venerdì 16 ottobre 2009

Lettera dei siciliani della Diaspora a Silvio Berlusconi

Una tragica notte di piogge, pur torrenziali, ha messo in ginocchio le contrade piu’ vicine a Messina seminando lutti e distruzione. E’ stato come se la natura si fosse improvvisamente ribellata allo scempio delle montagne, dei torrenti, dei greti dei fiumi che l’uomo continua a programmare ed abbia deciso di interrompere – per una notte – la magia dell’autunno infinito che, come succede da sempre in Sicilia, protrae i caldi aneliti dell’estate isolana per affidarci un avanzo d’inverno nell’apocalisse di pietre e fango.

Poi il rincorrersi dell’attualità, i momenti di fervida attesa, le elucubrazioni delle autorità, gli anatemi delle coscienze, in un Paese, l’Italia, che continua la sua ricreazione senza sentire il dovere di tributare onore (come avevano fatto invece persino per Mike Bongiorno!) alle vittime innocenti di una tragedia annunciata nelle concessioni edilizie, nelle aree agricole diventate urbane per grazia (e voti) ricevuta, nello stravolgimento della natura e per questo una tragedia addebitata agli stessi messinesi.

Oggi il fango si è solidificato e la costruzione di case “abruzzesi” diventa promessa e gli italici pensano di aver addormentato ancora per una volta, l’ennesima, le coscienze dei siciliani che vogliono continuare ad aspettare senza ribellarsi e senza dignità.

Autunno in Sicilia e’ stagione impareggiabile, uno stato di grazia della natura che si pone tra il sole ancora caldo, il mare scintillante e i vigneti di zibbibbo e uva da venire e protrae le giornate come se cosi’ ritardasse infine l’arrivo dell’inverno, lui si’, negazione della vita, negazione della Sicilia.

Autunno sulle rive dello Stretto è fenomeno e magia. La costa calabra sembra potersi toccare quando il vento insedia Fatamorgana e solleva in bolle e onde spumeggianti i vortici di Scillaecariddi, mentre luntri e feluche cercano per le ultime battute di pesca pescispada e tonnacchioli che ritardano la partenza da queste acque senza uguali.
La notte poi le due coste scintillano di luci e voli di falene e pesciluna, disturbati solo dalla scia di pochi ferryboat.

Ma Ieri, a proposito della reiterata attitudine dell’uomo a voler violentare la natura e mutare il corso delle cose, il presidente del consiglio ha annunciato “urbis et orbis” di voler regalare ai siciliani un manufatto per l’attraversamento di questo stretto di magie; un ponte per collegare Sicilia e continente, un Ponte per faci sentire italiani….

Fino a quando dovremo sentire queste scelleratezze? Fino a quando lasceremo che altri decidano a nome nostro? Che cosa c’entra il signore di Arcore, pianura padana, con lo Stretto degli incantesimi? Ma che cosa ne sa lui della nostra isola, lui che il Paradiso se lo deve costruire e non lo ha trovato dietro la porta come abbiamo fatto noi?
E che cosa ne puo’ sapere il suo ministro dei trasporti, uomo senza voti e che vive di listini bloccati per fondare la sua carriera di transfuga e ministro? Ma quale Italia vuole regalare alla Sicilia il signor Berlusca? Quella che rifiuta i funerali solenni ai suoi figli migliori? quella che ci regala Lombardo e Miccichè? Si rende conto che sarebbe piu’ consono dire che è proprio l’Isola, la Sicilia, che non vuole regalarsi all’Italia?

Una patria la si riconosce dal rispetto per tutti i suoi territori, dalla eguaglianza di trattamento per tutti i suoi cittadini, dalla cura nell’amministrazione della cosa pubblica.
Ora, quale rispetto per la Sicilia ha mai mostrato questa patria lontana se tutti i territori sono sventrati e sconvolti? quale eguaglianza se i figli migliori dell’Isola devono trovare altrove le possibilità di lavoro e di futuro che la “Roma ladrona” di leghista memoria nega all’Isola? quale cura dell’amministrazione pubblica se in ogni confronto elettorale i partiti romani piombano sull’Isola come feroci saladini per accapparrarsene i tesori attraverso i loro paria e i loro schiavi?

Oggi Berlusconi, e troppi con lui, continuano a parlare di un Ponte sullo Stretto.
Ma lo sa Belrusconi che in Sicilia per andare da Agrigento a Messina bisogna impiegare almeno 4 ore di strade statali per arrivare a quella bretella autostradale, quella autostrada Palermo-Messina che il Presidente aveva tanto prosaicamente inaugurato quando era operativa solo a corsia unica?
E le ferrovie, conosce Berlusconi e il signor Moretti, Amministratore delegato, lo stato delle ferrovie siciliane? la frequenza delle tratte che lavorano ancora a scartamento ridotto, la vetustà delle carrozze destinate al servizio dell’Isola?

Prima di costruire un Ponte, signor Berlusconi, la ragione ci impone un semplice doppio paradigma: cosa trasferire da una parte all’altra e come arrivare ai piedi di questo ponte.
Ora potremmo trasportare al di là del faro le nostre arance; ma perchè non pensiamo a costruire industrie di trasformazione e trasportare poi al di là le essenze e le deterpenate, costruendo prima del ponte possibilità di occupazione e un indotto che prenda dall’agricoltura linfa vitale per creare benessere?
Perchè non mettere mano finalmente alla costruzione di una rete autostradale che serva tutta la Trinacria, i tre punti da capo Passero a capo Peloro, a capo Lilibeo senza dover affrontare veri e propri peripli per dovere, ad esempio, prendere un aereo in uno dei tre aeroporti isolani Punta Raisi, Fontanarossa e Birgi?
Non sarebbe piu’ utile impiegare quei fondi, altrimenti destinati, alla costruzione di aeroporti settoriali per evitare le lunghe file e le lunghe veglie?

Per non parlare poi dello scempio del territorio che verrebbe stravolto dai terminali di quest’opera, che non sono limitati come la costruzione di un raccordo autostradale, ma cambierebbero in toto la morfologia di luoghi che vanno dalla periferia sud di Messina, quindi Giampilieri, Tremestieri, Scaletta Zanclea, le zone tristemente alla ribalta della cronaca per l’alluvione, ai siti magici dei laghi di Ganzirri, di Mortelle e oltre Casa Bianca che scomparirebbero letteralmente sotto cemento e malaffare.

Isola siamo ma continuiamo sempre a prendere in considerazione solo il trasporto gommato senza invece immagginarci il potenziamento dei tanti porti isolani, vere e proprie porte per le autostrade del mare, metodo di trasporto efficace, a costi ridotti e ad impatto ambientale nullo.

Potremmo continuare con l’elencazione di altre opere pubbliche che servirebbero in maniera prioritaria alla Sicilia invece di quel manufatto per l’attraversamento dello Stretto, finora servito ad arricchire Impresit e compartecipate rigorosamente statali per gli studi di fattibilità, sempre ricominciabili da zero.
Un ponte sinonimo di futuro nella mente delle autorità (ma chi sono?) paradigma poi della tendenza di ogni governo italico che nei confronti della Sicilia ha sempre voluto apparire piu’ che realmente fare, accaparrandosene, a piene mani, i tesori millenari.

Eugenio Preta
Presidente confederazione giornalisti e dei media siciliani nel mondo

Nessun commento:

Posta un commento