Perché Ustica non ha mai conosciuto la chiarezza di una spiegazione definitiva? Perché accade lo stesso per Capaci, per via D'Amelio, per quelli che sono passati alla storia come i grandi enigmi del Paese, con una vocazione letteraria ed esistenziale alla soluzione mancata? Ci sono le azioni efficaci di gruppi che nascondono il sole con le nuvole, per calcolo e interesse. Talmente pervasivi da non essere più distinguibili in proprio: somigliano alla faccia cruda dello Stato, nei suoi giochi sporchi. Le forze che mettono in campo sono evidentemente più pesanti dello sdegno, nella bilancia di pesi e contrappesi. Poi ci siamo noi, cittadini omertosi e silenziosi. Noi, lo scandalo.
Rispetto al patrimonio colossale e pubblico di giustizia negata, ci comportiamo da sentimentali. Versiamo preghiere e lacrime negli anniversari, ci travestiamo da coccodrilli nel resto del tempo. Quando si spegne la fiammella temporizzata dell'indignazione, semplicemente dimentichiamo. Ci manca la coscienza civica necessaria per una richiesta permanente di verità. Ecco perché l'oscurità regna sovrana, per i nostri peccati di omissione. Ustica, come tutto, vive nella retorica di troppi e nel cuore spezzato di pochi.
da: LIVESICILIA
mercoledì 27 giugno 2012
venerdì 22 giugno 2012
LOMBARDO, SPUNTA L 'AGGRAVANTE MAFIOSA
CATANIA - "Ho il dovere, come rappresentante dell'ufficio di Procura, alla luce delle dichiarazioni dei pentiti, di contestare l'aggravante di aver favorito la mafia". Colpo di scena al processo per voto di scambio semplice che vede imputato davanti al giudice monocratico il presidente della Regione Sicilia Raffaele Lombardo e suo fratello Angelo. Con queste parole il procuratore aggiunto Carmelo Zuccaro ha annunciato la decisione del suo ufficio di contestare ai fratelli Lombardo l'aggravante dell'articolo 7, cioè quella di aver favorito Cosa nostra.
Un'indicazione già data più di un mese fa dal gip Luigi Barone che aveva rigettato l'archiviazione per il reato di concorso estermo in associazione mafiosa proposta dalla Procura per Lombardo disponendo l'imputazione coatta per questo reato e l'aggravante mafiosa per il voto di scambio semplice. Ora, il procedimento in corso rischia di dover ricominciare daccapo o, in caso di rinvio a giudizio per concorso esterno nel procedimento parallelo, di essere unificato in un unico processo.
Per spiegare la nuova contestazione in udienza, i pm hanno fatto riferimento alle dichiarazioni dei pentiti D'Aquino e Di Gati sulle modalità di richiesta dei voti, non selettiva, "ad personam", ma conosciuta in tutto il rione. Da qui, secondo i pm, discende l'applicabilità dell'aggravante. "Le condizioni di omertà in cui vivevano le persone del quartiere - ha argomentato il pm Zuccaro - erano tali che nessun rivale politico avrebbe denunciato che un altro candidato
aveva l'appoggio dell'associazione mafiosa, facendo emergere una sorta di paura estesa che si collega alla forza di intimidazione di Cosa nostra".
Il presidente della Regione, presente in aula, ha confermato la sua intenzione di rassegnare le dimissioni il prossimo 28 luglio, come già annunciato, e ha aggiunto: " Il grande rammarico è che io non ho ancora un processo nè un rinvio a giudizio, e che bisogna ricominciare daccapo. La Procura di Catania è composta da persone di straordinario valore, qualità e competenza ma le accuse dei pentiti sono sotto gli occhi di tutti, sono ridicole".
Il giudice monocratico ha sospeso l'udienza e rinviato al 19 luglio per pronunciarsi sulla decisione, ma con tutta probabilità con l'aggravante mafiosa il processo dovrebbe ricominciare davanti ad un tribunale. Per il 28 giugno è invece in programma l'udienza preliminare per l'altro reato, quello di concorso esterno in associazione mafiosa.
(22 giugno 2012)
fonte : la Repubblica
giovedì 21 giugno 2012
"Vorremmo sapere se il presidente Napolitano andrà a Palermo il 19 luglio”.
Vorremmo sapere se il presidente Napolitano andrà a Palermo il 19 luglio”. Risposta del portavoce del presidente Pasquale Cascella: “Perché cosa c’è il 19 luglio?”. Con tono stupito spieghiamo: la commemorazione della strage di via D’Amelio. “Non lo so. Consulti l’agenda del presidente sul sito del Quirinale.” Pausa. “Comunque no, il presidente ha già commemorato Borsellino il 23 maggio quando è andato per la strage di Capaci, poi con voi del Fatto, visto l’utilizzo che fate delle telefonate non parlo”. E la voce scompare dietro a un clic.
È vero, il 23 maggio scorso Napolitano ha ricordato anche il giudice Borsellino. Si è recato in via D’Amelio e alla presenza del figlio Manfredi, commissario di polizia a Cefalù, contattato dal questore, sotto una pioggia battente, ha deposto una corona di fiori. Non c’erano cittadini, né Rita, sorella del giudice, né il fratello Salvatore: nessuno sapeva nulla. Un omaggio che, se non fosse per l’ufficialità e la rilevanza istituzionale conferita dalla presenza del Capo dello Stato si sarebbe potuto definire furtivo. Come se ci fossero stragi da ricordare nella solennità e stragi da onorare tra pochi intimi perché generano disagio e fibrillazione per le ragioni che nascondono. UNA VERITÀ che il popolo delle Agende Rosse, migliaia di giovani di ogni parte d’Italia, uniti nel simbolo di quel diario a cui Borsellino affidava riflessioni sulle proprie indagini, anche su quelle che stava conducendo per scoprire chi aveva ammazzato il suo amico-collega Giovanni Falcone, pretende. Quell’agenda scomparve dalla borsa ritrovata nell’auto di Borsellino e riconsegnata alla famiglia dall’allora capo della Squadra Mobile di Palermo, Arnaldo La Barbera, oggi defunto. Il capo della Mobile, quando i figli, dopo aver estratto il costume ancora umido, un mazzo di chiavi, un pacchetto di sigarette aperto e uno intatto, chiesero dove fosse l’agenda rossa del padre, con la sua voce rauca esclamò: “E da dove la fate spuntare fuori questa agenda rossa! Smettetela non c’era nessuna agenda”. Era la prima volta che varcava la soglia di casa del giudice, con cui non aveva mai intrattenuto rapporti tant’è che per i figli era un estraneo arrivato a restituire gli effetti personali del padre. Eppure, di fronte ad una domanda legittima dal momento che la domenica, lo avevano visto riporre l’agenda rossa nella borsa prima di uscire e salire in auto per dirigersi dalla madre in via D’Amelio, si permetteva di mettere in dubbio la loro parola. Chi ha preso l’agenda, perché? In quali mani è finita? Queste le domande che Salvatore Borsellino in questi anni non ha mai smesso di rivolgere pubblicamente. “Nel luglio 2009, nei giorni precedenti al 19” racconta Salvatore “alla polizia dell’aeroporto Falcone-Borsellino è stata ordinata dal Quirinale una ricerca per sapere se fosse stato emesso a mio nome un biglietto destinazione Palermo.
Me lo ha rivelato un poliziotto che, guarda caso, dopo che ho raccontato il fatto in un incontro pubblico, è stato trasferito ad altro servizio. In sintesi: se ci fossimo stati noi, il presidente non sarebbe andato in via D’Amelio , come se ad attenderlo ci fossero i “black bloc” e non le ragazze e i ragazzi delle agende rosse a rivendicare verità e giustizia per Paolo, per i ragazzi della sua scorta, per il Paese. Mi aspetterei che un capo dello Stato condividesse con noi la verità sull’Agenda Rossa”. Quest’anno chi ci sarà al presidio in via D’Amelio? Il premier Monti interpellato fa sapere “è possibile, ma non ancora confermato”. Conferma la sua presenza invece il Pna Pietro Grasso. In forse l’arrivo del presidente della Camera Fini. “Noi abbiamo invitato i magistrati della Procura di Palermo e consegneremo ai famigliari degli agenti di scorta, morti con Paolo, una targa delle Agende Rosse. Chi non viene ha paura della verità”, commenta Salvatore. NON FU UN CASO che Agnese Borsellino e i suoi figli rifiutarono il funerale di Stato in quel 1992. In chiesa non c’erano banchi riservati: Claudio Martelli, ministro della Giustizia e Oscar Luigi Scalfaro da poco eletto presidente della Repubblica, parteciparono da privati cittadini. La signora Agnese, come tutte le donne, sapeva leggere i pensieri che attraversavano il suo uomo, aveva capito che la sua era una lotta contro il tempo per inseguire la verità, inseguito da una morte annunciata. Agnese , Manfredi, Lucia e Fiammetta, il 19 luglio resteranno a casa, come sempre immersi nel ricordo, reso ancor più doloroso, da una verità raccapricciante.
In via D’Amelio per tutto il giorno, ci saranno tanti giovani con in mano l’agenda, rossa come il sangue versato per uno Stato che ha svenduto i suoi figli migliori.
fonte : ANTIMAFIAduemila
È vero, il 23 maggio scorso Napolitano ha ricordato anche il giudice Borsellino. Si è recato in via D’Amelio e alla presenza del figlio Manfredi, commissario di polizia a Cefalù, contattato dal questore, sotto una pioggia battente, ha deposto una corona di fiori. Non c’erano cittadini, né Rita, sorella del giudice, né il fratello Salvatore: nessuno sapeva nulla. Un omaggio che, se non fosse per l’ufficialità e la rilevanza istituzionale conferita dalla presenza del Capo dello Stato si sarebbe potuto definire furtivo. Come se ci fossero stragi da ricordare nella solennità e stragi da onorare tra pochi intimi perché generano disagio e fibrillazione per le ragioni che nascondono. UNA VERITÀ che il popolo delle Agende Rosse, migliaia di giovani di ogni parte d’Italia, uniti nel simbolo di quel diario a cui Borsellino affidava riflessioni sulle proprie indagini, anche su quelle che stava conducendo per scoprire chi aveva ammazzato il suo amico-collega Giovanni Falcone, pretende. Quell’agenda scomparve dalla borsa ritrovata nell’auto di Borsellino e riconsegnata alla famiglia dall’allora capo della Squadra Mobile di Palermo, Arnaldo La Barbera, oggi defunto. Il capo della Mobile, quando i figli, dopo aver estratto il costume ancora umido, un mazzo di chiavi, un pacchetto di sigarette aperto e uno intatto, chiesero dove fosse l’agenda rossa del padre, con la sua voce rauca esclamò: “E da dove la fate spuntare fuori questa agenda rossa! Smettetela non c’era nessuna agenda”. Era la prima volta che varcava la soglia di casa del giudice, con cui non aveva mai intrattenuto rapporti tant’è che per i figli era un estraneo arrivato a restituire gli effetti personali del padre. Eppure, di fronte ad una domanda legittima dal momento che la domenica, lo avevano visto riporre l’agenda rossa nella borsa prima di uscire e salire in auto per dirigersi dalla madre in via D’Amelio, si permetteva di mettere in dubbio la loro parola. Chi ha preso l’agenda, perché? In quali mani è finita? Queste le domande che Salvatore Borsellino in questi anni non ha mai smesso di rivolgere pubblicamente. “Nel luglio 2009, nei giorni precedenti al 19” racconta Salvatore “alla polizia dell’aeroporto Falcone-Borsellino è stata ordinata dal Quirinale una ricerca per sapere se fosse stato emesso a mio nome un biglietto destinazione Palermo.
Me lo ha rivelato un poliziotto che, guarda caso, dopo che ho raccontato il fatto in un incontro pubblico, è stato trasferito ad altro servizio. In sintesi: se ci fossimo stati noi, il presidente non sarebbe andato in via D’Amelio , come se ad attenderlo ci fossero i “black bloc” e non le ragazze e i ragazzi delle agende rosse a rivendicare verità e giustizia per Paolo, per i ragazzi della sua scorta, per il Paese. Mi aspetterei che un capo dello Stato condividesse con noi la verità sull’Agenda Rossa”. Quest’anno chi ci sarà al presidio in via D’Amelio? Il premier Monti interpellato fa sapere “è possibile, ma non ancora confermato”. Conferma la sua presenza invece il Pna Pietro Grasso. In forse l’arrivo del presidente della Camera Fini. “Noi abbiamo invitato i magistrati della Procura di Palermo e consegneremo ai famigliari degli agenti di scorta, morti con Paolo, una targa delle Agende Rosse. Chi non viene ha paura della verità”, commenta Salvatore. NON FU UN CASO che Agnese Borsellino e i suoi figli rifiutarono il funerale di Stato in quel 1992. In chiesa non c’erano banchi riservati: Claudio Martelli, ministro della Giustizia e Oscar Luigi Scalfaro da poco eletto presidente della Repubblica, parteciparono da privati cittadini. La signora Agnese, come tutte le donne, sapeva leggere i pensieri che attraversavano il suo uomo, aveva capito che la sua era una lotta contro il tempo per inseguire la verità, inseguito da una morte annunciata. Agnese , Manfredi, Lucia e Fiammetta, il 19 luglio resteranno a casa, come sempre immersi nel ricordo, reso ancor più doloroso, da una verità raccapricciante.
In via D’Amelio per tutto il giorno, ci saranno tanti giovani con in mano l’agenda, rossa come il sangue versato per uno Stato che ha svenduto i suoi figli migliori.
fonte : ANTIMAFIAduemila
domenica 17 giugno 2012
COMMEMORIAMO I NOSTRI EROI NELLA VERITA’ !
Il 17 Giugno del 1945, Antonio Canepa, Comandante dell' EVIS , veniva ucciso in un agguato assieme a Carmelo Rosano, Giuseppe Lo Giudice e Francesco Ilardi
L' agguato avvenne presso il bivio di Randazzo in località Murazzu Ruttu.
Le ombre sull ' agguato di Murazzu Ruttu non sono mai state diradate, e gli interrogativi non hanno avuto risposte sicure e plausibili. esistono documenti che rilevano o lasciano intravedere i retroscena di quel tremendo episodio:
- L´avvocato Nino Varvaro, esponente di spicco del Mis, l '8 Gennaio1971, davanti alla Commissione antimafia riferì che Canepa morì << in un agguato non occasionale, ma combinato quasi certamente dagli stessi indipendentisti di destra; lui, infatti, aveva pubblicato un volumetto, La Sicilia ai siciliani, e aveva detto: «Quando faremo la repubblica sociale in Sicilia i feudatari ci dovranno dare le loro terre se non vorranno darci le loro teste; e quella frase gli costò la vita >>
Per i latifondisti del movimento separatista, parlava troppo di riforme; inoltre criticava apertamente l ‘indirizzo reazionario del gruppo dirigente indipendentista.
La relazione introduttiva agli atti della Commissione Parlamentare Antimafia del 10 Febbraio 1972 la quale sostiene , che:
- " La fine del rivoluzionario Canepa, rimasta avvolta nel mistero, è attribuita alla reazione degli agrari , preoccupati della riuscita di una rivoluzione che avrebbe potuto rovesciare il sistema sostanzialmente feudale "
E poi ci sono le modalità dell' agguato, mai chiarito, e con versioni decisamente contrastanti.
Ma tutto ciò non è sufficiente a certi soloni ed eminentissimi studiosi della storiografia, non hanno alcun ombra di dubbio, e continuano ad affermare CHE CANEPA FU NON TRADITO DA QUALCUNO DEGLI INSOSPETTABILI DEL MIS; CHE NON CI FU LA " SOFFIATA " PER CATTURARE CANEPA E GLI ALTRI.
Oggi, alcuni di questi " storiografi ", si recherà a Murazzu Ruttu, per commemorare Antonio Canepa, ed ancora una volta taceranno, perpetuando così quel tradimento che causò la morte del Comandante dell' EVIS e dei Suoi Giovani Militanti.
Comandante Canepa, i militanti dell' EVIS di oggi, per rispetto della Tua Memoria, e per amore della Verità, non si mescoleranno a questi " storiografi " per commemorarTi a Murazzu Ruttu, ci sembrerebbe di infliggerTi un ulteriore tradimento.
Neva Allegra
mercoledì 13 giugno 2012
Niente da fare per lo stabilimento Fiat di Termini Imerese
Niente da fare per lo stabilimento Fiat di Termini Imerese. A dare l’annuncio del fallimento del piano di rilancio proposto da Dr Motor, è il ministro dello Sviluppo Corrado Passera che sottolinea quanto siano stretti i tempi: “Non possiamo aspettare che passino i tempi della cassa integrazione senza andare a cercare qualcun altro. Anche a rischio di farci male abbiamo detto basta, tu non sei in grado, cerchiamo alternative”. Proprio sulle tempistiche, insiste il ministro, il governo ha fornito termini “laschi” ma non abbiamo avuto assicurazioni sulla solidità della controparte per rispettare l’accordo. Ora quindi è il momento di trovare un nuovo investitore ma il banchiere prestato alla politica riconosce che nell’attuale congiuntura economica non è cosa facile. Passera spiega che quella di oggi è una decisione soppesata: “Mi sono responsabilmente posto il tema, se aspettare o prendere in mano la situazione”. La produzione nell’impianto automobilistico si era interrotta il 24 novembre 2011.
La partita sul futuro dell’impianto è ripresa il 4 giugno scorso quando il ministro dello Sviluppo economico, ha preso atto che il suo ultimatum per presentare le garanzie finanziarie con cui fronteggiare il piano di rilancio alla Dr Motor di Massimo Di Risio è scaduto senza risposte. L’imprenditore infatti quel giorno ha chiesto due settimane di tempo per trovare un altro partner con cui ovviare i problemi finanziari che impediscono l’avvio della produzione di auto. Sempre quel giorno però il governo ha comunicato di attivarsi per cercare soluzioni alternative. E così è, i 15 giorni non sono ancora passati ma Passera ha deciso, si riparte da zero.
fonte: il Fatto Quotidiano
sabato 9 giugno 2012
Claudio Fava si candida alla guida della Regione Siciliana
" Amici che ascolto e che stimo mi hanno chiesto di candidarmi per la Sicilia, senza passare dagli apparati di partito. Domani dirò di sì."
IN ASSENZA DI UN CANDIDATO VERO INDIPENDENTISTA, L ' EVIS APPOGGERA' LA CANDIDATURA DI UN UOMO ONESTO, PERBENE E CAPACE PER LA PRESIDENZA DELLA REGIONE SICILIANA: CLAUDO FAVA !
giovedì 7 giugno 2012
La Sicilia 'sfugge' all'Imu
7 giugno 2012 - “Non posso dire, oggi, ai siciliani di non pagare l’Imu perchè ancora non c’è una pronuncia della Corte Costituzionale sul decreto ‘Salva Italia’, ma sulla base della precedente sentenza della Corte si può pensare che, così come è, non è dovuto”. L’assessore siciliano all’economia, Gaetano Armao, lima e soppesa le parole, – “finchè le norme sono in vigore nessuno può dire di non applicarle”, dice – ma il suo pensiero è molto chiaro e sottoliena come, nonostante “l’intervento dello Stato ha mortificato l’autonomia finanziaria della Regione” è necessario che “la disciplina delle imposte locali sia negoziata con la Regione perchè non può essere decisa unilateralmente dal Governo nazionale, altrimenti è incostituzionale”.
Parole chiare, come chiara è stata la Corte Costituzionale con la sentenza (64/2012) interpretativa di rigetto depositata il 21 marzo scorso nella quale, senza giri di parole, a proposito della formulazione del decreto legislativo 23/2011 sul federalismo (e quindi anche sull’Imu) parla di “inapplicabilità alla Regione (siciliana ndr) ricorrente dei censurati commi dell’art. 2, in quanto ‘non rispettosi’ dello statuto d’autonomia”.
In estrema sintesi la Corte dichiarò “non fondata la questione” per il semplice fatto che la Sicilia non era lesa, in quanto non compresa nella norma, nella propria autonomia finanziaria. E per questo scrisse “dalla rilevata inapplicabilità alla Regione siciliana delle disposizioni denunciate discende l’infondatezza non solo della prima questione prospettata dalla ricorrente, ma anche di tutte le altre questioni promosse, le quali muovono dalla medesima erronea premessa interpretativa che alla Regione si applichino dette disposizioni anche in caso di contrasto con lo Statuto speciale”. E per non essere in contrasto, la Corte Costituzionale ‘impone’ al Governo nazionale la negoziazione con le Regioni a statuto speciale.
Il decreto legge ’201′ ‘Salva Italia’ che ha anticipato l’introduzione dell’Imu (originariamente previsto per il 2014) prevedendo che il 50% del gettito sulle seconde case finisca nelle casse dello Stato, ha lo stesso vizio d’origine del precedente: emanano senza la concertazione con le Regioni ‘speciali’. Facile prevedere che la nuova attesa sentenza della Corte costiuzionale sull’ennesimo ricorso presentato dalla Sicilia ribadirà l’inapplicabilità a Sicilia, Sardegna e Province Autonome. Il governo nazionale, consapevole del grave errore commesso, sembra voler correre ai ripari così come aveva già chiesto lo stesso Armao.
“Il 24 maggio scorso – dice a BlogSicilia Gaetano Armao – abbiamo attivato un tavolo di concertazione con il governo nazionale che torneà a riunirsi il prossimo 14 giugno. Ma siamo ancora l’inzio”. La Sicilia ha già pronte delle proposte. “Pensiamo di cambiare le aliquote – prosegue Armao-, alcuni criteri impositivi assai onerosi, come quello sulle campagne, e rimodulare il tutto in modo da avere la possibilità di intervenire ed evitare storture”.
In attesa della ‘ufficializzazione’ della bocciatura dell’Imu si studiano le soluzioni per evitare la catastrofe finanziaria. La quasi certa ‘bocciatura’ del ‘Salva Italia’, nella parte relativa alla Sicilia, “agli enti locali – dice Armao – provocherà problemi finanziari. Per questo con Anci e Urps abbiamo già chiesto al Governo Monti di ripristinare i trasferimenti, altrimenti molti andranno in default”.
Oggi intanto alcuni deputati nazionali, ‘capitanati’ dal sardo Mauro Pilu hanno chiesto al premier Monti di fermare subito l’Imu in Sardegna e Sicilia perchè “viola gli Statuti autonomi e lede i principi costituzionali che regolano i rapporti tra lo Stato e le Regioni Speciali”.
“E’ plausibile ritenere – aggiunge Armao – che chiamata a pronunciarsi sulla legittimità dell’Imu la Corte costituzionale, applicando gli stessi criteri, la dichiari incostituzionale. Tuttavia, fino a quella pronuncia – sottolinea – rimane una norma vigente e quindi si deve pagare, ma è da condividere l’orientamento dei deputati nazionali che hanno chiesto al Governo Monti di rimuovere la norma. Il Governo chiarisca subito”.
fonte :BlogSicilia
Parole chiare, come chiara è stata la Corte Costituzionale con la sentenza (64/2012) interpretativa di rigetto depositata il 21 marzo scorso nella quale, senza giri di parole, a proposito della formulazione del decreto legislativo 23/2011 sul federalismo (e quindi anche sull’Imu) parla di “inapplicabilità alla Regione (siciliana ndr) ricorrente dei censurati commi dell’art. 2, in quanto ‘non rispettosi’ dello statuto d’autonomia”.
In estrema sintesi la Corte dichiarò “non fondata la questione” per il semplice fatto che la Sicilia non era lesa, in quanto non compresa nella norma, nella propria autonomia finanziaria. E per questo scrisse “dalla rilevata inapplicabilità alla Regione siciliana delle disposizioni denunciate discende l’infondatezza non solo della prima questione prospettata dalla ricorrente, ma anche di tutte le altre questioni promosse, le quali muovono dalla medesima erronea premessa interpretativa che alla Regione si applichino dette disposizioni anche in caso di contrasto con lo Statuto speciale”. E per non essere in contrasto, la Corte Costituzionale ‘impone’ al Governo nazionale la negoziazione con le Regioni a statuto speciale.
Il decreto legge ’201′ ‘Salva Italia’ che ha anticipato l’introduzione dell’Imu (originariamente previsto per il 2014) prevedendo che il 50% del gettito sulle seconde case finisca nelle casse dello Stato, ha lo stesso vizio d’origine del precedente: emanano senza la concertazione con le Regioni ‘speciali’. Facile prevedere che la nuova attesa sentenza della Corte costiuzionale sull’ennesimo ricorso presentato dalla Sicilia ribadirà l’inapplicabilità a Sicilia, Sardegna e Province Autonome. Il governo nazionale, consapevole del grave errore commesso, sembra voler correre ai ripari così come aveva già chiesto lo stesso Armao.
“Il 24 maggio scorso – dice a BlogSicilia Gaetano Armao – abbiamo attivato un tavolo di concertazione con il governo nazionale che torneà a riunirsi il prossimo 14 giugno. Ma siamo ancora l’inzio”. La Sicilia ha già pronte delle proposte. “Pensiamo di cambiare le aliquote – prosegue Armao-, alcuni criteri impositivi assai onerosi, come quello sulle campagne, e rimodulare il tutto in modo da avere la possibilità di intervenire ed evitare storture”.
In attesa della ‘ufficializzazione’ della bocciatura dell’Imu si studiano le soluzioni per evitare la catastrofe finanziaria. La quasi certa ‘bocciatura’ del ‘Salva Italia’, nella parte relativa alla Sicilia, “agli enti locali – dice Armao – provocherà problemi finanziari. Per questo con Anci e Urps abbiamo già chiesto al Governo Monti di ripristinare i trasferimenti, altrimenti molti andranno in default”.
Oggi intanto alcuni deputati nazionali, ‘capitanati’ dal sardo Mauro Pilu hanno chiesto al premier Monti di fermare subito l’Imu in Sardegna e Sicilia perchè “viola gli Statuti autonomi e lede i principi costituzionali che regolano i rapporti tra lo Stato e le Regioni Speciali”.
“E’ plausibile ritenere – aggiunge Armao – che chiamata a pronunciarsi sulla legittimità dell’Imu la Corte costituzionale, applicando gli stessi criteri, la dichiari incostituzionale. Tuttavia, fino a quella pronuncia – sottolinea – rimane una norma vigente e quindi si deve pagare, ma è da condividere l’orientamento dei deputati nazionali che hanno chiesto al Governo Monti di rimuovere la norma. Il Governo chiarisca subito”.
fonte :BlogSicilia
lunedì 4 giugno 2012
Si complica la situazione dell'ex stabilimento Fiat siciliano
Si riapre la partita sul futuro di Termini Imerese ed il governo si appresta a riprendere in mano tutte le ipotesi per far fronte alla riconversione industriale del sito siciliano che la Fiat aveva dismesso lo scorso dicembre e che il ministero dello Sviluppo economico Corrado Passera, dopo la presentazione di una serie di manifestazioni di interesse, aveva assegnato alla Dr Motor di Massimo Di Risio. E’ scaduto senza risposte l’ultimatum che il ministro aveva dato alla casa automotive di Macchia d’Isernia, per presentare le garanzie finanziarie con cui fronteggiare il piano di rilancio previsto per lo stabilimento. Di Risio, infatti, ha chiesto, nel corso dell’incontro di oggi al ministero ulteriori 15 giorni per presentare un nuovo partner con il quale risolvere i problemi finanziari che impediscono l’avvio della produzione di auto. Nel frattempo, tuttavia, il governo si attiverà per cercare soluzioni alternative. Al tavolo l’esecutivo ha anche ribadito i suoi impegni per i circa 640 esodati dello stabilimento siciliano.
“La soluzione in realtà c’è, il partner c’è, dobbiamo solo concretizzarla” spiega Di Risio. “Condividiamo la scelta del governo – aggiunge – che ha iniziato una nuova fase di ricerca di possibili alternative concendendoci però la possibilità di rientrare in corsa. Noi abbiamo chiesto una proroga di 15 giorni e siamo molto fiduciosi che in questo lasso di tempo troveremo una soluzione”.
Umore del tutto diverso quello del segretario della Fiom Maurizio Landini: “Non è andata bene – dice chiaramente e noi abbiamo ribadito che non c’è più tempo da perdere”. “Non c’è niente di concreto perché Di Risio – continua – ha chiesto più tempo per risolvere i suoi problemi finanziari e noi abbiamo spiegato che non c’è più tempo da perdere. Il governo quindi ha deciso di ricercare altre soluzioni per lo stabilimento siciliano, al di là della proposta di Di Risio”. Landini, inoltre, ha sottolineato che l’accordo del 1 dicembre siglato con il governo “deve restare così com’è e garantire i 640 lavoratori che devono essere accompagnati alla pensione. Ricordo che quell’accordo è stato firmato anche dal ministro Fornero. Inoltre abbiamo ribadito che Fiat e governo devono trovare delle soluzioni, perchè la Fiat è responsabile finchè non si troverà una soluzione per lo stabilimento”. Secondo Landini, poi, nello stabilimento di Termini Imerese “è possibile ancora fare nuove vetture perchè si possono trovare imprese in grado di farlo e la Fiat deve favorire questo processo”.
“Di tempo ne ha avuto già molto, è complicato immaginare che si possa prolungare senza garanzie – taglia corto il segretario della Cgil Susanna Camusso - Finora Di Risio non è stato in grado di rispettare il progetto industriale presentato”.
“Abbiamo bisogno delle certezze che riguardano i nostri lavoratori che attendono ancora la mobilità incentivata per i 640 addetti così come previsto nell’accordo sottoscritto nel dicastero di via Veneto il 1 dicembre 2011 – aveva dichiarato prima dell’incontro il sindaco di Termini Salvatore Burrafato – Questo provvedimento ci consentira’ di avere certezze anche sul fronte della cassa integrazione straordinaria per il 2013. Questo tempo potrebbe essere ben utilizzato dal governo Monti per approfondire la bonta’ del progetto Dr Motor o per ricercare ulteriori proposte”.
fonte:il Fatto Quotidiano
“La soluzione in realtà c’è, il partner c’è, dobbiamo solo concretizzarla” spiega Di Risio. “Condividiamo la scelta del governo – aggiunge – che ha iniziato una nuova fase di ricerca di possibili alternative concendendoci però la possibilità di rientrare in corsa. Noi abbiamo chiesto una proroga di 15 giorni e siamo molto fiduciosi che in questo lasso di tempo troveremo una soluzione”.
Umore del tutto diverso quello del segretario della Fiom Maurizio Landini: “Non è andata bene – dice chiaramente e noi abbiamo ribadito che non c’è più tempo da perdere”. “Non c’è niente di concreto perché Di Risio – continua – ha chiesto più tempo per risolvere i suoi problemi finanziari e noi abbiamo spiegato che non c’è più tempo da perdere. Il governo quindi ha deciso di ricercare altre soluzioni per lo stabilimento siciliano, al di là della proposta di Di Risio”. Landini, inoltre, ha sottolineato che l’accordo del 1 dicembre siglato con il governo “deve restare così com’è e garantire i 640 lavoratori che devono essere accompagnati alla pensione. Ricordo che quell’accordo è stato firmato anche dal ministro Fornero. Inoltre abbiamo ribadito che Fiat e governo devono trovare delle soluzioni, perchè la Fiat è responsabile finchè non si troverà una soluzione per lo stabilimento”. Secondo Landini, poi, nello stabilimento di Termini Imerese “è possibile ancora fare nuove vetture perchè si possono trovare imprese in grado di farlo e la Fiat deve favorire questo processo”.
“Di tempo ne ha avuto già molto, è complicato immaginare che si possa prolungare senza garanzie – taglia corto il segretario della Cgil Susanna Camusso - Finora Di Risio non è stato in grado di rispettare il progetto industriale presentato”.
“Abbiamo bisogno delle certezze che riguardano i nostri lavoratori che attendono ancora la mobilità incentivata per i 640 addetti così come previsto nell’accordo sottoscritto nel dicastero di via Veneto il 1 dicembre 2011 – aveva dichiarato prima dell’incontro il sindaco di Termini Salvatore Burrafato – Questo provvedimento ci consentira’ di avere certezze anche sul fronte della cassa integrazione straordinaria per il 2013. Questo tempo potrebbe essere ben utilizzato dal governo Monti per approfondire la bonta’ del progetto Dr Motor o per ricercare ulteriori proposte”.
fonte:il Fatto Quotidiano
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