Insufficienti e non aggiornati sono gli studi idrogeologici ed i progettisti del Ponte hanno tenuto poco conto dei dissesti e delle frane che caratterizzano il territorio dello Stretto.
Secondo vari autori è in atto un sollevamento dell’Aspromonte, con tassi notevoli, pari a 1,1 – 1,4 m/ka, a cui sono connessi fenomeni geodinamici molto importanti, influenzati anche dalla litologia e dalla tettonica.
In pratica sono in atto nella fascia costiera che borda l’Aspromonte, tra Scilla e Reggio Calabria (dove avrebbe sede una “spalla” del Ponte) - oltre alle faglie sismogenetiche - “deformazioni gravitative profonde di versante” e grandi frane (alcune innescate dai terremoti di elevata intensità del 1783 e del 1908)
Le deformazioni gravitative e le grandi frane non sono state sufficientemente prese in considerazione nel SIA. Scarsamente approfonditi sono anche gli studi idrogeologici delle fasce di territorio interessate dalle gallerie, in particolare quelli relativi al monitoraggio delle falde e alla permeabilità dei terreni.
Anche gli interventi previsti di mitigazione della franosità sono limitati sostanzialmente agli impatti di fenomeni superficiali, con una previsione di opere che non tiene conto delle tipologie e delle geometrie degli eventi innescati.
Non sono poi analizzati gli impatti in relazione ai fenomeni franosi profondi che sono presenti nell’area e il cui innesco o riattivazione può verificarsi in relazione al grande impatto che un’opera di questo genere avrà sul territorio.
Elemento significativo è costituito dal sito di Catona, individuato già nello studio del 1992 come sito di cantiere logistico con impatto sull’ambiente costiero di valore 3 (massimo). Studi recenti rilevano una propensione al dissesto del sistema idrografico tra l’area di foce della fiumara di Catona e l’ambiente costiero marino, rappresentato dalla mobilitazione di una frana costiera nel 1987, del tipo scivolamento sottomarino, prodotta nei terreni sciolti della conoide di deiezione della fiumara, che ha provocato l’improvviso arretramento della linea di riva di circa 20 m lungo un fronte di 70-80 m
Una forte propensione al dissesto idrogeologico caratterizza anche la cosiddetta “Costa Viola”, tra i siti di interesse comunitario e dall’altissimo valore paesaggistico (la sua denominazione nasce dalla particolare coloritura assunta dal sistema costiero al tramonto). Il processo appare inarrestabile in particolare nella zona che degrada verso il massiccio di Scilla e il comune di Villa San Giovanni, e soltanto la continua presenza dell’uomo ha consentito di mitigarne gli effetti. Il paesaggio fortemente antropizzato è stato infatti rimodellato dall’uomo creando tutta una serie di terrazzamenti su cui sono state coltivate piante da frutta, agrumi, ortaggi, ma soprattutto la vite. Ovviamente queste tecniche secolari di difesa del territorio non trovano nessun riconoscimento nella fase di valutazione dell’impatto del Ponte e delle opere “collaterali”.
Di contro il quadro degli interventi proposti dai tecnici della Stretto di Messina S.p.A. per la rete idrografica appare “eccessivo e non congruente con il quadro della dinamica idrografica riportato nelle carte geomorfologiche e in quelle di propensione al dissesto”. In particolare, nella carta dei reticoli idrografici e delle sistemazioni d’alveo gli interventi previsti riguardano anche molte aste fluviali non interessate dalle opere in progetto, prevedendo una inutile cementificazione longitudinale e trasversale degli alvei, portando al totale stravolgimento dell’assetto fisico dei luoghi.
La cementificazione degli alvei può inoltre comportare modifiche nella dinamica dei corsi d’acqua, con innesco di processi erosivi e sedimentari e possibili violente inondazioni nelle pianure costiere.
http://www.terrelibere.org/doc/254/FenomenigeodinamicidellareadelloStretto.html#7_7
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