venne lanciata una bomba a mano sulla folla e i militari armati di moschetti aprirono il fuoco. Falciarono soprattutto giovani e ragazzi che si trovavano in prima fila altre due bombe vennero lanciate una di queste ferì 9 soldati.
La città venne totalmente militarizzata e in serata si dovettero chiamare i vigili del fuoco per lavare il sangue dalle strade. Il primo bilancio ufficiale fu di 16 morti 104 feriti. Una successiva inchiesta del CLN palermitano, tuttaltro che esaustiva, portò il numero dei morti a 30 ma la cifra esatta dell'ccidio non si saprà mai, in molti morirono negli ospedali e nelle proprie case.
Una stima credibile parla di 90 morti e 180 feriti. Nessun processo, nessuna inchiesta giudiziaria è stata fatta e questa vicenda senza colpevoli è stata inghiottita in un buco nero della Storia da cui non è più riemersa.
Per ricordare questi nostri morti chiedo a Tutti coloro che hanno la bontà di visitare questo blog di osservare domani nella ricorrenza del 65esimo anniversario della strage un minuto di silenzio per onorarli e per CHIEDERE CHE FINALMENTE LO STATO ITALIANO INDIVIDUI E CONDANNI I COLPEVOLI !

venerdì 16 ottobre 2009

Lettera dei siciliani della Diaspora a Silvio Berlusconi

Una tragica notte di piogge, pur torrenziali, ha messo in ginocchio le contrade piu’ vicine a Messina seminando lutti e distruzione. E’ stato come se la natura si fosse improvvisamente ribellata allo scempio delle montagne, dei torrenti, dei greti dei fiumi che l’uomo continua a programmare ed abbia deciso di interrompere – per una notte – la magia dell’autunno infinito che, come succede da sempre in Sicilia, protrae i caldi aneliti dell’estate isolana per affidarci un avanzo d’inverno nell’apocalisse di pietre e fango.

Poi il rincorrersi dell’attualità, i momenti di fervida attesa, le elucubrazioni delle autorità, gli anatemi delle coscienze, in un Paese, l’Italia, che continua la sua ricreazione senza sentire il dovere di tributare onore (come avevano fatto invece persino per Mike Bongiorno!) alle vittime innocenti di una tragedia annunciata nelle concessioni edilizie, nelle aree agricole diventate urbane per grazia (e voti) ricevuta, nello stravolgimento della natura e per questo una tragedia addebitata agli stessi messinesi.

Oggi il fango si è solidificato e la costruzione di case “abruzzesi” diventa promessa e gli italici pensano di aver addormentato ancora per una volta, l’ennesima, le coscienze dei siciliani che vogliono continuare ad aspettare senza ribellarsi e senza dignità.

Autunno in Sicilia e’ stagione impareggiabile, uno stato di grazia della natura che si pone tra il sole ancora caldo, il mare scintillante e i vigneti di zibbibbo e uva da venire e protrae le giornate come se cosi’ ritardasse infine l’arrivo dell’inverno, lui si’, negazione della vita, negazione della Sicilia.

Autunno sulle rive dello Stretto è fenomeno e magia. La costa calabra sembra potersi toccare quando il vento insedia Fatamorgana e solleva in bolle e onde spumeggianti i vortici di Scillaecariddi, mentre luntri e feluche cercano per le ultime battute di pesca pescispada e tonnacchioli che ritardano la partenza da queste acque senza uguali.
La notte poi le due coste scintillano di luci e voli di falene e pesciluna, disturbati solo dalla scia di pochi ferryboat.

Ma Ieri, a proposito della reiterata attitudine dell’uomo a voler violentare la natura e mutare il corso delle cose, il presidente del consiglio ha annunciato “urbis et orbis” di voler regalare ai siciliani un manufatto per l’attraversamento di questo stretto di magie; un ponte per collegare Sicilia e continente, un Ponte per faci sentire italiani….

Fino a quando dovremo sentire queste scelleratezze? Fino a quando lasceremo che altri decidano a nome nostro? Che cosa c’entra il signore di Arcore, pianura padana, con lo Stretto degli incantesimi? Ma che cosa ne sa lui della nostra isola, lui che il Paradiso se lo deve costruire e non lo ha trovato dietro la porta come abbiamo fatto noi?
E che cosa ne puo’ sapere il suo ministro dei trasporti, uomo senza voti e che vive di listini bloccati per fondare la sua carriera di transfuga e ministro? Ma quale Italia vuole regalare alla Sicilia il signor Berlusca? Quella che rifiuta i funerali solenni ai suoi figli migliori? quella che ci regala Lombardo e Miccichè? Si rende conto che sarebbe piu’ consono dire che è proprio l’Isola, la Sicilia, che non vuole regalarsi all’Italia?

Una patria la si riconosce dal rispetto per tutti i suoi territori, dalla eguaglianza di trattamento per tutti i suoi cittadini, dalla cura nell’amministrazione della cosa pubblica.
Ora, quale rispetto per la Sicilia ha mai mostrato questa patria lontana se tutti i territori sono sventrati e sconvolti? quale eguaglianza se i figli migliori dell’Isola devono trovare altrove le possibilità di lavoro e di futuro che la “Roma ladrona” di leghista memoria nega all’Isola? quale cura dell’amministrazione pubblica se in ogni confronto elettorale i partiti romani piombano sull’Isola come feroci saladini per accapparrarsene i tesori attraverso i loro paria e i loro schiavi?

Oggi Berlusconi, e troppi con lui, continuano a parlare di un Ponte sullo Stretto.
Ma lo sa Belrusconi che in Sicilia per andare da Agrigento a Messina bisogna impiegare almeno 4 ore di strade statali per arrivare a quella bretella autostradale, quella autostrada Palermo-Messina che il Presidente aveva tanto prosaicamente inaugurato quando era operativa solo a corsia unica?
E le ferrovie, conosce Berlusconi e il signor Moretti, Amministratore delegato, lo stato delle ferrovie siciliane? la frequenza delle tratte che lavorano ancora a scartamento ridotto, la vetustà delle carrozze destinate al servizio dell’Isola?

Prima di costruire un Ponte, signor Berlusconi, la ragione ci impone un semplice doppio paradigma: cosa trasferire da una parte all’altra e come arrivare ai piedi di questo ponte.
Ora potremmo trasportare al di là del faro le nostre arance; ma perchè non pensiamo a costruire industrie di trasformazione e trasportare poi al di là le essenze e le deterpenate, costruendo prima del ponte possibilità di occupazione e un indotto che prenda dall’agricoltura linfa vitale per creare benessere?
Perchè non mettere mano finalmente alla costruzione di una rete autostradale che serva tutta la Trinacria, i tre punti da capo Passero a capo Peloro, a capo Lilibeo senza dover affrontare veri e propri peripli per dovere, ad esempio, prendere un aereo in uno dei tre aeroporti isolani Punta Raisi, Fontanarossa e Birgi?
Non sarebbe piu’ utile impiegare quei fondi, altrimenti destinati, alla costruzione di aeroporti settoriali per evitare le lunghe file e le lunghe veglie?

Per non parlare poi dello scempio del territorio che verrebbe stravolto dai terminali di quest’opera, che non sono limitati come la costruzione di un raccordo autostradale, ma cambierebbero in toto la morfologia di luoghi che vanno dalla periferia sud di Messina, quindi Giampilieri, Tremestieri, Scaletta Zanclea, le zone tristemente alla ribalta della cronaca per l’alluvione, ai siti magici dei laghi di Ganzirri, di Mortelle e oltre Casa Bianca che scomparirebbero letteralmente sotto cemento e malaffare.

Isola siamo ma continuiamo sempre a prendere in considerazione solo il trasporto gommato senza invece immagginarci il potenziamento dei tanti porti isolani, vere e proprie porte per le autostrade del mare, metodo di trasporto efficace, a costi ridotti e ad impatto ambientale nullo.

Potremmo continuare con l’elencazione di altre opere pubbliche che servirebbero in maniera prioritaria alla Sicilia invece di quel manufatto per l’attraversamento dello Stretto, finora servito ad arricchire Impresit e compartecipate rigorosamente statali per gli studi di fattibilità, sempre ricominciabili da zero.
Un ponte sinonimo di futuro nella mente delle autorità (ma chi sono?) paradigma poi della tendenza di ogni governo italico che nei confronti della Sicilia ha sempre voluto apparire piu’ che realmente fare, accaparrandosene, a piene mani, i tesori millenari.

Eugenio Preta
Presidente confederazione giornalisti e dei media siciliani nel mondo

giovedì 15 ottobre 2009

Il film Barbarossa, flop a spese nostre

Tra le tante voci di spesa, ci sono 400 costumi, 100 carri falcati, 200 armature (perfette riproduzioni realizzate in India), 4.550 cavalli, 12 mila comparse, più i cachet degli attori, incluso Raz Degan nei panni di Alberto da Giussano. E tutto il resto, naturalmente. Spesa finale: 30 milioni di dollari, compresa la postproduzione per le 800 scene trattate con effetti speciali digitali.

Chi ha pagato? Al 60 per cento imprenditori privati vicino alla Lega, al 40 per cento la Rai: 12 milioni di euro di soldi dei contribuenti, quindi, a pesare sul bilancio già drammaticamente in rosso della tivù pubblica.

Soldi che, ormai è certo, non torneranno mai indietro: nei cinema "Barbarossa" è un flop e l'incasso dei botteghini - secondo le previsioni - non coprirà nemmeno un terzo delle spese sostenute.

L'ultimo spreco di denaro pubblico ha un nome e cognome preciso: Umberto Bossi, capo della Lega e grande sponsor politico del progetto, nonchè amico personale del regista e pure presente in un cameo nella pellicola di Renzo Martinelli.

Berlusconi insomma ha usato la Rai (che imporrà il film in due puntate anche sul piccolo schermo) per tenersi buono l'alleato di governo, a spese nostre.

Dev'essere questo il famoso "Roma ladrona", lo slogan con cui la Lega ha mosso i suoi primi passi fino ad arrivare direttamente a usufruire del bottino.

http://www.spreconi.it/2009/10/barbarossa-flop-a-spese-nostre.html

martedì 13 ottobre 2009

La Fininvest è nata da Cosa Nostra – La Padania - Matteo Mauri – 27 Ottobre 1998

Bossi rincara la dose dal Congresso federale della Lega:
il capo di Forza Italia parla meneghino ma nel cuore è palermitano
«La Fininvest è nata da Cosa Nostra»
Lo tengono in piedi perché rappresenta i loro interessi al Nord, è il loro "figlio di buona donna"

di Matteo Mauri

Brescia. La guerra è aperta da tempo. Ma ora entra in campo l'artiglieria pesante. E se alle accuse di mafia che da tempo Bossi lancia contro Berlusconi, il Cavaliere risponde col silenzio, adesso il Senatur ha deciso di alzare il tiro. «Tanto per essere chiari, per far capire alla gente», replica ad un congressista che aveva criticato la «politica dell'insulto» del segretario leghista. L'attacco di Umberto Bossi a Silvio Berlusconi, è durissimo. Il segretario della Lega Nord nel corso del suo intervento al Congresso straordinario del Carroccio, ha più volte dato del "mafioso" a Berlusconi. Da tempo il leader leghista, durante gli innumerevoli comizi, aveva indicato nel Cavaliere «l'uomo di Cosa Nostra». Al congresso, la tesi è diventata ufficiale. «L'uomo di Cosa Nostra» viene citato decine e decine di volte. E con lui tutte le aziende che fanno capo al leader di Forza Italia. L'anomalia italiana è lì: se ne devono convincere in primo luogo tutti i delegati, poi l'opinione pubblica.«La Fininvest - ha affermato Bossi - ha qualcosa come trentotto holding, di cui sedici occulte. Furono fatte nascere da una banca di Palermo a Milano, la banca Rasini, la banca di Cosa Nostra a Milano. E a Palermo hanno preso un meneghino per rappresentare i loro interessi. La verità è che se cade Berlusconi cade tutto il Polo, e al Nord si prende tutto la Lega. Ma non lo faranno cadere: perché sarà pure un figlio di buona donna, ma è il loro figlio di buona donna, e per questo lo tengono in piedi». Se l'ex-Capo dello Stato Francesco Cossiga negli ultimi due giorni è andato giù durissimo nei confronti del Cavaliere, Bossi non è certo stato da meno. Anzi, ha alzato il tiro, entrando anche nei dettagli, quando ha parlato della Banca Rasini, delle holding occultate, della nascita della prima tv berlusconiana, del partito degli azzurri. «Un palermitano - ha affermato Bossi - è a capo di Forza Italia. Perché Forza Italia è stata creata da Marcello Dell'Utri. Guardate che gli interessi reali spesso non appaiono. In televisione compaiono volti gentili che te la raccontano su, che sembrano per bene. Ma guardate che la mafia non ha limiti. La mafia, gli interessi della mafia, sono la droga, e la droga ha ucciso migliaia e migliaia di giovani, soprattutto al Nord».Eppoi ancora, come in un crescendo: «Palermo ha in mano le televisioni, in grado di entrare nelle case dei bravi e imbecilli cittadini del Nord»; «Silvio è uomo della P2, cioè del progetto Italia»; «La Banca Rasini è la banca di Cosa Nostra a Milano»; «Berlusconi ha fatto ciò che ha voluto con le televisioni, anche regionali, in barba perfino alla legge Mammì»; «Berlusconi parla meneghino ma nel cuore è un palermitano».
«L'uomo di Cosa Nostra»: Bossi, nelle tre ore d'intervento, ha indicato spesso il disegno dietro il palco in cui era raffigurato alle spalle di Berlusconi, un sicario siculo con lupara e coppola.Dopo aver ricordato i molti «giovani del Nord morti per droga», Bossi ha aggiunto: «Molte ricchezze sono vergognose, perché vengono da decine di migliaia di morti. Non è vero che "pecunia non olet". C'è denaro buono che ha odore di sudore, e c'è denaro che ha odore di mafia. Ma se non ci fosse quel potere, il Polo si squaglierebbe in poche ore. Ecco il punto».
" La Padania " del 27 Ottobre del 1998

OLIMPIADI: l’ultima di Cammarata : Palermo candidata per il 2020

Di certo la politica siciliana non manca di spirito. Poco avvezza ad assumersi le responsabilità dei disastri che da oltre sessanta anni combina, spesso perde il senso della realtà. E’ il caso dell’amministrazione comunale di Palermo che pensa di candidarsi ad ospitare le olimpiadi del 2020.

Bontà della irresponsabilità della politica. L’assessore regionale Nino Strano tuona contro il presidente della Regione Veneto , Giancarlo Galan, e dichiara :”Da italiano non replico a un italiano, e sempre da italiano sono felice che sia candidata Venezia che è una nobile città italiana, come altrettanto nobile è Palermo, e così come lo è la capitale d’Italia” .

Nessuno può contraddire Strano. Palermo è nobile, decaduta, ma nobile. Venezia, detta la Serenissima, non solo ha conservato il suo fascino, ma è inserita in un contesto amministrativo lontano qualche decennio da quello palermitano fatto di disservizi, di disorganizzazione turistica, di sporcizia, di scarsa manutenzione ed attenzione del territorio, e cosa non di poco conto, con una classe politica non adeguata ed incapace.

A Palermo, culla della civiltà e della cultura regna sovrana l’anarchia e chi l’amministra, al pari della provincia, peraltro incostituzionale, e della Regione, non è in grado di poter minimamente assicurare un cambiamento nei prossimi 6/7 anni.

Ma al di là di tutto, che cosa potranno mai presentare al comitato olimpico come progetto città?

L’immondizia sulle strade, la mancanza di attrezzature sportive, la mancanza di servizi turisti, la mancanza di infrastrutture e viabilità stradale e ferrovia dell’anteguerra?

Caso Sindaco, pensi a far quadrare i bilanci e ad amministrare con oculatezza ed efficienza Palermo invece di pensare ai sogni impossibili.

I panni sporchi e l’immondizia teniamoli a Palermo, non facciamoci conoscere anche all’estero.

”Pazienza un corno ha dichiarato Galan - quando si viene a sapere che anche Palermo, si’ proprio Palermo, il capoluogo della Regione Sicilia intende candidarsi per il 2020. In questi giorni sarebbe troppo facile impartire lezioni di etica e di politica ad una terra al contempo bellissima e tragica. Lasciamo perdere”.

Però fa torto a Venezia se si preoccupa della candidatura di Palermo che potrebbe avere le olimpiadi, forse, con un’altra questa generazione di politici siciliani.

Sicilia bella e dannata aggiungiamo noi riconoscendo al presidente Galan la giustezza delle sue argomentazioni.

Ci permetta Galan una osservazione. Palermo è la capitale della Regione Siciliana, non Sicilia.

Almeno riconosca alla Sicilia la sua dignità di nazione come detta la tanto vituperata e defraudata ”Costituzione italiana”.
http://www.osservatorio-sicilia.it/2009/10/13/olimpiadi-l%e2%80%99ultima-di-cammarata-palermo-candidata-per-il-2020/#more-7739

L'Mpa attacca: "Cammarata vatinni"

Decine di manifesti in tutta Palermo, firmati dagli ex alleati del sindaco ora esclusi dalla giunta, invitano in dialetto il primo cittadino a dimettersi: "Ci hai presi per il cool"

PALERMO - Continua la contestazione al sindaco di Palermo, Diego Cammarata, ma stavolta a inveire contro il primo cittadino del capoluogo siciliano sono gli ex alleati dell'Mpa. Il gruppo, che nel consiglio comunale è ormai passato all'opposizione e non ha assessori in giunta, ha fatto stampare decine di manifesti che sono stati affissi in tutta la città.

L'Mpa invita, in questi cartelloni, il sindaco a dimettersi con eloquenti frasi in siciliano. Uno recita: "Ztl, Tarsu, Amia, Amap, Amat, Gesip, Irpef. Cammarata vatinni (Cammarata vattene, ndr)". L'altro ironizza sulla campagna autocelebrativa dell'amministrazione comunale nel 2007. A Palermo apparsero infatti dei cartelloni dove si diceva che era "la città più cool d'Italia", riprendendo il titolo di un articolo di Panorama.

I manifesti dell'Mpa invece recitano: "Cammarata ci hai preso per il cool. Ti nn'ha gghiri (te ne devi andare, ndr)". Oltre che per le strade, la contestazione impazza anche sul web e soprattutto sul social network più popolare del momento: facebook. Moltissimi i filmati sui rifiuti per strada e altri disservizi oltre ai gruppi di dissenso. Uno dice "Cammarata a casa e Palermo vince" ed è la campagna per incitare i consiglieri comunali a firmare per la mozione di sfiducia al sindaco.

12/10/2009
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domenica 11 ottobre 2009

La SICILIA e l'unità d'Italia

La Sicilia non si era mossa, nel 1860. O, se si mosse, dove si mosse, non fu certo nel senso unitario voluto dai piemontesi. Fu per proclamare una Sicilia indipendente, repubblicana, nella quale la povera gente potesse vivere in pace senza essere sfruttata da nessuno.
Ma questi movimenti non potevano piacere. E così, prima ancora che terminasse il 1860, Bixio, mandato da Garibaldi, dovette correre a Bronte e in molti altri paesi, con truppe non siciliane, per domare la vera, autentica rivoluzione siciliana che incominciava.
A Bronte fece fucilare cinque persone. Impose taglie e multe alla popolazione, che cercò di atterrire in tutti i modi. “Missione maledetta (confessò più tardi lo stesso Bixio) alla quale un uomo della mia natura non dovrebbe mai essere mandato!”.

Poi gli italiani scesero in Sicilia. Luogotenenti, Commissari civili, stati d’assedio e altre misure eccezionali imperversarono in Sicilia a partire dall’unificazione.
Il primo stato d’assedio fu proclamato in Sicilia nel 1862; ed esso, come disse Crispi, lasciò terribili tracce.
Nell’anno seguente, si ebbe di fatto il secondo stato d’assedio con la missione del generale Govone il quale apertamente violò le leggi dello Stato.
Sotto il generale Govone, per combattere i renitenti alla leva, i Comuni siciliani venivano cinti da cordoni militari o presi addirittura d’assalto; senza mandato di cattura venivano arrestati sindaci e consiglieri comunali; venivano presi ostaggi, comprese le donne incinte, una delle quali (Benedetta Rini, di Alcamo), quasi al termine della gravidanza, morì in carcere dopo quattro giorni di convulsioni. Fu persino applicata la pena dell’acqua!
E quanti innocenti furono martoriati! Un disgraziato operaio, Antonio Cappello, sordomuto dalla nascita, venne sottoposto alla tortura nell’Ospedale Militare di Palermo, come se fingesse d’esser muto e sordo per sottrarsi al servizio militare: sul suo cadavere si poterono contare 154 bruciature fatte col ferro rovente!
Tutti questi sono fatti. Fatti documentati. Basta sfogliare il libro di Zingali: “ Liberalismo e fascismo nel Mezzogiorno d’Italia”, volume primo, da pagina 232 in poi: ci troverete questo ed altro! E non è un separatista che scrive, badate, ma un fascista il quale è stato persino segretario federale!
Nel 1866 la pazienza finì. Il popolo di Palermo si ribellò come un solo uomo.
“Una masnada di ladroni ha governato per sei dolorosissimi anni la patria nostra. Una masnada di uomini feroci l’ha insanguinata”: così incominciava il proclama rivoluzionario del 1866.
Nella città e nella provincia di Palermo, la rivoluzione assunse, dal 16 al 22 settembre, proporzioni tali, da costringere il governo ad inviarvi sollecitamente, con la qualità di Regio Commissario, il generale Raffaele Cadorna, alla testa di due divisioni di fanteria, un reggimento di cavalleria ed una brigata di artiglieria.
E vinsero loro, i ladri e gli assassini del popolo. Fucilarono senza processo migliaia di cittadini. Mentre invece gli insorti siciliani, che avevano preso prigionieri duemila soldati, non avevano ad essi toccato un capello.
“Repressa la rivolta e ristabilito l’ordine, le cose continuarono come prima. Non una legge fu votata, non un provvedimento fu preso per portare qualche rimedio ai mali esistenti, che andavano continuamente aggravandosi”. Sapete chi scrive queste parole? Non un separatista; ma dei bravi fascisti, unitari, Libertini e Paladino, a pagina 752 della loro “ Storia di Sicilia” pubblicata appena dieci anni fa.
Nel 1875 le cose continuavano a peggiorare. Il governo italiano propose misure eccezionali di polizia contro la Sicilia. I deputati siciliani insorsero. Ascoltate quel che disse Paolo Paternostro:
“Voi parlate delle condizioni eccezionali in cui si trova la Sicilia, del malcontento che vi regna. Ma, domando io, voi che cosa avete fatto per la Sicilia? Cosa ha fatto il governo? Nulla. O tutto il contrario di quel che doveva.
Se voi date un’occhiata a tutti i servizi della Sicilia, a tutte le amministrazioni, voi troverete che dappertutto, e sempre, il governo si è condotto male.
Sceglierò qualche esempio.
Sapete voi come è stata trattata la magistratura in Sicilia?
Quando ci sono stati i pretori che non hanno voluto secondare gli ordini dell’autorità politica, sono stati minacciati, talvolta traslocati.
E dei nostri impiegati (altro esempio) che cosa ne avete fatto? Ve lo dirò in due parole.
Quando voi spedite in Sicilia qualcuno, voi fate supporre che lo mandate per castigo, come se lo mandate in esilio, e gli dite: – Andate laggiù, andate in Sicilia; poi, se vi comporterete bene, se sarete zelante, allora provvederemo.
Questi signori vanno laggiù coll’idea di trovarsi in mezzo a gente che non valga la pena di dover rispettare come tutto il resto d’Italia; e fanno dello zelo eccessivo; e diventano spesso agenti provocatori; ed accrescono il malcontento.
E dei nostri impiegati di laggiù, degli impiegati siciliani, che cosa ne avete fatto? dei piccoli impiegati, soprattutto?
Perché a un vostro prefetto è saltato in capo di fare un rapporto più o meno insolente e offensivo per la Sicilia, voi credete sul serio che molti disordini si debbano alla così detta mafia, che si sarebbe infiltrata tra gli impiegati, e ... botte da orbo, traslocazioni, sbalzando gente con uno stipendio di fame in lontani paesi, senza neanche indennità di viaggio, spostando e rovinando tutti i loro interessi.
Che ne avete fatto delle nostre ferrovie? E delle nostre strade obbligatorie? E dei beni dei Gesuiti e dei Liguorini, che erano destinati alla pubblica istruzione?
Nelle nostre amministrazioni non c’è che il disordine, il caos. E le popolazioni si abituano a pensare e a dire: – Ma questo non è un governo; le imposte se le fanno pagare; il fiscalismo ci perseguita sotto tutte le forme, ci assedia e ci tortura; ma quando si tratta di amministrare, amministrazione non ce n’è.

Che cosa si fa? Si ricorre a mezzi eccezionali di polizia, si ricorre al governo militare, invece di migliorare economicamente il paese!”.
Ecco quel che gridò in Parlamento il deputato siciliano Paolo Paternostro. Le sue parole sembrano scritte oggi. E tutti noi siciliani, oggi, potremmo gridarle al governo fascista. Ma del governo fascista parleremo tra poco.
Dopo Paternostro parlò, nello stesso senso, Colonna di Cesarò. Poi Diego Tajani. Quest’uomo, patriota, esule e volontario delle guerre d’indipendenza, era stato dopo il 1860 Procuratore Generale alla Corte d’Appello di Palermo. E poiché era un uomo onesto e senza paura, aveva sentito il dovere di spiccare mandato di cattura contro il questore di Palermo, e di mettere sotto processo il prefetto di Palermo, colpevoli ambedue di abominevoli abusi. Il governo, naturalmente, si era messo contro di lui. Egli aveva dato subito le dimissioni chiudendosi in uno sdegnoso silenzio.
Eletto deputato, fu più tardi per due volte Ministro di Grazia e Giustizia. Orbene, quando vide che la Sicilia veniva nuovamente provocata e calunniata, Diego Tajani non seppe più tacere.
Per due giorni, innanzi al Parlamento esterrefatto, espose l’una dopo l’altra tutte le ingiustizie, le canagliate, le infamie di cui il governo italiano si era macchiato: stupenda requisitoria che tutti i siciliani dovrebbero imparare a memoria!
Concluse con questo avvertimento solenne: Ricordatevi che la Sicilia è un’isola, e le isole si considerano come qualcosa di distaccato, di autonomo!
Parole sprecate! La legge contro la Sicilia fu approvata. E nuove violenze si abbatterono sulla nostra disgraziata patria.
La Sicilia è stata sempre considerata come terra nemica, terra conquistata, da conservare con la forza. Per questo motivo, nel 1875, si tenevano in Sicilia ventitré battaglioni di fanteria e bersaglieri; due squadroni di cavalleria; quattro plotoni di bersaglieri montati; 3.130 carabinieri e numerose altre forze sussidiarie, fra le quali principalmente guardie di pubblica sicurezza e guardie a cavallo!
Si giunse così ai Fasci siciliani dei lavoratori, fondati e diretti da Giuseppe De Felice. Che cosa voleva la Sicilia nel 1893 – 94? Quel che ha sempre voluto: giustizia e libertà.
Il governo presieduto da Giolitti, riversò nell’isola una moltitudine di soldati, i quali non fecero che accrescere il malumore nel popolo.
L’inevitabile accadde: sul principio del 1893, uno scontro ebbe luogo a Caltavuturo tra la folla e la truppa. La truppa osò sparare sui pacifici paesani, un gran numero dei quali rimasero uccisi.
Promise Giolitti di far aprire un’inchiesta contro i militari che avevano fatto fuoco; ma non mantenne. Al contrario, durante l’intero anno, lasciò che la polizia e l’esercito si abbandonassero a tutti gli eccessi: nelle giornate di dicembre, che furono particolarmente accanite, più di 200 siciliani vennero uccisi, mentre la forza pubblica ebbe un solo morto.
Vedendosi assassinati, i siciliani insorsero dappertutto.
Ruppero fili telegrafici; incendiarono municipi, preture, esattorie, uffici del registro e del catasto, agenzie delle imposte, archivi notarili, casotti daziari; liberarono i carcerati; tentarono di disarmare carabinieri e soldati.
A questo punto, il Re concepì la mostruosa idea di affidare a un siciliano la repressione del movimento siciliano. Crispi accettò la parte di Caino.
Proclamò lo stato d’assedio; e nominò commissario straordinario con pieni poteri il generale Morra Di Lavriano, che pochi giorni prima aveva mandato a Palermo come prefetto.
Venne richiamata alle armi la classe del 1869; e più di 40.000 uomini vennero sbarcati in Sicilia. I capi del movimento furono gettati in carcere: e primo fra tutti De Felice che, essendo deputato, non poteva neppure essere arrestato senza l’autorizzazione della Camera. I Fasci siciliani dei lavoratori (che erano ormai 166 con 300.000 associati) furono sciolti e le loro sedi occupate militarmente. Proibiti gli assembramenti e le riunioni. Istituita la censura.
Per più di sette mesi la Sicilia fu sottoposta alla legge marziale. Gli arresti si facevano senza bisogno di prove. E le condanne venivano appioppate, il più delle volte, senza che gli accusati potessero neppure difendersi.
Le accuse, del tutto immaginarie. “Avere cooperato alla emancipazione materiale e morale dei lavoratori” era un reato severamente represso!
Nel giugno 1894, più di 1800 siciliani erano stati già condannati al domicilio coatto. Molti, a pene più gravi. De Felice a 18 anni di carcere, Bosco, Barbato e Verro a 12 anni.
Alla Camera dei Deputati, Felice Cavallotti dichiarò che il governo aveva violato le leggi e lo stesso Statuto. Poi prese la parola Matteo Renato Imbriani:
“Voi (disse rivolto a Crispi) avete stracciato ad una ad una tutte le pagine dello Statuto. Avete fatto scempio di tutte le nostre libertà…
Ci sono molti che dicono: – I Borboni bombardavano. – Ma bombardavano quando una città era in piena ribellione. Ma i Borboni non hanno mai fatto tirare sopra folle inermi ed affamate…”.
La Sicilia elesse deputati De Felice, Bosco e Barbato, che languivano in carcere. L’elezione, si capisce, venne annullata.
Così continuarono le cose, male sempre, fino alla guerra. Dal 1915 al 1918 anche e soprattutto in Sicilia i contadini e gli artigiani, i professionisti e gli studenti vennero strappati dalle loro case e mandati al macello.
Ma quando la guerra finì, chiedemmo la resa dei conti. E l’avremmo ottenuta, per Dio! se questo miserabile governo fascista non avesse rinnovato un sistema di poliziesca tirannide sopprimendo le ultime libertà e raddoppiando le nostre catene.


da “La Sicilia ai Siciliani!” di Antonio Canepa (1944, firmato con lo pseudonimo di “Mario Turri” )