Vorremmo sapere se il presidente Napolitano andrà a Palermo il 19 luglio”. Risposta del portavoce del presidente Pasquale Cascella: “Perché cosa c’è il 19 luglio?”. Con tono stupito spieghiamo: la commemorazione della strage di via D’Amelio. “Non lo so. Consulti l’agenda del presidente sul sito del Quirinale.” Pausa. “Comunque no, il presidente ha già commemorato Borsellino il 23 maggio quando è andato per la strage di Capaci, poi con voi del Fatto, visto l’utilizzo che fate delle telefonate non parlo”. E la voce scompare dietro a un clic.
È vero, il 23 maggio scorso Napolitano ha ricordato anche il giudice Borsellino. Si è recato in via D’Amelio e alla presenza del figlio Manfredi, commissario di polizia a Cefalù, contattato dal questore, sotto una pioggia battente, ha deposto una corona di fiori. Non c’erano cittadini, né Rita, sorella del giudice, né il fratello Salvatore: nessuno sapeva nulla. Un omaggio che, se non fosse per l’ufficialità e la rilevanza istituzionale conferita dalla presenza del Capo dello Stato si sarebbe potuto definire furtivo. Come se ci fossero stragi da ricordare nella solennità e stragi da onorare tra pochi intimi perché generano disagio e fibrillazione per le ragioni che nascondono. UNA VERITÀ che il popolo delle Agende Rosse, migliaia di giovani di ogni parte d’Italia, uniti nel simbolo di quel diario a cui Borsellino affidava riflessioni sulle proprie indagini, anche su quelle che stava conducendo per scoprire chi aveva ammazzato il suo amico-collega Giovanni Falcone, pretende. Quell’agenda scomparve dalla borsa ritrovata nell’auto di Borsellino e riconsegnata alla famiglia dall’allora capo della Squadra Mobile di Palermo, Arnaldo La Barbera, oggi defunto. Il capo della Mobile, quando i figli, dopo aver estratto il costume ancora umido, un mazzo di chiavi, un pacchetto di sigarette aperto e uno intatto, chiesero dove fosse l’agenda rossa del padre, con la sua voce rauca esclamò: “E da dove la fate spuntare fuori questa agenda rossa! Smettetela non c’era nessuna agenda”. Era la prima volta che varcava la soglia di casa del giudice, con cui non aveva mai intrattenuto rapporti tant’è che per i figli era un estraneo arrivato a restituire gli effetti personali del padre. Eppure, di fronte ad una domanda legittima dal momento che la domenica, lo avevano visto riporre l’agenda rossa nella borsa prima di uscire e salire in auto per dirigersi dalla madre in via D’Amelio, si permetteva di mettere in dubbio la loro parola. Chi ha preso l’agenda, perché? In quali mani è finita? Queste le domande che Salvatore Borsellino in questi anni non ha mai smesso di rivolgere pubblicamente. “Nel luglio 2009, nei giorni precedenti al 19” racconta Salvatore “alla polizia dell’aeroporto Falcone-Borsellino è stata ordinata dal Quirinale una ricerca per sapere se fosse stato emesso a mio nome un biglietto destinazione Palermo.
Me lo ha rivelato un poliziotto che, guarda caso, dopo che ho raccontato il fatto in un incontro pubblico, è stato trasferito ad altro servizio. In sintesi: se ci fossimo stati noi, il presidente non sarebbe andato in via D’Amelio , come se ad attenderlo ci fossero i “black bloc” e non le ragazze e i ragazzi delle agende rosse a rivendicare verità e giustizia per Paolo, per i ragazzi della sua scorta, per il Paese. Mi aspetterei che un capo dello Stato condividesse con noi la verità sull’Agenda Rossa”. Quest’anno chi ci sarà al presidio in via D’Amelio? Il premier Monti interpellato fa sapere “è possibile, ma non ancora confermato”. Conferma la sua presenza invece il Pna Pietro Grasso. In forse l’arrivo del presidente della Camera Fini. “Noi abbiamo invitato i magistrati della Procura di Palermo e consegneremo ai famigliari degli agenti di scorta, morti con Paolo, una targa delle Agende Rosse. Chi non viene ha paura della verità”, commenta Salvatore. NON FU UN CASO che Agnese Borsellino e i suoi figli rifiutarono il funerale di Stato in quel 1992. In chiesa non c’erano banchi riservati: Claudio Martelli, ministro della Giustizia e Oscar Luigi Scalfaro da poco eletto presidente della Repubblica, parteciparono da privati cittadini. La signora Agnese, come tutte le donne, sapeva leggere i pensieri che attraversavano il suo uomo, aveva capito che la sua era una lotta contro il tempo per inseguire la verità, inseguito da una morte annunciata. Agnese , Manfredi, Lucia e Fiammetta, il 19 luglio resteranno a casa, come sempre immersi nel ricordo, reso ancor più doloroso, da una verità raccapricciante.
In via D’Amelio per tutto il giorno, ci saranno tanti giovani con in mano l’agenda, rossa come il sangue versato per uno Stato che ha svenduto i suoi figli migliori.
fonte : ANTIMAFIAduemila
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