Il recordman è lui, Felice Crosta, ex commissario della gestione rifiuti in Sicilia ai tempi di Cuffaro, il pensionato pubblico più pagato d’Italia, più ricco del presidente Napolitano, dell’ex presidente Ciampi e dei presidenti emeriti della Consulta, Romano Vaccarella e Gustavo Zagrebelsky. La sua pensione è di 1.369 euro al giorno, 41.070 euro al mese, grazie anche al bollo della Corte dei Conti che gli ha riconosciuto arretrati per oltre un milione.
Ma adesso un altro golden-boy dell’era Cuffaro rischia di superarlo in classifica: Marcello Massinelli, 40 anni, braccio finanziario dell’ex governatore: ha presentato alla Regione una parcella di 7,7 milioni di euro per il suo lavoro di liquidatore dell’Ente Acquedotti Siciliani. E siccome la Regione non paga, Massinelli si è rivolto al giudice: ai tempi Cuffaro non fissò il compenso, così il manager adesso lo pretende in ragione del passivo fallimentare, circa 700 milioni. In tempi di crisi la cifra è apparsa esagerata anche al governatore Lombardo che lo ha invitato a rinunciare alla parcella “nel nome del buon senso”. Parole scomparse dai vocabolari della politica siciliana ma riesumate per fronteggiare la pesante eredità lasciata da Cuffaro: in cambio della sua gestione dell’emergenza rifiuti, culminata con la cancellazione degli Ato (fabbriche mangiasoldi incaricate di garantire il servizio di raccolta e smaltimento che hanno accumulato un debito di circa un miliardo di euro), Cuffaro assegnò a Crosta compensi per 416mila euro.
La Regione ne pagò circa la metà, ma la Corte dei Conti gli riconobbe l’intera cifra, commisurata solo al volume dell’altra grande iniziativa gestita da Crosta, l’affare dei termovalorizzatori, una gara bocciata dall’Ue che ha lasciato la Sicilia in mezzo ai rifiuti e all’improvvisazione. Fallimenti collezionati anche da Marcello Massinelli, con molti sospetti giudiziari. Originario di Ribera (Agrigento), laureato alla Bocconi e frequentatore dei seminari di Aspen, in Colorado, diventato poi il braccio destro di Cuffaro per i problemi del credito, è stato il brasseur d’affaires di molte vicende siciliane a cavallo tra affari e politica.
Iniziò nel ’97 come consulente del Credit Suisse per un prestito di 1.700 miliardi di lire alla Regione; poi, entrato nelle grazie dell’ex governatore, divenne commissario straordinario dell’Ente Acquedotti Siciliani, consigliere di amministrazione del Banco di Sicilia, socio del patto di sindacato di Capitalia, ma anche vice presidente di Airgest, che gestisce l’aeroporto di Trapani-Birgi, e presidente del consorzio per la realizzazione dell’aeroporto di Agrigento.
Per questo progetto presentò una relazione dal titolo “L’aeroporto Valle dei Templi diventa realtà”. Si era impegnato, infatti, a portare il placet dell’Enac entro la fine del 2008, rivelò il presidente della Provincia D’Orsi, ma quel parere non arrivò mai per la contrarietà del presidente Vito Riggio. Iniziative mai realizzate, come il centro commerciale di Villabate che il pentito Francesco Campanella (che lo chiamò in causa) raccontò come un mega conflitto di interessi tra cosche mafiose: osteggiato da quella di Brancaccio, che ne voleva uno analogo sul suo territorio, e sostenuto da quella di Villabate, governata dal boss Nicola Mandalà.
Quest’ultima cosca, raccontò il pentito, sarebbe stata finanziata proprio da Massinelli: nel verbale del 21 settembre 2005 davanti ai pm di Palermo Giuseppe Pignatone, Maurizio De Lucia, Michele Prestipino e Antonino Di Matteo, Campanella riferì le parole che Massinelli gli avrebbe detto: “Questa operazione la dobbiamo fare, Totò (Cuffaro ndr) è informato, è interessato nell’operazione direttamente da me, sono socio dell’operazione e sono colui che fornirà il denaro per effettuarla”. Parole rimaste finora senza alcun riscontro.
da Il Fatto Quotidiano del 29 agosto 2011
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