mercoledì 21 dicembre 2011

Un riscontro all’intervista “shock “ del prof. Massimo Costa

Corsi e ricorsi, vanità di una moda che va e che torna, assistiamo speranzosi all’ultima intervista del prof. Massimo Costa, sul futuro autonomo/indipendentista della Sicilia. Volutamente abbiamo usato il termine autonomo/indipendentista, perché anch’esso è una moda del nostro tempo : Sciocchi e ignoranti da una parte, furbi dall’altra, ciascuno nel loro ruolo, seppure differente, che inneggiano ad una Sicilia autonomistica e/o indipendente, senza rendersi conto che i due termini restano in antitesi fra di loro, con differente significato, ai quali non fa difetto l’estrema stranezza storica di eventi relativamente recenti, in virtù dei quali, al mancato raggiungimento dell’Indipendenza, seppure cercata col sacrificio e col sangue di un pugno di eletti indipendentisti, ha fatto seguito quel fumo inebriante dell’autonomia, quel contentino necessario per calmare le acque tempestose di una Sicilia quasi interamente separatista, alla quale viene concesso quel sonnifero letale che va sotto il nome di Autonomia, sterile mostriciattolo di politici senza onore, nei loro congiungimenti carnali con una baldracca, i cui figli cercano invano la loro infamante paternità. E’ l’Italia dalla pezza tricolore che ha generato quei figli rappresentati dalle varie regioni, figli di molti padri, figli di Cica come li chiamava Anacreonte già 2500 anni. E’ l’Italia dell’Unità, di quel re macellaio figlio di un macellaio, di quel Re ladro perciò soprannominato galantuomo; è l’Italia del saccheggio del Regno delle due Sicilie, è l’Italia dei Massoni, dei ladrocini, degli stupri, delle uccisioni, dei saccheggi, delle stragi perpetrate nelle terre di quel Sud florido e operoso; è l’Italia che comincia a scontare il giudizio della Religiosità Immanente della Storia, legge implacabile di giustizia che s’incarica di vendicare i torti, le menzogne, gli abomini, le sozzure tutte che, pinocchietti storici, votati ad un volgare lecchinaggio gratificante, descrivono ancora come eventi fulgidi e solari; e’ l’Italia del glorioso Garibaldi, il massone che reclutava e vendeva, lurido negriero opportunista, poveri schiavi nel Centro-Sud Americano, uno pseudo condottiero mezzo nano di appena un metro e sessanta, lentigginoso e pieno di acciacchi, sicuro precursore dei pedofili moderni, con quella bambina e moglie di quel ciabattino cornuto, cui il cielo concesse superba vendetta, se al glorioso eroe dei due mondi gli assegnò quell’altra moglie con la pancia già piena, estremo scorno di un latin lover divenuto un kèratàs, come direbbero i Greci. Anche oggi, al pari di sessantasei anni fa, tornerebbe di moda la negletta autonomia dell’Isola, se soltanto ci fossero nuovi morti e nuove uccisioni sulle piazze dell’Isola intera reclamanti la separazione o, mi si perdoni il termine, l’indipendenza da uno stato oppressivo, il millenario nemico della terra di Trinacria. E’ l’Italia dei nuovi Verre che spogliano la nostra Terra, di quella Patria del diritto che condannò quel tiranno sotto la sapiente regia del ballerino Cicerone, consentendo comunque al ladrone di soggiornare nel lusso della luminosa Marsiglia, fra prelibato caviale e profumato vino falerno. E’ l’Italia di sempre che ripercorre, con collaudata regia, lo sfruttamento della Sicilia, che rapina le sue risorse, che affama la sua gente e la immiserisce, che distrugge la gioventù dell’Isola, che profana il suo territorio con le sue torri di morte, là a Milazzo, a Priolo, che generosa elargisce a Gela fumi e primati di nascite deformi, dimenticando il suo mare, i commerci negletti, i suoi monumenti , le sue pianure incolte e abbandonate. E’ l’Italia benedetta dal Benedetto di turno, che elargisce celesti benedizioni ed eloquenti saluti coll’indice e il mignolo aperti, rinnovato saluto di appartenenza alla casta dei luminosi illuminati; è l’Italia del satanico euro, la moneta affamatrice dei popoli, della privata Banca Centrale Europea alla quale quella larva di Stato va a mendicare quella carta-straccia colorata che non sa stampare da sé, pagandole persino il colossale interesse che amici di merenda gaudenti spartiscono, nel lauto convivio di perversi abbuffini succhiasangue e la complicità lautamente retribuita degli italianissimi Padri della Patria, sotto la sapiente regia dei loro luminosi condottieri, alcuni rimbambiti, comunque esiziali, che proclamano apertamente l’instaurazione del Nuovo Ordine Mondiale, per distruggere l’identità delle Nazioni d’Europa e della nostra splendida Terra di Trinacria : “ La Sicilia è stanca della sua tristezza, della bestemmia che ode in mille lingue, dei fumi e dei vapori che appestano i suoi fondi, con scorie fetenti per i residenti, e la preziosa nafta mondata arricchisce soltanto le nordiche contrade “.Noi siamo, egregio prof. Costa, i figli di una madre violentata che,” miserrima, gode senza senno, da quando le tolsero il suo regno e i viceré le diedero da allora, cani muniti di catene che leccano i calzari del padrone e melensi abbaiano alla luna, bugiardi apostoli del sogno di un’Italia benefica e feconda “. Noi, egregio prof. Costa, non siamo Italiani, non lo siamo mai stati, semmai sudditi di una Nazione illegittimamente occupata da un nemico infame per 150 lunghissimi anni, alla ricerca del nostro orgoglio, della nostra etnia genuina, verso il nostro vero autentico traguardo : Noi siamo i discendenti dei Popoli del Mare del 1200 a.C., noi siamo i Sàkalas e proveniamo dal Sud del nostro sud e dall’Oriente; là dovrà indirizzarsi il nostro domani, la nostra speranza di popolo fecondo e laborioso, il nostro sviluppo, il nostro scambio socio-economico-culturale, lontano da questa Europa alla quale abbiamo insegnato i principi dell’essere e del divenire, la bandiera sotto la quale, con falsità e ingiustizia infinita, hanno costruito il loro mostro, il loro Occidente nauseabondo ormai morente, fatto di un miscuglio di razze che mai diverranno popoli civili : E’ la loro Europa, è la loro Terra fatta di sopraffazione e di fame, di miseria per i popoli che la compongono, è la testimonianza del nostro più grande errore commesso nel tempo passato, dimenticando altri Popoli, altre Genti, nel Sud del nostro Sud, che avrebbero meglio, e in modo fecondo, recepito la nostra insuperata e insuperabile civiltà, sviluppando con noi il cammino verso un mondo di giustizia sociale, di equità, di pace e di concordia dei popoli. Con i suoi fecondi insegnamenti, che lo videro grande fra i grandi del Sud, il compianto prof. Zitara ci esternò il suo profondo convincimento sulle sorti della Sicilia e sul suo futuro, che sarà ancora di lacrime e di sangue : “ La Sicilia “ ci disse, “ non sarà mai indipendente se vi affannerete a servirvi di metodi democratici “ , quei metodi che sono al servizio degli affamatori della gente, che servono agli oppressori per calmare le giuste rivendicazioni degli oppressi. E allora, ci chiediamo, Le chiediamo prof. Costa, ci serviremo forse di metodi rivoluzionari per portare la Sicilia alla sua irrinunciabile indipendenza ? Sì, metodi rivoluzionari, ma senza spargimento di sangue, rivoluzionari nell’animo e nel cuore, nel dissacrare falsi valori, nel dire ladro a chi ruba, nel dare dell’ascaro ad ogni partito che abbia dimenticato la sua appartenenza all’Isola nostra, ad ogni politico che trae linfa, sostegno e suffragio dalla nostra Terra, svendendo la propria identità ai nuovi Cesari, sulla pelle dei poveri, dei miseri, degli onesti, dei cosiddetti cittadini di un tempo remoto. Sul principio eterno dell’Autodeterminazione dei Popoli, potremo costruire l’indipendenza e il futuro glorioso e fecondo della nostra Terra, allontanando i politici e ogni colorazione partitica, allontanando coloro, tutti, nessuno escluso, che recitano ancora il ruolo di servi in livrea, che parlano di ponti e di colorate sozzure che rivelano soltanto le loro zozzerie. La forza della Sicilia, la certezza della sua Indipendenza irrinunciabile dovrà cercarsi fra la gente che lavora o che soffre in questa realtà isolana, fra sconfitte e timide affermazioni, fino a quando troveremo l’orgoglio di ritrovare la dignità di Popolo e Nazione, sotto la bandiera che fu di Antonio Canepa, seppure con i loro metodi democratici : L’invito alla lotta è rivolto a tutti coloro che hanno a cuore la rinascita della Sicilia, a tutti coloro che vogliono lasciare un retaggio di operosità e di benessere per i propri figli e i propri nipoti, una nuova realtà nella quale credere perché più giusta, più umana, più civile, più laboriosa. Le chiediamo, egregio prof. Massimo Costa, se non vorrà essere Lei colui che saprà recitare il ruolo di antesignano di questa nuova lotta, portabandiera di una realtà politico-economico-sociale nella quale trovi cittadinanza la nazionalizzazione delle banche, trasformate tutte in istituti di interesse nazionale, con l’utile d’esercizio destinato a beni di investimento pubblico. Ed ancora, dei prestiti concessi alle aziende operose per sviluppare le proprie libere iniziative volte alla produzione di beni e servizi accessibili a tutte le classi sociali, dove al cento di finanziamento prestato faccia riscontro il rimborso del 95% della somma prestata; della moneta emessa da organi statali siciliani, con la pronta convertibilità in metallo prezioso, al fine di svincolarlo da ogni sorta di nefasta speculazione operata sulla pelle dei poveri e dei cittadini onesti; della eliminazione della borsa valori; della statalizzazione della Banca di Controllo Siciliana, delle retribuzioni pubbliche limitate alla soglia di una generosa e giusta retribuzione di un pubblico funzionario statale, con il divieto, per ciascun cittadino della nuova Repubblica Siciliana, di poter disimpegnare per più di dieci anni un ruolo pubblico, recidendo in tal modo ogni sorta di cordone ombelicale coi poteri cosiddetti forti, mafiosi e malavitosi. In tali enunciati abbiamo ritenuto di semplificare una serie di convincimenti sui quali potrà recitare, se vorrà, con il nostro incondizionato sostegno, il ruolo che appartenne a coloro che ancora, i Siciliani autentici, ricordano con rispetto e orgoglio, per non smarrire gli insegnamenti sui quali costruire, noi o i nostri figli, il futuro della nostra Terra. Siciliani, amici e simpatizzanti dell’EVIS, nonché di qualsiasi altro Movimento che vorrà condividere il nostro pensiero, sapranno apprezzare il suo impegno politico se riterrà di sventolare quella stessa bandiera che illuminò gli altissimi ideali di Antonio Canepa e dei martiri di ogni tempo : Dalla nostra parte la certezza che altri 2500 anni di lotte, sul sangue dei nostri padri trasmesso ai nostri figli, se necessari, non potranno cancellare la certezza della conquista della nostra Indipendenza, della nostra identità di Popolo e Nazione Indipendente. AN TU DO , perciò, continuerà ad essere l’inno del nostro sacro peana, volto al raggiungimento di questo nostro obiettivo ineludibile. Viva l’EVIS, viva Canepa, viva la Sicilia Una, Libera, Grande, Indipendente.

Neva Allegra - Segretaria Nazionale dell' EVIS

Lucio Paladino - Vice segretario Nazionale dell' EVIS

Pietro Di Caro - Segretario Nazionale Giovanile dell' EVIS

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