È operativo l’Sms solidale attivato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri per aiutare i comuni della provincia di Messina colpiti dall’alluvione del 22 novembre.
Si potrà donare 1 euro inviando un sms al 45590 dalle ore 19 di oggi, 25 novembre 2011, fino al prossimo 28 dicembre, oppure 2 euro chiamando lo stesso numero da rete fissa.
venerdì 25 novembre 2011
giovedì 24 novembre 2011
DISPOSIZIONE DEL COMUNE DI BARCELLONA POZZO DI GOTTO
CHI VOLESSE DARE UN SEGNO DI SOLIDARIETA' PER LA POPOLAZIONE COLPITA DAGLI EVENTI CALAMITOSI DEL 22/11/2011, PUO' EFFETTUARE BONIFICO BANCARIO SU CONTO CORRENTE INTESTATO A:
- COMUNE DI BARCELLONA POZZO DI GOTTO, CAUSALE:
-CONTRIBUTO DI SOLIDARIETA' PER GLI ALLUVIONATI DI BARCELLONA POZZO DI GOTTO. CODICE IBAN: IT 16 Z 01030 82071 000001 328303.
Dispiace far notare, che al tutt' oggi nessuna sottoscrizione è stata aperta a livello nazionale.
Avviene una calamità al nord, e viene definita " disastro naturale "; se avviene in Sicilia o al Sud...la colpa è degli abitanti ! E quindi, nessuna solidarietà per loro !!!
- COMUNE DI BARCELLONA POZZO DI GOTTO, CAUSALE:
-CONTRIBUTO DI SOLIDARIETA' PER GLI ALLUVIONATI DI BARCELLONA POZZO DI GOTTO. CODICE IBAN: IT 16 Z 01030 82071 000001 328303.
Dispiace far notare, che al tutt' oggi nessuna sottoscrizione è stata aperta a livello nazionale.
Avviene una calamità al nord, e viene definita " disastro naturale "; se avviene in Sicilia o al Sud...la colpa è degli abitanti ! E quindi, nessuna solidarietà per loro !!!
41 anni di tradimenti e di bugie.
Abbiamo ascoltato le loro parole e visto le loro facce. Gli operai dell’ultimo turno, ripresi da telecamere delle tv hanno raccontato la fine di un’epoca meglio di tante analisi e saggi. Inseguiti dai giornalisti, restii e insofferenti, pareva che si vergognassero di quel che stava accadendo, come se si sentissero in colpa. Non c’entrano niente con questa storia, la stanno subendo di brutto e non possono farci proprio niente.
Il fatto è che non sanno con chi prendersela. La Fiat di Marchionne sta a quella di Agnelli, come Amintore Fanfani a Mario Monti. Due mondi, due culture, due economie abissalmente diverse. La Fiat aveva testa e cuore a Torino, oggi ha la testa negli States.
Quarantuno anni fa, quando fu inaugurato lo stabilimento a Termini Imerese, il Mezzogiorno viveva la luna di miele dell’intervento straordinario. Soldi, pacche sulle spalle, taglio di nastri. Pareva tutto rose e fiori.
Le partecipazioni statali facevano il bello e il cattivo tempo, con i gran commis dello Stato che a Milano e Roma tracciavano la road map degli “aiuti” e degli “aiutini”, secondo i bisogni dei partiti e dei loro capicorrente. Ai boss meridionali toccavano le briciole, apprezzate e sollecitati, perché era già tanto, meglio di niente.
L’Avvocato e la Fiat riuscirono a farsi largo nella “selva” degli incentivi, assieme alla chimica di Rovelli, i Clark Gable dell’industria italiana, approdato in Sardegna. La Sicilia centromeridionale era stata concessa all’Eni di Enrico Mattei e, per la parte orientale, ai privati lombardi. Incentivi a go gò. Coste, boschi, colline devastati. In compenso c’erano le tute blu a passeggio di sera nelle strade del centro a Gela, Priolo, Milazzo. Facce compiaciute: finalmente uno stipendio ed un futuro,
Il salto di qualità avvenne a Termini. La petrolchimica era industria di base, la Fiat significò l’industria manifatturiera, fu come essere promossi sul campo. Agli occhi del mondo, però, perché non stavano così le cose: dalle parti di Gela, e non solo, i salesiani, tanto per fare un esempio, senza fare rumore, formavano fior fiore di tecnici specializzati che da lì a poco avrebbero invaso il mondo con la Saipem, la Snam, l’Agip petroli e l’Agip Mineraria. Gente dura, abituata a sopportare disagi, disposta a lavorare anche in cima di un vulcano, ancora oggi in ogni angolo del pianeta.
Quegli uomini che a testa bassa e con la morte nel cuore a Termini affrontavano l’ultimo turno di lavoro si sono sentiti “umiliati” perché gli è toccato subire una malandrinata del destino. Sconfitti, nonostante abbiano “vinto”. Contro i pregiudizi e la diffidenza.
La Fiat di Marchionne non ha niente a che vedere con la Fiat dell’Avvocato, ma c’è qualcosa che è rimasta la stessa: oggi, come allora sta dietro agli incentivi. Una volta a tirare fuori i soldi era lo Stato e la Regione siciliana, oggi a pagare gli operai polacchi, che s’accontentano di poco. O quelli americani, costretti a ricominciare da capo per evitare di restare senza lavoro. E tutti a incensare polacchi ed americani, quasi che accettare il peggio per evitare il nulla sia una specie di miracolo di san Gennaro.
Quando fu deciso di mandare in pensione il Ministero per gli Interventi straordinari nel Mezzogiorno, dissero che l’Italia era stata dissanguata dai meridionali. Un mare di quattrini regalati a fannulloni e capoccia della politica. La tirarono fuori al Nord questa storia, i leghisti ante-litteram, che da san Donato Milanese o dai salotti buoni dell’industria da un decennio facevano il bello e il cattivo tempo, in piena sintonia con i leader dei partiti romani.
Raccontarono che il Sud aveva fatto il suo danno tutto da solo. E che i soldi erano finiti nelle tasche di infingardi, mafiosi e ladri di passo. Loro se ne sarebbero stati a guardare. Poi si scoprì, con le inchieste giudiziarie, che le grandi holding del nord avevano messo tenda un poco ovunque nel Mezzogiorno e s’erano spartiti la torta, senza guardare per il sottile, tutt’altro.
Il Ministero per gli Interventi straordinari, spremuto come un limone, arrivato il tempo delle vacche magre, fu buttato via perché non serviva più ai padroni del vapore. Le partecipazioni statali, con alcune eccezioni importanti, furono smantellate, dopo essere state al servizio dei partiti e delle lobby industriali che dominavano il Paese.
Ora scoprono che la Finmeccanica, sopravvissuta con l’Eni, ha patteggiato con leader di partito commesse e nomine. Come fosse una novità.
Termini Imerese è nata per volontà di un capitano d’industria bene ammanicato che fiutò l’affare. La Fiat non ha mai dato un futuro alla sua fabbrica siciliana, l’ha tenuta sempre “di rimessa” ed ha bussato a quattrini a lungo. Gli operai siciliani sono diventati bravi quanto i torinesi, perché non hanno niente di meno e da qualche tempo, hanno cominciato ad amare la “loro” fabbrica.
Sono stati traditi sin dal primo giorno. Non solo da Marchionne, che si sente estraneo, sbagliando, ai “favori” ricevuti dallo Stato. La fabbrica è rimasta lontana dai mercati, dai luoghi delle decisioni, dal “triangolo” industriale. Un’oasi nel deserto. Come Gela, Milazzo, Priolo. Il mea culpa lo devono recitare in tanti. Ma non gli operai di Termini. Loro no.
Ora bisogna mettersi tutto dietro le spalle e voltare pagina. Non c’è alternativa.
fonte: SiciliaInformazioni.com
Il fatto è che non sanno con chi prendersela. La Fiat di Marchionne sta a quella di Agnelli, come Amintore Fanfani a Mario Monti. Due mondi, due culture, due economie abissalmente diverse. La Fiat aveva testa e cuore a Torino, oggi ha la testa negli States.
Quarantuno anni fa, quando fu inaugurato lo stabilimento a Termini Imerese, il Mezzogiorno viveva la luna di miele dell’intervento straordinario. Soldi, pacche sulle spalle, taglio di nastri. Pareva tutto rose e fiori.
Le partecipazioni statali facevano il bello e il cattivo tempo, con i gran commis dello Stato che a Milano e Roma tracciavano la road map degli “aiuti” e degli “aiutini”, secondo i bisogni dei partiti e dei loro capicorrente. Ai boss meridionali toccavano le briciole, apprezzate e sollecitati, perché era già tanto, meglio di niente.
L’Avvocato e la Fiat riuscirono a farsi largo nella “selva” degli incentivi, assieme alla chimica di Rovelli, i Clark Gable dell’industria italiana, approdato in Sardegna. La Sicilia centromeridionale era stata concessa all’Eni di Enrico Mattei e, per la parte orientale, ai privati lombardi. Incentivi a go gò. Coste, boschi, colline devastati. In compenso c’erano le tute blu a passeggio di sera nelle strade del centro a Gela, Priolo, Milazzo. Facce compiaciute: finalmente uno stipendio ed un futuro,
Il salto di qualità avvenne a Termini. La petrolchimica era industria di base, la Fiat significò l’industria manifatturiera, fu come essere promossi sul campo. Agli occhi del mondo, però, perché non stavano così le cose: dalle parti di Gela, e non solo, i salesiani, tanto per fare un esempio, senza fare rumore, formavano fior fiore di tecnici specializzati che da lì a poco avrebbero invaso il mondo con la Saipem, la Snam, l’Agip petroli e l’Agip Mineraria. Gente dura, abituata a sopportare disagi, disposta a lavorare anche in cima di un vulcano, ancora oggi in ogni angolo del pianeta.
Quegli uomini che a testa bassa e con la morte nel cuore a Termini affrontavano l’ultimo turno di lavoro si sono sentiti “umiliati” perché gli è toccato subire una malandrinata del destino. Sconfitti, nonostante abbiano “vinto”. Contro i pregiudizi e la diffidenza.
La Fiat di Marchionne non ha niente a che vedere con la Fiat dell’Avvocato, ma c’è qualcosa che è rimasta la stessa: oggi, come allora sta dietro agli incentivi. Una volta a tirare fuori i soldi era lo Stato e la Regione siciliana, oggi a pagare gli operai polacchi, che s’accontentano di poco. O quelli americani, costretti a ricominciare da capo per evitare di restare senza lavoro. E tutti a incensare polacchi ed americani, quasi che accettare il peggio per evitare il nulla sia una specie di miracolo di san Gennaro.
Quando fu deciso di mandare in pensione il Ministero per gli Interventi straordinari nel Mezzogiorno, dissero che l’Italia era stata dissanguata dai meridionali. Un mare di quattrini regalati a fannulloni e capoccia della politica. La tirarono fuori al Nord questa storia, i leghisti ante-litteram, che da san Donato Milanese o dai salotti buoni dell’industria da un decennio facevano il bello e il cattivo tempo, in piena sintonia con i leader dei partiti romani.
Raccontarono che il Sud aveva fatto il suo danno tutto da solo. E che i soldi erano finiti nelle tasche di infingardi, mafiosi e ladri di passo. Loro se ne sarebbero stati a guardare. Poi si scoprì, con le inchieste giudiziarie, che le grandi holding del nord avevano messo tenda un poco ovunque nel Mezzogiorno e s’erano spartiti la torta, senza guardare per il sottile, tutt’altro.
Il Ministero per gli Interventi straordinari, spremuto come un limone, arrivato il tempo delle vacche magre, fu buttato via perché non serviva più ai padroni del vapore. Le partecipazioni statali, con alcune eccezioni importanti, furono smantellate, dopo essere state al servizio dei partiti e delle lobby industriali che dominavano il Paese.
Ora scoprono che la Finmeccanica, sopravvissuta con l’Eni, ha patteggiato con leader di partito commesse e nomine. Come fosse una novità.
Termini Imerese è nata per volontà di un capitano d’industria bene ammanicato che fiutò l’affare. La Fiat non ha mai dato un futuro alla sua fabbrica siciliana, l’ha tenuta sempre “di rimessa” ed ha bussato a quattrini a lungo. Gli operai siciliani sono diventati bravi quanto i torinesi, perché non hanno niente di meno e da qualche tempo, hanno cominciato ad amare la “loro” fabbrica.
Sono stati traditi sin dal primo giorno. Non solo da Marchionne, che si sente estraneo, sbagliando, ai “favori” ricevuti dallo Stato. La fabbrica è rimasta lontana dai mercati, dai luoghi delle decisioni, dal “triangolo” industriale. Un’oasi nel deserto. Come Gela, Milazzo, Priolo. Il mea culpa lo devono recitare in tanti. Ma non gli operai di Termini. Loro no.
Ora bisogna mettersi tutto dietro le spalle e voltare pagina. Non c’è alternativa.
fonte: SiciliaInformazioni.com
martedì 22 novembre 2011
Assolto Bruno Bellomonte. Smontato il teorema !
Dopo ore di camera di consiglio la Corte d'Assise di Roma ha assolto Bruno Bellomonte e altri due imputati dalle accuse di terrorismo. Smontato un teorema accusatorio inconsistente e tutto politico. Applicato comunque nei confronti di 3 imputati condannati...
Commozione ed entusiasmo tra i compagni e gli amici di Bruno Bellomonte.
Dopo alcune ore di Camera di Consiglio i giudici della Corte d’Assise del Tribunale di Roma hanno finalmente assolto il ferroviere arrestato 29 mesi fa e accusato di banda armata a fini terroristici. Cessa quindi lo sciopero della fame di solidarietà di Nicola Giua, portavoce dei Cobas della Sardegna, che lo aveva intrapreso sei giorni fa, al quale si era poi aggiunto il giorno successivo Antonello Tiddia, RSU della Carbosulcis e animatore insieme ad altri esponenti del sindacalismo di classe di un comitato di solidarietà che sabato scorso aveva realizzato un presidio sotto al Palazzo di Giustizia di Cagliari per denunciare la vera e propria persecuzione giudiziaria ai danni del dirigente dell’organizzazione politica sarda ‘A Manca pro s’Indipendentzia’ (A Sinistra per l’Indipendenza).
Chi conosceva Bellomonte aveva fin da subito scommesso sulla sua innocenza denunciando il carattere inconsistente e fantasioso delle accuse nei suoi confronti. «Bruno è stato arrestato 29 mesi fa con l'accusa di preparare qualcosa di grosso per il G8 di La Maddalena - ha spiegato Giua - l'accusa si è basata su una indecifrabile intercettazione fatta in un ristorante romano da cui si è desunta l'intenzione di attaccare il G8 con aeromodelli». Il rappresentante dei Cobas ha ricordato, inoltre, che Bellomonte «è stato licenziato da Trenitalia oltre un anno fa per assenza dal posto di lavoro». “Smontato finalmente un teorema accusatorio inconsistente e tutto politico teso a criminalizzare l’indipendentismo sardo di sinistra in un momento in cui nell’isola si moltiplicano le lotte” commenta al telefono Cristiano Sabino, dirigente di A Manca. "Voglio ringraziare tutti coloro che in questi anni si sono spesi per diffondere la verità su questa vicenda dando voce a Bruno" ha aggiunto.
Il clima in cui i giudici di Roma sono stati chiamati a decidere non era certo dei migliori. Proprio alcuni giorni fa alcuni media sardi e 'Il Fatto Quotidiano' avevano riportato con grande evidenza e, come al solito in maniera acritica, la notizia che la Direzione Distrettuale Antiterrorismo di Cagliari aveva riaperto le indagini sulla cosiddetto 'operazione Arcadia'. Secondo la Direzione cagliaritana i militanti di A Manca si sarebbero responsabili, nella prima metà degli anni 2000, non solo di una generica «propaganda sovversiva», fatta di volantini e proclami, ma «atti di terrorismo - li chiama la magistratura - compiuti da una banda armata organizzata per sovvertire l'ordine costituito». Accuse pesantissime che l'organizzazione politica rigetta in toto rivendicando, come del resto ha sempre fatto anche Bellomonte, la propria militanza politica e sociale comunista e indipendentista svolta alla luce del sole.
Quell'inchiesta, coordinata dal Pm Paolo de Angelis, condusse l'11 luglio del 2006 all'arresto di dieci tra attivisti e attiviste e dirigenti di A Manca. Tra questi c'era anche Bruno Bellomonte, poi scarcerato prima di essere arrestato di nuovo in conseguenza della nuova inchiesta sul 'tentativo di attaccare il G8 della Maddalena attraverso l'uso di un aeroplano telecomandato' (!) in 'combutta con alcuni complici' sparsi in varie città italiane (!!). Tra questi il 59enne romano Luigi Fallico, morto a causa di un infarto all'interno della sua cella nel carcere di Mammagialla, a Viterbo. Una morte che, alla luce dell'assoluzione di oggi di Bellomonte, genera ancora più rabbia e sconcerto.
Così come qualche dubbio, per lo meno, genera la condanna a 7 anni e 6 mesi di Massimo Riccardo Porcile (per lui il Pm aveva sollecitato la condanna a 15 anni), a 8 anni e 6 mesi Gianfranco Zoja (15 anni) e Bernardino Vincenzi a 4 anni e 6 mesi (il Pm aveva chiesto 12 anni e 8 mesi). Tutti - giudicati dalla sentenza responsabili del fallito attentato del 26 settembre 2006 alla caserma Vannucci di Livorno, rivendicato da «Per il comunismo Brigate Rosse» - erano stati arrestati il 10 giugno del 2009. Assolti invece, insieme a Bellomonte, anche Costantino Virgilio e Manolo Pietro Morlacchi (scrittore, figlio di "Pierino" e Heidi Ruth Peusch, una vita tra carcere e conflitto sociale), nei confronti dei quali la corte ha deciso l'immediata scarcerazione. Per Manolo, da subito indicato come assolutamente innocente da tutti, unidici mesi di detenzione solo per il cognome che porta.
fonte: Contropiano.org
Commozione ed entusiasmo tra i compagni e gli amici di Bruno Bellomonte.
Dopo alcune ore di Camera di Consiglio i giudici della Corte d’Assise del Tribunale di Roma hanno finalmente assolto il ferroviere arrestato 29 mesi fa e accusato di banda armata a fini terroristici. Cessa quindi lo sciopero della fame di solidarietà di Nicola Giua, portavoce dei Cobas della Sardegna, che lo aveva intrapreso sei giorni fa, al quale si era poi aggiunto il giorno successivo Antonello Tiddia, RSU della Carbosulcis e animatore insieme ad altri esponenti del sindacalismo di classe di un comitato di solidarietà che sabato scorso aveva realizzato un presidio sotto al Palazzo di Giustizia di Cagliari per denunciare la vera e propria persecuzione giudiziaria ai danni del dirigente dell’organizzazione politica sarda ‘A Manca pro s’Indipendentzia’ (A Sinistra per l’Indipendenza).
Chi conosceva Bellomonte aveva fin da subito scommesso sulla sua innocenza denunciando il carattere inconsistente e fantasioso delle accuse nei suoi confronti. «Bruno è stato arrestato 29 mesi fa con l'accusa di preparare qualcosa di grosso per il G8 di La Maddalena - ha spiegato Giua - l'accusa si è basata su una indecifrabile intercettazione fatta in un ristorante romano da cui si è desunta l'intenzione di attaccare il G8 con aeromodelli». Il rappresentante dei Cobas ha ricordato, inoltre, che Bellomonte «è stato licenziato da Trenitalia oltre un anno fa per assenza dal posto di lavoro». “Smontato finalmente un teorema accusatorio inconsistente e tutto politico teso a criminalizzare l’indipendentismo sardo di sinistra in un momento in cui nell’isola si moltiplicano le lotte” commenta al telefono Cristiano Sabino, dirigente di A Manca. "Voglio ringraziare tutti coloro che in questi anni si sono spesi per diffondere la verità su questa vicenda dando voce a Bruno" ha aggiunto.
Il clima in cui i giudici di Roma sono stati chiamati a decidere non era certo dei migliori. Proprio alcuni giorni fa alcuni media sardi e 'Il Fatto Quotidiano' avevano riportato con grande evidenza e, come al solito in maniera acritica, la notizia che la Direzione Distrettuale Antiterrorismo di Cagliari aveva riaperto le indagini sulla cosiddetto 'operazione Arcadia'. Secondo la Direzione cagliaritana i militanti di A Manca si sarebbero responsabili, nella prima metà degli anni 2000, non solo di una generica «propaganda sovversiva», fatta di volantini e proclami, ma «atti di terrorismo - li chiama la magistratura - compiuti da una banda armata organizzata per sovvertire l'ordine costituito». Accuse pesantissime che l'organizzazione politica rigetta in toto rivendicando, come del resto ha sempre fatto anche Bellomonte, la propria militanza politica e sociale comunista e indipendentista svolta alla luce del sole.
Quell'inchiesta, coordinata dal Pm Paolo de Angelis, condusse l'11 luglio del 2006 all'arresto di dieci tra attivisti e attiviste e dirigenti di A Manca. Tra questi c'era anche Bruno Bellomonte, poi scarcerato prima di essere arrestato di nuovo in conseguenza della nuova inchiesta sul 'tentativo di attaccare il G8 della Maddalena attraverso l'uso di un aeroplano telecomandato' (!) in 'combutta con alcuni complici' sparsi in varie città italiane (!!). Tra questi il 59enne romano Luigi Fallico, morto a causa di un infarto all'interno della sua cella nel carcere di Mammagialla, a Viterbo. Una morte che, alla luce dell'assoluzione di oggi di Bellomonte, genera ancora più rabbia e sconcerto.
Così come qualche dubbio, per lo meno, genera la condanna a 7 anni e 6 mesi di Massimo Riccardo Porcile (per lui il Pm aveva sollecitato la condanna a 15 anni), a 8 anni e 6 mesi Gianfranco Zoja (15 anni) e Bernardino Vincenzi a 4 anni e 6 mesi (il Pm aveva chiesto 12 anni e 8 mesi). Tutti - giudicati dalla sentenza responsabili del fallito attentato del 26 settembre 2006 alla caserma Vannucci di Livorno, rivendicato da «Per il comunismo Brigate Rosse» - erano stati arrestati il 10 giugno del 2009. Assolti invece, insieme a Bellomonte, anche Costantino Virgilio e Manolo Pietro Morlacchi (scrittore, figlio di "Pierino" e Heidi Ruth Peusch, una vita tra carcere e conflitto sociale), nei confronti dei quali la corte ha deciso l'immediata scarcerazione. Per Manolo, da subito indicato come assolutamente innocente da tutti, unidici mesi di detenzione solo per il cognome che porta.
fonte: Contropiano.org
giovedì 17 novembre 2011
AIUTIAMO NOEMI
Cinzia Cusumano inizia la sua battaglia molto tempo fa. A soli 27 anni, suo marito muore per colpa della leucemia. Dodici anni fa, moriva anche suo padre a causa di un tumore. Per la stessa patologia si ammala anche sua mamma. Poi, a maggio del 2009 Noemi, è colpita improvvisamente dalla sclerosi multipla.
In quelle zone, racconta la signora Cusmano, molte persone muoiono a causa di tumori e tanti bambini nascono con malfunzioni. Rovistando tra le agenzie stampa, si apprende che il 17 settembre del 2009 circa 50mila tonnellate di rifiuti di ogni genere, sono stati scoperti, in un terreno agricolo privato, nella periferia est di Ramacca, paese a pochi chilometri da Scordia. Gli scavi, effettuati con delle pale meccaniche, hanno consentito di portare alla luce sostanze inquinanti che molto probabilmente hanno causato gravi danni alle coltivazioni, e di conseguenza ai cittadini del luogo. Semplice coincidenza con le tante morti di tumore in quelle zone?
Senza lavoro, senza futuro
Cinzia, per stare vicino a sua figlia, non riesce più a lavorare. Prima del licenziamento, prestava servizio in un magazzino di arance. “Quattordici ore al giorno. A volte lavoravo anche la domenica. Poi all’improvviso Noemi si è sentita male ed è stata ricoverata in ospedale. Sono stata vicino a lei, sono mancata troppi giorni dal lavoro e alla fine mi hanno licenziata. Sono disoccupata dal gennaio del 2009”. All’inizio, riesce a vivere con i risparmi, poi finiscono e si ritrova a campare di stenti. Ora,“sono 2 anni che cerco lavoro come una matta”.
Si sforza di trovare una spiegazione sul perché riceve continui rifiuti da parte dei datori di lavoro. “La verità – dice sconsolata la mamma di Noemi – è che ho una figlia malata e non mi vogliono. Hanno paura che io mi possa assentare dal lavoro”. Ora, inizia il vero freddo e Noemi “ non può riscaldarsi”, deve andare a scuola e non può comprarsi i libri. “Siamo alla fame e alla disperazione. Il frigo è sempre vuoto. Come faccio ad andare avanti? Mi sento inutile e impotente”. Farmaci a pagamento e biglietti dell’aereo per andare a Milano ogni 3 mesi per le varie visite sono costi enormi. Sulle spalle di Cinzia c’è anche la casa e le bollette da pagare, “devo dire pero che il presidente Lombardo ci ha aiutati… fin quando ha potuto”.
La Cura
Noemi ha iniziato la cura di interferone, un farmaco che abbassa notevolmente le difese immunitarie. Ciò comporta delle reazioni indesiderate. La bambina dopo tante ricadute ha dovuto cambiare farmaco “questo è molto più pesante, l’interferone non fa più effetto su di lei”. Tutti i farmaci per Noemi sono a pagamento “Ho fatto domanda al comune di Scordia per avere un’ assistenza economica di urgenza. Loro, dicono che il comune non ha soldi e non mi possono aiutare”.
Ma Noemi non ha una pensione? “ Percepisce un’indennità di frequenza una volta all’anno. Quando la bambina ha fatto la visita per la pensione è stata vista da una psicologa”. Da lei è stata respinta la domanda per la 104 e l’accompagnamento. “Dove devo sbattere la testa? Cosa devo fare per aiutare la mia Noemi? Perché devo sempre lottare per avere dei diritti che Noemi dovrebbe avere?”. Noemi ha bisogno di visite frequenti, di farmaci e di una stabilità. “Io e mia figlia ci sentiamo sole e abbandonate da tutti”.
Noemi Cusmano ,ha bisogno del nostro aiuto
Noemi Cusmano, è stata abbandonata dalle Istituzioni
Noemi Cusmano ha il diritto di essere aiutata
Ha partecipato a trasmissioni televisive,mai nessuna risposta dalle istituzioni
Solo in Italia succedono queste cose,nel resto d'Europa le istituzioni non avrebbero abbandonato Egiziana Cusmano,questa mamma coraggio!
E allora tocca a noi ,invece di buttare 2€ per votare i nostri "coglioni" preferiti del Grande Fratello,diamo una mano a Noemi ,che è sola, abbandonata dallo stato
La mamma di nNoemi scrive:
- IO HO LOTTATO MOLTO PER AVERE UNA CASA CALDA E ASCUTTA. HO FATTO LO SCIOPERO DELLA FAME DA VANTI AL PRESIDENTE LOMBARDO DELLA SICILIA. E PER UN BREVE PERIODO MIA AIUTATA..NON POSSO AVERE CONTI IN BANCA PERCHE' A CAUSA DELLA MALATTIA DELLA MIA NOEMI MI HANNO PROTESTATA E SONO IN ROVINA TOTALE. L 'UNICA COSA CHE HO E LA MIA POSTAPAY, CHE E QUESTA: CUSMANO EGIZIANA 4023600559090115 IL MIO CODICE FISCALE E: CSMZN74C351R
In quelle zone, racconta la signora Cusmano, molte persone muoiono a causa di tumori e tanti bambini nascono con malfunzioni. Rovistando tra le agenzie stampa, si apprende che il 17 settembre del 2009 circa 50mila tonnellate di rifiuti di ogni genere, sono stati scoperti, in un terreno agricolo privato, nella periferia est di Ramacca, paese a pochi chilometri da Scordia. Gli scavi, effettuati con delle pale meccaniche, hanno consentito di portare alla luce sostanze inquinanti che molto probabilmente hanno causato gravi danni alle coltivazioni, e di conseguenza ai cittadini del luogo. Semplice coincidenza con le tante morti di tumore in quelle zone?
Senza lavoro, senza futuro
Cinzia, per stare vicino a sua figlia, non riesce più a lavorare. Prima del licenziamento, prestava servizio in un magazzino di arance. “Quattordici ore al giorno. A volte lavoravo anche la domenica. Poi all’improvviso Noemi si è sentita male ed è stata ricoverata in ospedale. Sono stata vicino a lei, sono mancata troppi giorni dal lavoro e alla fine mi hanno licenziata. Sono disoccupata dal gennaio del 2009”. All’inizio, riesce a vivere con i risparmi, poi finiscono e si ritrova a campare di stenti. Ora,“sono 2 anni che cerco lavoro come una matta”.
Si sforza di trovare una spiegazione sul perché riceve continui rifiuti da parte dei datori di lavoro. “La verità – dice sconsolata la mamma di Noemi – è che ho una figlia malata e non mi vogliono. Hanno paura che io mi possa assentare dal lavoro”. Ora, inizia il vero freddo e Noemi “ non può riscaldarsi”, deve andare a scuola e non può comprarsi i libri. “Siamo alla fame e alla disperazione. Il frigo è sempre vuoto. Come faccio ad andare avanti? Mi sento inutile e impotente”. Farmaci a pagamento e biglietti dell’aereo per andare a Milano ogni 3 mesi per le varie visite sono costi enormi. Sulle spalle di Cinzia c’è anche la casa e le bollette da pagare, “devo dire pero che il presidente Lombardo ci ha aiutati… fin quando ha potuto”.
La Cura
Noemi ha iniziato la cura di interferone, un farmaco che abbassa notevolmente le difese immunitarie. Ciò comporta delle reazioni indesiderate. La bambina dopo tante ricadute ha dovuto cambiare farmaco “questo è molto più pesante, l’interferone non fa più effetto su di lei”. Tutti i farmaci per Noemi sono a pagamento “Ho fatto domanda al comune di Scordia per avere un’ assistenza economica di urgenza. Loro, dicono che il comune non ha soldi e non mi possono aiutare”.
Ma Noemi non ha una pensione? “ Percepisce un’indennità di frequenza una volta all’anno. Quando la bambina ha fatto la visita per la pensione è stata vista da una psicologa”. Da lei è stata respinta la domanda per la 104 e l’accompagnamento. “Dove devo sbattere la testa? Cosa devo fare per aiutare la mia Noemi? Perché devo sempre lottare per avere dei diritti che Noemi dovrebbe avere?”. Noemi ha bisogno di visite frequenti, di farmaci e di una stabilità. “Io e mia figlia ci sentiamo sole e abbandonate da tutti”.
Noemi Cusmano ,ha bisogno del nostro aiuto
Noemi Cusmano, è stata abbandonata dalle Istituzioni
Noemi Cusmano ha il diritto di essere aiutata
Ha partecipato a trasmissioni televisive,mai nessuna risposta dalle istituzioni
Solo in Italia succedono queste cose,nel resto d'Europa le istituzioni non avrebbero abbandonato Egiziana Cusmano,questa mamma coraggio!
E allora tocca a noi ,invece di buttare 2€ per votare i nostri "coglioni" preferiti del Grande Fratello,diamo una mano a Noemi ,che è sola, abbandonata dallo stato
La mamma di nNoemi scrive:
- IO HO LOTTATO MOLTO PER AVERE UNA CASA CALDA E ASCUTTA. HO FATTO LO SCIOPERO DELLA FAME DA VANTI AL PRESIDENTE LOMBARDO DELLA SICILIA. E PER UN BREVE PERIODO MIA AIUTATA..NON POSSO AVERE CONTI IN BANCA PERCHE' A CAUSA DELLA MALATTIA DELLA MIA NOEMI MI HANNO PROTESTATA E SONO IN ROVINA TOTALE. L 'UNICA COSA CHE HO E LA MIA POSTAPAY, CHE E QUESTA: CUSMANO EGIZIANA 4023600559090115 IL MIO CODICE FISCALE E: CSMZN74C351R
Un pò di necessaria chiarezza sulla storia della moneta
La moneta è stata da sempre denominata, con un termine eccellente, l'intermediaria degli scambi. Ma cos'è effettivamente la moneta e qual'è la sua storia autentica e genuina, distorta poi da sciacalli e imbroglioni, politici e banchieri, ladri e furfanti che, perennemente, popolano le contrade di questo mondo?
Partiamo dall'anno mille circa, soltanto per semplicità di narrazione, seppure si dovrebbe partire dalla monetazione delle Polis, delle città della Magna Grecia e, meglio ancora, dall'Impero Romano.
Alla fine del primo millennio, l'Italia vide il fiorire delle Repubbliche Marinare di Pisa, Amalfi, Venezia e Genova. Partiamo da quest'ultima città, seppure la narrazione degli eventi riguarda anche le altre che ricalcarono l'attività gestita nel periodo ellenico, con i cosiddetti " trapezita " che, nella lingua greca significa ancora oggi Banca.
La Repubblica di Genova commerciava con l'Oriente ed esportava in quelle contrade tantissimi prodotti che produceva, ad esempio cavalli e armi in acciaio.
Quando la nave genovese arrivava nel porto di una città dell'Oriente, scaricava le merci, cavalli ed armi appunto, e ripartiva imbarcando altri merci, ad esempio seta, che barattava con le armi o i cavalli. Ma se non aveva bisogno di seta, e non c'era altra merce richiesta dal mercato ligure, italiano o europeo, la nave ripartiva con un cofanetto di monete d'oro o d'argento ricevuto per i cavalli e le armi vendute. E l'oro, assieme all'argento, sono stati sempre metalli ritenuti preziosi, accettati da tutti gli Stati, in tutte le epoche, per le caratteristiche proprie che non hanno altri metalli, nè altre merci, come ad esempio la rarità, l'incorruttibilità del materiale se viene messo in acqua, la sua non corrosione all'aria, la sua bellezza, la malleabilità, la sua inscindibilità anche se sottoposta all'azione di potenti acidi, eccezione fatta per l'acido cianidrico, un composto di acido solforico e acido nitrico in determinate percentuali di composizione.
Ebbene, per come si è detto, la nave , nel viaggio di ritorno, poteva portare un cofanetto d'oro che era, tuttavia, preda ambita di feroci predoni e corsari che infestavano i mari e aspettavano il passaggio della nave per assalirla e impadronirsi dell'oro.
Per evitare di essere depredati e assaliti, i mercanti genovesi si facevano rilasciare una semplice ricevuta da una banca dell'oriente, che aveva la corrispondente banca a Genova, o in Italia, o in Europa. Quella ricevuta, presentata alla banca in quella città italiana, diventava moneta aurea, che veniva pagata immediatamente dalla Banca.
Quindi, il bene prezioso è l'oro che veniva pagato a presentazione delle ricevuta, e non certo la ricevuta, che rimaneva pur sempre carta straccia.
Da tale traguardo, il salto alla coniazione ed emissione della moneta è brevissimo : Ad un grammo d'oro presente in una moneta, corrispondeva una moneta cartacea emessa dallo Stato che garantiva la pronta convertibilità di quella banconota nella quantità di oro prestabilita. Le Banche, quindi, erano Enti che provvedevano a cambiare la carta moneta nelle corrispondenti quantità di oro, a semplice richiesta dei portatori di quel biglietto.
Quindi possiamo affermare che tutti i biglietti di carta moneta che circolavano in quello stato avevano la pronta convertibilità in oro, senza che una banca potesse rifiutare di cambiare una banconota nella corrispondente quantità di oro. Ma siccome la minchioneria della gente è senza limite, ogni detentore di una pur singola banconota convertibile, ritenne che non valeva la pena recarsi in banca per cambiare carta con oro, o almeno, non c'era necessità alcuna di mettere in pratica tale operazione di cambio ad ogni momento, perchè ci si sarebbe potuto andare magari fra alcuni giorni, oppure, non avendone bisogno, si poteva lasciare l'oro in banca che era comunque custodito nella cassaforte blindata, oppure era poco pratico portare nelle tasche l'oro ricevuto dalla banca perchè pesava un poco, oppure perchè riposto dentro, a casa, poteva essere rubato dai ladri, etc. La gente detentrice di carta moneta, quindi, non si recava in banca o, almeno, tutta la cartamoneta non veniva presentata per essere convertita in oro. Si comprese, allora, che con una minore quantità di oro, si poteva far fronte ad una maggiore quantità di carta moneta perchè non tutti i possessori di carta moneta richiedevano la pronta convertibilità in oro : Tale meccanismo fu l'origine dei tantissimi imbrogli che i banchieri e gli speculatori, d'accordo con i politici, cominciarono a fare sulla pelle dei poveri cittadini, perchè alla quantità di monete di carta circolante non corrispondeva più quella quantità di oro che la carta moneta rappresentava. Tutto ciò significa, in termini semplicissimi, inflazione, cioè perdita del potere d'acquisto della moneta, aumento dei prezzi di tutte le merci, maggiore moneta cartacea per acquistare lo stesso bene.
Fino a quando ci furono comunque dei politici degni di questo nome, fu stabilito che lo Stato avesse potuto emettere carta moneta in una quantità contenuta entro un determinato rapporto con l'oro giacente nelle banche o nella banca d'italia o d'emissione, lasciando comunque valida la possibilità di conversione della carta moneta con l'oro in giacenza. Ma poi, nel novecento, arrivarono gli affamatori del popolo, e con una legge fatta da quattro ladroni, si stabilì la non convertibilità della carta moneta con l'oro, operazione che sta alla base di tutti gli imbrogli finanziari. Dalla riserva frazionata ( rapporto oro/emissione carta moneta ) si passò a nuovi e fasulli parametri di emissione di carta moneta, come prodotto interno lordo ( totale dei BENI E DEI SERVIzi PRODOTTI IN UNA NAZIONE, IN UN TEMPO STABILITO ) ed altre sozzure simili. La carta moneta è e resta null'altro che carta straccia, origine di tutti i mali e di tutte le speculazioni dei nostri tempi.
Al di là delle storielle inventate sull'aggressione della Francia e compagni alla Libia, non c'è stata la menzogna spudorata di portare la democrazia in quella terra, quanto la rapina perpetrata da Francia e compagni, per il petrolio, anzi c'è qualcosa di più diabolico, come il fatto di impedire a quella nazione africana l'emissione del dinaro d'oro nell'economia del mondo; ciò avrebbe comportato la distruzione di tantissime nazioni europee, Usa compresi, che hanno speculato sulla fame dei popoli del mondo: Il dinaro d'oro in circolazione avrebbe comportato l'inutilità dell'euro e del dollaro che sarebbero stati considerati per l'effettivo valore che hanno: null'altro che carta straccia, per pulire le scarpe dalla polvere o per recarsi nel water. E il dinaro d'oro, giusto o sbagliato che fosse per i popoli di questa miserabile europa e degli Usa, avrebbe consentito un'economia sana per tutte le nazioni del mondo, distruggendo un'economia virtuale che sta a fondamento della fame del pianeta e della speculazione mondiale che attanaglia i poveri del mondo, a beneficio di un'accozzaglia di ladroni.
di: Lucio Paladino
..
.
Partiamo dall'anno mille circa, soltanto per semplicità di narrazione, seppure si dovrebbe partire dalla monetazione delle Polis, delle città della Magna Grecia e, meglio ancora, dall'Impero Romano.
Alla fine del primo millennio, l'Italia vide il fiorire delle Repubbliche Marinare di Pisa, Amalfi, Venezia e Genova. Partiamo da quest'ultima città, seppure la narrazione degli eventi riguarda anche le altre che ricalcarono l'attività gestita nel periodo ellenico, con i cosiddetti " trapezita " che, nella lingua greca significa ancora oggi Banca.
La Repubblica di Genova commerciava con l'Oriente ed esportava in quelle contrade tantissimi prodotti che produceva, ad esempio cavalli e armi in acciaio.
Quando la nave genovese arrivava nel porto di una città dell'Oriente, scaricava le merci, cavalli ed armi appunto, e ripartiva imbarcando altri merci, ad esempio seta, che barattava con le armi o i cavalli. Ma se non aveva bisogno di seta, e non c'era altra merce richiesta dal mercato ligure, italiano o europeo, la nave ripartiva con un cofanetto di monete d'oro o d'argento ricevuto per i cavalli e le armi vendute. E l'oro, assieme all'argento, sono stati sempre metalli ritenuti preziosi, accettati da tutti gli Stati, in tutte le epoche, per le caratteristiche proprie che non hanno altri metalli, nè altre merci, come ad esempio la rarità, l'incorruttibilità del materiale se viene messo in acqua, la sua non corrosione all'aria, la sua bellezza, la malleabilità, la sua inscindibilità anche se sottoposta all'azione di potenti acidi, eccezione fatta per l'acido cianidrico, un composto di acido solforico e acido nitrico in determinate percentuali di composizione.
Ebbene, per come si è detto, la nave , nel viaggio di ritorno, poteva portare un cofanetto d'oro che era, tuttavia, preda ambita di feroci predoni e corsari che infestavano i mari e aspettavano il passaggio della nave per assalirla e impadronirsi dell'oro.
Per evitare di essere depredati e assaliti, i mercanti genovesi si facevano rilasciare una semplice ricevuta da una banca dell'oriente, che aveva la corrispondente banca a Genova, o in Italia, o in Europa. Quella ricevuta, presentata alla banca in quella città italiana, diventava moneta aurea, che veniva pagata immediatamente dalla Banca.
Quindi, il bene prezioso è l'oro che veniva pagato a presentazione delle ricevuta, e non certo la ricevuta, che rimaneva pur sempre carta straccia.
Da tale traguardo, il salto alla coniazione ed emissione della moneta è brevissimo : Ad un grammo d'oro presente in una moneta, corrispondeva una moneta cartacea emessa dallo Stato che garantiva la pronta convertibilità di quella banconota nella quantità di oro prestabilita. Le Banche, quindi, erano Enti che provvedevano a cambiare la carta moneta nelle corrispondenti quantità di oro, a semplice richiesta dei portatori di quel biglietto.
Quindi possiamo affermare che tutti i biglietti di carta moneta che circolavano in quello stato avevano la pronta convertibilità in oro, senza che una banca potesse rifiutare di cambiare una banconota nella corrispondente quantità di oro. Ma siccome la minchioneria della gente è senza limite, ogni detentore di una pur singola banconota convertibile, ritenne che non valeva la pena recarsi in banca per cambiare carta con oro, o almeno, non c'era necessità alcuna di mettere in pratica tale operazione di cambio ad ogni momento, perchè ci si sarebbe potuto andare magari fra alcuni giorni, oppure, non avendone bisogno, si poteva lasciare l'oro in banca che era comunque custodito nella cassaforte blindata, oppure era poco pratico portare nelle tasche l'oro ricevuto dalla banca perchè pesava un poco, oppure perchè riposto dentro, a casa, poteva essere rubato dai ladri, etc. La gente detentrice di carta moneta, quindi, non si recava in banca o, almeno, tutta la cartamoneta non veniva presentata per essere convertita in oro. Si comprese, allora, che con una minore quantità di oro, si poteva far fronte ad una maggiore quantità di carta moneta perchè non tutti i possessori di carta moneta richiedevano la pronta convertibilità in oro : Tale meccanismo fu l'origine dei tantissimi imbrogli che i banchieri e gli speculatori, d'accordo con i politici, cominciarono a fare sulla pelle dei poveri cittadini, perchè alla quantità di monete di carta circolante non corrispondeva più quella quantità di oro che la carta moneta rappresentava. Tutto ciò significa, in termini semplicissimi, inflazione, cioè perdita del potere d'acquisto della moneta, aumento dei prezzi di tutte le merci, maggiore moneta cartacea per acquistare lo stesso bene.
Fino a quando ci furono comunque dei politici degni di questo nome, fu stabilito che lo Stato avesse potuto emettere carta moneta in una quantità contenuta entro un determinato rapporto con l'oro giacente nelle banche o nella banca d'italia o d'emissione, lasciando comunque valida la possibilità di conversione della carta moneta con l'oro in giacenza. Ma poi, nel novecento, arrivarono gli affamatori del popolo, e con una legge fatta da quattro ladroni, si stabilì la non convertibilità della carta moneta con l'oro, operazione che sta alla base di tutti gli imbrogli finanziari. Dalla riserva frazionata ( rapporto oro/emissione carta moneta ) si passò a nuovi e fasulli parametri di emissione di carta moneta, come prodotto interno lordo ( totale dei BENI E DEI SERVIzi PRODOTTI IN UNA NAZIONE, IN UN TEMPO STABILITO ) ed altre sozzure simili. La carta moneta è e resta null'altro che carta straccia, origine di tutti i mali e di tutte le speculazioni dei nostri tempi.
Al di là delle storielle inventate sull'aggressione della Francia e compagni alla Libia, non c'è stata la menzogna spudorata di portare la democrazia in quella terra, quanto la rapina perpetrata da Francia e compagni, per il petrolio, anzi c'è qualcosa di più diabolico, come il fatto di impedire a quella nazione africana l'emissione del dinaro d'oro nell'economia del mondo; ciò avrebbe comportato la distruzione di tantissime nazioni europee, Usa compresi, che hanno speculato sulla fame dei popoli del mondo: Il dinaro d'oro in circolazione avrebbe comportato l'inutilità dell'euro e del dollaro che sarebbero stati considerati per l'effettivo valore che hanno: null'altro che carta straccia, per pulire le scarpe dalla polvere o per recarsi nel water. E il dinaro d'oro, giusto o sbagliato che fosse per i popoli di questa miserabile europa e degli Usa, avrebbe consentito un'economia sana per tutte le nazioni del mondo, distruggendo un'economia virtuale che sta a fondamento della fame del pianeta e della speculazione mondiale che attanaglia i poveri del mondo, a beneficio di un'accozzaglia di ladroni.
di: Lucio Paladino
..
.
lunedì 14 novembre 2011
"Niente certezze sul futuro di Termini"
PALERMO - Stop alla produzione delle auto a Termini Imerese con un mese di anticipo. La decisione della Fiat comunicata oggi ai sindacati gela i rappresentanti dei lavoratori che della vertenza Termini hanno fatto un simbolo. "Non fa tanto scalpore la data ufficializzata dalla Fiat per la fine della produzione, quanto il fatto che c'è ancora incertezza sulle soluzioni per lo stabilimento e i lavoratori - dice Susanna Camusso, segretario generale della Cgil, a Palermo per una manifestazione su lavoro e giovani. "Non c'è dubbio - aggiunge - che la chiusura della Fiat è una di quelle scelte che hanno ripercussioni sull'economia della Sicilia, il territorio di Termini Imerese subirà certamente dei danni". "Questa decisione è un segnale inquietante - dice Giovanna Marano, segretario regionale della Fiom - soprattutto in un momento in cui le trattative sono ancora aperta e non ci sono certezze su quello che sarà il futuro dello stabilimento e dell'intero comprensorio comprensorio". Duro il commento di Roberto Mastrosimone, segretario provinciale della Fiom che accusa il Lingotto di non preoccuparsi del destino delle tute blu siciliane: "Ancora una volta Fiat ha dimostrato di infischiarsene dei 2200 lavoratori e che andrà via a prescindere da quello che saranno gli esiti delle trattative per il passaggio di consegne". Da Mastrosimone anche un attacco alla politica, colpevole a suo dire di essere stata troppo morbida nei confronti del colosso automobilistico torinese:
"La responsabilità dei Governi nei confronti degli operai dello stabilimento è notevole: non è possibile permettere ad un'azienda che ha ricevuto così tanto di mettere in atto certi comportamenti senza preoccuparsi delle conseguenze".
Non si stupisce invece Vincenzo Comella, segretario provinciale della Uilm: "La comunicazione di cessazione attività non mi sorprende - spiega - Adesso Fiat faccia la sua parte per poter continuare e definire la trattativa con la Dr motors e il Ministero. Mi aspetto risvolti importanti già nel vertice di mercoledì prossimo ma tutto dipenderà dalla posizione che intendono assumere i dirigenti del Lingotto". Sulla stesso piano anche Giovanni Scavuzzo della Fiom: "Era solo una questione di tempo - dice - ma prima o poi avrebbero dato l'annuncio ufficiale". Intanto per i lavoratori si prospetta un'ulteriore aumento delle ore di cassa integrazione: "Nell'ultimo anno abbiamo lavorato pochissimo e un altro mese di cig, soprattutto a dicembre sarà un vero e proprio salasso per gli operai e le loro famiglie. Non ci resta che sperare che il vertice di mercoledì dia una svolta decisiva al futuro della vicenda". Preoccupazioni giungono anche dalla politica. "Seppur annunciata da tempo è certo una notizia drammatica, tanto più perché arriva quando ancora non è stata chiusa la trattativa avviata con Dr Motors per il subentro nello stabilimento siciliano - commenta il sindaco di Termini Imerese Salvatore Burrafato - Di fatto questo annuncio conferma, accrescendo il rammarico, che lo stabilimento di Termini Imerese è l'unico a chiudere in Europa. Resta grande amarezza perché, forse, si poteva fare di più per scongiurare la cessazione dell'attività. Adesso le nostre speranze sono riposte nel progetto Dr Motors. Un progetto ambizioso che comunque non è in grado di garantire il reimpiego dei 2.200 addetti di Fiat e indotto".
(14 novembre 2011)
fonte:la Repubblica
"La responsabilità dei Governi nei confronti degli operai dello stabilimento è notevole: non è possibile permettere ad un'azienda che ha ricevuto così tanto di mettere in atto certi comportamenti senza preoccuparsi delle conseguenze".
Non si stupisce invece Vincenzo Comella, segretario provinciale della Uilm: "La comunicazione di cessazione attività non mi sorprende - spiega - Adesso Fiat faccia la sua parte per poter continuare e definire la trattativa con la Dr motors e il Ministero. Mi aspetto risvolti importanti già nel vertice di mercoledì prossimo ma tutto dipenderà dalla posizione che intendono assumere i dirigenti del Lingotto". Sulla stesso piano anche Giovanni Scavuzzo della Fiom: "Era solo una questione di tempo - dice - ma prima o poi avrebbero dato l'annuncio ufficiale". Intanto per i lavoratori si prospetta un'ulteriore aumento delle ore di cassa integrazione: "Nell'ultimo anno abbiamo lavorato pochissimo e un altro mese di cig, soprattutto a dicembre sarà un vero e proprio salasso per gli operai e le loro famiglie. Non ci resta che sperare che il vertice di mercoledì dia una svolta decisiva al futuro della vicenda". Preoccupazioni giungono anche dalla politica. "Seppur annunciata da tempo è certo una notizia drammatica, tanto più perché arriva quando ancora non è stata chiusa la trattativa avviata con Dr Motors per il subentro nello stabilimento siciliano - commenta il sindaco di Termini Imerese Salvatore Burrafato - Di fatto questo annuncio conferma, accrescendo il rammarico, che lo stabilimento di Termini Imerese è l'unico a chiudere in Europa. Resta grande amarezza perché, forse, si poteva fare di più per scongiurare la cessazione dell'attività. Adesso le nostre speranze sono riposte nel progetto Dr Motors. Un progetto ambizioso che comunque non è in grado di garantire il reimpiego dei 2.200 addetti di Fiat e indotto".
(14 novembre 2011)
fonte:la Repubblica
sabato 5 novembre 2011
Catania, per le elezioni del 2005 Scapagnini condannato a 30 mesi
CATANIA - La Corte d'appello di Catania ha confermato la condanna a due anni e sei mesi di reclusione dell'ex sindaco e attuale deputato nazionale del Pdl Umberto Scapagnini per abuso d'ufficio e violazione della legge elettorale, nel processo sui rimborsi Inpdap ai dipendenti del Comune per i fenomeni eruttivi e sismici dell'Etna del 2001 e 2002 prima delle consultazioni amministrative. I giudici hanno confermato Scapagnini a risarcire con 50 mila euro il senatore del Pd e allora candidato a sindaco (non eletto), Enzo Bianco, che si era costituito parte civile.
Tre giorni prima delle elezioni per il nuovo sindaco, la giunta Scapagnini deliberò di destinare dei fondi a 5000 dipendenti comunali che avevano dovuto affrontare i disagi causati dalla cenere lavica. Secondo i giudici, con questa decisione il sindaco e la sua giunta abusarono del loro potere e violarono le regole della campagna elettorale per influenzare il voto dei dipendenti.
Insieme a Scapagnini sono stati condannati (sempre a due anni e sei mesi) anche gli assessori di allora, tra i quali il neo senatore di Fli Nino Strano, subentrato al dimissionario Raffaele Stancanelli. Gli altri ex assessori sono Filippo Grasso, Antonino Nicotra, Ignazio De Mauro, Orazio D'Antoni e Fabio Fatuzzo.
"La sentenza d'appello ha detto chiaramente come le elezioni del 2005 siano state viziate" commenta Enzo Bianco. "Adesso tutti abbiamo piena cognizione dei comportamenti che la magistratura ha ritenuto illeciti e che hanno pesantemente influito sul voto".
(04 novembre 2011)
fonte: la Repubblica
Tre giorni prima delle elezioni per il nuovo sindaco, la giunta Scapagnini deliberò di destinare dei fondi a 5000 dipendenti comunali che avevano dovuto affrontare i disagi causati dalla cenere lavica. Secondo i giudici, con questa decisione il sindaco e la sua giunta abusarono del loro potere e violarono le regole della campagna elettorale per influenzare il voto dei dipendenti.
Insieme a Scapagnini sono stati condannati (sempre a due anni e sei mesi) anche gli assessori di allora, tra i quali il neo senatore di Fli Nino Strano, subentrato al dimissionario Raffaele Stancanelli. Gli altri ex assessori sono Filippo Grasso, Antonino Nicotra, Ignazio De Mauro, Orazio D'Antoni e Fabio Fatuzzo.
"La sentenza d'appello ha detto chiaramente come le elezioni del 2005 siano state viziate" commenta Enzo Bianco. "Adesso tutti abbiamo piena cognizione dei comportamenti che la magistratura ha ritenuto illeciti e che hanno pesantemente influito sul voto".
(04 novembre 2011)
fonte: la Repubblica
martedì 1 novembre 2011
Lucio Paladino - La Buffonata Del Debito Pubblico : Perchè non va pagato !
Quando gli Stati hanno necessità di moneta, le menti perverse dei nostri politici, la richiedono alla Banca Centrale o di emissione.
La Banca stampa le banconote o concede credito virtuale, facendosi consegnare dallo Stato la garanzia reale in titoli di credito , ( B.O.T., C.C.T., etc ). La garanzia è pari al valore nominale del debito concesso, più l' interesse ( peraltro stabilito dale stesse Banche, senza alcuna contrattazione di sorta).
Lo Stato, ricevute le banconote o il credito, le mette in circolazione, distribuendolo al popolo o a una parte di esso, per vattività varie, servizi resi, compresi i pagamenti mensili ai nostri cari politici e parlamentari, per il loro fecondo lavoro.
Al termine di queste operazioni, abbiamo un popolo, sempre lui, che dispone della moneta, la Banca di emissione che detiene i titoli di credito dello Stato, e l'eterno minchione che è lo Stato, il quale ha sottoscritto il debito: Lo Stato Ha Quindi Un Debito!
Se la Banca Centrale vende i titoli che detiene in garanzia al popolo, succede che la Banca Centrale medesima ha la disponibilità della moneta, ma questa volta si tratta di una moneta reale perchè garantita da quell'eterno coglione che è lo Stato.
RICAPITOLANDO : Il Popolo ha il credito e lo Stato continua ad avere il debito. Ma lo Stato ed il Popolo sono le due tasche di uno stesso pantalone, per cui lo Stato, per pagare alla scadenza i titoli del Debito Pubblico, deve tassare i cittadini stessi.
Succede, allora, che quanto incassato dalla Banca Centrale resta nella totale disponibilità della Banca stessa e delle Organizzazioni che essa rappresenta e che ci gozzovigliano a merenda, essendo la Banca Centrale una Società di diritto privato, che nulla ha a che vedere con forme statutarie e con Enti Pubblici. Naturalmente, ai cittadini, ultimi coglioni della catena, è rimasto il debito attraverso lo Stato.
Va da sè che ogni Governo passa, ma resta sempre quel coglione che si chiama POPOLO.
E' insomma il gioco delle tre carte riveduto e corretto, dove una carta su tre vince, le altre due perdono, ma chi punta sulla carta che ritiene vincente, non vince mai, perchè vince sempre il banco o il compare di chi tiene il banco. Un gioco molto bello, se si ha la possibilità di vederlo praticamente nella fiera del lunedì a Catania, fatto da gente di mano assai svelta che reputo autentici artisti.
E per non avere allora il debito pubblico ? : Semplicissimo ! Sarebbe sufficiente per lo Stato, anzichè stampare ed emettere titoli di debito a favore delle Banche, si stampasse da sè le monete occorrenti, comunque entro limiti di moderata oculatezza per non svalutare la propria moneta in circolazione.
Niente finanziamenti dalla Banca Centrale, niente Debito Pubblico, con il potere-dovere dello Stato di rivendicare la sovranità nazionale e popolare sulla moneta.
E dinanzi a tanto schifo possiamo però consolarci perchè abbiamo un ministro come Tremonti, un vero genio nell'Economia, oltre all' altro genio come Ciampi : E non ci basta ? Che ingrati che siamo noi Italiani !
Lucio Paladino, Vice Segretario Nazionale Dell' EVIS
.
La Banca stampa le banconote o concede credito virtuale, facendosi consegnare dallo Stato la garanzia reale in titoli di credito , ( B.O.T., C.C.T., etc ). La garanzia è pari al valore nominale del debito concesso, più l' interesse ( peraltro stabilito dale stesse Banche, senza alcuna contrattazione di sorta).
Lo Stato, ricevute le banconote o il credito, le mette in circolazione, distribuendolo al popolo o a una parte di esso, per vattività varie, servizi resi, compresi i pagamenti mensili ai nostri cari politici e parlamentari, per il loro fecondo lavoro.
Al termine di queste operazioni, abbiamo un popolo, sempre lui, che dispone della moneta, la Banca di emissione che detiene i titoli di credito dello Stato, e l'eterno minchione che è lo Stato, il quale ha sottoscritto il debito: Lo Stato Ha Quindi Un Debito!
Se la Banca Centrale vende i titoli che detiene in garanzia al popolo, succede che la Banca Centrale medesima ha la disponibilità della moneta, ma questa volta si tratta di una moneta reale perchè garantita da quell'eterno coglione che è lo Stato.
RICAPITOLANDO : Il Popolo ha il credito e lo Stato continua ad avere il debito. Ma lo Stato ed il Popolo sono le due tasche di uno stesso pantalone, per cui lo Stato, per pagare alla scadenza i titoli del Debito Pubblico, deve tassare i cittadini stessi.
Succede, allora, che quanto incassato dalla Banca Centrale resta nella totale disponibilità della Banca stessa e delle Organizzazioni che essa rappresenta e che ci gozzovigliano a merenda, essendo la Banca Centrale una Società di diritto privato, che nulla ha a che vedere con forme statutarie e con Enti Pubblici. Naturalmente, ai cittadini, ultimi coglioni della catena, è rimasto il debito attraverso lo Stato.
Va da sè che ogni Governo passa, ma resta sempre quel coglione che si chiama POPOLO.
E' insomma il gioco delle tre carte riveduto e corretto, dove una carta su tre vince, le altre due perdono, ma chi punta sulla carta che ritiene vincente, non vince mai, perchè vince sempre il banco o il compare di chi tiene il banco. Un gioco molto bello, se si ha la possibilità di vederlo praticamente nella fiera del lunedì a Catania, fatto da gente di mano assai svelta che reputo autentici artisti.
E per non avere allora il debito pubblico ? : Semplicissimo ! Sarebbe sufficiente per lo Stato, anzichè stampare ed emettere titoli di debito a favore delle Banche, si stampasse da sè le monete occorrenti, comunque entro limiti di moderata oculatezza per non svalutare la propria moneta in circolazione.
Niente finanziamenti dalla Banca Centrale, niente Debito Pubblico, con il potere-dovere dello Stato di rivendicare la sovranità nazionale e popolare sulla moneta.
E dinanzi a tanto schifo possiamo però consolarci perchè abbiamo un ministro come Tremonti, un vero genio nell'Economia, oltre all' altro genio come Ciampi : E non ci basta ? Che ingrati che siamo noi Italiani !
Lucio Paladino, Vice Segretario Nazionale Dell' EVIS
.
Iscriviti a:
Post (Atom)