sabato 31 ottobre 2009

Una fiaccolata per ricordare le vittime del nubifragio di Messina

Domani per commemorare le vittime del nubifragio sono in programma due fiaccolate. Le popolazioni dei paesi colpiti dall’alluvione del 1° ottobre, alle 16.30 partiranno da Altolia e Molino, proseguendo verso Giampilieri Superiore fino alla stazione di Giampilieri Marina dove saranno raggiunti dagli abitanti di Briga Marina, Pezzolo, Briga Superiore, Ponteschiavo Scaletta e Itala. Previsto un momento di raccoglimento e di preghiera. Alle 19 un’altra fiaccolata partirà da piazza del popolo a Messina

La svolta di Carmela "Alle donne dei mafiosi dico riprendetevi la vostra vita"

"Lasciateli, andate ora siete schiave di un ruolo, la vera libertà è quella che ho conquistato io". Un libro racconta la vita della Iuculano, moglie del capomafia Pino Rizzo
di Alessandra Ziniti
Da figlia di un noto imprenditore sognava di fare politica, da giovanissima moglie del boss gestiva i proventi del racket, adesso da pentita di mafia arrotonda facendo le pulizie e badando agli anziani. Oggi Carmela Iuculano, 36 anni e un passato tutto da riscattare, convinta cinque anni fa a collaborare dalle due figlie di 10 e 13 anni sconvolte dall´arresto di entrambi i genitori per mafia, chiede alle donne dei boss di cambiare vita. Dal luogo protetto dove vive con una nuova identità (ancora provvisoria) e un passato di fantasia, Carmela Iuculano lancia un appello a tutte le donne di mafia: «A chi vive accanto ad un mafioso voglio dire: "Andatevene, lasciateli, riprendetevi la vostra vita, adesso siete solo schiave di un ruolo, del dovere di essere buone mogli e buone madri, ma la vera libertà è quella che ho acquistato io, quella che mi ha permesso di regalare un futuro ai miei figli».

Daniela, oggi diciottenne prossima alla maturità, ha deciso di fare la criminologa, Serena, 15 anni, studentessa del liceo classico vuol fare il magistrato in Sicilia, e Federico, solo 7 anni, non parla neanche il siciliano e adora le macchinine di polizia e carabinieri. Anche lei, Carmela, la ormai ex moglie di Pino Rizzo, il boss di Cerda appena condannato all´ergastolo anche in appello sulla scorta delle sue dichiarazioni, ha potuto completare gli studi e ha preso il diploma discutendo una tesina su Falcone e Borsellino.

La Sicilia è ormai molto lontana per questa giovane donna coraggiosa che abbiamo incontrato in un luogo protetto sotto lo sguardo costante dei suoi angeli custodi che non l´abbandonano un istante e che costituiscono un po´ anche la sua famiglia. Un rapporto difficile con il padre, il "principe azzurro" della sua infanzia, alla scoperta del tradimento della madre, la classica fuitina a 16 anni con il rampollo di una famiglia dal cognome pesante fatta solo per far dispetto al padre, poi il matrimonio riparatore a 18 anni, tre figli, e ancora la depressione, l´alcolismo, l´anoressia per un ménage fatto di botte e tradimenti. Fino all´obbligo di diventare anche lei una donnaboss.

Carmela non ricorda volentieri il suo passato in Sicilia ma nella sua terra, dove è rimasta la sua famiglia che l´ha ripudiata bollandola come pazza, Carmela sogna un giorno di tornare: «Mi piacerebbe andare nelle scuole, parlare con i ragazzi, confrontarmi con loro su che cosa è la vera libertà. Purtroppo, forse la Sicilia non cambierà mai, questo mi fa rabbia. Perché anche chi non è affiliato, ha comportamenti mafiosi, omertosi e di copertura. In Sicilia gli uomini di mafia dicono di essere coraggiosi, ma sanno solo sparare ad un uomo alle spalle, perché poi il coraggio di fare la scelta che ho fatto io non ce l´hanno. Ma io non mi sento, non sono una donna-coraggio. Io piango, sono smarrita, ma guardo i miei figli e mi viene voglia di raccontare la mia storia per cercare di sradicare questa cultura».

La sua storia, intanto, questa giovane pentita di mafia l´ha affidata alla scrittrice Carla Cerati in un libro "La vera storia di Carmela Iuculano" edito da Marsilio. Lì, i suoi figli troveranno una lettera che non hanno mai letto. «È una lettera in cui chiedo loro scusa e perdono per averli costretti ad una vita difficile, ma allo stesso tempo li ringrazio. Loro mi hanno fatto crescere, se con il loro dolore e le loro lacrime non mi facevano vedere la realtà, io oggi non avrei saputo dare loro un futuro. So che mi hanno perdonato e mi hanno dato una seconda possibilità riponendo in me tutta la loro fiducia. Non dimenticherò mai quella sera in cui le bambine mi dissero: "Mamma, ammetti tutto, assumiti le tue responsabilità ma almeno staremo insieme". La grande piangeva ancora perché in classe l´insegnante non le aveva permesso di fare un tema sulla legalità, perché aveva i genitori in carcere per mafia. Ma non dimenticherò mai neanche il loro sorriso smarrito in macchina con la polizia quella notte in cui lasciammo la Sicilia».

Una nuova vita difficilissima per tutti, soprattutto per i bambini: «Mentire sempre, vivere con un nome e una storia fasulla e provare ad avere una vita normale. Non hanno mai fatto un errore, sanno che non devono mai dire a nessuno niente di noi. E naturalmente io vivo sempre con la paura che qualcuno ci scopra e dobbiamo andare via, ricominciare tutto daccapo in un altro posto e non so se avrei la forza. E poi ho un altro cruccio. Quello di non essere ancora riuscita ad avere una vita privata. Non riesco a fidarmi di nessuno».
(30 ottobre 2009)
http://palermo.repubblica.it/dettaglio/la-svolta-di-carmela-alle-donne-dei-mafiosi-dico-riprendetevi-la-vostra-vita/1764107

venerdì 30 ottobre 2009

Consegnato il Papello originale di Riina

Palermo. Una quarantina di fogli tra cui anche il “Papello” di Riina è il contenuto della carpetta che Massimo Ciancimino nel pomeriggio di oggi ha consegnato ai magistrati di Palermo Nino Di Matteo e Antonio Ingroia.

Ciancimino Junior stamattina si trovava in Tribunale per rendere dichiarazioni spontanee davanti ai giudici che lo stanno processando in appello per aver riciclato il patrimonio di suo padre. Dopo un’esposizione durata circa un’ora, in cui l’imputato ha reclamato e chiesto al giudice di avere un giusto processo, il figlio dell’ex sindaco di Palermo si è recato in Procura per consegnare le carte di suo padre che, finora, erano conservate in una cassetta di sicurezza della banca del Liechtenstein. 
Insieme al papello vi sarebbe anche una lettera scritta a penna da don Vito Ciancimino qualche anno dopo la strage di via D'Amelio. Dopo il suo arresto il politico democristiano si sarebbe sentito scavalcato nella trattativa che lui stesso aveva condotto con lo Stato. Questo lo portò a fare alcune considerazioni paragonando arditamente la sua posizione a quella del giudice Borsellino: entrambi, aveva scritto, erano stati traditi da persone ritenute vicine. In quel ’92 infatti, nel progetto di rinascita politica, il vecchio sindaco corleonese era stato “tagliato fuori” da Provenzano mentre Paolo Borsellino sarebbe stato ucciso grazie al "tradimento" di persone che avrebbe considerato amiche. Tutte le valutazioni del caso adesso spetteranno comunque ai magistrati che sulle nuove carte potranno avviare tutte le verifiche peritali. Ciancimino nel frattempo sidifende nel suo processo in abbreviato sull’affare della “Gas spa” (chesi sta svolgendo a porte chiuse) il quale gli ha procurato una condanna in primo grado a 5 anni e 8 mesi per riciclaggio e intestazione fittizia di beni. Stamani, a fine udienza, ha dichiarato: “Nella mia vicenda processuale ci sono molti fatti strani: atti che non vengono trasmessi alla corte d'appello, intercettazioni divenute irrilevanti e non trascritte mentre secondo la mia difesa sono a me favorevoli”. “Io voglio essere condannato per quello che ho fatto e non per quello che non ho fatto". "Il processo di primo grado - ha aggiunto - è basato su una posizione pregiudiziale di colpevolezza nei miei confronti”. “Perché hanno processato soltanto me e invece non hanno mai chiesto niente ai miei fratelli?” “Sulle vicende di famiglia loro forse sapevano pure qualcosa ma l'obiettivo unico e principale ero io”. Ciancimino nei prossimi giorni comparirà nuovamente dinanzi al Collegio al quale leggerà alcuni stralci d’intercettazione ambientale che non erano stati depositati a processo.
http://www.antimafiaduemila.com/content/view/21096/78/

giovedì 29 ottobre 2009

Mi chiedo perchè le imprese del nord...

Mi chiedo: Perchè le imprese del nord investono in Sicilia ?
Una risposta potrebbe essere : La possibilità di poter avere a priori una storica ed universale giustificazione di intralcio mafioso, nella non remota eventualità di una scarsa riuscita delle opere in costruzione.

mercoledì 28 ottobre 2009

"Io non ci capisco niente, chissà quanti decreti firmo senza sapere"

"Io non ci capisco niente, chissà quanti decreti firmo senza sapere"
E il Governatore Lombardo ammise
"Le mie firme per una casa a rischio"
"Ho declassificato il rischio di un'area del comune di Rosolini
dove un consigliere comunale deve farsi l'abitazione"
Il governatore della Sicilia Raffaele Lombardo

ROMA - "Chissà quanti decreti di declassificazione del rischio firmo senza sapere, ce ne ho tante di carte". Sono le parole del governatore della Sicilia Raffaele Lombardo, registrate dall'inchiesta di Francesco Chindemi mandata in onda da Reggio Tv e ripresa dal sito strill.it. Il giorno dei funerali di Stato per le vittime dell'alluvione che ha colpito il messinese il primo ottobre scorso, Lombardo parla con un suo collaboratore, ammettendo di aver firmato permessi per costruire case in zone a rischio. Ecco due stralci della conversazione del governatore:

La trascrizione. "Senta, facciamo una cosa, guardi che io martedì devo riferire. Lei mi prepari cortesemente tutte le carte, poi però mi dovete spiegare, che io non ci capisco niente di questa "declassificazione del rischio finalizzata a costruire".

E poi racconta: "Sapete cosa ho firmato io? Ho firmato un decreto relativo a una delibera di giunta a seguito di uno studio portatomi, in base al quale ho declassificato il rischio di un'area del comune di Rosolini, dove un consigliere comunale deve farsi la casa. E' sul letto di un torrente e io ho firmato il decreto per declassificare il rischio. Capite? chissà quanti ne firmo senza sapere, perché c'ho tanto di carte..."

Contattato dallo stesso autore dell'inchiesta, il presidente della Regione, ha risposto soltanto: "E' una vicenda già nota a cui stiamo già provvedendo".

(27 ottobre 2009) Tutti gli articoli di cronaca

http://www.repubblica.it/2009/10/sezioni/cronaca/messina-frana/inchiesta-reggiotv-lombardo/inchiesta-reggiotv-lombardo.html

Ai siciliani non rimane che mettersi nelle mani del Signore, hanno un governatore che per sua stessa ammissione " non ci capisce niente " !

martedì 27 ottobre 2009

Mafia. Italia, il paese degli smemorati …

E’ strana questa terra italica. Con l’avvento della repubblica è emersa una classe politica di basso profilo ma molto attenta a salvaguardare gli interessi propri. La politica italiana ha cominciato ben prima della fine del secondo conflitto mondiale a manifestare la sua voglia di “supremazia” riuscendo a salvaguardare quanti si erano macchiati di crimini dopo la vergogna dell’ 8 settembre.

La mafia messa al potere in Sicilia dagli americani che così ringraziarono di averli aiutati nello sbarco, entra nello nella stanza del potere italiano a pieno titolo e lo controllerà, o meglio lo controlla tutt’ora, orientando scelte politiche ed economiche.

La collusione è massima e oggi, dopo che il braccio armato dello stato mafioso, i corleonesi, si è ribellato e aperto una vera e propria trattativa per ottenere i benefici “pensionistici”, dopo che personaggi politici e dipendenti dello stato hanno trattato con la mafia, dopo il tempo delle stragi, improvvisamente tanti ricordano e tanti “negano”.

Nel frattempo due magistrati appartenenti all’antistato, cioè quella parte dello stato di diritto che rifiutava lo stato colluso, veniva eliminati perché avevano capito il sistema di collusioni tra stato e mafia, ma soprattutto avevano compreso il sistema di stato mafioso e braccio armato formato dai corleonesi.

I migliori uomini appartenenti “all’antistato”, magistrati, giornalisti, appartenenti alle forze dell’ordine, uccisi perché di impiccio ai traffici economici e politici tra stato mafioso e il braccio armato corleonese.

Qual è la parte dello stato mafiosa e chi ne era e ne è ancora il capo non è dato di sapere, ma alla luce di quanto sta succedendo in questi giorni, la rete dello stato mafioso appare ben salda al potere e mischiando le carte sta spargendo una densa cortina di fumo sul passato e sul presente.

Il Vice Presidente del CSM (Consiglio Superiore della Magistratura) nega di aver incontrato Paolo Borsellino immediatamente prima della sua uccisione. Qualche dubbio noi l’abbiamo perché Paolo Borsellino era il magistrato più famoso in Italia e non solo e Mancino Ministro degli Interni …

Incredibile poi il caso dell’allora Ministro della Giustizia, Claudio Martelli, che dopo ben 17 anni dalla strage riferisce dell’esistenza di una trattativa tra lo stato (Quale ministero ? ) e la mafia (Riina o Provenzano?). Possibile che non abbia sentito prima la necessità di riferire alla Magistratura queste sue “verità” subito dopo i fatti ? Martelli precisa che , “più che una trattativa mi sembra che in diverse situazioni ci sia stato un comportamento aberrante di funzionari dello Stato. Alcuni poliziotti e magistrati a Caltanissetta e altrettanti carabinieri a Palermo, nel 1992, hanno tenuto condotte devianti”. E ritiene che “Questo nuovo ’sollevare tappeti deve fare luce sulle verità nascoste”.

Ma perchè Martelli oltre che non riferire alla magistraura questi fatti quando avrebbe dovuto, non fece nulla nella sua qualità di Ministro della Giustizia ?

Quanto credibile può essere oggi l’ex ministro ?

Curioso poi che, Violante, presidente della Commissione parlamentare antimafia … non sapesse della trattativa o di questi comportamenti abberranti riportati da Martelli!

E che contatti politica e mafia ci sono stati è confermato dalla sentenza di non luogo a procedere per “prescrizione” per il reato di concorso esterno alla mafia per Andreotti. Nella sentenza infatti si precisa che sono stati accertati i rapporti tra Andreotti e la mafia prima del 1980 …

L’allora presidente della Repubblica, visto che il reato di concorso esterno alla mafia era stato dichiarato prescritto, non ha trovato di meglio che nominare il grande uomo DC, senatore a vita. Una sorta di garanzia vita natural durante …

Lo stalliere di Berlusconi, Mangano, condannato all’ergastolo per fatti di mafia. Dell’Utri, promosso senatore da Berlusconi, ha scontato una condanna passata in giudicato di due anni per false fatturazioni e frode fiscale ed è stato condannato in primo grado a 9 anni per concorso esterno alla mafia. Ed ancora, in primo grado a Milano è stato condannato a due anni di reclusione per tentata estorsione ai danni di Vincenzo Garraffa (imprenditore trapanese), con la complicità del boss Vincenzo Virga (trapanese anche lui). Il 15 maggio 2007 la terza corte d’appello di Milano conferma la condanna a due anni.

E come dimenticare un altro eccellente Fininvest, Massimo Berruti, condannato a otto mesi definitivi per favoreggiamento nel processo per le tangenti alla Guardia di finanza

L’ex presidente della Regione Siciliana, Salvatore Cuffaro, condannato a 5 anni per aver agevolato un uomo di mafia è senatore della Repubblica.

Tanto per citare i casi più eclatanti ma la lista è lunga e ne fanno parte molti politici “regionali”.

C’è stato o no la trattativa e il famoso papello?

A vedere alcuni fatti sembra proprio di si. L’abitazione di Riina, si dice “venduto” da Provenzano, è rimasta a disposizione della mafia per diversi giorni così da poter far sparire ogni possibile documento, perché inspiegabilmente ci si è dimenticati di effettuare la perquisizione dopo la cattura del capo “dei capi” e di metterla sotto custodia delle forze dell’ordine …

La stessa cattura di Provenzano presentata come una grande operazione delle forze di polizia, appare, alla luce delle varie ricostruzioni, una resa dopo una complessa trattativa tra il “latitante ??” gravemente malato e lo stato. Quali le contropartite ?

E le stragi di Falcone prima e soprattutto quella di Borsellino , nella loro drammatica sequenzialità confermerebbero che una trattativa era in atto ed era cominciata subito dopo la caduta del muro di Berlino e quindi dopo che è venuta meno la necessità dello stato italiano e degli Usa di poter utilizzare la mafia per i traffici illeciti quali il traffico di armi e lo spionaggio industriale.

E’ venuto improvvisamente meno l’equilibrio tra la la mafia e lo stato e quindi il braccio armato, quello che effettuava i lavori sporchi, ha reagito e dettato le sue condizioni.

Falcone e Borsellino erano quindi l’antistato, cioè erano contro quella commistione politica e mafia e contro i comitati d’affari, ed andavano eliminati.

L’ordine è partito dall’alto e chi lo ha dato molto probabilmente è ancora ben saldo al suo posto di potere e ben protetto da una spessa cortina creata dallo stato mafioso e dalla massoneria.

http://www.osservatorio-sicilia.it/2009/10/27/mafia-il-paese-degli-smemorati-%e2%80%a6/#more-7939

lunedì 26 ottobre 2009

Il ponte sullo stretto? semplicemente lo stupro della Sicilia

Parlare oggi dopo il caso di Giampilieri e il fiume di fango che ha seppellito persone, case e cose del ponte sullo stretto è assolutamente scellerato. L’annuncio dell’inizio della realizzazione di questa mega infrastruttura serve solo a destare nei cuori di chi, come noi ama la Sicilia, l’idea di essere considerati una colonia periferica di un impero malato, in cui basta una conferenza stampa per decidere il massacro del terriorio e del paesaggio. Proprio così perchè la costruzione di un opera faraonica, assolutamente inutile al popolo siciliano, non sarebbe altro che un ulteriore violenza operata sul paesaggio della Sicilia. Immaginatevi, cari amici, cosa succederebbe se si realizzasse: da Palermo a Massina in tre ore per poi operare un attravensamento dello stretto in quindici minuti e farsi cinque ore, se tutto va bene, sulla Salerno-Reggio Calabria in condizioni terribili. Allora io dico al governo italiano, invece di spararle così grosse per evitare che sia ancora più palese la crisi profonda in cui è piombato, che sarebbe meglio ragionare se non sia arrivato il momento di mollare questo modo di fare politica senzazionalistica senza mai realizzare niente, basta vedere le riforme che in Italia aspettiamo, e passare ad una nuova fase di lavoro vero? Caro Presidente Berlusconi, non è arrivato il momento anche per lei, di cacciare da palazzo Chigi, ministri come la Gelmini, che in questo periodo tra tagli indiscriminati, accorpamento di classi, ricorsi persi, scioperi, malcontento di tutti gli operatori della scuola, e assoluta incompetenza in materia, come si evince dai papocchi che in questi giorni sono emersi, le hanno causato e ci hanno causato solo guasti e perdita di fiducia nelle istituzioni? E la Carfagna che vuole togliere il velo alle donne islamiche, lei così esperta in fatto di denudamenti vari? crede che questo sia proprio il primo pensiero degli italiani? e della pletora di yes men e personale politico scadente che ogni giorno le fa fare fesserie come il lodo “Alfano”? L’opposizione l’accusa di essere un nuovo Duce, ma voglio ricordarle che del Governo Mussolini facevano parte:Alfredo Rocco, Luigi Federzoni, Paolo Thaon di Revel, Alberto De Stefani, Giovanni Giuriati, Aldo Oviglio, Armando Diaz, Giuseppe D’Arzago De Capitani, Gabriello Carnazza, Giovanni Antonio Colonna di Cesarò e alla scuola Giovanni Gentile.

Certo nessuno dei citati ha le doti della Carfagna e della Gelmini, due che il mondo ci invidia insieme a Cammarata e Schifani, ma pazienza!

Silvio, prima di pensare al ponte, che i siciliani non vogliono, e di sfasciare tutto, dalla scuola alla giustizia, sfascia questo governo e metti nei posti giusti gente con competenze indiscutibili, che abbiamo anche l’autorità e gli attributi per dirti di no, il resto tienitele nelle stanze di palazzo Grazioli, tanto ci sono abituate!

Nino Sala

domenica 25 ottobre 2009

Oggi è l'anniversario della nascita di Antonio Canepa, nato a Palermo il 25 Ottobre 1908.EROE DELLA NAZIONE SICILIANA.

Ricordiamo il Nostro Martire con le Sue parole.

di Antonio Canepa – da “La Sicilia ai Siciliani!” (1944, firmato con lo pseudonimo di “Mario Turri”)

Rileggiamo insieme le immortali pagine del “Catechismo Siciliano” scritto dal nostro grande Michele Amari:
Perché i siciliani vogliono essere indipendenti?
“Perché la ragione e la storia ci insegnano che tali debbono essere e che tali sono stati da molti secoli.
Come, per legge umana e divina, nessun uomo può legittimamente essere schiavo di un altro (né può mai prosperare qualora lo diventasse) così nessuna nazione può essere serva di un’altra; e, se lo fosse, verrebbe avvilita, governata senza giustizia né umanità, aggravata dai dazi per l’utile non proprio, ma dei suoi padroni, straziata da leggi fatte a questo medesimo scopo, quindi sarebbe sempre povera, ignorante e disprezzata.
Ma come dimostrate che la Sicilia abbia una individualità a sé?
Iddio le stese d’ogni intorno i mari per separarla da tutt’altra terra e difenderla dai suoi nemici. La fece così grande di estensione, temperata di clima, fertile di suolo, da bastare non soltanto alla vita di più milioni di uomini, ma anche ai comodi, al lusso, ad ogni godimento, ad ogni industria, ad ogni commercio.
Ma come rispondete a quelli che oppongono che, essendo mutate le circostanze politiche d’Europa, per la fusione dei piccoli nei grandi Stati, la Sicilia non potrebbe più sostenersi da sé?
In primo luogo è da considerare che la Sicilia, per la sua grandezza e per la natura montuosa del territorio e per la fierezza degli abitanti, non è un’isola facile a conquistare.
Secondo: è un fatto, in politica, che gli Stati piccoli si mantengono per la gelosia reciproca dei grandi, nessuno dei quali permetterebbe a un altro di ingrandirsi con la conquista a spese dei piccoli Stati. Diversamente non esisterebbe la libera Svizzera che ha meno di due milioni di abitanti; né la libera Grecia che ne ha solo un milione: mentre la Sicilia ne ha più di due milioni! Se la perfezione politica di uno Stato consistesse nella grandezza, la Russia e la Cina sarebbero gli Stati più felici del mondo!”.
Così scriveva, più di un secolo fa, Michele Amari. Oggi, queste parole sono doppiamente vere. Oggi la Sicilia ha quattro milioni di abitanti, pronti e decisi a vendicare le antiche e le recenti offese, pronti e decisi a ottenere l’indipendenza dal resto d’Italia.
Non si può più continuare come per il passato. Per noi siciliani, è questione di vita o di morte. Separarci o morire!
Sonnino, che non era né separatista né siciliano, ma che fu anzi più volte Ministro e due volte Presidente del Consiglio del Regno d’Italia, ha scritto queste sacrosante parole:
“Quel che trovammo nel 1860 dura ancora. La Sicilia lasciata a sé troverebbe il rimedio: stanno a dimostrarlo molti fatti particolari; e ce l’assicurano l’intelligenza e l’energia della sua popolazione e l’immensa ricchezza delle sue risorse. Ma noi italiani delle altre province impediamo che tutto ciò avvenga; abbiamo legalizzato l’oppressione esistente; ed assicuriamo l’impunità all’oppressione!”
Se questo poteva scrivere Sonnino, quanto più terribile e amara è la verità! Noi siciliani siamo stati considerati sempre come la feccia dell’umanità, buoni soltanto a pulire gli stivali dei signori venuti dal continente!
E non si creda che domani, con un regime migliore, più liberale, più umano, possano accomodarsi i nostri guai! Credere ciò sarebbe un gravissimo errore.
Innanzitutto, nessun governo, per generoso che sia, ci restituirà mai (se non costrettovi dalla forza) quel che ci è stato rubato in ottanta anni. E se pure ne avesse l’intenzione, verrebbe cacciato via dagli stessi italiani prima di compiere quest’atto di giustizia e di riparazione.
In secondo luogo, l’incomprensione tra la Sicilia e il continente non deriva dalla cattiva volontà degli uomini. Deriva dalla situazione, per cui sono state unite regioni che dovevano stare separate. Deriva dal contrasto degli interessi.
L’industria siciliana danneggerebbe l’industria continentale: questo è certo. La nostra floridezza andrebbe a tutto scapito della floridezza dei nostri sfruttatori.
Perciò la Sicilia non può e non potrà mai vivere d’accordo col continente italiano.
Soltanto degli ingenui possono sperare in un avvenire migliore, pur persistendo nell’unione con l’Italia. E si illudono che forse qualche siciliano potrebbe andare al governo d’Italia…
Sciagurati! Quante volte i siciliani sono andati al governo, da Crispi a Orlando, che bene ne ha veduto mai la Sicilia?
Giuseppe Santoro, nel citato volume a cura di Castelnuovo, ha scritto queste giuste parole: “La circostanza più grave è che la Sicilia è stata maggiormente trascurata da quegli stessi suoi figli che pervennero ai più alti fastigi del potere e del sapere”.
Perché? – mi chiedete. Ma per una ragione evidentissima!
Il continente è molto più forte della Sicilia. Quindi il governo viene nominato o mandato a casa dal continente. Ora, come potete immaginare che il continente chiami al governo uno che anteponga la Sicilia al continente ?

Mafia, Spatuzza: "Avevamo ottenuto tutto grazie a Berlusconi"

Per anni la mafia trattò con la politica, trovò nelle istituzioni i suoi referenti. Un dialogo, quello tra boss e pezzi dello Stato, durato ben oltre il periodo delle stragi e andato avanti fino al 2004. Ne è convinto Gaspare Spatuzza, ex uomo d'onore del gruppo di fuoco della famiglia Graviano che, con le sue rivelazioni, ha aggiunto un altro capitolo all'inchiesta che i magistrati palermitani conducono sulla cosiddetta trattativa. L'8 ottobre scorso, l'ex killer di Brancaccio, soprannominato 'U tignusu' per la sua calvizie, ha riferito ai pm i nomi dei politici con cui la mafia avrebbe dialogato: Silvio Berlusconi e Marcello dell'Utri. Accuse subito respinte dal difensore di Berlusconi, l'avvocato Nicolò Ghedini che ha annunciato querela nei confronti del pentito. "La autorità giudiziaria - ha detto - ha già ampiamente indagato sulle assurde accuse che nel passato erano state mosse nei confronti del Presidente Berlusconi e ne ha accertato, come era ovvio, la più totale estraneità a qualsiasi ipotesi di connessione con la mafia". Il verbale dell'interrogatorio di Spatuzza è stato depositato oggi al processo d'appello al senatore del Pdl Marcello Dell'Utri, accusato di concorso in associazione mafiosa. Se la corte accoglierà le richieste della procura generale, che a sorpresa ha interrotto la requisitoria per chiedere la riapertura dell'istruttoria, Spatuzza potrebbe comparire in aula a raccontare la sua verità sulla trattativa. A rivelare al collaboratore l'identità degli interlocutori istituzionali della mafia sarebbe stato Giuseppe Graviano, boss stragista a cui il pentito era legatissimo. Dopo le bombe di Firenze, il collaboratore di giustizia e il capomafia si incontrano a Campofelice di Roccella, nel Palermitano. Spatuzza mostra perplessità per la nuova strategia del terrore di Cosa nostra che, per la prima volta, non colpisce i "nemici" istituzionali o gli avversari interni, ma cittadini comuni. Graviano, quasi stizzito, gli risponde: "io ne capisco di politica, tu no". "Mi disse - racconta il pentito - che da quei morti avremmo tratto tutti benefici, a partire dai carcerati". Affermazioni che convincono "U tignusu" che la trattativa riguardava anche la politica. Per "riscaldare" il clima Cosa nostra progetta un attentato eclatante: a saltare in aria dovevano essere i carabinieri. Spatuzza ha carta bianca nell'organizzare la nuova strage e individua come obiettivo lo stadio Olimpico, dove un'autobomba avrebbe dovuto uccidere un centinaio di carabinieri del servizio d'ordine. Per entrare in azione aspetta, però, il via libera di Graviano. I due tornano a incontrarsi a Roma a metà gennaio del 1994. Il capomafia, questa volta, è ancora più esplicito. "Era molto felice - racconta il collaboratore - disse che avevamo ottenuto tutto e che queste persone non erano come quei quattro 'crasti' (cornuti ndr) dei socialisti. La persona grazie alla quale avevamo ottenuto tutto era Berlusconi e c'era di mezzo un nostro compaesano, Dell'Utri". "Mi disse - aggiunge - che grazie alla serietà di queste persone noi avevamo ottenuto quello che cercavamo. Usò l'espressione 'ci siamo messi il Paese nelle mani'". L'attentato all'Olimpico fallisce. E l'arresto dei Graviano lo fa definitivamente sfumare. Siamo nel '94. Nel 2004, a 10 anni di distanza, Spatuzza intuisce che la trattativa e' ancora in corso. E' detenuto a Tolmezzo insieme a un altro dei Graviano, Filippo. Nelle celle si parla di una possibile dissociazione da Cosa nostra tesa ad avere benefici carcerari. Il pentito ne parla al boss che prende tempo: "se non arriva niente da dove deve arrivare - dice Filippo Graviano - anche noi cominciamo a parlare con i magistrati". "Segno - spiega il pentito - che la trattativa era ancora aperta".
http://www.siciliainformazioni.com/giornale/cronacaregionale/68398/mafia-spatuzza-avevamo-ottenuto-tutto-grazie-berlusconi.htm

venerdì 23 ottobre 2009

Voti truccati alle comunali,

Ritenuti colpevoli dal Gup un candidato al Consiglio, un aspirante componente di circoscrizione e due presidenti di seggio
Avrebbero falsificato i voti su diverse schede elettorali per favorire alcuni candidati alle elezioni comunali del 2007. Per questa ragione il gup Ettorina Contino, accogliendo le richieste del pm Maria Forti, ha condannato a 4 anni e sei mesi Gaspare Corso, candidato al Consiglio comunale con la lista di centrodestra «Azzurri per Palermo», a 4 anni e 20 giorni Vito Potenzano, candidato a un Consiglio circoscrizionale, a 3 anni e 2 mesi Giovanni Maria Profeta e a 3 anni e 20 giorni Gaetano Giorgianni, presidenti di seggio. Assolti Silvana Lo Franco, cognata di Corso, e Francesco Paolo Teresi, anche lui candidato nella lista «Azzurri per Palermo», che appoggiava l'elezione del sindaco Diego Cammarata.

Il gup ha anche deciso una provvisionale immediatamente esecutiva di mille euro per le parti civili: le consigliere comunali del gruppo «Un'altra storia» Antonella Monastra e Nadia Spallitta, difese dall'avvocato Maurizio Cicero, gli esponenti dell'Idv Leoluca Orlando, Fabio Giambrone, Aurelio Scavone, Fabrizio Ferrandelli, Cesare Mattaliano. Infine Manfredi Lombardo e Fabrizio Biondo entrambi della lista "Sindaco Orlando". Per la liquidazione del danno il gup ha rinviato al giudice civile.

«A quanti hanno guardato, con ostilità e sufficienza, le mie denunce penali non resta che far presente che oggi è arrivata la conferma in sede giudiziaria di reati commessi da sostenitori del sindaco Cammarata durante le elezioni amministrative di Palermo nel 2007», dice Orlando che in quella competizione elettorale fu battuto nella corsa a sindaco proprio da Cammarata. «Per rispetto della libertà e volontà degli elettori - aggiunge Orlando - continueremo a coltivare tutte le azioni penali già intraprese e pendenti, ricordando che siamo in attesa della sentenza del Tar che, dopo aver riscontrato documentalmente fondate le denunce di illegittimità sostanziale dell'intera procedura, annulli l'elezione». (22 ottobre 2009)

LITTRA A UN FRATI EMIGRANTI

Quindici jorna passanu prestu
pri cu veni di terri friddi e luntanu
e lu suli sicilianu c'adduma vampi di focu
nta l'occhi e lu cori pari cchiù caudu
e priziusu a cu’ prestu l’havi a lassari
pri turnari a patruna razzisti e senza cori
ca dunanu pani cunzatu cu disprezzu e feli.

Quindici jorna di pistari la terra ca ti fu matri
ca ti detti lu ciatu, t’addattò a li so’ funtani
ti vitti currri e jucari picciriddu stati strati
e po’ dispiratu, senza passatu né futuru
scappari di lu suli e di la miseria…
tagghiannu comu rami morti ràdichi di sutta li pedi
ca comu ardicula spunta senza ca la chianti.

Quindici jorna, d’jnchiriti l’occhi d’azzolu
lu nasu di ciàuri, la vucca d’antichi sapuri
ma lu cori di rabbia e di tristizza pri tutta
la miseria e li curtigghi ca nuddu tratturi abbatti mai
pirchì cu fici ‘sta terra ca pari di zuccaru filatu
meli e marturana, la misi a dormiri ‘mmenzu l’unni
di lu mari, ma comu Pilatu si nni lavò li manu.

Quindici jorna, e po’ cu l’occhi vunci e scurusi
comu si di bottu s’avissi astutatu lu mecciu riparti
e senti ancora lu cani arraggiatu abbajari 'ntra lu pettu
ddu’ cani chiamatu malancunia ca comu cancrena
ti porti attaccatu a l’ossa…ddu’ cani ca mai dormi
mai annaca la cuda, ca sapi sulu muzzicari
quannu t’arritrovi sutta autri celi ca mai ridinu di cori.

Quindici jorna e ritorni orbu nna dda’ terra di gelu
dunni nun canta acqua nna li cannola agghiacciti
nè volanu aceddi e scrivi cu palori di focu ca puru a pedi
vulissi scappari… e iu frati miu, chi pozzu fari?
Iu sacciu sulu, scriviri palora e vulissi ca fussiru trona
pri scattari nni la menti di cu’ addinòcchio nni metti
spuntuna, pri sfunnari cori di traditura e patruna...

Ca sucanu sangu e nun sunnu sanguetti
arrobbanu la vita e nun sunnu latri
fiddulianu li carni e assassini nun sunnu, ma lupi
caini ca si scannanu tra d’iddi p’un pezzu di carni
unu ossu! Li picuri si, li pecuri ca si fannu mettiri li pedi
supra lu coddu… iddi l’attrovanu lu travagghiu
e puru li dilinquenti ca s’allordanu li manu di sangu.

Ma tu o frati, nun chianciri, nun t’arrassignari
nun astutari lumi né lampi di suli a li tò’occhi
nun pèrdiri la spiranza ca un ghiornu lu ventu o la sorti
putissi canciari, pirchì lu “diavulu sapi fari li pignati”
ma spissu “si scorda di fari li cummogghi”
e a forza d’ammiscari li carti e fari mazzuna
po’ capitari ca perdi la partita cu la “signura furtuna!”

Perciò ‘ntantu c’aspetti, grida la to’ rabbia
gridala a lu ventu, a lu celu, a li stiddi
grida ca forsi, qualchi armuzza piatusa ti senti
nun ti muzzicari la lingua, nun l’ammucciari tra li denti
grida forti ca forsipuru Diu ti senti, cummatti, parra
parra cu la genti ca si senti figghiastra comu a ttia
parra a tutti li dispirati, li cunnannati senza piccatu

e ridi, ridi cu dda’ risata di picciutteddu mai crisciutu
dda’ risata, ca comu ‘na vintata d’aria frisca
accarizza l’arma, arriviscennu puru li morti
addimurati e sfatti di stu munnu ‘nfami
ca duna pani a cu' nun havi denti o nni fa minnitta
ridi, ridi di cori comu tu sai fari, ridi puru quannu
l’occhi comu funtani a chiantu vulissiru sbuttari.

Nun cunnannari a lu scuru e lu silenziu
puru la vucca, nun astutàri lanterni a ddi’ fussetti
ca un Diu fantasiusu comu pirtusa affunnò
nni la to’ facci, pri fariti cchiù beddu
di ‘na jurnata di suli…du’ fussetti c’addiventanu
fantasimi ammucciati, siddu nun ridi.

Perciò juncemu vrazza e cori, facemu ponti d’amuri
jttamu vuci p’arruspiggiari emigranti
c’arrassignati dòrminu comu pecuri nna li mannari
nna li vaneddi e li tanti scurdati paisi di lu munnu
arriviscemu morti chi caminanu all’addritta
c’ancora sbintuliannu banneri arripizzati di pitittu….

un surdatu chi curri nna lu disertu puru si armatu
nun fa scantari lu nnimicu, ma tanti surdati
chi hannu lu stissu sonnu dintra lu cori
addiventa un esercitu, vincinu guerri avennu
pri arma la lingua, pri capitanu lu curaggiu
e lu cori pri cantari, pani, paci e libirtàti!

Ottobre 1980 R.C. Maggio 2005

Di LINA LA MATTINA

giovedì 22 ottobre 2009

Facciamo un po' di chiarezza su Canepa ed i suoi rapporti con il movimento indipendentista

Il primo nucleo dell’ EVIS – Esercito Volontario per l ‘Indipendenza Siciliana – non nacque per decisione del direttivo centrale indipendentista, ma per iniziativa personale di Antonio Canepa.
Dopo aver fatto saltare l’ aeroporto di Gerbini all’ inizio del ’43 ( utilizzato dai tedeschi come aeroporto militare ) Canepa era sparito da Catania per andare a svolgere una missione al nord.
Ci sono notizie infatti sull’ attività partigiana da lui svolta a Firenze nei primi mesi del 44, e sembra che i tedeschi avessero messo una taglia su di lui. Canepa comunque tornò a Catania nell’ autunno del 44 e si pose ad organizzare una forza armata indipendentista. Nei suoi rari contatti con il movimento separatista, egli sosteneva che l ‘indipendenza si sarebbe dovuta conquistare con la forza. Ma Canepa era guardato con una certa freddezza, perché era un uomo di sinistra.
Per i latifondisti del movimento separatista, parlava troppo di riforme; inoltre criticava apertamente l ‘indirizzo reazionario del gruppo dirigente indipendentista.

martedì 20 ottobre 2009

CATANIA: LA DESTRA, DA SINDACO INCARICHI E CONSULENZE CHE GRAVANO SU BILANCIO COMUNE

Catania, 16 ott. - (Adnkronos) - "Il Sindaco di Catania ha proceduto negli ultimi mesi a conferimenti di incarichi esterni e di consulenze a vari soggetti, per un impegno di spesa gravante nel bilancio comunale per oltre 400.000 euro". Lo affermano in una interpellanza i consiglieri comunali de "La Destra-As" a Palazzo degli Elefanti, Manfredi Zammataro, Nello Musumeci e Gemma Lo Presti. "Tale condotta- continua Zammataro- cozza in maniera stridente con le reiterate dichiarazioni del Primo Cittadino di indisponibilita' finanziaria dell'Ente tali da non permettere neanche di garantire i servizi sociali alle fasce deboli".

"Il ricorso a consulenze esterne -prosegue - mortiifca inoltre l'eseprienza e l'abilita' professionali di gran parte dei dirigenti interni ai quali sembrerebbe per altro negato persino il diritto al buono pasto". "Per tale ragione chiediamo al Sindaco- coclude Zammataro- di sapere per quale motivo tali incarichi sono stati conferiti anche in presenza di abilita' professionali interne all'Ente e per altro a supporto di curricula vitae a volte inadeguati agli obiettivi che si intendono raggiungere".

Emergenza rifiuti: i sindaci barricati a palazzo D’Orleans

Sono barricati nella sala blu di palazzo D’Orleans, sede della Presidenza della Regione, una rappresentanza di sindaci della provincia di Palermo. I primi cittadini stanno manifestando a causa dell’emergenza rifiuti nei rispettivi comuni.

I sindaci lamentano di non essere stati ancora ricevuti dal Presidente della Regione, Raffaele Lombardo.

“Resteremo qui sino a quando non verremo ricevuti – dichiara Biagio Sciortino, sindaco di Bagheria – “l’emergenza rifiuti non è un problema solo delle amministrazioni comunali o dei cittadini che pagano la tassa rifiuti, è un problema che va affrontato e risolto a livello regionale”.

Intanto allarma la notizia che la discarica di Bellolampo a Palermo ha nuovamente chiuso ai comuni della Provincia che non potranno conferire lì i loro rifiuti. E’ quanto è stato disposto dall’Amia per il mancato pagamento delle somme dovute per l’uso dell’impianto da parte delle sei società d’ambito del Palermitano.

“Questa è un’emergenza igienico-sanitaria che sta creando grossi problemi – aggiunge il sindaco della città delle Ville – io sono sindaco di una città che dovrebbe essere sui giornali per le sue meraviglie e bellezze e non per i cumuli di immondizia, di questa città sono principalmente cittadino e soffro nel non riuscire a fare niente per risolvere questo annoso problema”.

lunedì 19 ottobre 2009

COMUNICATO STAMPA

Esercito Volontari per l 'Indipendenza della Sicilia
" La Sicilia ai Siciliani "
Via Salvatore Puglisi, 9 - 90143 Palermo

COMUNICATO STAMPA

Ricostituito L’ EVIS, l’Esercito Volontario per l’Indipendenza della Sicilia

Dopo oltre 70 anni la storia si ripete. L’ Esercito Volontario per l’Indipendenza della Sicilia ( EVIS ) che Antonio Canepa creò in disaccordo con la politica attendista seguita allora dal MIS, che si perse nella nebbia dell’autonomismo truffa che ha seguito i fatti del maggio 1946, è stato è ricostituito a Palermo ed ancora una volta da militanti in disaccordo con i dirigenti del MIS attuale ricostituito nel 2004.

L ' EVIS nasce per contrastare un politica non politica di quanti, all’ombra dell’autonomismo, sembrano anelare la chiamata a posti di potere, e adoperarsi sul territorio per rilanciare lo spirito indipendentista del popolo Siciliano.
Per raggiungere il suo scopo l’EVIS non userà la violenza ma opererà nel rispetto del diritto internazionale e giocherà la sua partita politica rispettando le norme imposte dallo stato italiano alla Sicilia.

All ’ 'EVIS confluisce il MAE, Movimento Agricolo Europeo anch’esso in disaccordo con la politica attendista ed immobilista del MIS, e che esce dalla Federazione Sicilia Libera.
Aderisce all’EVIS anche " l’Associazione Gattopardi Sicilia " la cui adesione è stata formulato dal Presidente dr. Vincenzo Allegra; l’Associazione formerà all’interno dell’ EVIS la " Sezione Gattopardi Sicilia."

Sono stati nominati fino al primo congresso che si terrà entro e non oltre un anno dalla ricostituzione : Segretario
Maria Vincenza Allegra (detta Neva Allegra)

Vice segretari :

Il Dott.Paolo Calabrese (detto Lucio Paladino).

Ignazio Ardagna ex MAE

VIVA la Sicilia Libera ed Indipendente

Marta Dagna
Ufficio Stampa EVIS
Tel. 336-445.8147

TERZO ATTO INTIMIDATORIO: INCENDIO DOLOSO ITTICA MEDITERRANEA

Un altro vile atto intimidatorio consumato tramite incendio doloso è stato perpetrato contro lo stabilimento Ittica Mediterranea di Petrosino.

Sin dal 2000 ho denunciato un accerchiamento a tentacoli contro l'azienda ittica mediterranea massima espressione di produttività con 120 dipendenti e con un fatturato notevole. Infatti l'ittica è stata costretta a dismettere l'attività di una unità produttiva all'interno dello stagnone di Marsala per cavilli burocratici e per interventi strumentali della massima espressione della provincia regionale di trapani e perdendo oltre 10 miliardi delle vecchie lire.

In atto all'interno dello Stagnone non si come mai esercitano due attività concorrenti. Nel 2003 la società è costretta al fallimento illegittimo in barba alle leggi che regolano l'acquacoltura, la 102 del 92 nazionale e la legge regionale 14/98, nonché la omissione del trattato di Roma dell'art. 32 della comunità europea. Appare chiaro quindi un disegno criminoso contro l'azienda ittica mediterranea allorchè viene nominato curatore fallimentare l'avvocato che ci aveva preposto al fallimento.

Si scopre oggi che la famiglia del curatore fallimentare è in aperto conflitto di interessi con la ittica mediterranea in quanto i suoi familiari sono proprietari di 50 ettari di terreno attorno all'impianto che è stato negoziato a 15 euro mq, circa otto milioni di euro, per la nascita di un grosso centro alberghiero che non potrà sorgere senza il cuore che è il terreno della ittica mediterranea che ha una cubatura di oltre 30 mila mc ed è confinante col mare per un frontale lato mare di 400 metri lineari e che è stato proposto per la vendita per 800 mila euro circa quando l'impianto costò 13 miliardi delle vecchie lire con un finanziamento al 65% a fondo perduto con i fondi della comunità europea e della regione Sicilia prevista per gli impianti agricoli per la produzione ittica. ( in atto la vendita è bloccata per la non congruità del prezzo).

Tutti gli atti da me denunciati alle autorità competenti portano ad una attività del curatore fallimentare in barba alle leggi per la dismissione della attività ittica permettendo la “vandalizzazione” dell'impianto poichè non ha mai provveduto alla custodia quando l'impianto era ancora in attività e perfettamente funzionale. I tre incendi dimostrano ancora una volta una azione minacciosa nei miei confronti per le esplicitazioni giornalistiche e televisive contro il malaffare e le organizzazioni politico mafiose e istituzionali in quanto la non applicazione delle leggi di cui sopra hanno permesso tutto lo scempio da me descritto con la perdita di strutture e di posti di lavoro ad interesse di pochi criminali affaristi che intendono allocare per i propri interessi altro tipo di attività e magari con i soldi riciclati dalla mafia.

Dopo 6 anni attendo ancora l'applicazione delle leggi di cui sopra per la revocatoria fallimentare. Assist ancora sbalordito come il governo nazionale abbia salvato le aziende di Grigoli mafioso per le istituzioni e non si sia mai preoccupato seriamente delle mie denunce e del salvataggio della mia azienda e di tutte le altre aziende che nel tempo sono state dichiarate fallite in barba alle leggi e con la perdita di diversi migliaia di posti di lavoro. Mi rendo disponibile a qualsiasi confronto con le autorità per accertare la verità giuridica nell'interesse della carta costituzionale e nella applicazione delle leggi corrette che possono dare fiducia alla nostra repubblica.

Marsala 17/10/2009

Morsello Martino

domenica 18 ottobre 2009

Un minuto di silenzio per ricordare le Vittime di una strage dimenticata

La strage di via Maqueda
La mattina del 19 ottobre 1944, a Palermo, una manifestazione di impiegati, esasperati dalla fame, confluì in via Maqueda il corso principale della città in direzione della prefettura da poco riconsegnata dagli Alleati all' Italia. Dai fianchi della strada dove sorgono i quartieri popolari si unirono al corteo centinaia di persone che divenne imponente. Chiedeva pane. La tensione era molto alta le condizioni di assoluta povertà in cui vivevano i palermitani aveva esasperato gli animi, le idee indipendentiste avevano preso piede in città e le invettive contro gli affamatori italiani vennero declamati a gran voce. In prefettura temendo che la manifestazione si trasformasse in sommossa ordinò l'intervento dei militari della divisione Sabauda a protezione del palazzo. Giunti nei pressi della prefettura i manifestanti disarmati si videro fronteggiati dai militi, la rabbia montò ma non ebbe modo di esprimersi, dal retro di un camion dei soldati, senza alcun preavviso, venne lanciata una bomba a mano sulla folla e i militari armati di moschetti aprirono il fuoco. Falciarono soprattutto giovani e ragazzi che si trovavano in prima fila altre due bombe vennero lanciate una di queste ferì 9 soldati.
La città venne totalmente militarizzata e in serata si dovettero chiamare i vigili del fuoco per lavare il sangue dalle strade. Il primo bilancio ufficiale fu di 16 morti 104 feriti. Una successiva inchiesta del CLN palermitano, tuttaltro che esaustiva, portò il numero dei morti a 30 ma la cifra esatta dell'ccidio non si saprà mai, in molti morirono negli ospedali e nelle proprie case.
Una stima credibile parla di 90 morti e 180 feriti. Nessun processo, nessuna inchiesta giudiziaria è stata fatta e questa vicenda senza colpevoli è stata inghiottita in un buco nero della Storia da cui non è più riemersa.
Per ricordare questi nostri morti chiedo a Tutti coloro che hanno la bontà di visitare questo blog di osservare domani nella ricorrenza del 65esimo anniversario della strage un minuto di silenzio per onorarli e per CHIEDERE CHE FINALMENTE LO STATO ITALIANO INDIVIDUI E CONDANNI I COLPEVOLI !

venerdì 16 ottobre 2009

Lettera dei siciliani della Diaspora a Silvio Berlusconi

Una tragica notte di piogge, pur torrenziali, ha messo in ginocchio le contrade piu’ vicine a Messina seminando lutti e distruzione. E’ stato come se la natura si fosse improvvisamente ribellata allo scempio delle montagne, dei torrenti, dei greti dei fiumi che l’uomo continua a programmare ed abbia deciso di interrompere – per una notte – la magia dell’autunno infinito che, come succede da sempre in Sicilia, protrae i caldi aneliti dell’estate isolana per affidarci un avanzo d’inverno nell’apocalisse di pietre e fango.

Poi il rincorrersi dell’attualità, i momenti di fervida attesa, le elucubrazioni delle autorità, gli anatemi delle coscienze, in un Paese, l’Italia, che continua la sua ricreazione senza sentire il dovere di tributare onore (come avevano fatto invece persino per Mike Bongiorno!) alle vittime innocenti di una tragedia annunciata nelle concessioni edilizie, nelle aree agricole diventate urbane per grazia (e voti) ricevuta, nello stravolgimento della natura e per questo una tragedia addebitata agli stessi messinesi.

Oggi il fango si è solidificato e la costruzione di case “abruzzesi” diventa promessa e gli italici pensano di aver addormentato ancora per una volta, l’ennesima, le coscienze dei siciliani che vogliono continuare ad aspettare senza ribellarsi e senza dignità.

Autunno in Sicilia e’ stagione impareggiabile, uno stato di grazia della natura che si pone tra il sole ancora caldo, il mare scintillante e i vigneti di zibbibbo e uva da venire e protrae le giornate come se cosi’ ritardasse infine l’arrivo dell’inverno, lui si’, negazione della vita, negazione della Sicilia.

Autunno sulle rive dello Stretto è fenomeno e magia. La costa calabra sembra potersi toccare quando il vento insedia Fatamorgana e solleva in bolle e onde spumeggianti i vortici di Scillaecariddi, mentre luntri e feluche cercano per le ultime battute di pesca pescispada e tonnacchioli che ritardano la partenza da queste acque senza uguali.
La notte poi le due coste scintillano di luci e voli di falene e pesciluna, disturbati solo dalla scia di pochi ferryboat.

Ma Ieri, a proposito della reiterata attitudine dell’uomo a voler violentare la natura e mutare il corso delle cose, il presidente del consiglio ha annunciato “urbis et orbis” di voler regalare ai siciliani un manufatto per l’attraversamento di questo stretto di magie; un ponte per collegare Sicilia e continente, un Ponte per faci sentire italiani….

Fino a quando dovremo sentire queste scelleratezze? Fino a quando lasceremo che altri decidano a nome nostro? Che cosa c’entra il signore di Arcore, pianura padana, con lo Stretto degli incantesimi? Ma che cosa ne sa lui della nostra isola, lui che il Paradiso se lo deve costruire e non lo ha trovato dietro la porta come abbiamo fatto noi?
E che cosa ne puo’ sapere il suo ministro dei trasporti, uomo senza voti e che vive di listini bloccati per fondare la sua carriera di transfuga e ministro? Ma quale Italia vuole regalare alla Sicilia il signor Berlusca? Quella che rifiuta i funerali solenni ai suoi figli migliori? quella che ci regala Lombardo e Miccichè? Si rende conto che sarebbe piu’ consono dire che è proprio l’Isola, la Sicilia, che non vuole regalarsi all’Italia?

Una patria la si riconosce dal rispetto per tutti i suoi territori, dalla eguaglianza di trattamento per tutti i suoi cittadini, dalla cura nell’amministrazione della cosa pubblica.
Ora, quale rispetto per la Sicilia ha mai mostrato questa patria lontana se tutti i territori sono sventrati e sconvolti? quale eguaglianza se i figli migliori dell’Isola devono trovare altrove le possibilità di lavoro e di futuro che la “Roma ladrona” di leghista memoria nega all’Isola? quale cura dell’amministrazione pubblica se in ogni confronto elettorale i partiti romani piombano sull’Isola come feroci saladini per accapparrarsene i tesori attraverso i loro paria e i loro schiavi?

Oggi Berlusconi, e troppi con lui, continuano a parlare di un Ponte sullo Stretto.
Ma lo sa Belrusconi che in Sicilia per andare da Agrigento a Messina bisogna impiegare almeno 4 ore di strade statali per arrivare a quella bretella autostradale, quella autostrada Palermo-Messina che il Presidente aveva tanto prosaicamente inaugurato quando era operativa solo a corsia unica?
E le ferrovie, conosce Berlusconi e il signor Moretti, Amministratore delegato, lo stato delle ferrovie siciliane? la frequenza delle tratte che lavorano ancora a scartamento ridotto, la vetustà delle carrozze destinate al servizio dell’Isola?

Prima di costruire un Ponte, signor Berlusconi, la ragione ci impone un semplice doppio paradigma: cosa trasferire da una parte all’altra e come arrivare ai piedi di questo ponte.
Ora potremmo trasportare al di là del faro le nostre arance; ma perchè non pensiamo a costruire industrie di trasformazione e trasportare poi al di là le essenze e le deterpenate, costruendo prima del ponte possibilità di occupazione e un indotto che prenda dall’agricoltura linfa vitale per creare benessere?
Perchè non mettere mano finalmente alla costruzione di una rete autostradale che serva tutta la Trinacria, i tre punti da capo Passero a capo Peloro, a capo Lilibeo senza dover affrontare veri e propri peripli per dovere, ad esempio, prendere un aereo in uno dei tre aeroporti isolani Punta Raisi, Fontanarossa e Birgi?
Non sarebbe piu’ utile impiegare quei fondi, altrimenti destinati, alla costruzione di aeroporti settoriali per evitare le lunghe file e le lunghe veglie?

Per non parlare poi dello scempio del territorio che verrebbe stravolto dai terminali di quest’opera, che non sono limitati come la costruzione di un raccordo autostradale, ma cambierebbero in toto la morfologia di luoghi che vanno dalla periferia sud di Messina, quindi Giampilieri, Tremestieri, Scaletta Zanclea, le zone tristemente alla ribalta della cronaca per l’alluvione, ai siti magici dei laghi di Ganzirri, di Mortelle e oltre Casa Bianca che scomparirebbero letteralmente sotto cemento e malaffare.

Isola siamo ma continuiamo sempre a prendere in considerazione solo il trasporto gommato senza invece immagginarci il potenziamento dei tanti porti isolani, vere e proprie porte per le autostrade del mare, metodo di trasporto efficace, a costi ridotti e ad impatto ambientale nullo.

Potremmo continuare con l’elencazione di altre opere pubbliche che servirebbero in maniera prioritaria alla Sicilia invece di quel manufatto per l’attraversamento dello Stretto, finora servito ad arricchire Impresit e compartecipate rigorosamente statali per gli studi di fattibilità, sempre ricominciabili da zero.
Un ponte sinonimo di futuro nella mente delle autorità (ma chi sono?) paradigma poi della tendenza di ogni governo italico che nei confronti della Sicilia ha sempre voluto apparire piu’ che realmente fare, accaparrandosene, a piene mani, i tesori millenari.

Eugenio Preta
Presidente confederazione giornalisti e dei media siciliani nel mondo

giovedì 15 ottobre 2009

Il film Barbarossa, flop a spese nostre

Tra le tante voci di spesa, ci sono 400 costumi, 100 carri falcati, 200 armature (perfette riproduzioni realizzate in India), 4.550 cavalli, 12 mila comparse, più i cachet degli attori, incluso Raz Degan nei panni di Alberto da Giussano. E tutto il resto, naturalmente. Spesa finale: 30 milioni di dollari, compresa la postproduzione per le 800 scene trattate con effetti speciali digitali.

Chi ha pagato? Al 60 per cento imprenditori privati vicino alla Lega, al 40 per cento la Rai: 12 milioni di euro di soldi dei contribuenti, quindi, a pesare sul bilancio già drammaticamente in rosso della tivù pubblica.

Soldi che, ormai è certo, non torneranno mai indietro: nei cinema "Barbarossa" è un flop e l'incasso dei botteghini - secondo le previsioni - non coprirà nemmeno un terzo delle spese sostenute.

L'ultimo spreco di denaro pubblico ha un nome e cognome preciso: Umberto Bossi, capo della Lega e grande sponsor politico del progetto, nonchè amico personale del regista e pure presente in un cameo nella pellicola di Renzo Martinelli.

Berlusconi insomma ha usato la Rai (che imporrà il film in due puntate anche sul piccolo schermo) per tenersi buono l'alleato di governo, a spese nostre.

Dev'essere questo il famoso "Roma ladrona", lo slogan con cui la Lega ha mosso i suoi primi passi fino ad arrivare direttamente a usufruire del bottino.

http://www.spreconi.it/2009/10/barbarossa-flop-a-spese-nostre.html

martedì 13 ottobre 2009

La Fininvest è nata da Cosa Nostra – La Padania - Matteo Mauri – 27 Ottobre 1998

Bossi rincara la dose dal Congresso federale della Lega:
il capo di Forza Italia parla meneghino ma nel cuore è palermitano
«La Fininvest è nata da Cosa Nostra»
Lo tengono in piedi perché rappresenta i loro interessi al Nord, è il loro "figlio di buona donna"

di Matteo Mauri

Brescia. La guerra è aperta da tempo. Ma ora entra in campo l'artiglieria pesante. E se alle accuse di mafia che da tempo Bossi lancia contro Berlusconi, il Cavaliere risponde col silenzio, adesso il Senatur ha deciso di alzare il tiro. «Tanto per essere chiari, per far capire alla gente», replica ad un congressista che aveva criticato la «politica dell'insulto» del segretario leghista. L'attacco di Umberto Bossi a Silvio Berlusconi, è durissimo. Il segretario della Lega Nord nel corso del suo intervento al Congresso straordinario del Carroccio, ha più volte dato del "mafioso" a Berlusconi. Da tempo il leader leghista, durante gli innumerevoli comizi, aveva indicato nel Cavaliere «l'uomo di Cosa Nostra». Al congresso, la tesi è diventata ufficiale. «L'uomo di Cosa Nostra» viene citato decine e decine di volte. E con lui tutte le aziende che fanno capo al leader di Forza Italia. L'anomalia italiana è lì: se ne devono convincere in primo luogo tutti i delegati, poi l'opinione pubblica.«La Fininvest - ha affermato Bossi - ha qualcosa come trentotto holding, di cui sedici occulte. Furono fatte nascere da una banca di Palermo a Milano, la banca Rasini, la banca di Cosa Nostra a Milano. E a Palermo hanno preso un meneghino per rappresentare i loro interessi. La verità è che se cade Berlusconi cade tutto il Polo, e al Nord si prende tutto la Lega. Ma non lo faranno cadere: perché sarà pure un figlio di buona donna, ma è il loro figlio di buona donna, e per questo lo tengono in piedi». Se l'ex-Capo dello Stato Francesco Cossiga negli ultimi due giorni è andato giù durissimo nei confronti del Cavaliere, Bossi non è certo stato da meno. Anzi, ha alzato il tiro, entrando anche nei dettagli, quando ha parlato della Banca Rasini, delle holding occultate, della nascita della prima tv berlusconiana, del partito degli azzurri. «Un palermitano - ha affermato Bossi - è a capo di Forza Italia. Perché Forza Italia è stata creata da Marcello Dell'Utri. Guardate che gli interessi reali spesso non appaiono. In televisione compaiono volti gentili che te la raccontano su, che sembrano per bene. Ma guardate che la mafia non ha limiti. La mafia, gli interessi della mafia, sono la droga, e la droga ha ucciso migliaia e migliaia di giovani, soprattutto al Nord».Eppoi ancora, come in un crescendo: «Palermo ha in mano le televisioni, in grado di entrare nelle case dei bravi e imbecilli cittadini del Nord»; «Silvio è uomo della P2, cioè del progetto Italia»; «La Banca Rasini è la banca di Cosa Nostra a Milano»; «Berlusconi ha fatto ciò che ha voluto con le televisioni, anche regionali, in barba perfino alla legge Mammì»; «Berlusconi parla meneghino ma nel cuore è un palermitano».
«L'uomo di Cosa Nostra»: Bossi, nelle tre ore d'intervento, ha indicato spesso il disegno dietro il palco in cui era raffigurato alle spalle di Berlusconi, un sicario siculo con lupara e coppola.Dopo aver ricordato i molti «giovani del Nord morti per droga», Bossi ha aggiunto: «Molte ricchezze sono vergognose, perché vengono da decine di migliaia di morti. Non è vero che "pecunia non olet". C'è denaro buono che ha odore di sudore, e c'è denaro che ha odore di mafia. Ma se non ci fosse quel potere, il Polo si squaglierebbe in poche ore. Ecco il punto».
" La Padania " del 27 Ottobre del 1998

OLIMPIADI: l’ultima di Cammarata : Palermo candidata per il 2020

Di certo la politica siciliana non manca di spirito. Poco avvezza ad assumersi le responsabilità dei disastri che da oltre sessanta anni combina, spesso perde il senso della realtà. E’ il caso dell’amministrazione comunale di Palermo che pensa di candidarsi ad ospitare le olimpiadi del 2020.

Bontà della irresponsabilità della politica. L’assessore regionale Nino Strano tuona contro il presidente della Regione Veneto , Giancarlo Galan, e dichiara :”Da italiano non replico a un italiano, e sempre da italiano sono felice che sia candidata Venezia che è una nobile città italiana, come altrettanto nobile è Palermo, e così come lo è la capitale d’Italia” .

Nessuno può contraddire Strano. Palermo è nobile, decaduta, ma nobile. Venezia, detta la Serenissima, non solo ha conservato il suo fascino, ma è inserita in un contesto amministrativo lontano qualche decennio da quello palermitano fatto di disservizi, di disorganizzazione turistica, di sporcizia, di scarsa manutenzione ed attenzione del territorio, e cosa non di poco conto, con una classe politica non adeguata ed incapace.

A Palermo, culla della civiltà e della cultura regna sovrana l’anarchia e chi l’amministra, al pari della provincia, peraltro incostituzionale, e della Regione, non è in grado di poter minimamente assicurare un cambiamento nei prossimi 6/7 anni.

Ma al di là di tutto, che cosa potranno mai presentare al comitato olimpico come progetto città?

L’immondizia sulle strade, la mancanza di attrezzature sportive, la mancanza di servizi turisti, la mancanza di infrastrutture e viabilità stradale e ferrovia dell’anteguerra?

Caso Sindaco, pensi a far quadrare i bilanci e ad amministrare con oculatezza ed efficienza Palermo invece di pensare ai sogni impossibili.

I panni sporchi e l’immondizia teniamoli a Palermo, non facciamoci conoscere anche all’estero.

”Pazienza un corno ha dichiarato Galan - quando si viene a sapere che anche Palermo, si’ proprio Palermo, il capoluogo della Regione Sicilia intende candidarsi per il 2020. In questi giorni sarebbe troppo facile impartire lezioni di etica e di politica ad una terra al contempo bellissima e tragica. Lasciamo perdere”.

Però fa torto a Venezia se si preoccupa della candidatura di Palermo che potrebbe avere le olimpiadi, forse, con un’altra questa generazione di politici siciliani.

Sicilia bella e dannata aggiungiamo noi riconoscendo al presidente Galan la giustezza delle sue argomentazioni.

Ci permetta Galan una osservazione. Palermo è la capitale della Regione Siciliana, non Sicilia.

Almeno riconosca alla Sicilia la sua dignità di nazione come detta la tanto vituperata e defraudata ”Costituzione italiana”.
http://www.osservatorio-sicilia.it/2009/10/13/olimpiadi-l%e2%80%99ultima-di-cammarata-palermo-candidata-per-il-2020/#more-7739

L'Mpa attacca: "Cammarata vatinni"

Decine di manifesti in tutta Palermo, firmati dagli ex alleati del sindaco ora esclusi dalla giunta, invitano in dialetto il primo cittadino a dimettersi: "Ci hai presi per il cool"

PALERMO - Continua la contestazione al sindaco di Palermo, Diego Cammarata, ma stavolta a inveire contro il primo cittadino del capoluogo siciliano sono gli ex alleati dell'Mpa. Il gruppo, che nel consiglio comunale è ormai passato all'opposizione e non ha assessori in giunta, ha fatto stampare decine di manifesti che sono stati affissi in tutta la città.

L'Mpa invita, in questi cartelloni, il sindaco a dimettersi con eloquenti frasi in siciliano. Uno recita: "Ztl, Tarsu, Amia, Amap, Amat, Gesip, Irpef. Cammarata vatinni (Cammarata vattene, ndr)". L'altro ironizza sulla campagna autocelebrativa dell'amministrazione comunale nel 2007. A Palermo apparsero infatti dei cartelloni dove si diceva che era "la città più cool d'Italia", riprendendo il titolo di un articolo di Panorama.

I manifesti dell'Mpa invece recitano: "Cammarata ci hai preso per il cool. Ti nn'ha gghiri (te ne devi andare, ndr)". Oltre che per le strade, la contestazione impazza anche sul web e soprattutto sul social network più popolare del momento: facebook. Moltissimi i filmati sui rifiuti per strada e altri disservizi oltre ai gruppi di dissenso. Uno dice "Cammarata a casa e Palermo vince" ed è la campagna per incitare i consiglieri comunali a firmare per la mozione di sfiducia al sindaco.

12/10/2009
http://www.lasicilia.it/index.php?id=28962&template=lasiciliaweb

domenica 11 ottobre 2009

La SICILIA e l'unità d'Italia

La Sicilia non si era mossa, nel 1860. O, se si mosse, dove si mosse, non fu certo nel senso unitario voluto dai piemontesi. Fu per proclamare una Sicilia indipendente, repubblicana, nella quale la povera gente potesse vivere in pace senza essere sfruttata da nessuno.
Ma questi movimenti non potevano piacere. E così, prima ancora che terminasse il 1860, Bixio, mandato da Garibaldi, dovette correre a Bronte e in molti altri paesi, con truppe non siciliane, per domare la vera, autentica rivoluzione siciliana che incominciava.
A Bronte fece fucilare cinque persone. Impose taglie e multe alla popolazione, che cercò di atterrire in tutti i modi. “Missione maledetta (confessò più tardi lo stesso Bixio) alla quale un uomo della mia natura non dovrebbe mai essere mandato!”.

Poi gli italiani scesero in Sicilia. Luogotenenti, Commissari civili, stati d’assedio e altre misure eccezionali imperversarono in Sicilia a partire dall’unificazione.
Il primo stato d’assedio fu proclamato in Sicilia nel 1862; ed esso, come disse Crispi, lasciò terribili tracce.
Nell’anno seguente, si ebbe di fatto il secondo stato d’assedio con la missione del generale Govone il quale apertamente violò le leggi dello Stato.
Sotto il generale Govone, per combattere i renitenti alla leva, i Comuni siciliani venivano cinti da cordoni militari o presi addirittura d’assalto; senza mandato di cattura venivano arrestati sindaci e consiglieri comunali; venivano presi ostaggi, comprese le donne incinte, una delle quali (Benedetta Rini, di Alcamo), quasi al termine della gravidanza, morì in carcere dopo quattro giorni di convulsioni. Fu persino applicata la pena dell’acqua!
E quanti innocenti furono martoriati! Un disgraziato operaio, Antonio Cappello, sordomuto dalla nascita, venne sottoposto alla tortura nell’Ospedale Militare di Palermo, come se fingesse d’esser muto e sordo per sottrarsi al servizio militare: sul suo cadavere si poterono contare 154 bruciature fatte col ferro rovente!
Tutti questi sono fatti. Fatti documentati. Basta sfogliare il libro di Zingali: “ Liberalismo e fascismo nel Mezzogiorno d’Italia”, volume primo, da pagina 232 in poi: ci troverete questo ed altro! E non è un separatista che scrive, badate, ma un fascista il quale è stato persino segretario federale!
Nel 1866 la pazienza finì. Il popolo di Palermo si ribellò come un solo uomo.
“Una masnada di ladroni ha governato per sei dolorosissimi anni la patria nostra. Una masnada di uomini feroci l’ha insanguinata”: così incominciava il proclama rivoluzionario del 1866.
Nella città e nella provincia di Palermo, la rivoluzione assunse, dal 16 al 22 settembre, proporzioni tali, da costringere il governo ad inviarvi sollecitamente, con la qualità di Regio Commissario, il generale Raffaele Cadorna, alla testa di due divisioni di fanteria, un reggimento di cavalleria ed una brigata di artiglieria.
E vinsero loro, i ladri e gli assassini del popolo. Fucilarono senza processo migliaia di cittadini. Mentre invece gli insorti siciliani, che avevano preso prigionieri duemila soldati, non avevano ad essi toccato un capello.
“Repressa la rivolta e ristabilito l’ordine, le cose continuarono come prima. Non una legge fu votata, non un provvedimento fu preso per portare qualche rimedio ai mali esistenti, che andavano continuamente aggravandosi”. Sapete chi scrive queste parole? Non un separatista; ma dei bravi fascisti, unitari, Libertini e Paladino, a pagina 752 della loro “ Storia di Sicilia” pubblicata appena dieci anni fa.
Nel 1875 le cose continuavano a peggiorare. Il governo italiano propose misure eccezionali di polizia contro la Sicilia. I deputati siciliani insorsero. Ascoltate quel che disse Paolo Paternostro:
“Voi parlate delle condizioni eccezionali in cui si trova la Sicilia, del malcontento che vi regna. Ma, domando io, voi che cosa avete fatto per la Sicilia? Cosa ha fatto il governo? Nulla. O tutto il contrario di quel che doveva.
Se voi date un’occhiata a tutti i servizi della Sicilia, a tutte le amministrazioni, voi troverete che dappertutto, e sempre, il governo si è condotto male.
Sceglierò qualche esempio.
Sapete voi come è stata trattata la magistratura in Sicilia?
Quando ci sono stati i pretori che non hanno voluto secondare gli ordini dell’autorità politica, sono stati minacciati, talvolta traslocati.
E dei nostri impiegati (altro esempio) che cosa ne avete fatto? Ve lo dirò in due parole.
Quando voi spedite in Sicilia qualcuno, voi fate supporre che lo mandate per castigo, come se lo mandate in esilio, e gli dite: – Andate laggiù, andate in Sicilia; poi, se vi comporterete bene, se sarete zelante, allora provvederemo.
Questi signori vanno laggiù coll’idea di trovarsi in mezzo a gente che non valga la pena di dover rispettare come tutto il resto d’Italia; e fanno dello zelo eccessivo; e diventano spesso agenti provocatori; ed accrescono il malcontento.
E dei nostri impiegati di laggiù, degli impiegati siciliani, che cosa ne avete fatto? dei piccoli impiegati, soprattutto?
Perché a un vostro prefetto è saltato in capo di fare un rapporto più o meno insolente e offensivo per la Sicilia, voi credete sul serio che molti disordini si debbano alla così detta mafia, che si sarebbe infiltrata tra gli impiegati, e ... botte da orbo, traslocazioni, sbalzando gente con uno stipendio di fame in lontani paesi, senza neanche indennità di viaggio, spostando e rovinando tutti i loro interessi.
Che ne avete fatto delle nostre ferrovie? E delle nostre strade obbligatorie? E dei beni dei Gesuiti e dei Liguorini, che erano destinati alla pubblica istruzione?
Nelle nostre amministrazioni non c’è che il disordine, il caos. E le popolazioni si abituano a pensare e a dire: – Ma questo non è un governo; le imposte se le fanno pagare; il fiscalismo ci perseguita sotto tutte le forme, ci assedia e ci tortura; ma quando si tratta di amministrare, amministrazione non ce n’è.

Che cosa si fa? Si ricorre a mezzi eccezionali di polizia, si ricorre al governo militare, invece di migliorare economicamente il paese!”.
Ecco quel che gridò in Parlamento il deputato siciliano Paolo Paternostro. Le sue parole sembrano scritte oggi. E tutti noi siciliani, oggi, potremmo gridarle al governo fascista. Ma del governo fascista parleremo tra poco.
Dopo Paternostro parlò, nello stesso senso, Colonna di Cesarò. Poi Diego Tajani. Quest’uomo, patriota, esule e volontario delle guerre d’indipendenza, era stato dopo il 1860 Procuratore Generale alla Corte d’Appello di Palermo. E poiché era un uomo onesto e senza paura, aveva sentito il dovere di spiccare mandato di cattura contro il questore di Palermo, e di mettere sotto processo il prefetto di Palermo, colpevoli ambedue di abominevoli abusi. Il governo, naturalmente, si era messo contro di lui. Egli aveva dato subito le dimissioni chiudendosi in uno sdegnoso silenzio.
Eletto deputato, fu più tardi per due volte Ministro di Grazia e Giustizia. Orbene, quando vide che la Sicilia veniva nuovamente provocata e calunniata, Diego Tajani non seppe più tacere.
Per due giorni, innanzi al Parlamento esterrefatto, espose l’una dopo l’altra tutte le ingiustizie, le canagliate, le infamie di cui il governo italiano si era macchiato: stupenda requisitoria che tutti i siciliani dovrebbero imparare a memoria!
Concluse con questo avvertimento solenne: Ricordatevi che la Sicilia è un’isola, e le isole si considerano come qualcosa di distaccato, di autonomo!
Parole sprecate! La legge contro la Sicilia fu approvata. E nuove violenze si abbatterono sulla nostra disgraziata patria.
La Sicilia è stata sempre considerata come terra nemica, terra conquistata, da conservare con la forza. Per questo motivo, nel 1875, si tenevano in Sicilia ventitré battaglioni di fanteria e bersaglieri; due squadroni di cavalleria; quattro plotoni di bersaglieri montati; 3.130 carabinieri e numerose altre forze sussidiarie, fra le quali principalmente guardie di pubblica sicurezza e guardie a cavallo!
Si giunse così ai Fasci siciliani dei lavoratori, fondati e diretti da Giuseppe De Felice. Che cosa voleva la Sicilia nel 1893 – 94? Quel che ha sempre voluto: giustizia e libertà.
Il governo presieduto da Giolitti, riversò nell’isola una moltitudine di soldati, i quali non fecero che accrescere il malumore nel popolo.
L’inevitabile accadde: sul principio del 1893, uno scontro ebbe luogo a Caltavuturo tra la folla e la truppa. La truppa osò sparare sui pacifici paesani, un gran numero dei quali rimasero uccisi.
Promise Giolitti di far aprire un’inchiesta contro i militari che avevano fatto fuoco; ma non mantenne. Al contrario, durante l’intero anno, lasciò che la polizia e l’esercito si abbandonassero a tutti gli eccessi: nelle giornate di dicembre, che furono particolarmente accanite, più di 200 siciliani vennero uccisi, mentre la forza pubblica ebbe un solo morto.
Vedendosi assassinati, i siciliani insorsero dappertutto.
Ruppero fili telegrafici; incendiarono municipi, preture, esattorie, uffici del registro e del catasto, agenzie delle imposte, archivi notarili, casotti daziari; liberarono i carcerati; tentarono di disarmare carabinieri e soldati.
A questo punto, il Re concepì la mostruosa idea di affidare a un siciliano la repressione del movimento siciliano. Crispi accettò la parte di Caino.
Proclamò lo stato d’assedio; e nominò commissario straordinario con pieni poteri il generale Morra Di Lavriano, che pochi giorni prima aveva mandato a Palermo come prefetto.
Venne richiamata alle armi la classe del 1869; e più di 40.000 uomini vennero sbarcati in Sicilia. I capi del movimento furono gettati in carcere: e primo fra tutti De Felice che, essendo deputato, non poteva neppure essere arrestato senza l’autorizzazione della Camera. I Fasci siciliani dei lavoratori (che erano ormai 166 con 300.000 associati) furono sciolti e le loro sedi occupate militarmente. Proibiti gli assembramenti e le riunioni. Istituita la censura.
Per più di sette mesi la Sicilia fu sottoposta alla legge marziale. Gli arresti si facevano senza bisogno di prove. E le condanne venivano appioppate, il più delle volte, senza che gli accusati potessero neppure difendersi.
Le accuse, del tutto immaginarie. “Avere cooperato alla emancipazione materiale e morale dei lavoratori” era un reato severamente represso!
Nel giugno 1894, più di 1800 siciliani erano stati già condannati al domicilio coatto. Molti, a pene più gravi. De Felice a 18 anni di carcere, Bosco, Barbato e Verro a 12 anni.
Alla Camera dei Deputati, Felice Cavallotti dichiarò che il governo aveva violato le leggi e lo stesso Statuto. Poi prese la parola Matteo Renato Imbriani:
“Voi (disse rivolto a Crispi) avete stracciato ad una ad una tutte le pagine dello Statuto. Avete fatto scempio di tutte le nostre libertà…
Ci sono molti che dicono: – I Borboni bombardavano. – Ma bombardavano quando una città era in piena ribellione. Ma i Borboni non hanno mai fatto tirare sopra folle inermi ed affamate…”.
La Sicilia elesse deputati De Felice, Bosco e Barbato, che languivano in carcere. L’elezione, si capisce, venne annullata.
Così continuarono le cose, male sempre, fino alla guerra. Dal 1915 al 1918 anche e soprattutto in Sicilia i contadini e gli artigiani, i professionisti e gli studenti vennero strappati dalle loro case e mandati al macello.
Ma quando la guerra finì, chiedemmo la resa dei conti. E l’avremmo ottenuta, per Dio! se questo miserabile governo fascista non avesse rinnovato un sistema di poliziesca tirannide sopprimendo le ultime libertà e raddoppiando le nostre catene.


da “La Sicilia ai Siciliani!” di Antonio Canepa (1944, firmato con lo pseudonimo di “Mario Turri” )

Perché i siciliani vogliono essere indipendenti?

“Perché la ragione e la storia ci insegnano che tali debbono essere e che tali sono stati da molti secoli.
Come, per legge umana e divina, nessun uomo può legittimamente essere schiavo di un altro (né può mai prosperare qualora lo diventasse) così nessuna nazione può essere serva di un’altra; e, se lo fosse, verrebbe avvilita, governata senza giustizia né umanità, aggravata dai dazi per l’utile non proprio, ma dei suoi padroni, straziata da leggi fatte a questo medesimo scopo, quindi sarebbe sempre povera, ignorante e disprezzata."

Michele Amari

sabato 10 ottobre 2009

Il film della Lega è costato 30 milioni (pubblici)

Ieri è uscito nei cinema il film Barbarossa, "kolossal" chiaramente voluto dalla Lega Nord, in onore di un personaggio storicamente non esistito, quale Alberto da Giussano. Ma, tralasciando l'analisi storica, pochi dicono che tale film è costato 30 milioni di euro, una cifra che raramente ha toccato il cinema italiano. E ancora meno persone dicono che tali soldi sono arrivati integralmente da finanziamenti pubblici. 30 milioni per un film di partito, alla faccia di Roma Ladrona...

PS: Tanto per confermare la coerenza legaiola, il film è stato girato in Romania, con comparse romene. Ecco cosa dice in merito il regista: "Qui posso permettermi una troupe di 130 persone, solo 15 gli italiani, i capisquadra. Qui ho a disposizione migliaia di comparse, cavalli e stuntman a bizzeffe. Un macchinista in Italia costa 1500 euro al giorno, qui 300. Da noi dopo nove ore scatta lo straordinario, qui non esistono limiti d’orario. Per la manovalanza si usa lo “zingarume rumeno” a 400, 500 euro la settimana".

Messina. Il solito regalo. Tristi riflessioni di un “Siciliano”

Mi ricordo di una scenetta con Totò e Luisella Boni. Il grande comico veniva turlupinato dalla giovane e bella signora, moglie di un avvocato datore di lavoro del primo. Era una scommessa da vincere e l’ingenuo Totò cadeva nella rete.

Risultato, la signora vinceva la scommessa col marito -”vuoi vedere che mi faccio invitare a cena dall’introverso e imbranato tuo dipendente?”-e Totò era licenziato e costretto persino a pagare la costosissima cena….ma ,colpo di scena,come si conviene teatralmente, la signora oltre che bella è anche buona e torna con l’assegno della vincita: un milione delle vecchie antiche lire degli anni 70!

L’ho ricordato, forse un pò con disagio,quando ho visto i funerali delle vittime di Giampilieri … stamane a Messina.

E ho provato ad immaginare fosse, questo inopportuno ricordo,una allegoria di ciò che è successo ieri,e forse l’altroieri e ancora e sempre in questo nostro Sud…preso in giro dalle mene e dalle menzogne del ricco Nord, sfruttato, utilizzato e infine messo sul lastrico…senza pietà, come fosse cosa da passatempo, come se non palpitasse e non vivesse una propria particolarissima vita.

E ho pensato con rabbia, livore, sgomento che la “signora”fosse tornata indietro anche stavolta…ma l’assegno, anzi la cambiale da usura ancora da pagare adesso la vedevo sul teleschermo (non ho volontariamente voluto partecipare e per rispetto ad un dolore troppo privato e per non incontrare certi personaggi e per non partecipare all’ennesimo raggiro): vedevo la concelebrazione solenne,i visi compunti delle “autorità”, le bare … le bare avvolte da un drappo, da un tricolore, la “loro”bandiera, quel simbolo che per noi meridionali ha rappresentato due guerre mondiali e milioni di morti; 30 milioni di emigrati e migliaia di morti; il ricatto della criminalità organizzata e altre migliaia di morti; il lavoro nero e sottopagato e ancora centinaia di morti : ecco,mamma “italia”(i minuscola) torna sempre indietro come la sollecita signora, ma regala solo una santa messa , qualche fiore, qualche faccia di bronzo regolarmente presente e un drappo tricolore…
Non ho altro da scrivere….
Maurizio Castagna
http://www.osservatorio-sicilia.it/2009/7689/messina-il-solito-regalo-tristi-riflessioni-di-un-%e2%80%9csiciliano%e2%80%9d/

venerdì 9 ottobre 2009

Funerali delle Vittime dell' alluvione

Sabato alle ore 10.30, presso la Cattedrale di Messina, si terranno i funerali delle vittime dell'alluvione. Chi può vada e porti con sè la bandiera della nazione siciliana in segno di omaggio e riconoscimento alle vittime e di protesta contro chi le ha uccise

Mi chiedo se Cammarata si sia fatto la barca con i soldi dell'Amia.

Rifiuti: Amia in ginocchio, pm di Palermo chiede fallimento
La procura chiede il fallimento. Opposizione, Cammarata si dimetta

08 ottobre, 21:34

PALERMO - Travolta dalle inchieste giudiziarie, subissata dalle lamentele dei cittadini che ne denunciano l'inefficienza, l'Amia, ex municipalizzata che gestisce la raccolta dei rifiuti a Palermo, si trova ora a fare i conti anche con un'istanza di fallimento presentata dalla procura della Repubblica.

Mentre in una città sommersa dall'immondizia, ogni notte, vengono dati alle fiamme decine di cassonetti stracolmi. La richiesta di fallimento, in cui in alternativa alla procedura concorsuale il pm Carlo Marzella propone la sottoposizione all'amministrazione straordinaria dell'azienda, é stata depositata nella cancelleria del tribunale che, nelle prossime settimane, fisserà l'udienza di trattazione del fascicolo. Nell'istanza si allegano gli esiti degli accertamenti svolti sui conti dell'Amia dalla Fiamme Gialle che, per conto della Procura, hanno indagato su due episodi di falso in bilancio commessi dagli ex vertici della società.

La documentazione prodotta dai finanzieri parla di 180 milioni di euro di debiti al 31 dicembre del 2008. Oltre, i militari non sono potuti andare visto che la società non ha mai presentato il bilancio dello scorso anno, nonostante siano trascorsi 10 mesi dal termine imposto dalla legge.

L'esposizione debitoria dell'Amia potrebbe essere dunque ancora più grave di quanto risulta ai pm. Lungo l'elenco dei creditori: dalle banche - tre almeno - al Fisco, dall'Inps a decine di fornitori. Una scure, quella della richiesta dei magistrati, che si abbatte su una azienda già in ginocchio: nelle ultime settimane agli ex vertici - tra i quali l'ex presidente, il senatore del Pdl Enzo Galioto - è stata notificata la richiesta di rinvio a giudizio per falso in bilancio. Mentre 13, tra dirigenti e dipendenti, hanno recentemente ricevuto l'avviso di conclusione d'inchiesta per omissione di atti d'ufficio e truffa. Senza parlare dell'ultimo filone investigativo, aperto in procura, su appalti irregolari e trasferte d'oro negli Emirati Arabi della ex amministrazione della società. Mentre i giudici fallimentari decidono il futuro dell'Amia, società per azioni di proprietà del Comune, e la procura va avanti nelle indagini, la politica insorge contro il sindaco di Palermo.

"Più volte abbiamo denunciato gli abusi nella gestione dell'azienda - dice Davide Faraone, capogruppo del Pd al Consiglio comunale - la cui responsabilità è del clan guidato dal sindaco Diego Cammarata e dall'allora presidente dell'azienda, nonché coordinatore cittadino di Forza Italia, il senatore Enzo Galioto. Questa amministrazione ha trascinato la città nel baratro, non so come Cammarata riesca ancora a guardare in faccia i palermitani senza provare vergogna e imbarazzo". E di "fallimento del sindaco" parla anche il portavoce di Idv Leoluca Orlando.

Ma a bocciare Cammarata non è solo l'opposizione. Il Tar, la scorsa settimana, ha annullato l'ordinanza della giunta che, nel 2006, ha aumentato del 75% la Tarsu, la tassa sui rifiuti, che face schizzare Palermo al terzo posto nella classifica delle città italiane in cui la spazzatura costa più cara.

Con un semplice SMS

"Con un semplice SMS inviato da telefono mobile al numero 48580 si potrà donare 1 euro, che sarà interamente devoluto, con destinazione vincolata, alla popolazione di Messina colpita dall'alluvione."

giovedì 8 ottobre 2009

A MESSINA E A LI SO' MORTI

Vugghi e rivugghi comu pignata
sempri china di gialla scumazza
la panza mai sazia di la terra…
e si nni vannu comu cani vastuniati
senza requiem “silenzi” né funirali di statu

l’affucati, anniati dispirati e scripintati
comu scravagghi sutta muntagni
di petri, di fangu… li marturiati
figghiastri di sta “ginirusissima" terra
ancora ‘na vota pistati sutta l’italicu pedi.

Lu sacciu Signuri ca la natura è stanca
d’esseri pigghiata a carcagnati di l’omu
e ogni tantu a raggiuni si ribella
facennusi veniri trimulizzi, virticchi
ma pirchì a pagari sunnu sempri li nnuccenti?

Pichì tirrimoti alluviuna bummi e pistilenzi
nun fannu mai dannu supra li tanti “Sodoma
e Gomorra”…casi e villi di li sucasungu
di piccatura ‘mpinitenti… forsi scrincisti
sulu cu li putenti patti d’allianza, di “desistenza”?

Pirchì sti trona di l’aria, nun abbrucianu
e siccanu manu e vucchi di bastardi mintitura
di farfalluna e criminali, di cuncutrigghi e caini
ca stu cannistru d’erba ciarusa jincheru
pistiannu a giramanu di fangu morti e tritolu?

Lu ‘nvintasti forsi tu lu dittu di lu cani
“ca muzzica sempri lu cchiù sfardatu”
o esisti un santu prutitturi pi li miserabili
li facci di culu, facci ca nun cunuscinu
nè russura né vriogna, facci cchiù duri di li petri?

Pirduna l’irriverenza Signuri, sicca puru
la me’ vucca siddu ti fa piaciri, tagghia
scippa, abbrucia la radica di lu me’ ciriveddu
ma ‘nzinu a quannu mi darai un ciatu, un alitu di vita
nun pozzu fari a menu di pinzari scriviri parrari...

Nun pozzu fari a menu d’arriprinniri
puru a tia Signuri, pirchì veru è ca nni dasti
biddizzi ginirusità orgogliu, ma pirchi n’accudi
a genti senza cori, pirchì nni sdirrubbi
e nni fai mettiri ‘ncruci puru di li stissi frati?

Chi nni voi di sti poviri disprizziati siciliani
sbinnuti pi nenti supra a lu mircatinu di la morti
‘ndigni di miritari macari un minutu di rispettu
quali debbiti avemu ancora di scuttariSignuri?
E forsi chistu lu giustu lu prezzu pi l’isula ca nni dasti?

7 ottobre 2009 LINA LA MATTINA

lunedì 5 ottobre 2009

Per la Lega Calcio Italiana i morti di Messina non sono italiani!.

Palermo, 04-10-2009

I 35 mila spettatori dello stadio Barbera di Palermo si sono alzati in piedi ad applaudire prima della gara con la Juventus, ma la decisione della Federcalcio d'intesa con la Lega calcio di fare osservare un minuto di silenzio per le vittime dell'alluvione di Messina solo negli campi dove erano impegnate le squadre siciliane, ha scatenato una polemica. Netta e' la reazione del governatore siciliano, Raffaele Lombardo, "come se le vittime di Giampilieri e Scaletta Zanclea non fossero italiani a pieno titolo".

Lombardo commenta con amarezza e sottolinea "come in questo Paese che si accinge a celebrare la solenne ricorrenza dei 150/mo anniversario della sua unita' non sono certo i siciliani a pronunziare la 'bestemmia separatista' che ieri il presidente Napolitano ha ricordato". Per il segretario siciliano dell'Udc, Saverio Romano, quella della Lega calcio "e' una pagina vergognosa di questo organismo e indirettamente dello sport del calcio". "I morti sono tutti uguali - ricorda - le persone hanno tutte la stessa dignita', anche il Sud del Paese e' Italia. La Lega Calcio dovrebbe rappresentare tutto il calcio italiano. Oggi cosi' non e' stato e il dolore composto dei parenti delle vittime, non sottolineato in modo unanime dai vertici del primo sport nazionale sui campi di calcio, dovrebbe indurre gli stessi a scusarsi".

Il presidente Lombardo assicura che "faremo fino in fondo il nostro dovere, non ci dormiremo la notte, spenderemo sino all'ultimo euro disponibile, cercheremo di suscitare una consapevolezza nuova: che la natura va rispettata e che, se violata, se violentata, se aggredita, come in Sicilia e' accaduto milioni di volte, prima o poi si vendica e reagisce". "Verificheremo con assoluta intransigenza quanti studi, progetti o emergenze - incalza - sono stati commissionati e proclamati e pero' ignorati e lasciati ad ammuffire nei cassetti. Non si potranno tollerare o sanare abusivismi ed abusi. E lo faremo senza chiedere elemosine o mendicare risorse". "Vedremo di farcela - prosegue - da soli e semmai avvalendoci della generosita' spontanea e sincera dei siciliani e di quanti vorranno dare una mano". "E, pero' - avverte - i 'nostri implacabili censori', che si sono scatenati sui giornali e nelle piazze invocando condanne preventive e pronunziando contumelie di ogni genere, abbiamo almeno il buon gusto di soprassedere e di ricordare che ben piu' di 24 uomini e donne hanno perso la vita, solo qualche ora fa".

domenica 4 ottobre 2009

Il milione ' dirottato '

Un milione di euro che nel 2007 era stato stanziato per la messa in sicurezza delle zone alluvionate, è stato dirottato alle Eolie dal Ministro dell’ Ambiente Stefania Prestigiacomo.
Quale è il motivo di questo dirottamento ? A che scopo ? A quale fine ?
Forse per mettere in “ sicurezza “ alcun residenze di amici e amici degli amici ?

Numero verde

Il numro verde della Protezione Civile Sicilia 800 458

ALLUVIONE DI MESSINA - Come aiutare

Il comune di Messina ha istituito un conto corrente per aiutare gli alluvionati:

C.C. IBAN IT 91Y0102016598000300034781; C.C.P. N. 1406398
- intestato al Comune di Messina - Servizio Tesoreria, specificando la causale: pro-alluvionati”.

Per chi fosse di Messina:
raccolta vestiario al Capopeloro Resort Torre Faro accanto il bar Lumachina.

Altro punto di raccolta villagio Le Dune, Mortelle."

Per chi è di Messina - Servono Vestiario e scarpe - Centro raccolta "C.I.R.S. ONLUS Via XXIV Maggio scalinata Mons. Francesco Bruno accanto Palacultura

PER CHI VOLESSE FARE VOLONTARIATO: RECARSI PRESSO IL RESORT CAPO PELORO ACCANTO ALLA LUMACHINA OPPURE ALLE DUNE, CHIAMARE IL NUMERO 338/3380985 CHIEDERE DI MARISA PISANA"

6 domande al Ministro Prestigiacomo

1) Perchè sono stati ridotti da 510 milioni di euro a 270 milioni di euro i fondi per la difesa del suolo. Fondi previsti dalla legge Finanziaria n.244/2007 art.2 comma 321, e ridotti drasticamente dall'ultima finanziaria?

2) Perchè è stato soppresso con il decreto 112/2008 il fondo per il monitoraggio sismico previsto dalla legge 244/2007 art. 2 comma 329 per un totale di 4,5 milioni di euro ? La norma prevedeva la prosecuzione delle attività di monitoraggio del rischio sismico attraverso l'utilizzo di tecnologie scientifiche integrate dai fattori di rischio delle diverse aree del paese

3 ) Perchè sono stati soppressi, con decreto 112/2008, i finanziamenti di 151 milioni di euro destinati alla prevenzione e difesa suolo della Sicilia e della Calabria ?

4 ) Perchè è stato soppresso, con legge finanziaria ultima, fondo 1 milione di euro per attuazione piani di difesa suolo ?

5 ) Perchè è stat soppresso, con decreto 112/2008, fondo di 45 milioni di euro per ripristino paesaggio previsto da art.2 comma 404 della legge finanziaria n.244/2007 ?

6 ) Perchè è stato soppresso, con decreto 112/2008, fondo di 15 milioni di euro per difesa suolo piccoli comuni, previsto da art.2 comma 331 legge 244/2007 ?

sabato 3 ottobre 2009

Avviso importante, ATTENZIONE

Da Franco Tiano "Messina New" ricevo e divulgo quanto segue:
- Cirs Onlus Di Messina AVVISO IMPORTANTE ATTENZIONE!
NELL'ATTESA CHE LA PROTEZIONE CIVILE DIA INDICAZIONI DIVERSE, SERVONO VESTIARIO E SCARPE PER GLI SFOLLATI DELL'ALLUVIONE.
CENTRO DI RACCOLTA "C.I.R.S. ONLUS Via XXIV Maggio scalinata Mons. Francesco Bruno accanto Palacultura" SI PREGA DI DIRAMARE IL MESSAGGIO A TUTTI I VOSTRI CONTATTI. GRAZIE IL CIRS

venerdì 2 ottobre 2009

Fenomeni geodinamici dell’area dello Stretto - All' attenzione del Presidente Lombardo

Insufficienti e non aggiornati sono gli studi idrogeologici ed i progettisti del Ponte hanno tenuto poco conto dei dissesti e delle frane che caratterizzano il territorio dello Stretto.


Secondo vari autori è in atto un sollevamento dell’Aspromonte, con tassi notevoli, pari a 1,1 – 1,4 m/ka, a cui sono connessi fenomeni geodinamici molto importanti, influenzati anche dalla litologia e dalla tettonica.

In pratica sono in atto nella fascia costiera che borda l’Aspromonte, tra Scilla e Reggio Calabria (dove avrebbe sede una “spalla” del Ponte) - oltre alle faglie sismogenetiche - “deformazioni gravitative profonde di versante” e grandi frane (alcune innescate dai terremoti di elevata intensità del 1783 e del 1908)

Le deformazioni gravitative e le grandi frane non sono state sufficientemente prese in considerazione nel SIA. Scarsamente approfonditi sono anche gli studi idrogeologici delle fasce di territorio interessate dalle gallerie, in particolare quelli relativi al monitoraggio delle falde e alla permeabilità dei terreni.


Anche gli interventi previsti di mitigazione della franosità sono limitati sostanzialmente agli impatti di fenomeni superficiali, con una previsione di opere che non tiene conto delle tipologie e delle geometrie degli eventi innescati.

Non sono poi analizzati gli impatti in relazione ai fenomeni franosi profondi che sono presenti nell’area e il cui innesco o riattivazione può verificarsi in relazione al grande impatto che un’opera di questo genere avrà sul territorio.

Elemento significativo è costituito dal sito di Catona, individuato già nello studio del 1992 come sito di cantiere logistico con impatto sull’ambiente costiero di valore 3 (massimo). Studi recenti rilevano una propensione al dissesto del sistema idrografico tra l’area di foce della fiumara di Catona e l’ambiente costiero marino, rappresentato dalla mobilitazione di una frana costiera nel 1987, del tipo scivolamento sottomarino, prodotta nei terreni sciolti della conoide di deiezione della fiumara, che ha provocato l’improvviso arretramento della linea di riva di circa 20 m lungo un fronte di 70-80 m


Una forte propensione al dissesto idrogeologico caratterizza anche la cosiddetta “Costa Viola”, tra i siti di interesse comunitario e dall’altissimo valore paesaggistico (la sua denominazione nasce dalla particolare coloritura assunta dal sistema costiero al tramonto). Il processo appare inarrestabile in particolare nella zona che degrada verso il massiccio di Scilla e il comune di Villa San Giovanni, e soltanto la continua presenza dell’uomo ha consentito di mitigarne gli effetti. Il paesaggio fortemente antropizzato è stato infatti rimodellato dall’uomo creando tutta una serie di terrazzamenti su cui sono state coltivate piante da frutta, agrumi, ortaggi, ma soprattutto la vite. Ovviamente queste tecniche secolari di difesa del territorio non trovano nessun riconoscimento nella fase di valutazione dell’impatto del Ponte e delle opere “collaterali”.


Di contro il quadro degli interventi proposti dai tecnici della Stretto di Messina S.p.A. per la rete idrografica appare “eccessivo e non congruente con il quadro della dinamica idrografica riportato nelle carte geomorfologiche e in quelle di propensione al dissesto”. In particolare, nella carta dei reticoli idrografici e delle sistemazioni d’alveo gli interventi previsti riguardano anche molte aste fluviali non interessate dalle opere in progetto, prevedendo una inutile cementificazione longitudinale e trasversale degli alvei, portando al totale stravolgimento dell’assetto fisico dei luoghi.

La cementificazione degli alvei può inoltre comportare modifiche nella dinamica dei corsi d’acqua, con innesco di processi erosivi e sedimentari e possibili violente inondazioni nelle pianure costiere.

http://www.terrelibere.org/doc/254/FenomenigeodinamicidellareadelloStretto.html#7_7

Che gioia vedere "altamente impegnati" per la Sicilia i nostri politici siciliani.....E io pago!!.

Roma, 01-10-2009

Per ora si tratta soltanto di un colloquio, di frasi intercettate al telefono in cui si parla di acquisti di griffes, come borse e articoli di Armani e di altre firme, fatti in conto ai fondi a disposizione del ministero dell'Ambiente. Millanterie? Gossip maligno quello fatto da un funzionario del dicastero e confidato al suo interlocutore? Una vicenda, insomma, tutta da accertare ma che e' finita al vaglio della procura di Roma. Al centro di quel colloquio telefonico e' il ministro dell'Ambiente Stefania Prestigiacomo che e' stata iscritta dai magistrati della capitale nel registro degli indagati con l'ipotesi di reato di peculato. "Non ho masi usato la carta di credito del ministero per acquisti personali", ha replicato il ministro, che ha aggiunto: "estratti conto e tutta la documentazione relativa alle spese ministeriali sono a disposizione degli inquirenti. E lo sono sempre state. Nessuno le ha mai consultate. Potevano esaminarle e poi fare ogni verifica prima di accusarmi di peculato sulla base di una intercettazione telefonica fra due persone di cui una indagata e l'altra interna al ministero.

Sono profondamente nauseata e sconcertata - ha detto ancora Stefania Prestigiacomo - e chiedo che sia fatta piena luce su tutta questa vicenda. E sono pronta a querelare chiunque metta in discussione la mia onesta' ". L'iscrizione costituisce un atto dovuto in quanto gli inquirenti dovranno accertare se tali, eventuali, acquisti siano stati fatti per motivi personali ovvero per ragioni istituzionali. Ed e' proprio questo il quesito posto dagli inquirenti di piazzale Clodio ai colleghi del Tribunale dei ministri ai quali il fascicolo processuale e' stato trasmesso per competenza. L'indagine e' scaturita da alcune intercettazioni telefoniche compiute dalla polizia giudiziaria su un altro procedimento penale. Nei colloqui telefonici in questione due persone, tra cui un funzionario del ministero, accennerebbero a presunti acquisiti fatti dal ministro Prestigiacomo. Da qui l'invio alla procura di Roma di una informativa a riguardo e l'apertura di un fascicolo processuale per verificare se dietro ai colloqui captati dalla fiamme gialle si ravvisino fatti penalmente rilevanti.

L'istruttoria, come da prassi in questi casi, e' affidata al Tribunale per i reati ministeriali che dovra' verificare, anche attraverso l'acquisizione di eventuali ricevute, se in un determinato periodo di tempo il ministro Prestigiacomo abbia utilizzato una carta di credito in uso al ministero. Il collegio di giudici per i reati ministeriali, conclusa l'istruttoria, inviera' il fascicolo alla procura di Roma con le conclusioni dell'indagine.