C'è un nuovo giallo nell'inchiesta sulla morte di Salvatore Giuliano. Il fascicolo aperto subito dopo l'omicidio, avvenuto il 5 luglio del 1950, è sparito. I pm di Palermo che hanno riaperto l'inchiesta sul delitto, ipotizzando che quello sepolto nel cimitero di Montelepre non sia il corpo del bandito, hanno cercato invano l'incartamento per esaminare il referto firmato dal medico legale dopo il decesso.
Ma delle conclusioni dell'esame autoptico e del fascicolo non c'è traccia. Né in Procura, né all'Archivio storico di Palermo dove tutti gli atti di inchieste penali devono essere portati decorsi 50 anni.
In attesa del deposito ufficiale della consulenza degli esperti che hanno comparato il dna trovato su alcuni oggetti appartenuti al bandito con quello del corpo sepolto e riesumato - ufficiosamente i consulenti hanno già detto che il dna estratto dagli abiti esaminati non è sufficiente per arrivare a una conclusione certa sull'identità del cadavere - l'inchiesta resta aperta.
A un nulla di fatto ha portato il raffronto con i familiari in vita di Giuliano, a un nulla di fatto avrebbe portato il confronto con i vestiti. La Procura, dunque, per mettere fine ai dubbi sulla morte del bandito e archiviare il sospetto che ad essere ucciso sia stato un sosia e che Giuliano sia fuggito altrove, potrebbe decidere di riesumare i genitori del "re di Montelepre". Il confronto del loro dna con quello del corpo sarebbe risolutivo per accertarne l'identità.
fonte : la Repubblica
giovedì 29 settembre 2011
martedì 27 settembre 2011
Il Sud verso lo "tsunami demografico" nei prossimi anni emigrerà un giovane su 4
ROMA - Il Mezzogiorno si allontana dall'Italia: riparte l'emigrazione, il tasso di disoccupazione reale è del 25%, meno di un giovane su tre ha un lavoro e tre donne su quattro stanno a casa. E' questo il quadro drammatico che emerge dal rapporto Svimez 2011 sulle regioni del Sud; il ritratto di una fetta d'Italia a rischio "tsunami demografico", come denuncia Svimez (associazione per lo Sviluppo del Mezzogiorno), che nel 2050 vedrà gli over 75 crescere di dieci punti percentuali e i giovani scendere da 7 a meno di 5 milioni e del 25% già entro i prossimi vent'anni.
Il fenomeno, rileva il rapporto, provocherà un'inversione nella composizione della società, con il Centro-Nord che diventa più "giovane" del Mezzogiorno. La scarsa natalità, l'assenza di lavoro che causa bassa attrazione di stranieri e massiccia emigrazione verso il centro-nord e l'estero, rischiano insomma di trasformare il Mezzogiorno da qui ai prossimi 40 anni in un'area spopolata, sempre più anziana e dipendente dal resto del Paese.
Economia ferma. Il rapporto analizza l'andamento del Pil, rilevando una crescita dello 0,2% nel 2010 a fronte del tracollo (-4,5%) del 2009. La ripresa c'è stata, dunque, ma un punto e mezzo al di sotto delle regioni del Centro-Nord (+1,7%). Va anche peggio se si guarda al medio periodo: negli ultimi dieci anni (dal 2001 al 2010), il Mezzogiorno ha segnato una media annua negativa dello 0,3%, mentre il Centro-Nord è cresciuto del 3,5%, a riprova del perdurante divario di sviluppo tra le due aree.
Abruzzo la più ricca, Campania la più povera. In termini di Pil pro capite, il Mezzogiorno è passato dal 58,8% del valore del Centro Nord nel 2009 al 58,5% del 2010. Tra le più ricche nell'area meridionale si posiziona l'Abruzzo, con un pil pro capite di 21.574 euro, inferiore comunque di circa 2.200 euro rispetto all'Umbria, la regione più "debole" del Centro-Nord. Seguono il Molise (19.804), la Sardegna (19.552), la Basilicata (18.021 euro), la Sicilia (17.488), la Calabria (16.657) e la Puglia (16.932). La regione più povera è la Campania, con 16.372 euro.
Due giovani su tre senza lavoro. I numeri della disoccupazione sono impietosi. Dei 533mila posti di lavoro persi in Italia tra il 2008 e il 2010, ben 281mila sono nel Mezzogiorno. Nel Sud, dunque, pur essendo presenti meno del 30% degli occupati italiani, si concentra il 60% delle perdite di lavoro causate dalla crisi. Incide in questa area, più che altrove, il crollo dell'occupazione industriale (-120mila addetti, che vuol dire quasi il 15% di calo, il 20% in Campania). Se i padri vengono espulsi dal mondo del lavoro, i figli non riescono neppure ad entrarvi. Il tasso di occupazione giovanile (15-34 anni) è sceso nel 2010 al 31,7% (nel 2009 era del 33,3%): praticamente, meno di un giovane su tre ha un impiego. Condizione drammatica anche per le giovani donne, il cui tasso di occupazione nel 2010 ha toccato quota 23,3%, 25 punti in meno rispetto al Nord del Paese (56,5%): di fatto, tre su quattro non hanno lavoro.
Il peso della manovra - Brutte notizie per il Meridione arrivano anche dalla manovra di bilancio. Secondo Svimez, l'effetto cumulato delle manovre 2010 e 2011 dovrebbe pesare in termini di quota sul pil 6,4 punti al Sud (di cui 1,1 punti nel 2011, ben 3,2 punti nel 2012, 2,1 nel 2013) e 4,8 punti sul Pil del Nord (1 nel 2011, 2,4 nel 2102, 1,4 nel 2013). Per quanto riguarda gli incrementi delle entrate, il 76% si realizzerebbe al Centro-Nord e il 24% al Sud, ricalcando così il peso delle diverse aree in termini di produzione della ricchezza.
La fuga dal deserto - Dal 2000 al 2009, segnala il Rapporto, quasi 600mila uomini e donne sono emigrati dal Meridione. Nel 2009 sono partiti in direzione del Centro-Nord circa 109mila abitanti delle regioni del Sud: in testa la Campania (33.800 partenze), seguita da Sicilia (23.700), Puglia (19.600) e Calabria (14.200). I protagonisti di questa fuga dal deserto del lavoro sono soprattutto uomini, il 21% è laureato (la percentuale sale al 54% se si considerano i diplomati) e la meta preferita (un migrante su 4 nel 2009) è stata la Lombardia. Il Lazio è invece ancora il polo d'attrazione principale per abruzzesi, molisani e campani.
Città svuotate, città in crescita - Tornando al dato decennale (2000-2009), delle 583mila persone che hanno abbandonato il Mezzogiorno ben 108 mila sono partite dalla città di Napoli. L'esodo è stato molto rilevante anche da Palermo (-29mila), Bari e Caserta (-15mila), Catania e Foggia (-10mila). Colpiti anche Torre del Greco (-19mila), Nola ed Aversa (-11mila) e Taranto (-13mila). Di riflesso sono cresciute Roma (+66mila), Milano (+50mila), Bologna (+31mila), Reggio Emilia, Parma e Modena (+13mila), Bergamo e Torino (+11mila), Firenze e Verona (+10mila).
La pausa della crisi - Nel biennio 2009-2010, quando la crisi ha colpito il tessuto industriale del Nord e provocato licenziamenti e ricorso massiccio alla cassa integrazione, le partenze di massa dal Sud hanno avuto una pausa. In quei due anni, i "pendolari di lungo raggio" da Sud a Nord si sono ridotti del 22,7%; circa 40mila in meno del 2008. Tra questi emigrati, pur diminuiti in valori assoluti, è cresciuta però la componente laureata (dal 2004 sono stati il 6% in più del totale), a testimonianza dell'incapacità del Mezzogiorno di assorbire personale qualificato. I laureati emigrano soprattutto da Molise (27,8% del totale), Abruzzo (26,6%) e Puglia (24,8%).
Uno su 4 in partenza - Nel dettaglio, secondo Svimez, nei prossimi venti anni il Mezzogiorno perderà quasi un giovane su quattro, mentre nel Centro-Nord oltre un giovane su cinque sarà straniero. Nel 2050 gli under 30 al Sud passeranno dagli attuali 7 milioni a meno di 5, mentre nel Centro-Nord saranno sopra gli 11 milioni. A quella data, inoltre, ci sarà il sorpasso: la quota di over 75 sulla popolazione complessiva passerà al Sud dall'attuale 8,3% al 18,4% nel 2050, superando il Centro-Nord dove raggiungerà il 16,5%.
fonte:la Repubblica
Le proposte. Dai numeri, lo Svimez passa poi alle proposte. Per rilanciare il Mezzogiorno e il Paese è più che mai urgente - rileva il rapporto - la realizzazione di grandi infrastrutture di trasporto, per colmare i deficit infrastrutturali dello sviluppo logistico, potenziando i nodi di scambio e intermodali, e le iniziative di sviluppo produttivo collegate, per sfruttare le potenzialità del Mezzogiorno nel Mediterraneo. La Svimez stima un costo di 60,7 miliardi di euro, di cui 18 miliardi già disponibili e 42,3 da reperire, da dedicare al potenziamento dell'autostrada Salerno - Reggio calabria e della statale "Jonica"; la realizzazione di nuove tratte interne alla sicilia; l'estensione dell'alta capacità (se non dell'alta velocità) nel tratto ferroviario Salerno- Reggio Calabria-Palermo-Catania; il nuovo asse ferroviario Napoli- Bari; infine, il ponte sullo Stretto.
Secondo Svimez, ci sono alcune aree che mostrano potenzialità di sviluppo come filiere territoriali logistiche rivolte "all'internazionalizzazione delle produzioni ed alla maggiore apertura ai mercati esteri": area vasta dell'Abruzzo meridionale; area vasta del basso Lazio e dell'alto Casertano; area vasta Torrese-Stabiese; area vasta pugliese Bari-Taranto-Brindisi; area vasta della Piana di Sibari; area vasta Catanese (Sicilia orientale); area vasta della Sardegna settentrionale.
(27 settembre 2011)
Il fenomeno, rileva il rapporto, provocherà un'inversione nella composizione della società, con il Centro-Nord che diventa più "giovane" del Mezzogiorno. La scarsa natalità, l'assenza di lavoro che causa bassa attrazione di stranieri e massiccia emigrazione verso il centro-nord e l'estero, rischiano insomma di trasformare il Mezzogiorno da qui ai prossimi 40 anni in un'area spopolata, sempre più anziana e dipendente dal resto del Paese.
Economia ferma. Il rapporto analizza l'andamento del Pil, rilevando una crescita dello 0,2% nel 2010 a fronte del tracollo (-4,5%) del 2009. La ripresa c'è stata, dunque, ma un punto e mezzo al di sotto delle regioni del Centro-Nord (+1,7%). Va anche peggio se si guarda al medio periodo: negli ultimi dieci anni (dal 2001 al 2010), il Mezzogiorno ha segnato una media annua negativa dello 0,3%, mentre il Centro-Nord è cresciuto del 3,5%, a riprova del perdurante divario di sviluppo tra le due aree.
Abruzzo la più ricca, Campania la più povera. In termini di Pil pro capite, il Mezzogiorno è passato dal 58,8% del valore del Centro Nord nel 2009 al 58,5% del 2010. Tra le più ricche nell'area meridionale si posiziona l'Abruzzo, con un pil pro capite di 21.574 euro, inferiore comunque di circa 2.200 euro rispetto all'Umbria, la regione più "debole" del Centro-Nord. Seguono il Molise (19.804), la Sardegna (19.552), la Basilicata (18.021 euro), la Sicilia (17.488), la Calabria (16.657) e la Puglia (16.932). La regione più povera è la Campania, con 16.372 euro.
Due giovani su tre senza lavoro. I numeri della disoccupazione sono impietosi. Dei 533mila posti di lavoro persi in Italia tra il 2008 e il 2010, ben 281mila sono nel Mezzogiorno. Nel Sud, dunque, pur essendo presenti meno del 30% degli occupati italiani, si concentra il 60% delle perdite di lavoro causate dalla crisi. Incide in questa area, più che altrove, il crollo dell'occupazione industriale (-120mila addetti, che vuol dire quasi il 15% di calo, il 20% in Campania). Se i padri vengono espulsi dal mondo del lavoro, i figli non riescono neppure ad entrarvi. Il tasso di occupazione giovanile (15-34 anni) è sceso nel 2010 al 31,7% (nel 2009 era del 33,3%): praticamente, meno di un giovane su tre ha un impiego. Condizione drammatica anche per le giovani donne, il cui tasso di occupazione nel 2010 ha toccato quota 23,3%, 25 punti in meno rispetto al Nord del Paese (56,5%): di fatto, tre su quattro non hanno lavoro.
Il peso della manovra - Brutte notizie per il Meridione arrivano anche dalla manovra di bilancio. Secondo Svimez, l'effetto cumulato delle manovre 2010 e 2011 dovrebbe pesare in termini di quota sul pil 6,4 punti al Sud (di cui 1,1 punti nel 2011, ben 3,2 punti nel 2012, 2,1 nel 2013) e 4,8 punti sul Pil del Nord (1 nel 2011, 2,4 nel 2102, 1,4 nel 2013). Per quanto riguarda gli incrementi delle entrate, il 76% si realizzerebbe al Centro-Nord e il 24% al Sud, ricalcando così il peso delle diverse aree in termini di produzione della ricchezza.
La fuga dal deserto - Dal 2000 al 2009, segnala il Rapporto, quasi 600mila uomini e donne sono emigrati dal Meridione. Nel 2009 sono partiti in direzione del Centro-Nord circa 109mila abitanti delle regioni del Sud: in testa la Campania (33.800 partenze), seguita da Sicilia (23.700), Puglia (19.600) e Calabria (14.200). I protagonisti di questa fuga dal deserto del lavoro sono soprattutto uomini, il 21% è laureato (la percentuale sale al 54% se si considerano i diplomati) e la meta preferita (un migrante su 4 nel 2009) è stata la Lombardia. Il Lazio è invece ancora il polo d'attrazione principale per abruzzesi, molisani e campani.
Città svuotate, città in crescita - Tornando al dato decennale (2000-2009), delle 583mila persone che hanno abbandonato il Mezzogiorno ben 108 mila sono partite dalla città di Napoli. L'esodo è stato molto rilevante anche da Palermo (-29mila), Bari e Caserta (-15mila), Catania e Foggia (-10mila). Colpiti anche Torre del Greco (-19mila), Nola ed Aversa (-11mila) e Taranto (-13mila). Di riflesso sono cresciute Roma (+66mila), Milano (+50mila), Bologna (+31mila), Reggio Emilia, Parma e Modena (+13mila), Bergamo e Torino (+11mila), Firenze e Verona (+10mila).
La pausa della crisi - Nel biennio 2009-2010, quando la crisi ha colpito il tessuto industriale del Nord e provocato licenziamenti e ricorso massiccio alla cassa integrazione, le partenze di massa dal Sud hanno avuto una pausa. In quei due anni, i "pendolari di lungo raggio" da Sud a Nord si sono ridotti del 22,7%; circa 40mila in meno del 2008. Tra questi emigrati, pur diminuiti in valori assoluti, è cresciuta però la componente laureata (dal 2004 sono stati il 6% in più del totale), a testimonianza dell'incapacità del Mezzogiorno di assorbire personale qualificato. I laureati emigrano soprattutto da Molise (27,8% del totale), Abruzzo (26,6%) e Puglia (24,8%).
Uno su 4 in partenza - Nel dettaglio, secondo Svimez, nei prossimi venti anni il Mezzogiorno perderà quasi un giovane su quattro, mentre nel Centro-Nord oltre un giovane su cinque sarà straniero. Nel 2050 gli under 30 al Sud passeranno dagli attuali 7 milioni a meno di 5, mentre nel Centro-Nord saranno sopra gli 11 milioni. A quella data, inoltre, ci sarà il sorpasso: la quota di over 75 sulla popolazione complessiva passerà al Sud dall'attuale 8,3% al 18,4% nel 2050, superando il Centro-Nord dove raggiungerà il 16,5%.
fonte:la Repubblica
Le proposte. Dai numeri, lo Svimez passa poi alle proposte. Per rilanciare il Mezzogiorno e il Paese è più che mai urgente - rileva il rapporto - la realizzazione di grandi infrastrutture di trasporto, per colmare i deficit infrastrutturali dello sviluppo logistico, potenziando i nodi di scambio e intermodali, e le iniziative di sviluppo produttivo collegate, per sfruttare le potenzialità del Mezzogiorno nel Mediterraneo. La Svimez stima un costo di 60,7 miliardi di euro, di cui 18 miliardi già disponibili e 42,3 da reperire, da dedicare al potenziamento dell'autostrada Salerno - Reggio calabria e della statale "Jonica"; la realizzazione di nuove tratte interne alla sicilia; l'estensione dell'alta capacità (se non dell'alta velocità) nel tratto ferroviario Salerno- Reggio Calabria-Palermo-Catania; il nuovo asse ferroviario Napoli- Bari; infine, il ponte sullo Stretto.
Secondo Svimez, ci sono alcune aree che mostrano potenzialità di sviluppo come filiere territoriali logistiche rivolte "all'internazionalizzazione delle produzioni ed alla maggiore apertura ai mercati esteri": area vasta dell'Abruzzo meridionale; area vasta del basso Lazio e dell'alto Casertano; area vasta Torrese-Stabiese; area vasta pugliese Bari-Taranto-Brindisi; area vasta della Piana di Sibari; area vasta Catanese (Sicilia orientale); area vasta della Sardegna settentrionale.
(27 settembre 2011)
domenica 25 settembre 2011
Quella madre coraggio che lotta contro la povertà
“Io ho una bambina di quattordici mesi e una di tre anni. Mio marito è disoccupato da due anni e io non posso lavorare. I politici vengono qui solo quando hanno bisogno di voti. E poi? E poi siamo soli”. Eppure non parla con disperazione Maria Concetta Sarcona, sembra una donna forte, almeno al telefono. Non c’è nessuna autocommiserazione nella sua voce. Tiene il tono alto, e non le sussurra le parole, le scandisce, e con grande dignità ci spiega la sua situazione.
Ci racconta però che non sa più come fare, e lo ripete tre volte, perché proprio non lo sa come fare. Suo marito ha 45 anni e nella sua vita ha fatto il magazziniere, l’operaio, il manovale, il muratore, l’elettricista. Non gli importa il tipo di lavoro, adesso gli basterebbe solo averne uno, uno qualsiasi. Un altro, magari l’ultimo.
“Abbiamo provato anche a mandare i curriculum a Roma, a Milano ma niente. Siamo iscritti in tutte le agenzie del mondo, abbiamo provato in tutti i modi, ogni giorno ci leggiamo gli annunci, telefoniamo, mandiamo email, ci presentiamo nei centri commerciali. Da due anni”- e lo ripete. E niente. Com’è possibile? Vorrei sapere solo com’è possibile? Noi vogliamo solo lavorare, dobbiamo aspettare di essersi raccomandati da qualcuno?”.
Solo per un brevissimo periodo suo marito aveva trovato un lavoretto, ma è durato poco. “Io so solo che non voglio più essere costretta a chiedere aiuto a nessuno” dice Maria Concetta. “Io lo vorrei dare l’aiuto magari, non elemosinarlo. Come ho sempre fatto d’altronde: io sono sempre stata una di quella che portava le coperte a Biagio Conte. E ora?”. I padroni della sua casa in affitto ad Altofonte le hanno detto che se continua a non pagare la sfratteranno. Maria Concetta e suo marito non lo pagano da 8 mesi.
E poi ci racconta che lo sa, non sono i vestiti che si rimpiccioliscono, ma le sue figlie che vanno crescendo, è preoccupata perchè non ne hanno più e non sa come fare: “Vorrei potermi dire “ora esco e le compro una magliettina nuova, della misura giusta”. Ma non posso. Qualche volta chiedo alla mie amiche se hanno qualcosa che non va più alle loro figlie, magari sta alle mie. Ma non sempre va bene. E poi non me ne sono restati neanche tanti di amici, molti si sono allontanati: mi chiedevano sempre: “Ma come fate tu e tuo marito?”. Ma che domande sono, dico io? Non pretendevo un aiuto economico ma almeno una parola di conforto, sì. Almeno quella. Ho avuto vicini solo i miei parenti, e i miei genitori che mi hanno aiutata, ma anche loro hanno problemi. Non è facile per nessuno”.
Maria Concetta ci confessa che sopravvive solo grazie alla Caritas. “Mi danno la pasta e lo zucchero, e i pannolini. Ma non bastano. Vorrei che le mie figlie mangiassero anche la carne ogni tanto, come sarebbe giusto”. E poi ci sono le bollette da pagare e soprattutto i debiti. “Io non voglio nessun favore. Voglio solo lavorare e comprare ciò che serve alle mie figlie. E non chiedere più niente. A nessuno”.
fonte:Livesicilia
Ci racconta però che non sa più come fare, e lo ripete tre volte, perché proprio non lo sa come fare. Suo marito ha 45 anni e nella sua vita ha fatto il magazziniere, l’operaio, il manovale, il muratore, l’elettricista. Non gli importa il tipo di lavoro, adesso gli basterebbe solo averne uno, uno qualsiasi. Un altro, magari l’ultimo.
“Abbiamo provato anche a mandare i curriculum a Roma, a Milano ma niente. Siamo iscritti in tutte le agenzie del mondo, abbiamo provato in tutti i modi, ogni giorno ci leggiamo gli annunci, telefoniamo, mandiamo email, ci presentiamo nei centri commerciali. Da due anni”- e lo ripete. E niente. Com’è possibile? Vorrei sapere solo com’è possibile? Noi vogliamo solo lavorare, dobbiamo aspettare di essersi raccomandati da qualcuno?”.
Solo per un brevissimo periodo suo marito aveva trovato un lavoretto, ma è durato poco. “Io so solo che non voglio più essere costretta a chiedere aiuto a nessuno” dice Maria Concetta. “Io lo vorrei dare l’aiuto magari, non elemosinarlo. Come ho sempre fatto d’altronde: io sono sempre stata una di quella che portava le coperte a Biagio Conte. E ora?”. I padroni della sua casa in affitto ad Altofonte le hanno detto che se continua a non pagare la sfratteranno. Maria Concetta e suo marito non lo pagano da 8 mesi.
E poi ci racconta che lo sa, non sono i vestiti che si rimpiccioliscono, ma le sue figlie che vanno crescendo, è preoccupata perchè non ne hanno più e non sa come fare: “Vorrei potermi dire “ora esco e le compro una magliettina nuova, della misura giusta”. Ma non posso. Qualche volta chiedo alla mie amiche se hanno qualcosa che non va più alle loro figlie, magari sta alle mie. Ma non sempre va bene. E poi non me ne sono restati neanche tanti di amici, molti si sono allontanati: mi chiedevano sempre: “Ma come fate tu e tuo marito?”. Ma che domande sono, dico io? Non pretendevo un aiuto economico ma almeno una parola di conforto, sì. Almeno quella. Ho avuto vicini solo i miei parenti, e i miei genitori che mi hanno aiutata, ma anche loro hanno problemi. Non è facile per nessuno”.
Maria Concetta ci confessa che sopravvive solo grazie alla Caritas. “Mi danno la pasta e lo zucchero, e i pannolini. Ma non bastano. Vorrei che le mie figlie mangiassero anche la carne ogni tanto, come sarebbe giusto”. E poi ci sono le bollette da pagare e soprattutto i debiti. “Io non voglio nessun favore. Voglio solo lavorare e comprare ciò che serve alle mie figlie. E non chiedere più niente. A nessuno”.
fonte:Livesicilia
mercoledì 21 settembre 2011
La rivolta a Lampedusa
Ieri pomeriggio alcuni immigrati hanno appiccato un incendio all’interno del Centro di identificazione ed espulsione (CIE) di Lampedusa. Le fiamme si sono propagate rapidamente in uno degli edifici della struttura e, approfittando del caos dato dall’emergenza, circa 800 persone sono fuggite dal Centro cercando riparo nelle altre zone dell’isola. Circa la metà degli immigrati fuggiti sono stati ritrovati dalle forze dell’ordine già nel tardo pomeriggio di ieri, gli altri nella serata. Nel frattempo, il fumo nero e denso dell’incendio ha invaso buona parte dell’isola, rendendo necessaria anche la temporanea chiusura dell’aeroporto.
Decine di extracomunitari ospitati nel CIE chiedevano da giorni di essere trasferiti sulla terraferma, lamentando le difficili condizioni all’interno del centro di accoglienza. Alcuni hanno infine deciso di agire dando fuoco alla struttura, che ha riportato danni molto gravi e che secondo il sindaco di Lampedusa, Bernardino de Rubeis, lo hanno reso del tutto inutilizzabile.
Nel CIE erano principalmente raccolti cittadini tunisini, circa 1.200, fuggiti nelle ultime settimane via mare dal paese. In attesa di trovare una nuova sistemazione, le persone che si trovavano dentro al Centro sono state radunate in un campetto sportivo e sono tenute sotto sorveglianza dalle forze dell’ordine. Si contano una decina di feriti non gravi e diversi intossicati. Un centinaio di immigrati sono stati trasferiti nella serata di ieri con un volo militare.
Venerdì scorso, de Rubeis aveva spiegato di aver ricevuto una telefona dal ministro dell’Interno, Roberto Maroni, che lo aveva rassicurato sull’imminente trasferimento di mille tunisini. Il piano prevedeva di trasferirli negli altri centri sparsi sul territorio italiano riducendo la pressione sul CIE dell’isola. A distanza di quattro giorni dall’annuncio nulla era però cambiato ed è iniziata la rivolta.
L’inviato Felice Cavallaro del Corriere della Sera ha intervistato l’assessore alla Sanità di Lampedusa e medico responsabile del poliambulatorio Pietro Bartolo:
Ho soccorso gli intossicati, compreso un immigrato paraplegico al quale avevo fatto avere una sedia a rotelle sperando che lo portassero in un altro centro italiano. Invece li fanno restare qui anche due mesi e con tutta la buona volontà delle forze di polizia il Centro diventa una bomba a orologeria, stanchi ed esauriti come sono questi disperati. Che cosa si aspetta? Qui prima o poi ci scappa il morto.
Da giorni numerose associazioni come Save the Children segnalavano i rischi legati alla crescente tensione nel CIE, che avrebbe potuto portare ad atti violenti. Un episodio simile era avvenuto già nel 2009 mettendo a rischio i migranti nel Centro e gli operatori che danno loro assistenza.
fonte: il POST
Decine di extracomunitari ospitati nel CIE chiedevano da giorni di essere trasferiti sulla terraferma, lamentando le difficili condizioni all’interno del centro di accoglienza. Alcuni hanno infine deciso di agire dando fuoco alla struttura, che ha riportato danni molto gravi e che secondo il sindaco di Lampedusa, Bernardino de Rubeis, lo hanno reso del tutto inutilizzabile.
Nel CIE erano principalmente raccolti cittadini tunisini, circa 1.200, fuggiti nelle ultime settimane via mare dal paese. In attesa di trovare una nuova sistemazione, le persone che si trovavano dentro al Centro sono state radunate in un campetto sportivo e sono tenute sotto sorveglianza dalle forze dell’ordine. Si contano una decina di feriti non gravi e diversi intossicati. Un centinaio di immigrati sono stati trasferiti nella serata di ieri con un volo militare.
Venerdì scorso, de Rubeis aveva spiegato di aver ricevuto una telefona dal ministro dell’Interno, Roberto Maroni, che lo aveva rassicurato sull’imminente trasferimento di mille tunisini. Il piano prevedeva di trasferirli negli altri centri sparsi sul territorio italiano riducendo la pressione sul CIE dell’isola. A distanza di quattro giorni dall’annuncio nulla era però cambiato ed è iniziata la rivolta.
L’inviato Felice Cavallaro del Corriere della Sera ha intervistato l’assessore alla Sanità di Lampedusa e medico responsabile del poliambulatorio Pietro Bartolo:
Ho soccorso gli intossicati, compreso un immigrato paraplegico al quale avevo fatto avere una sedia a rotelle sperando che lo portassero in un altro centro italiano. Invece li fanno restare qui anche due mesi e con tutta la buona volontà delle forze di polizia il Centro diventa una bomba a orologeria, stanchi ed esauriti come sono questi disperati. Che cosa si aspetta? Qui prima o poi ci scappa il morto.
Da giorni numerose associazioni come Save the Children segnalavano i rischi legati alla crescente tensione nel CIE, che avrebbe potuto portare ad atti violenti. Un episodio simile era avvenuto già nel 2009 mettendo a rischio i migranti nel Centro e gli operatori che danno loro assistenza.
fonte: il POST
martedì 20 settembre 2011
Questione morale, la “grande assente” Bianco: “Lombardo peggio di Cuffaro”
Alla direzione regionale del Pd non si è avvertita l’eco della citazione in giudizio del presidente della Regione Lombardo. La cosiddetta “questione morale” è la grande assente. Soppiantata dagli equilibrismi tra governo politico e alleanza politica, primarie e “sistemi di consultazione democratica”. La questione morale non c’è. Non interessa a nessuno sollevarla. Nemmeno per affermare, come lo stesso presidente Lombardo ha fatto il giorno dopo la notizia della citazione a giudizio, che il ridimensionamento delle accuse toglieva qualche “imbarazzo” ai partiti che sostengono il governatore. Niente. Nemmeno quello. Nessun accenno nella relazione di Lupo, nell’intervento di Migliavacca, nemmeno nelle parole di chi della legalità ha fatto spesso un tema costante della propria attività politica.
Da Giuseppe Lumia arrivano strali contro chi vuole “gettare a mare un’alleanza che oggi si sta imponendo a livello nazionale”, chi “non capisce che alleandosi con Idv e Sel si perde di sicuro”, chi “vuole regalare Lombardo ad Alfano”. Sul fatto di sostenere un presidente che dovrà rispondere di “voto di scambio”, niente. Nemmeno un accenno. Così, fare la parte del “guastafeste” tocca al senatore Enzo Bianco (nella foto). Non è una novità, ci mancherebbe. Ma è l’unica voce che, durante la direzione, s’è sollevata per dire qualcosa in merito. “Lombardo ha detto che dopo la caduta del reato di mafia il Pd avrà meno imbarazzo a sostenerlo? Io sono molto imbarazzato invece”.
E l’imbarazzo l’ha calato nel suo intervento alla direzione, dove ha chiesto nuovamente “il ritiro dell’appoggio al governo Lombardo. Del resto, il partito quattro mesi fa aveva detto che l’esperienza col governo Lombardo ’stava esaurendosi’, poi ha detto che ’si è esaurita’. Oggi mi aspetto che si aggiunga l’avverbio ‘definitivamente’”. Non sarà accontentato. Resta quella “questione morale”, che non dovrebbe, secondo Bianco, consentire a un partito come il Pd di sostenere un governatore “che è stato, sostanzialmente, rinviato a giudizio. Non dimentichiamo che il Pd fa dell’aspetto morale un punto fermo”.
E non manca il parallelismo sollevato da diversi osservatori col “caso Cuffaro”. “Io sono stato – dice Bianco – un durissimo rivale di Cuffaro. E lo sarei ancora. Ma posso dire che lui è finito in galera per molto meno. Per Lombardo si può parlare di un vero patto elettorale con mafiosi. Al di là dell’aspetto giudiziario, si tratta di comportamenti molto gravi che un partito non può sottovalutare. Che differenza c’è tra Cuffaro e Lombardo? – insiste – il fatto che Cuffaro ha festeggiato con i cannoli, mentre Lombardo, forse, è a dieta?”. E il tema, come detto, scandisce l’intervento di Bianco davanti ai vertici del Pd: “Il nostro – ha detto – è il partito di Pio La Torre e Piersanti Mattarella”. Frase che ha innescato la reazione di Giuseppe Arnone: “Ma siamo anche il partito di persone conniventi con ambienti mafiosi come Angelo Capodicasa e Vladimiro Crisafulli”. Da quel momento in poi, la situazione è precipitata vertiginosamente. I ceffoni non sono volati davvero per poco. Mentre gli altri presenti si dividevano tra chi provava a dividere i “contendenti” e chi, invece, sussurrava, con un po’ di imbarazzo: “Ma che figura ci fa il partito?”. Ecco dov’era finita la questione morale del Pd.
fonte :Livesicilia
Da Giuseppe Lumia arrivano strali contro chi vuole “gettare a mare un’alleanza che oggi si sta imponendo a livello nazionale”, chi “non capisce che alleandosi con Idv e Sel si perde di sicuro”, chi “vuole regalare Lombardo ad Alfano”. Sul fatto di sostenere un presidente che dovrà rispondere di “voto di scambio”, niente. Nemmeno un accenno. Così, fare la parte del “guastafeste” tocca al senatore Enzo Bianco (nella foto). Non è una novità, ci mancherebbe. Ma è l’unica voce che, durante la direzione, s’è sollevata per dire qualcosa in merito. “Lombardo ha detto che dopo la caduta del reato di mafia il Pd avrà meno imbarazzo a sostenerlo? Io sono molto imbarazzato invece”.
E l’imbarazzo l’ha calato nel suo intervento alla direzione, dove ha chiesto nuovamente “il ritiro dell’appoggio al governo Lombardo. Del resto, il partito quattro mesi fa aveva detto che l’esperienza col governo Lombardo ’stava esaurendosi’, poi ha detto che ’si è esaurita’. Oggi mi aspetto che si aggiunga l’avverbio ‘definitivamente’”. Non sarà accontentato. Resta quella “questione morale”, che non dovrebbe, secondo Bianco, consentire a un partito come il Pd di sostenere un governatore “che è stato, sostanzialmente, rinviato a giudizio. Non dimentichiamo che il Pd fa dell’aspetto morale un punto fermo”.
E non manca il parallelismo sollevato da diversi osservatori col “caso Cuffaro”. “Io sono stato – dice Bianco – un durissimo rivale di Cuffaro. E lo sarei ancora. Ma posso dire che lui è finito in galera per molto meno. Per Lombardo si può parlare di un vero patto elettorale con mafiosi. Al di là dell’aspetto giudiziario, si tratta di comportamenti molto gravi che un partito non può sottovalutare. Che differenza c’è tra Cuffaro e Lombardo? – insiste – il fatto che Cuffaro ha festeggiato con i cannoli, mentre Lombardo, forse, è a dieta?”. E il tema, come detto, scandisce l’intervento di Bianco davanti ai vertici del Pd: “Il nostro – ha detto – è il partito di Pio La Torre e Piersanti Mattarella”. Frase che ha innescato la reazione di Giuseppe Arnone: “Ma siamo anche il partito di persone conniventi con ambienti mafiosi come Angelo Capodicasa e Vladimiro Crisafulli”. Da quel momento in poi, la situazione è precipitata vertiginosamente. I ceffoni non sono volati davvero per poco. Mentre gli altri presenti si dividevano tra chi provava a dividere i “contendenti” e chi, invece, sussurrava, con un po’ di imbarazzo: “Ma che figura ci fa il partito?”. Ecco dov’era finita la questione morale del Pd.
fonte :Livesicilia
lunedì 19 settembre 2011
Fiat, ripresa la protesta gli operai bloccano la ferrovia
Sit-in alla stazione di Termini Imerese delle tute blu che chiedono garanzie per il futuro. A fine anno l'industria torinese lascerà lo stabilimento siciliano
Gli operai della Fiat e dell'indotto hanno bloccato la stazione ferroviaria di Termini Imerese. La decisione è stata presa al termine dell'assemblea, che si è svolta davanti ai cancelli della fabbrica dove si assembla la Lancia Ypsilon. La Fiat a fine anno lascerà lo stabilimento siciliano. Gli operai chiedono anche un incontro urgente con i sindaci della provincia di Palermo.
"Questa vertenza, giorno dopo giorno, diventa sempre più difficile - dice il segretario provinciale della Fiom di Palermo, Roberto Mastrosimone - Chiediamo un incontro per questo pomeriggio stesso nella sede del Comune di Termini Imerese con i sindaci del comprensorio".
fonte: la Repubblica
Gli operai della Fiat e dell'indotto hanno bloccato la stazione ferroviaria di Termini Imerese. La decisione è stata presa al termine dell'assemblea, che si è svolta davanti ai cancelli della fabbrica dove si assembla la Lancia Ypsilon. La Fiat a fine anno lascerà lo stabilimento siciliano. Gli operai chiedono anche un incontro urgente con i sindaci della provincia di Palermo.
"Questa vertenza, giorno dopo giorno, diventa sempre più difficile - dice il segretario provinciale della Fiom di Palermo, Roberto Mastrosimone - Chiediamo un incontro per questo pomeriggio stesso nella sede del Comune di Termini Imerese con i sindaci del comprensorio".
fonte: la Repubblica
venerdì 16 settembre 2011
La Sicilia non Gela il sangue
.
Esistono dei luoghi, in Italia, che nessuno sa. Non appaiono di frequente sulle guide turistiche: le agenzie di viaggio non consigliano, non nominano. Eppure esistono. Prendo un aereo, dal mio nord, del tutto inconscia di quello che mi aspetta, senza sapere come sarà quando arriverò, se ci arriverò davvero. Il mio nord che è davvero nord, che da casa mia ci metto lo stesso tempo ad arrivare in Austria in auto che a giungere dove sto andando in aereo. Partenza: profondo nord. Arrivo: profondo sud. E del sud se ne sentono tante. Perchè quando si pensa al sud, una è la parola che compare in testa, e sappiamo tutti quale. Senza ipocrisia. Mafia. Storie di gente ammazzata, di incendi, di pizzo. Storie di uomini che hanno deciso di vivere sulle spalle di altri uomini, rincorrendo l'ideale di guadagni facili, di potere, o meglio, di potenza. Mafia. E andare al sud, andare in Sicilia.
Immagini le donne coi capelli legati stretti, sedute fuori da casa, col capo coperto da scialli neri troppo pesanti per la stagione estiva, e le gocce di sudore sulle tempie. Uomini con la coppola che chiacchierano per strada, che non bisogna guardarli troppo fisso negli occhi altrimenti.
Si, la mafia. Si, c'è. Ma la Sicilia non è la mafia.
Profumo di gelsomino che ti riempie le narici e sale fino al cervello. Eccitante. Travolgente. Il mare, blu, verde, rosso. Il mare della Sicilia. Quel mare d'Italia che si vede sulle cartoline. Quel mare che per averne l'idea davvero ci vorrebbero gli anni. Quel mare che se ti ci immergi la sera, quando il sole ormai senza più sforzi
si abbandona e si lascia andare, ti fa stare bene.
Il sapore della granita, del pesce fresco. I colori e I rumori del mercato di Palermo. Il cielo di Agrigento. Il bianco delle chiese di Modica. Le voci dei Siciliani, quella gentilezza umile, piena, profonda. Quell'offrirsi generosamente, quel desiderio inconscio di farti sentire a casa tua, di esserti d'aiuto. Semplice. Schietto. Caldo. E per le strade, la Sicilia si mostra. Si mette in mostra, per quello che le è restato, dopo secoli di dominazione araba, spagnola. E I suoi tesori non li nasconde, li fa vedere, come una vecchia signora col viso ormai cosparso di rughe, una di quelle donne di un tempo, forti, combattive, che nonostante tutto non si arrendono mai. Un velo di rossetto, un po' di mascara. Perchè la Sicilia è femmina.
Perchè la Sicilia non è solo mafia.
E nel sud del sud, che più giù c'è solo l'Africa, c'è una città che pochi sanno. Conosciuta solo per ragioni illecite, incivili. Per il Petrolchimico che con le due torri, silenzioso, la sorveglia senza farsi troppo sentire. Ma c'è. Sempre. E nel sud del sud, che più giù c'è solo l'Africa, c'è una città che pochi sanno. Una città in fiamme un giorno si e uno no. Una città che funziona male, dove il depuratore si rompe o semplicemente smette di funzionare, dove le auto bruciano, dove ti svegli una mattina e acqua non ce n'è.
E nel sud del sud, proprio lì, vicino all'Africa, a 1500 chilometri dal mio nord, c'è una città che aveva tre volte il numero di templi di Agrigento. Una città cinta da mure antiche, coperte da palazzi che, per comodità o pigrizia, ci si sono apoggiati. Una città in cui una volta c'era un castello, ed ora un edificio triste. E il mare è blu intenso, il sole rosso fuoco, l'alba rosa chiaro. Una città dilaniata, abusata, violentata. Una città che è la Sicilia.
Una città che vive, che lotta ogni giorno, che respira e cerca di non affogare negli scarti del Petrolchimico. Vera. Reale. Senza troppo trucco sulle guance, senza ombretto ad abbellire lo sguardo. Ha il sorriso delle ragazze del centro, con le gonne che svolazzano al vento d'estate. Ha la voce dei ragazzi che dicono "no", di quelli che si danno da fare, che la sera si trovano ad organizzare il futuro, quello di tutti, quello collettivo. Di quelli che non la abbandonano. Di quelli che ci ritornano. Perchè Gela, come la Sicilia, è femmina. Perchè Gela, come la Sicilia, lotta. Perchè Gela ti guarda negli occhi, ti scava dentro, ti fa pensare. E non te la scordi.
fonte : http://trentinocorrierealpi.gelocal.it/iniziativeeditoriali/2011/09/11/news/la-sicilia-non-gela-il-sangue-4942075?fb_comment_id=fbc_10150295904149858_18783262_10150301853054858#f39ee41f4fd8326
Esistono dei luoghi, in Italia, che nessuno sa. Non appaiono di frequente sulle guide turistiche: le agenzie di viaggio non consigliano, non nominano. Eppure esistono. Prendo un aereo, dal mio nord, del tutto inconscia di quello che mi aspetta, senza sapere come sarà quando arriverò, se ci arriverò davvero. Il mio nord che è davvero nord, che da casa mia ci metto lo stesso tempo ad arrivare in Austria in auto che a giungere dove sto andando in aereo. Partenza: profondo nord. Arrivo: profondo sud. E del sud se ne sentono tante. Perchè quando si pensa al sud, una è la parola che compare in testa, e sappiamo tutti quale. Senza ipocrisia. Mafia. Storie di gente ammazzata, di incendi, di pizzo. Storie di uomini che hanno deciso di vivere sulle spalle di altri uomini, rincorrendo l'ideale di guadagni facili, di potere, o meglio, di potenza. Mafia. E andare al sud, andare in Sicilia.
Immagini le donne coi capelli legati stretti, sedute fuori da casa, col capo coperto da scialli neri troppo pesanti per la stagione estiva, e le gocce di sudore sulle tempie. Uomini con la coppola che chiacchierano per strada, che non bisogna guardarli troppo fisso negli occhi altrimenti.
Si, la mafia. Si, c'è. Ma la Sicilia non è la mafia.
Profumo di gelsomino che ti riempie le narici e sale fino al cervello. Eccitante. Travolgente. Il mare, blu, verde, rosso. Il mare della Sicilia. Quel mare d'Italia che si vede sulle cartoline. Quel mare che per averne l'idea davvero ci vorrebbero gli anni. Quel mare che se ti ci immergi la sera, quando il sole ormai senza più sforzi
si abbandona e si lascia andare, ti fa stare bene.
Il sapore della granita, del pesce fresco. I colori e I rumori del mercato di Palermo. Il cielo di Agrigento. Il bianco delle chiese di Modica. Le voci dei Siciliani, quella gentilezza umile, piena, profonda. Quell'offrirsi generosamente, quel desiderio inconscio di farti sentire a casa tua, di esserti d'aiuto. Semplice. Schietto. Caldo. E per le strade, la Sicilia si mostra. Si mette in mostra, per quello che le è restato, dopo secoli di dominazione araba, spagnola. E I suoi tesori non li nasconde, li fa vedere, come una vecchia signora col viso ormai cosparso di rughe, una di quelle donne di un tempo, forti, combattive, che nonostante tutto non si arrendono mai. Un velo di rossetto, un po' di mascara. Perchè la Sicilia è femmina.
Perchè la Sicilia non è solo mafia.
E nel sud del sud, che più giù c'è solo l'Africa, c'è una città che pochi sanno. Conosciuta solo per ragioni illecite, incivili. Per il Petrolchimico che con le due torri, silenzioso, la sorveglia senza farsi troppo sentire. Ma c'è. Sempre. E nel sud del sud, che più giù c'è solo l'Africa, c'è una città che pochi sanno. Una città in fiamme un giorno si e uno no. Una città che funziona male, dove il depuratore si rompe o semplicemente smette di funzionare, dove le auto bruciano, dove ti svegli una mattina e acqua non ce n'è.
E nel sud del sud, proprio lì, vicino all'Africa, a 1500 chilometri dal mio nord, c'è una città che aveva tre volte il numero di templi di Agrigento. Una città cinta da mure antiche, coperte da palazzi che, per comodità o pigrizia, ci si sono apoggiati. Una città in cui una volta c'era un castello, ed ora un edificio triste. E il mare è blu intenso, il sole rosso fuoco, l'alba rosa chiaro. Una città dilaniata, abusata, violentata. Una città che è la Sicilia.
Una città che vive, che lotta ogni giorno, che respira e cerca di non affogare negli scarti del Petrolchimico. Vera. Reale. Senza troppo trucco sulle guance, senza ombretto ad abbellire lo sguardo. Ha il sorriso delle ragazze del centro, con le gonne che svolazzano al vento d'estate. Ha la voce dei ragazzi che dicono "no", di quelli che si danno da fare, che la sera si trovano ad organizzare il futuro, quello di tutti, quello collettivo. Di quelli che non la abbandonano. Di quelli che ci ritornano. Perchè Gela, come la Sicilia, è femmina. Perchè Gela, come la Sicilia, lotta. Perchè Gela ti guarda negli occhi, ti scava dentro, ti fa pensare. E non te la scordi.
fonte : http://trentinocorrierealpi.gelocal.it/iniziativeeditoriali/2011/09/11/news/la-sicilia-non-gela-il-sangue-4942075?fb_comment_id=fbc_10150295904149858_18783262_10150301853054858#f39ee41f4fd8326
Pioggia di soldi per i convegni all'estero
La Regione senza un euro in cassa, la stessa che ha 5 miliardi di euro di debiti, finanzia con 900 mila euro la promozione della cultura siciliana all'estero. Come? Distribuendo una pioggia di soldi ad associazioni, enti di formazione, onlus, università e sedi di Confindustria, che organizzano seminari, convegni e manifestazioni in giro per il mondo, dal Sud Africa all'Argentina, dal Venezuela all'Australia, da New York a Monaco di Baviera. Il tutto con l'obiettivo di far conoscere "i sapori di Sicilia" oppure "la gelateria e la pasticceria siciliana" e, ancora, la "Sicilia in bocca", sempre per rimanere in tema culinario, perché non mancano eventi sulla tradizione popolare e perfino sulla musica dell'Isola con il convegno in programma in Australia dal titolo "Questa terra ancora canta", curato da Vincenzo Spampinato, il musicista catanese che ha scritto l'inno di Palazzo d'Orleans.
E a fare i globetrotter in salsa siciliana con i soldi della Regione non saranno solo le associazioni ma anche dirigenti e funzionari del dipartimento Lavoro che, con tanto di norma scritta nel decreto di finanziamento, dovranno essere ospitati per controllare che la manifestazione in questione si realizzi davvero. "Soldi sprecati che si aggiungono ad altri sprechi, visto che basterebbe una semplice telefonata al consolato locale per sapere se l'evento si sta svolgendo o meno", attaccano i segretari del Cobas-Codir, Dario Matranga e Marcello Minio. Ma tant'è.
Al di là delle polemiche e dei burocrati
viaggiatori, di certo c'è che la dirigente generale del dipartimento Lavoro, Alessandra Russo, ha appena firmato il decreto che stanzia 900 mila euro. Ben 37 le associazioni e gli enti finanziati. Tra questi non mancano quelli attivi sul campo da 30 anni, come l'Usef di Palermo, vicina al Pd, che in Australia organizzerà un evento dal titolo "La Sicilia tra monumenti e musica", e in Argentina un seminario su "La Sicilia dei Borboni": 50 mila euro il finanziamento complessivo. Doppio finanziamento anche per l'Istituto Ferdinando Santi, sempre di area democratica, che organizzerà un evento dal titolo "La Sicilia ribelle" in Brasile e una seconda manifestazione sulla cultura arabo normanna in Venezuela.
Finanziata anche l'associazione Ragusani nel mondo, vicina al presidente della Provincia Franco Antoci dell'Udc, che ha attenuto 25 mila euro per un evento a Sydney su "Teatro, cinema e cucina siciliana in Australia". Non mancano poi le associazioni catanesi, care all'Mpa, come la Sicilia mondo che organizza due venti in Svizzera e Sud Africa. Anche Confindustria fa la sua parte: l'associazione di Agrigento guidata da Giuseppe Catanzaro ha avuto 25 mila euro per "Il segno dei siciliani d'Australia nella cultura di impresa" e la Med Europe export, di Confindustria Palermo, altri 25 mila euro per la manifestazione su "Scuole per l'identità siciliana" in Argentina.
Tante poi le manifestazioni culinarie: da quella sulla "Cultura gastronomica siciliana" organizzata dal Crases di Palermo in Argentina, al workshop sulla pasticceria siciliana organizzato dell'Euroform di Aragona in Uruguay, passando per "Le rotte dell'enogastronomia" che la onlus Aitae di Alcamo, vicina all'Mpa, organizzerà a New York. Finanziata anche l'Università di Messina per due eventi in Argentina e Uruguay, e la Fondazione Mandralisca di Cefalù che andrà a Montreal per un seminario dal titolo "Le scuole raccontano i musei".
(16 settembre 2011)
fonte:la Repubblica
E a fare i globetrotter in salsa siciliana con i soldi della Regione non saranno solo le associazioni ma anche dirigenti e funzionari del dipartimento Lavoro che, con tanto di norma scritta nel decreto di finanziamento, dovranno essere ospitati per controllare che la manifestazione in questione si realizzi davvero. "Soldi sprecati che si aggiungono ad altri sprechi, visto che basterebbe una semplice telefonata al consolato locale per sapere se l'evento si sta svolgendo o meno", attaccano i segretari del Cobas-Codir, Dario Matranga e Marcello Minio. Ma tant'è.
Al di là delle polemiche e dei burocrati
viaggiatori, di certo c'è che la dirigente generale del dipartimento Lavoro, Alessandra Russo, ha appena firmato il decreto che stanzia 900 mila euro. Ben 37 le associazioni e gli enti finanziati. Tra questi non mancano quelli attivi sul campo da 30 anni, come l'Usef di Palermo, vicina al Pd, che in Australia organizzerà un evento dal titolo "La Sicilia tra monumenti e musica", e in Argentina un seminario su "La Sicilia dei Borboni": 50 mila euro il finanziamento complessivo. Doppio finanziamento anche per l'Istituto Ferdinando Santi, sempre di area democratica, che organizzerà un evento dal titolo "La Sicilia ribelle" in Brasile e una seconda manifestazione sulla cultura arabo normanna in Venezuela.
Finanziata anche l'associazione Ragusani nel mondo, vicina al presidente della Provincia Franco Antoci dell'Udc, che ha attenuto 25 mila euro per un evento a Sydney su "Teatro, cinema e cucina siciliana in Australia". Non mancano poi le associazioni catanesi, care all'Mpa, come la Sicilia mondo che organizza due venti in Svizzera e Sud Africa. Anche Confindustria fa la sua parte: l'associazione di Agrigento guidata da Giuseppe Catanzaro ha avuto 25 mila euro per "Il segno dei siciliani d'Australia nella cultura di impresa" e la Med Europe export, di Confindustria Palermo, altri 25 mila euro per la manifestazione su "Scuole per l'identità siciliana" in Argentina.
Tante poi le manifestazioni culinarie: da quella sulla "Cultura gastronomica siciliana" organizzata dal Crases di Palermo in Argentina, al workshop sulla pasticceria siciliana organizzato dell'Euroform di Aragona in Uruguay, passando per "Le rotte dell'enogastronomia" che la onlus Aitae di Alcamo, vicina all'Mpa, organizzerà a New York. Finanziata anche l'Università di Messina per due eventi in Argentina e Uruguay, e la Fondazione Mandralisca di Cefalù che andrà a Montreal per un seminario dal titolo "Le scuole raccontano i musei".
(16 settembre 2011)
fonte:la Repubblica
Fiat, non si ferma la protesta degli operai di Termini Imerese
Non si fermano le proteste degli operai Fiat e dell’indotto di Termini Imerese. I lavoratori hanno presidiato per tutta la notte i cancelli della Bienne Sud, la fabbrica preposta all’assemblaggio di alcuni componenti della Lancia Ypsilon. Gli operai temono per il loro futuro dopo la chiusura, a fine anno, dello stabilimento, e non si sentono protetti abbastanza dal governo nazionale e regionale.
Notte di passione per la viabilità. I lavoratori hanno, infatti, bloccato il transito sulla statale, riversando cassonetti della spazzatura e altro materiale, e accendendo fuochi per scaldarsi durante la notte.
Inoltre, l'Anas comunica che dalle 10 di questa mattina e' chiusa l'autostrada A19 Palermo-Catania in entrambe le direzioni, tra gli svincoli di Agglomerato industriale e Termini Imerese. La chiusura e la conseguente deviazione sulla statale 113 Settentrionale Sicula si sono rese necessarie a causa della manifestazione organizzata al km 35 dagli operai dello stabilimento di Termini Imerese. L'area e' presidiata da una squadra dell'Anas, che gestisce la viabilita'.
fonte:SiciliaInformazioni.com
Notte di passione per la viabilità. I lavoratori hanno, infatti, bloccato il transito sulla statale, riversando cassonetti della spazzatura e altro materiale, e accendendo fuochi per scaldarsi durante la notte.
Inoltre, l'Anas comunica che dalle 10 di questa mattina e' chiusa l'autostrada A19 Palermo-Catania in entrambe le direzioni, tra gli svincoli di Agglomerato industriale e Termini Imerese. La chiusura e la conseguente deviazione sulla statale 113 Settentrionale Sicula si sono rese necessarie a causa della manifestazione organizzata al km 35 dagli operai dello stabilimento di Termini Imerese. L'area e' presidiata da una squadra dell'Anas, che gestisce la viabilita'.
fonte:SiciliaInformazioni.com
Sullo Stretto c'è un pozzo senza fondo
Del Ponte si parla dal 1969. Ma fin'ora non è stata messa neanche una pietra. Secondo la Corte dei Conti, tra il 1986 e il 2008, è costato poco più di 200 milioni di euro. Ma tra trivellazioni, progetti e personale la cifra totale dovrebbe arrivare al doppio. Eppure si continua a spendere senza risultati: la Regione Calabria è pronta a finanziare i primi corsi di formazione professionale
E' fatto di carta. Non si stufano mai di disegnarlo, di ritoccarlo nel suo slancio a una o due o a tre campate verso l'isola, d'immaginarselo indistruttibile mentre sotto un bombardamento nucleare la Sicilia e la Calabria sprofondano nel mare ma il loro Ponte resta lì intatto e perfetto, sospeso per miracolo nell'aria. Abbiamo pagato anche per questa prova di resistenza: lo studio "su un ipotetico attacco atomico". Paghiamo sempre per il Ponte che non c'è. L'altro giorno ci hanno presentato l'ultimo conto: 454 mila euro.
La regione Calabria è pronta a finanziare i primi corsi di formazione professionale per "preparare" otto tecnici che, a loro volta, dovrebbero "preparare" tutti i dipendenti che saranno assunti per aprire un cantiere o per distribuire gli stipendi alle maestranze. Il Ponte è un abbaglio lontano ma l'agenzia "CalabriaLavoro" ha già pubblicato il suo bando. Vogliono subito un esperto giuridico, tre informatici, due amministrativi, un valutatore e un revisore contabile. Ed è solo il primo, di bando. Quei furbacchioni di Catanzaro e di Reggio hanno annunciato tutti contenti che ne stanno sfornando un altro. Vogliono al più presto pure "gli addetti alla manutenzione dell'opera". Molto previdenti. Già pensano alla salsedine che aggredirà i piloni o i binari dove sfrecceranno i treni. Lo chiamano Ponte ma lo sanno tutti che è un pozzo. Se ci sta costando così tanto e ancora non c'è, quanto ci costerà il giorno quando - chissà quando - vedremo unite Scilla e Cariddi?
Non c'è. Qualcuno però dà a intendere che prima o poi ci sarà. Fino ad ora è servito solo per divorare soldi. I giudici della Corte dei Conti calcolano che siano stati spesi dal 1986 al 2008 poco più di 200 milioni di euro, c'è chi dice invece che i milioni sono quasi 300 e, se si aggiungono i costi delle trivellazioni degli ultimi mesi, la cifra totale dovrebbe sforare i 400. Numeri che ballano ma poi mica tanto. Quasi tutto il denaro è sparito in progetti. E in altri progetti. Sempre nuovi progetti. Ultimi. Finali. Definitivi.
E' una (carissima) visione onirica che ci insegue da quarant'anni - era il 1971 quando la legge numero 1158 prevedeva la costituzione della Società Stretto di Messina "per la realizzazione e la gestione del collegamento stabile fra la Sicilia e la Calabria" - e che ha fatto crescere quest'albero della cuccagna che ha arricchito le solite cricche di ingegneri e architetti, ha ingrassato eserciti di specialisti e consulenti, che ha scatenato gli appetiti di malavitosi perennemente in agguato sulle due sponde per accaparrarsi appalti. Due anni prima di quel 1971 era stato bandito dall'Anas e dalle Ferrovie dello Stato il "concorso di idee", 143 i lavori presentati: 125 firmati da italiani, 8 da americani, 3 da inglesi, 3 da francesi, poi ce n'erano anche uno tedesco, uno svedese, uno argentino e uno somalo. Tunnel a mezz'acqua ancorato al fondo con cavi di acciaio. Ponte sospeso a luce unica. Galleria sotterranea.
Da quel momento è stato un trionfo di carte e di soldi, di soldi e di carte. Si comincia subito a mangiare. Il compenso per il vincitore al "concorso di idee" - come ricorda Daniele Ialacqua di Legambiente in un saggio (C'era una volta il Ponte sullo Stretto, storia vera ma tragicomica) che sarà in libreria il prossimo dicembre - era di 15 milioni ma poi i vincitori risultarono a sorpresa 6 ex aequo. Per il secondo classificato erano previsti 3 milioni, ma anche i secondi furono 6. Se ne andarono così i primi 108 milioni di vecchie lire.
Dei soldi ingoiati vi stiamo già anticipando qualcosa. Delle carte del progetto preliminare vi possiamo rivelare subito quanto pesano: centoventi chili. Più di un quintale di schizzi e mappe chiusi in un baule. E' un'avventura che non finisce mai. Una caccia al tesoro permanente. Dopo i corsi i concorsi, dopo i concorsi le selezioni, dopo le selezioni le convenzioni. Come quella a inizio estate 2011, laureandi e neolaureati delle Università di Messina e di Reggio, dodici studenti scelti a ogni edizione del Programma Atlantis "per raccogliere dati ambientali da sensori fissi e mobili". Tirocinio di formazione e di orientamento, spesa al momento sconosciuta ma molto sbandierata la collaborazione con l'università spagnola di Cordova e con il Centro di Studi Integrati del Mediterraneo. In nome del Ponte è stato ideato pure un nuovo corso triennale in informatica, con rilascio del doppio titolo di laurea in Italia e negli Usa. Sono pronti a venire "aggiornati" al più presto anche notai calabresi e geologi siciliani, avvocati, biologi, studiosi delle correnti marine e dei venti.
E' la frenesia per avere in fondo all'Italia "l'ottava meraviglia del mondo". Quella che porterà lavoro a 40 mila disoccupati per 5 o 6 anni e forse anche di più. Le finanze pubbliche ormai non possono garantire un solo euro per costruirlo ma intanto quelli del Ponte assumono e spendono, studiano, analizzano, controllano, esaminano, ricercano. Soldi pubblici, naturalmente. Chi è che ha favorito e chi ancora favorisce questo scialo infinito?
Alla fine di luglio Bruxelles ha cancellato il Ponte cambiando la geografia europea delle grandi infrastrutture (la commissione Ue ha ridisegnato gli "assi di comunicazione" sostituendo il corridoio Berlino-Palermo con quello Helsinki-La Valletta, quindi eliminando praticamente dai suoi piani strategici l'opera fra la Sicilia e la Calabria) ma la "Stretto di Messina spa" ai primi di settembre ha fatto pubblicare su tutti i quotidiani siciliani e calabresi un avviso: "Dichiarazione di Pubblica Utilità del progetto definitivo del Ponte sullo Stretto". Avverte la popolazione che stanno cominciando le procedure per gli espropri. Non si fermano più. E più si allontana l'ipotesi del Ponte e più loro si accaniscono e mettono mano al (nostro) portafoglio.
Come nel giugno del 2006 quando il ministro dei Trasporti Alessandro Bianchi - premier era Prodi - aveva spiegato che il Ponte "non era nelle priorità del governo" ma in Sicilia e in Calabria aprirono in quegli stessi giorni due Info Point, a Villa in via Garibaldi civico 68 e 70 e a Messina in via San Martino 174, per comunicare a tutti che avrebbero visto alzare i primi piloni del Ponte nel secondo semestre del 2007 e l'isola non sarebbe più stata un'isola all'inizio del 2012. Appartamenti e hostess (e arancine e succhi di frutta per i visitatori più influenti) tutti pagati dalla società pubblica "Stretto di Messina spa" con lo scopo "di favorire i rapporti con le comunità e le istituzioni locali e per offrire informazioni sul progetto e sullo stato di avanzamento dei lavori". Due anni dopo - dicembre 2009 - c'è stata "la posa della prima pietra" nella borgata calabrese di Cannitello, proprio davanti ai laghetti di Ganzirri. Qualche ruspa che ha spianato un terreno, le foto di rito, una cerimonia un po'sotto tono che non ha entusiasmato quelli della "Stretto di Messina spa". Faranno un'altra "posa della prima pietra" fra il 2012 e il 2013. Magari dall'altra parte, in Sicilia.
E questa società pubblica, la "Stretto di Messina spa", che è la fabbrica del Ponte di carta. E da quarant'anni è come un bancomat. Nasce nel 1981 - il governo Cossiga nomina presidente della società l'avvocato onorevole Oscar Andò - con 25 dipendenti e nel 2006 paga già 102 stipendi. Più il Ponte sembra un miraggio e più la "Stretto di Messina spa" spende e spande, s'ingrossa, interpella "esperti", commissiona sondaggi, ingaggia "professori" indigeni e stranieri, noti e meno noti. I consulenti locali, con il Ponte che non c'è, si sono fatti la villa con vista Calabria o con vista Sicilia.
Gli anni "felicissimi" sono stati quelli che vanno dal 2001 al 2006. Le spese totali della società sono state di 88,903 milioni di euro. Dal milione 924 mila euro del 2001 (6 milioni 728 mila nel 2002; 12 milioni 005 mila nel 2003; 18 milioni 844 mila nel 2004; 10 milioni 767 mila nel 2005; 20 milioni 845 mila nel 2006) ai 17 milioni 790 mila nel 2007. Prendiamo un anno a caso, il 2005. Ecco come quell'anno sono stati spesi i fondi.
Sono 5 i milioni e 719 mila euro "per le prestazioni professionali di terzi". Un milione e 479 mila euro sono stati impiegati "per emolumenti e spese amministratori". La propaganda e la pubblicità è costata 1 milione 187 mila euro. Per "viaggi e trasferte del personale" hanno messo in bilancio 280 mila euro. Per i buoni pasto dei dipendenti 172 mila euro. Per la vigilanza degli uffici 215 mila euro. Per fotocopie "e lavori eliografici" 78 mila euro. Per trasporti "e facchinaggi" 59 mila euro. Per acqua, luce e riscaldamento degli uffici 113 mila euro. Per "riproduzione di foto e filmati" 48 mila euro. Per "pulizie e igiene uffici" 64 mila euro. Per spese postali e telefoniche 112 mila euro. Per assicurazioni 184 mila euro. Per manutenzioni non meglio specificate 232 mila euro. Per il personale "distaccato" (non si sa dove) 175 mila euro. Per gli emolumenti e spese del collegio sindacale 212 mila euro. Per i compensi della revisione del bilancio 48 mila euro. Per i corsi di aggiornamento professionale 42 mila euro. Per "il rimessaggio e spese varie veicoli" 103 mila euro. E infine, alla vaghissima voce "altri costi per servizi", 245 mila euro.
Ci sono state impennate impressionanti. Anche del 500 per cento. Come quella della "pubblicità", che è passata dai 110 mila euro del 2002 al 1 milione 480 mila euro nel 2004. Per la sede di Roma la "Stretto di Messina spa" aveva affittato in via Po un appartamento di 3600 metri quadrati su quattro piani: 900 mila euro l'anno. Quando Prodi ha chiuso i rubinetti, hanno cambiato sede per risparmiare: via Marsala, 1200 metri e 600 mila euro l'anno di canone. Tutto per un Ponte di carta.
Nel 2005 i dipendenti della "Stretto di Messina spa" erano 85: tredici dirigenti e settantadue impiegati. Che cosa avranno fatto mai quei tredici dirigenti e quei settantadue impiegati sei anni fa per realizzare il sogno di Giuseppe Zanardelli (1876, "Sopra i flutti o sotto i flutti la Sicilia sia unita al Continente), di Benito Mussolini (1942, "E' tempo che finisca questa storia dell'isola: dopo la guerra farò costruire un ponte"), di Bettino Craxi (1985, "E' un'opera da primato mondiale"), di Silvio Berlusconi (2005, "Così si potrà andare dalla Sicilia anche di notte e se uno ha un grande amore dall'altra parte dello Stretto potrà andarci anche alle 4 del mattino senza aspettare i traghetti") e soprattutto della benemerita società "Stretto di Messina spa"?
Quel 2005 è stato un anno decisivo per il destino del Ponte. Andatevi a rileggere le voci del bilancio e vi accorgerete che quella più consistente - 5 milioni e 719 mila euro - riguardava "prestazioni professionali di terzi". I famigerati consulenti. Volete sapere come quegli scienziati hanno contribuito a portare avanti il grandioso progetto? Uno che era a capo di un istituto di ricerca è stato pagato per scoprire "quale era l'impatto emotivo", sui reggini e sui messinesi, una volta che il ponte li avrebbe uniti per sempre. L'hanno pomposamente catalogata come "Indagine psico-socio-antropologica sulla percezione del Ponte presso le popolazioni residenti nell'area interessata alla costruzione". Al dipartimento di Biologia animale dell'Università di Messina hanno affidato "uno studio e un monitoraggio sulle caratteristiche chimico-fisiche delle acque dello Stretto e sulle possibili relazioni con i flussi migratori dei cetacei". All'Istituto Ornitologico Svizzero hanno dato incarico "per un'investigazione radar delle specie di uccelli migratori notturni e per catalogare con la massima precisione le quote di volo, le loro planate e le loro picchiate". Quanto ci sono costati gli studi sulle evoluzioni del falco cuculo e della poiana codabianca nel cielo fra Reggio e Messina?
In sette anni - dal 2001 al 2007 - hanno speso 21,3 milioni per consulenze e 28,8 milioni per il personale. Nel 2006 ciascun dipendente è costato mediamente 930 mila euro. E' proprio quando il governo Prodi ha sospeso la realizzazione del Ponte. In quei mesi la società "Stretto di Messina" ha allargato il suo organico con 17 nuove assunzioni.
Ieri come oggi. L'Europa dice no all'opera ma la regione Calabria subito apre la cassaforte per mettere sul Ponte otto "professionisti". Niente cambia. Dal vecchio Oscar Andò che ha resistito nove anni alla guida della società alla nomina firmata nel 1990 dal presidente del Consiglio Andreotti di Nino Calarco (ex senatore democristiano e direttore della Gazzetta del Sud), fino al presidente dell'Anas Piero Ciucci messo a capo del consiglio di amministrazione nel 2002 da Berlusconi. La società "Stretto di Messina spa" è sempre lì. La leggenda del Ponte di carta deve continuare.
http://inchieste.repubblica.it/it/repubblica/rep-it/inchiesta-italiana/2011/09/15/news/l_ottava_meraviglia_del_mondo_non_c_ma_gi_costata_400_milioni-21723900/?ref=HRER2-1
E' fatto di carta. Non si stufano mai di disegnarlo, di ritoccarlo nel suo slancio a una o due o a tre campate verso l'isola, d'immaginarselo indistruttibile mentre sotto un bombardamento nucleare la Sicilia e la Calabria sprofondano nel mare ma il loro Ponte resta lì intatto e perfetto, sospeso per miracolo nell'aria. Abbiamo pagato anche per questa prova di resistenza: lo studio "su un ipotetico attacco atomico". Paghiamo sempre per il Ponte che non c'è. L'altro giorno ci hanno presentato l'ultimo conto: 454 mila euro.
La regione Calabria è pronta a finanziare i primi corsi di formazione professionale per "preparare" otto tecnici che, a loro volta, dovrebbero "preparare" tutti i dipendenti che saranno assunti per aprire un cantiere o per distribuire gli stipendi alle maestranze. Il Ponte è un abbaglio lontano ma l'agenzia "CalabriaLavoro" ha già pubblicato il suo bando. Vogliono subito un esperto giuridico, tre informatici, due amministrativi, un valutatore e un revisore contabile. Ed è solo il primo, di bando. Quei furbacchioni di Catanzaro e di Reggio hanno annunciato tutti contenti che ne stanno sfornando un altro. Vogliono al più presto pure "gli addetti alla manutenzione dell'opera". Molto previdenti. Già pensano alla salsedine che aggredirà i piloni o i binari dove sfrecceranno i treni. Lo chiamano Ponte ma lo sanno tutti che è un pozzo. Se ci sta costando così tanto e ancora non c'è, quanto ci costerà il giorno quando - chissà quando - vedremo unite Scilla e Cariddi?
Non c'è. Qualcuno però dà a intendere che prima o poi ci sarà. Fino ad ora è servito solo per divorare soldi. I giudici della Corte dei Conti calcolano che siano stati spesi dal 1986 al 2008 poco più di 200 milioni di euro, c'è chi dice invece che i milioni sono quasi 300 e, se si aggiungono i costi delle trivellazioni degli ultimi mesi, la cifra totale dovrebbe sforare i 400. Numeri che ballano ma poi mica tanto. Quasi tutto il denaro è sparito in progetti. E in altri progetti. Sempre nuovi progetti. Ultimi. Finali. Definitivi.
E' una (carissima) visione onirica che ci insegue da quarant'anni - era il 1971 quando la legge numero 1158 prevedeva la costituzione della Società Stretto di Messina "per la realizzazione e la gestione del collegamento stabile fra la Sicilia e la Calabria" - e che ha fatto crescere quest'albero della cuccagna che ha arricchito le solite cricche di ingegneri e architetti, ha ingrassato eserciti di specialisti e consulenti, che ha scatenato gli appetiti di malavitosi perennemente in agguato sulle due sponde per accaparrarsi appalti. Due anni prima di quel 1971 era stato bandito dall'Anas e dalle Ferrovie dello Stato il "concorso di idee", 143 i lavori presentati: 125 firmati da italiani, 8 da americani, 3 da inglesi, 3 da francesi, poi ce n'erano anche uno tedesco, uno svedese, uno argentino e uno somalo. Tunnel a mezz'acqua ancorato al fondo con cavi di acciaio. Ponte sospeso a luce unica. Galleria sotterranea.
Da quel momento è stato un trionfo di carte e di soldi, di soldi e di carte. Si comincia subito a mangiare. Il compenso per il vincitore al "concorso di idee" - come ricorda Daniele Ialacqua di Legambiente in un saggio (C'era una volta il Ponte sullo Stretto, storia vera ma tragicomica) che sarà in libreria il prossimo dicembre - era di 15 milioni ma poi i vincitori risultarono a sorpresa 6 ex aequo. Per il secondo classificato erano previsti 3 milioni, ma anche i secondi furono 6. Se ne andarono così i primi 108 milioni di vecchie lire.
Dei soldi ingoiati vi stiamo già anticipando qualcosa. Delle carte del progetto preliminare vi possiamo rivelare subito quanto pesano: centoventi chili. Più di un quintale di schizzi e mappe chiusi in un baule. E' un'avventura che non finisce mai. Una caccia al tesoro permanente. Dopo i corsi i concorsi, dopo i concorsi le selezioni, dopo le selezioni le convenzioni. Come quella a inizio estate 2011, laureandi e neolaureati delle Università di Messina e di Reggio, dodici studenti scelti a ogni edizione del Programma Atlantis "per raccogliere dati ambientali da sensori fissi e mobili". Tirocinio di formazione e di orientamento, spesa al momento sconosciuta ma molto sbandierata la collaborazione con l'università spagnola di Cordova e con il Centro di Studi Integrati del Mediterraneo. In nome del Ponte è stato ideato pure un nuovo corso triennale in informatica, con rilascio del doppio titolo di laurea in Italia e negli Usa. Sono pronti a venire "aggiornati" al più presto anche notai calabresi e geologi siciliani, avvocati, biologi, studiosi delle correnti marine e dei venti.
E' la frenesia per avere in fondo all'Italia "l'ottava meraviglia del mondo". Quella che porterà lavoro a 40 mila disoccupati per 5 o 6 anni e forse anche di più. Le finanze pubbliche ormai non possono garantire un solo euro per costruirlo ma intanto quelli del Ponte assumono e spendono, studiano, analizzano, controllano, esaminano, ricercano. Soldi pubblici, naturalmente. Chi è che ha favorito e chi ancora favorisce questo scialo infinito?
Alla fine di luglio Bruxelles ha cancellato il Ponte cambiando la geografia europea delle grandi infrastrutture (la commissione Ue ha ridisegnato gli "assi di comunicazione" sostituendo il corridoio Berlino-Palermo con quello Helsinki-La Valletta, quindi eliminando praticamente dai suoi piani strategici l'opera fra la Sicilia e la Calabria) ma la "Stretto di Messina spa" ai primi di settembre ha fatto pubblicare su tutti i quotidiani siciliani e calabresi un avviso: "Dichiarazione di Pubblica Utilità del progetto definitivo del Ponte sullo Stretto". Avverte la popolazione che stanno cominciando le procedure per gli espropri. Non si fermano più. E più si allontana l'ipotesi del Ponte e più loro si accaniscono e mettono mano al (nostro) portafoglio.
Come nel giugno del 2006 quando il ministro dei Trasporti Alessandro Bianchi - premier era Prodi - aveva spiegato che il Ponte "non era nelle priorità del governo" ma in Sicilia e in Calabria aprirono in quegli stessi giorni due Info Point, a Villa in via Garibaldi civico 68 e 70 e a Messina in via San Martino 174, per comunicare a tutti che avrebbero visto alzare i primi piloni del Ponte nel secondo semestre del 2007 e l'isola non sarebbe più stata un'isola all'inizio del 2012. Appartamenti e hostess (e arancine e succhi di frutta per i visitatori più influenti) tutti pagati dalla società pubblica "Stretto di Messina spa" con lo scopo "di favorire i rapporti con le comunità e le istituzioni locali e per offrire informazioni sul progetto e sullo stato di avanzamento dei lavori". Due anni dopo - dicembre 2009 - c'è stata "la posa della prima pietra" nella borgata calabrese di Cannitello, proprio davanti ai laghetti di Ganzirri. Qualche ruspa che ha spianato un terreno, le foto di rito, una cerimonia un po'sotto tono che non ha entusiasmato quelli della "Stretto di Messina spa". Faranno un'altra "posa della prima pietra" fra il 2012 e il 2013. Magari dall'altra parte, in Sicilia.
E questa società pubblica, la "Stretto di Messina spa", che è la fabbrica del Ponte di carta. E da quarant'anni è come un bancomat. Nasce nel 1981 - il governo Cossiga nomina presidente della società l'avvocato onorevole Oscar Andò - con 25 dipendenti e nel 2006 paga già 102 stipendi. Più il Ponte sembra un miraggio e più la "Stretto di Messina spa" spende e spande, s'ingrossa, interpella "esperti", commissiona sondaggi, ingaggia "professori" indigeni e stranieri, noti e meno noti. I consulenti locali, con il Ponte che non c'è, si sono fatti la villa con vista Calabria o con vista Sicilia.
Gli anni "felicissimi" sono stati quelli che vanno dal 2001 al 2006. Le spese totali della società sono state di 88,903 milioni di euro. Dal milione 924 mila euro del 2001 (6 milioni 728 mila nel 2002; 12 milioni 005 mila nel 2003; 18 milioni 844 mila nel 2004; 10 milioni 767 mila nel 2005; 20 milioni 845 mila nel 2006) ai 17 milioni 790 mila nel 2007. Prendiamo un anno a caso, il 2005. Ecco come quell'anno sono stati spesi i fondi.
Sono 5 i milioni e 719 mila euro "per le prestazioni professionali di terzi". Un milione e 479 mila euro sono stati impiegati "per emolumenti e spese amministratori". La propaganda e la pubblicità è costata 1 milione 187 mila euro. Per "viaggi e trasferte del personale" hanno messo in bilancio 280 mila euro. Per i buoni pasto dei dipendenti 172 mila euro. Per la vigilanza degli uffici 215 mila euro. Per fotocopie "e lavori eliografici" 78 mila euro. Per trasporti "e facchinaggi" 59 mila euro. Per acqua, luce e riscaldamento degli uffici 113 mila euro. Per "riproduzione di foto e filmati" 48 mila euro. Per "pulizie e igiene uffici" 64 mila euro. Per spese postali e telefoniche 112 mila euro. Per assicurazioni 184 mila euro. Per manutenzioni non meglio specificate 232 mila euro. Per il personale "distaccato" (non si sa dove) 175 mila euro. Per gli emolumenti e spese del collegio sindacale 212 mila euro. Per i compensi della revisione del bilancio 48 mila euro. Per i corsi di aggiornamento professionale 42 mila euro. Per "il rimessaggio e spese varie veicoli" 103 mila euro. E infine, alla vaghissima voce "altri costi per servizi", 245 mila euro.
Ci sono state impennate impressionanti. Anche del 500 per cento. Come quella della "pubblicità", che è passata dai 110 mila euro del 2002 al 1 milione 480 mila euro nel 2004. Per la sede di Roma la "Stretto di Messina spa" aveva affittato in via Po un appartamento di 3600 metri quadrati su quattro piani: 900 mila euro l'anno. Quando Prodi ha chiuso i rubinetti, hanno cambiato sede per risparmiare: via Marsala, 1200 metri e 600 mila euro l'anno di canone. Tutto per un Ponte di carta.
Nel 2005 i dipendenti della "Stretto di Messina spa" erano 85: tredici dirigenti e settantadue impiegati. Che cosa avranno fatto mai quei tredici dirigenti e quei settantadue impiegati sei anni fa per realizzare il sogno di Giuseppe Zanardelli (1876, "Sopra i flutti o sotto i flutti la Sicilia sia unita al Continente), di Benito Mussolini (1942, "E' tempo che finisca questa storia dell'isola: dopo la guerra farò costruire un ponte"), di Bettino Craxi (1985, "E' un'opera da primato mondiale"), di Silvio Berlusconi (2005, "Così si potrà andare dalla Sicilia anche di notte e se uno ha un grande amore dall'altra parte dello Stretto potrà andarci anche alle 4 del mattino senza aspettare i traghetti") e soprattutto della benemerita società "Stretto di Messina spa"?
Quel 2005 è stato un anno decisivo per il destino del Ponte. Andatevi a rileggere le voci del bilancio e vi accorgerete che quella più consistente - 5 milioni e 719 mila euro - riguardava "prestazioni professionali di terzi". I famigerati consulenti. Volete sapere come quegli scienziati hanno contribuito a portare avanti il grandioso progetto? Uno che era a capo di un istituto di ricerca è stato pagato per scoprire "quale era l'impatto emotivo", sui reggini e sui messinesi, una volta che il ponte li avrebbe uniti per sempre. L'hanno pomposamente catalogata come "Indagine psico-socio-antropologica sulla percezione del Ponte presso le popolazioni residenti nell'area interessata alla costruzione". Al dipartimento di Biologia animale dell'Università di Messina hanno affidato "uno studio e un monitoraggio sulle caratteristiche chimico-fisiche delle acque dello Stretto e sulle possibili relazioni con i flussi migratori dei cetacei". All'Istituto Ornitologico Svizzero hanno dato incarico "per un'investigazione radar delle specie di uccelli migratori notturni e per catalogare con la massima precisione le quote di volo, le loro planate e le loro picchiate". Quanto ci sono costati gli studi sulle evoluzioni del falco cuculo e della poiana codabianca nel cielo fra Reggio e Messina?
In sette anni - dal 2001 al 2007 - hanno speso 21,3 milioni per consulenze e 28,8 milioni per il personale. Nel 2006 ciascun dipendente è costato mediamente 930 mila euro. E' proprio quando il governo Prodi ha sospeso la realizzazione del Ponte. In quei mesi la società "Stretto di Messina" ha allargato il suo organico con 17 nuove assunzioni.
Ieri come oggi. L'Europa dice no all'opera ma la regione Calabria subito apre la cassaforte per mettere sul Ponte otto "professionisti". Niente cambia. Dal vecchio Oscar Andò che ha resistito nove anni alla guida della società alla nomina firmata nel 1990 dal presidente del Consiglio Andreotti di Nino Calarco (ex senatore democristiano e direttore della Gazzetta del Sud), fino al presidente dell'Anas Piero Ciucci messo a capo del consiglio di amministrazione nel 2002 da Berlusconi. La società "Stretto di Messina spa" è sempre lì. La leggenda del Ponte di carta deve continuare.
http://inchieste.repubblica.it/it/repubblica/rep-it/inchiesta-italiana/2011/09/15/news/l_ottava_meraviglia_del_mondo_non_c_ma_gi_costata_400_milioni-21723900/?ref=HRER2-1
lunedì 12 settembre 2011
GIORNO PER L ‘INDIPENDENZA
Il Popolo Siciliano, e il Popolo della Napolitania dicono BASTA !
Basta con lo Stato italiano che ci opprime e ci sfrutta da 150 anni, è l ‘ ora di pretendere L ‘ INDIPENDENZA ! . Non possiamo più aspettare, fino a pochi anni fa potevamo dirci preoccupati che ogni anno era sempre peggio, oggi, invece ogni mese è peggio, anzi è peggio ogni settimana, ogni giorno !
Scendiamo in piazza, facciamo saper...e al sistema Italia che ci sono tanti Napolitani e Siciliani che non intendono più subire passivamente le decisioni delle istituzioni italiane e dei vari politici razzisti, in primis i leghisti, e politici ascari meridionali.
• Scendiamo in piazza per far sapere che ci sono tanti Napolitani e Siciliani onesti che pretendono anche per le loro Terre e i loro Popoli lo stesso rispetto ed orgoglio che hanno tutti i popoli di paesi sovrani.
Scendiamo in piazza per non permettere che il sangue dei guerriglieri Napolitani (briganti) e dei Martiri dell’EVIS sia stato versato invano. Affinché la vita di Nicola Zitara, Gabriele Marzocco, Andrea Finocchiaro Aprile, Antonio Canepa non siano state spese invano per l ‘ Ideale Indipendentista.
Scendiamo in piazza per il nostro futuro, quello dei giovani che è già compromesso e quello delle generazioni future che potrebbero non esserci.
Non mancate, non prendete altri impegni e coinvolgete quante più persone possibile.
Incontriamoci in piazza e poi decideremo come continuare la lotta e migliorare sempre più le strategie per ottenere il nostro obbiettivo: l’Indipendenza.
Quello di Napoli è soltanto il primo appuntamento, altri si svolgeranno in Sicilia.
• Vediamoci pertanto DOMENICA 9 OTTOBRE 2011 ORE 15 IN PIAZZA DEL PLEBISCITO A NAPOLI
• Programma della manifestazione:
1) ore 15.00 incontro in piazza e dispiegamento delle bandiere Napolitane e Siciliane. Ogni manifestante porti una bandiera.
2) I partecipanti fanno conoscenza tra loro
3) Ore 15.00 ci portiamo tutti sotto le scalinate della basilica di San Francesco di Paola.
4) Esponiamo i motivi per i quali è giusto che Siciliani e Napolitani pretendano l’indipendenza dall’Italia
5) Riunione pubblica, una sorta di agorà degli indipendentisti dove decideremo un calendario di iniziative indipendentiste da farsi fino ad agosto del 2012 e la data del II GIORNO PER L’INDIPENDENZA che è nostra intenzione svolgere in Sicilia
6) Eventualmente decideremo anche le linee guida per la futura politica indipendentista a medio e breve termine (nei prossimi anni)
In una AGORA’ pubblica, alla luce del sole, rivendicheremo il nostro DIRITTO ALL ‘ INDIPENDENZA !
Basta con lo Stato italiano che ci opprime e ci sfrutta da 150 anni, è l ‘ ora di pretendere L ‘ INDIPENDENZA ! . Non possiamo più aspettare, fino a pochi anni fa potevamo dirci preoccupati che ogni anno era sempre peggio, oggi, invece ogni mese è peggio, anzi è peggio ogni settimana, ogni giorno !
Scendiamo in piazza, facciamo saper...e al sistema Italia che ci sono tanti Napolitani e Siciliani che non intendono più subire passivamente le decisioni delle istituzioni italiane e dei vari politici razzisti, in primis i leghisti, e politici ascari meridionali.
• Scendiamo in piazza per far sapere che ci sono tanti Napolitani e Siciliani onesti che pretendono anche per le loro Terre e i loro Popoli lo stesso rispetto ed orgoglio che hanno tutti i popoli di paesi sovrani.
Scendiamo in piazza per non permettere che il sangue dei guerriglieri Napolitani (briganti) e dei Martiri dell’EVIS sia stato versato invano. Affinché la vita di Nicola Zitara, Gabriele Marzocco, Andrea Finocchiaro Aprile, Antonio Canepa non siano state spese invano per l ‘ Ideale Indipendentista.
Scendiamo in piazza per il nostro futuro, quello dei giovani che è già compromesso e quello delle generazioni future che potrebbero non esserci.
Non mancate, non prendete altri impegni e coinvolgete quante più persone possibile.
Incontriamoci in piazza e poi decideremo come continuare la lotta e migliorare sempre più le strategie per ottenere il nostro obbiettivo: l’Indipendenza.
Quello di Napoli è soltanto il primo appuntamento, altri si svolgeranno in Sicilia.
• Vediamoci pertanto DOMENICA 9 OTTOBRE 2011 ORE 15 IN PIAZZA DEL PLEBISCITO A NAPOLI
• Programma della manifestazione:
1) ore 15.00 incontro in piazza e dispiegamento delle bandiere Napolitane e Siciliane. Ogni manifestante porti una bandiera.
2) I partecipanti fanno conoscenza tra loro
3) Ore 15.00 ci portiamo tutti sotto le scalinate della basilica di San Francesco di Paola.
4) Esponiamo i motivi per i quali è giusto che Siciliani e Napolitani pretendano l’indipendenza dall’Italia
5) Riunione pubblica, una sorta di agorà degli indipendentisti dove decideremo un calendario di iniziative indipendentiste da farsi fino ad agosto del 2012 e la data del II GIORNO PER L’INDIPENDENZA che è nostra intenzione svolgere in Sicilia
6) Eventualmente decideremo anche le linee guida per la futura politica indipendentista a medio e breve termine (nei prossimi anni)
In una AGORA’ pubblica, alla luce del sole, rivendicheremo il nostro DIRITTO ALL ‘ INDIPENDENZA !
martedì 6 settembre 2011
Sciopero: partecipazione record in Sicilia. Cgil: "In trentamila tra Palermo e Catania"
Ventimila a Palermo, 10 mila a Catania, 4 mila a Messina, 2.500 a Trapani, migliaia nelle altre citta’: sono questi i numeri delle manifestazioni Cgil in Sicilia, secondo le stime degli organizzatori.
Nei cortei anche amministratori locali, a Trapani, ad esempio, ha anche preso la parola dal palco della manifestazione il segretario regionale dell’Anci. La Cgil ha fornito inoltre alcuni dati sulla partecipazione allo sciopero che ha visto l’adesione in parecchie realta’ anche di lavoratori di altre sigle sindacali.
Cosi’, ad esempio, alla St Microelectronics di Catania dove l’intera Rsu, dunque anche Fim, Uilm e Ugl, ha aderito formalmente alla protesta con un documento. Analogamente alle Acciaierie di Sicilia. Ecco alcuni numeri dal campione scelto dal sindacato: allo stabilimento Fincantieri di Palermo hanno scioperato 430 lavoratori sul totale di 525 (pari all’82%), e di 213 iscritti alla Cgil. Alla Stm di Catania le adesioni sono state dell’80% pari a 3.200 scioperanti.
E ancora: 100% di adesione alla Vini Corvo e alla Coalma di Palermo (industria alimentare), 53% alla Santoro Marmi di Trapani, 42% al comune di Randazzo (Catania), 100% alla laterizi Fauci di Sciacca, 40% alle acciaierie di Messina e 70% nell’indotto della raffineria, 100% all’Esa di Palermo, 20% alla provincia regionale di Palermo, 100% all’archivio di Stato di Agrigento, 76% alla Sicilmarmi di Trapani, 10% nel cantiere del raddoppio ferroviario dei Cefalu’, 30 % negli uffici palermitani del Tar Sicilia, 10% al comune di Palermo, 8% all’ospedale Villa Sofia del capoluogo, 34% alle imposte dirette di Catania, 30% al comune di Enna, 67% all’Atigroup di Bagheria. A Siracusa ha scioperato il 100% dei lavoratori edili dell’area industriale.
fonte:SiciliaInformazioni.com
Nei cortei anche amministratori locali, a Trapani, ad esempio, ha anche preso la parola dal palco della manifestazione il segretario regionale dell’Anci. La Cgil ha fornito inoltre alcuni dati sulla partecipazione allo sciopero che ha visto l’adesione in parecchie realta’ anche di lavoratori di altre sigle sindacali.
Cosi’, ad esempio, alla St Microelectronics di Catania dove l’intera Rsu, dunque anche Fim, Uilm e Ugl, ha aderito formalmente alla protesta con un documento. Analogamente alle Acciaierie di Sicilia. Ecco alcuni numeri dal campione scelto dal sindacato: allo stabilimento Fincantieri di Palermo hanno scioperato 430 lavoratori sul totale di 525 (pari all’82%), e di 213 iscritti alla Cgil. Alla Stm di Catania le adesioni sono state dell’80% pari a 3.200 scioperanti.
E ancora: 100% di adesione alla Vini Corvo e alla Coalma di Palermo (industria alimentare), 53% alla Santoro Marmi di Trapani, 42% al comune di Randazzo (Catania), 100% alla laterizi Fauci di Sciacca, 40% alle acciaierie di Messina e 70% nell’indotto della raffineria, 100% all’Esa di Palermo, 20% alla provincia regionale di Palermo, 100% all’archivio di Stato di Agrigento, 76% alla Sicilmarmi di Trapani, 10% nel cantiere del raddoppio ferroviario dei Cefalu’, 30 % negli uffici palermitani del Tar Sicilia, 10% al comune di Palermo, 8% all’ospedale Villa Sofia del capoluogo, 34% alle imposte dirette di Catania, 30% al comune di Enna, 67% all’Atigroup di Bagheria. A Siracusa ha scioperato il 100% dei lavoratori edili dell’area industriale.
fonte:SiciliaInformazioni.com
sabato 3 settembre 2011
Minacce di morte a Pino Maniaci “A Partinico il clima è molto teso”"
Decine di scritte sui muri di Partinico, tutte inneggianti alla mafia e contro Pino Maniaci. Il direttore di Telejato, da tempo nel mirino di Cosa Nostra per la sua attività giornalistica d’inchiesta, fotografa e conta gli insulti che ieri hanno riempito i muri della cittadina siciliana. “Viva la mafia, Pino Telejato sei lo schifo della terra”, “Maniaci sei un figlio di…” e una bara disegnata accanto. Un presagio di morte, una chiara minaccia che fa il paio con la lettera minatoria ricevuta di recente.
Questa mattina Partinico si è svegliata con un omicidio e scritte che inneggiano alla mafia. Che aria tira in paese?
“Partinico è un paese che i magistrati non hanno esitato a definire ‘anomalo’, dove si continua a sparare nonostante gli arresti eccellenti. L’anno scorso sono stati ben otto gli omicidi di mafia e due le lupare bianche. Quello di stamattina è probabilmente un regolamento di conti fra spacciatori, ma il clima sicuramente resta teso. Partinico è il punto di contatto, la cerniera fra le province di Trapani e Palermo, un posto in cui anche il fratello di Riina dichiara di avere difficoltà ad entrate, come i Lo Piccolo. Le famiglie locali dei Fardazza e dei Lo Biundo, o della vicina Borgetto, non fanno entrare nessuno. Sono usciti dal carcere boss di calibro, come Nicolò Salto tornato ai domiciliari per malattia, e il clima si fa incandescente. Le minacce a me sono il segno inquietante che qualcuno continua a inneggiare alla mafia. E’ terribile vedere certe scritte”.
Lei però non è nuovo a minacce più o meno velate…
“Ho ricevuto recentemente una lettera intimidatoria. Mi hanno fatto trovare un gattino con la testa schiacciata dove parcheggio l’auto, è una zona riservata perché sono sotto tutela. L’indomani mi è arrivata la lettera in cui minacciavano la mia famiglia e mia moglie, e quindi la televisione che è a gestione familiare. Hanno alzato il tiro, visto che non mi piego, colpendo la mia famiglia”.
Quante sono le scritte?
“Più di dieci, le sto contando per integrare la denuncia che ho già fatto. La polizia sta indagando perché queste minacce saranno sottoposte al vaglio del Prefetto”.
Oltre a quello dell’Assostampa, ha ricevuto altri messaggi di solidarietà?
“Io dico sempre che la mia scorta migliore sono i cittadini onesti di Partinico. Per le poche decine di mafiosi, di melma, la città emerge sempre per fatti di cronaca nera. Ieri l’amministrazione comunale ha espresso la sua solidarietà, ho ricevuto tantissime mail e telefonate dalla società civile, l’intero consiglio comunale si è stretto intorno a me. Ieri sera c’è stata anche la notte bianca e un premio internazionale, che il vincitore ha dedicato a Pino Maniaci. C’è questa solidarietà, questa vicinanza che testimonia che Pino Maniaci non è solo”.
fonte: Livesicilia
Questa mattina Partinico si è svegliata con un omicidio e scritte che inneggiano alla mafia. Che aria tira in paese?
“Partinico è un paese che i magistrati non hanno esitato a definire ‘anomalo’, dove si continua a sparare nonostante gli arresti eccellenti. L’anno scorso sono stati ben otto gli omicidi di mafia e due le lupare bianche. Quello di stamattina è probabilmente un regolamento di conti fra spacciatori, ma il clima sicuramente resta teso. Partinico è il punto di contatto, la cerniera fra le province di Trapani e Palermo, un posto in cui anche il fratello di Riina dichiara di avere difficoltà ad entrate, come i Lo Piccolo. Le famiglie locali dei Fardazza e dei Lo Biundo, o della vicina Borgetto, non fanno entrare nessuno. Sono usciti dal carcere boss di calibro, come Nicolò Salto tornato ai domiciliari per malattia, e il clima si fa incandescente. Le minacce a me sono il segno inquietante che qualcuno continua a inneggiare alla mafia. E’ terribile vedere certe scritte”.
Lei però non è nuovo a minacce più o meno velate…
“Ho ricevuto recentemente una lettera intimidatoria. Mi hanno fatto trovare un gattino con la testa schiacciata dove parcheggio l’auto, è una zona riservata perché sono sotto tutela. L’indomani mi è arrivata la lettera in cui minacciavano la mia famiglia e mia moglie, e quindi la televisione che è a gestione familiare. Hanno alzato il tiro, visto che non mi piego, colpendo la mia famiglia”.
Quante sono le scritte?
“Più di dieci, le sto contando per integrare la denuncia che ho già fatto. La polizia sta indagando perché queste minacce saranno sottoposte al vaglio del Prefetto”.
Oltre a quello dell’Assostampa, ha ricevuto altri messaggi di solidarietà?
“Io dico sempre che la mia scorta migliore sono i cittadini onesti di Partinico. Per le poche decine di mafiosi, di melma, la città emerge sempre per fatti di cronaca nera. Ieri l’amministrazione comunale ha espresso la sua solidarietà, ho ricevuto tantissime mail e telefonate dalla società civile, l’intero consiglio comunale si è stretto intorno a me. Ieri sera c’è stata anche la notte bianca e un premio internazionale, che il vincitore ha dedicato a Pino Maniaci. C’è questa solidarietà, questa vicinanza che testimonia che Pino Maniaci non è solo”.
fonte: Livesicilia
Wikileaks: i cablo della diplomazia americana sulla Sicilia. Usa: "Berlusconi ha bloccato i fondi per la Sicilia"
2 settembre 2011 - Dopo l’annuncio i fatti: Wikileaks, il sito di Julian Assange, ha pubblicato gli oltre 250.000 documenti del dipartimento di Stato americano in suo possesso. L’annuncio è stato dato su Twitter e i documenti, ricercabili con l’aiuto di parole chiave, dovrebbero essere quelli integrali.
BlogSicilia ha cercato quelli relativi alla Sicilia. E non mancano. In un cablo, ad esempio, si parla di Priolo e dell’induistria chimica in Sicilia. E si sottolinea come la regione sia interessante per i suoi vasti giacimenti di gas.
Ma è in un altro documento che si trova qualcosa di più piccante. Redatto dal consolato americano di Napoli e spedito negli Usa, il cablogramma ripercorre le tappe della politica siciliana soffermandosi sul difficile rapporto tra il governo siciliano e il governo Berlusconi.
“The rocky realation between Palermo and Rome have resulted in Berlusconi blockage of 4 billion euros of structural funds for the region” si legge nel cablo. Che tradotto, significa che “il difficile rapporto tra Roma e Palermo ha portato Berlusconi a bloccare 4 miliardi di euro di fondi europei destinati alla Sicilia”.
Il riferimento è, evidentemente, all’annosa questione dei fondi Fas che per dirirtto andrebbero alla Sicilia ma che il governo nazionale non ha mai sbloccato. E secondo la diplomazia Usa, il blocco dei fondi, si deve a quanto pare di capire, a meri dispettucci di un governo nazionale ostile a quello regionale.
fonte: BlogSicilia
BlogSicilia ha cercato quelli relativi alla Sicilia. E non mancano. In un cablo, ad esempio, si parla di Priolo e dell’induistria chimica in Sicilia. E si sottolinea come la regione sia interessante per i suoi vasti giacimenti di gas.
Ma è in un altro documento che si trova qualcosa di più piccante. Redatto dal consolato americano di Napoli e spedito negli Usa, il cablogramma ripercorre le tappe della politica siciliana soffermandosi sul difficile rapporto tra il governo siciliano e il governo Berlusconi.
“The rocky realation between Palermo and Rome have resulted in Berlusconi blockage of 4 billion euros of structural funds for the region” si legge nel cablo. Che tradotto, significa che “il difficile rapporto tra Roma e Palermo ha portato Berlusconi a bloccare 4 miliardi di euro di fondi europei destinati alla Sicilia”.
Il riferimento è, evidentemente, all’annosa questione dei fondi Fas che per dirirtto andrebbero alla Sicilia ma che il governo nazionale non ha mai sbloccato. E secondo la diplomazia Usa, il blocco dei fondi, si deve a quanto pare di capire, a meri dispettucci di un governo nazionale ostile a quello regionale.
fonte: BlogSicilia
venerdì 2 settembre 2011
Scuola, continua lo sciopero della fame. Malore per un precario a Palermo
Filippo La Spisa, 52 anni, collaboratore scolastico precario, che da quattro giorni per protestare contro i tagli alla scuola pubblica ha avviato lo sciopero della fame insieme ai colleghi Piero Musso e Calogero Fantauzzo, ha avuto un malore, mentre si trovava nella tenda allestita a Piazza Indipendenza a Palermo. Con una ambulanza del 118 e l’uomo è stato trasferito all’Ospedale Civico di Palermo per accertamenti.
“Ha avuto un calo di pressione – racconta Calogero Fantauzzo, 46 anni, bidello, anche lui in sciopero della fame - l’intervento dei sanitari è stato tempestivo, spero che Filippo si riprenda presto e non sia nulla di grave. La nostra protesta andrà avanti – continua – Siamo disperati, non possiamo fermarci, abbiamo bisogno risposte serie e concrete dalle istituzioni, non si gioca con la vita e il futuro delle persone e delle loro famiglie”.
fonte: Livesicilia
“Ha avuto un calo di pressione – racconta Calogero Fantauzzo, 46 anni, bidello, anche lui in sciopero della fame - l’intervento dei sanitari è stato tempestivo, spero che Filippo si riprenda presto e non sia nulla di grave. La nostra protesta andrà avanti – continua – Siamo disperati, non possiamo fermarci, abbiamo bisogno risposte serie e concrete dalle istituzioni, non si gioca con la vita e il futuro delle persone e delle loro famiglie”.
fonte: Livesicilia
giovedì 1 settembre 2011
Delocalizzazioni!
Nella mia più che decennale ed inutile carriera di docente, rigorosamente NON di ruolo ed aggrappato a sporadici incarichi per poche ore settimanali nella scuola pubblica … ed a tanta “palestra” nelle magnifiche scuole paritarie siciliane, mi è capitato di insegnare anche geografia economica.
Anzi, la prima volta fu in occasione degli esami di stato del 2000. Avevo insegnato scienze per tutto l’anno (e per tre ore settimanali!) all’Archimede di Modica e, non trovandosi docenti disponibili, il provveditorato mi nominò commissario esterno alla Ragioneria di Comiso, in virtù di una fantomatica affinità tra classi di insegnamento diverse. A scritti già iniziati …!
Mi procurai il libro di testo, … provai ad imparare quattro cose … e feci il commissario! Un figurone!
Tutto sommato, comunque, la materia mi piacque e capitò di insegnarla ancora … nella “palestra”!
Scoprii così il concetto di delocalizzazione, fino ad allora a me quasi ignoto. Una sorta di strategia industriale in virtù della quale un’azienda abbatteva i costi ed aumentava i profitti allocando altrove parte, o gran parte, delle proprie attività, in aree periferiche all’interno del perimetro nazionale, o direttamente all’estero. Tra le prime motivazioni, vi era sempre la saturazione, l’ingorgo delle vie di comunicazione e di trasporto. Poi, venivano addotti i minori costi della manodopera e le agevolazioni fiscali.
Scoprii, successivamente, che l’Italia aveva concluso vantaggiosi accordi commerciali con l’amico Ben Alì, basati sull’acquisto, da parte della Tunisia, di obsoleti prodotti dell’industria del nord, vecchie macchine da scrivere e robaccia simile, in cambio dell’acquisto, da parte dell’Italia, di primizie ed altri prodotti dell’industria essenzialmente agricola.
Come dire, da un lato le industrie del nord smaltivano un po’ di “immondizia”, facendosela anche ben pagare, dall’altro si importavano prodotti a basso costo. Un doppio vantaggio, quindi, … per aziende e consumatori del nord, ovviamente!
Gli unici a rimetterci, perché qualcuno deve pur rimetterci, … gli stupidi terroni, sempre buoni da sfruttare: nulla avevano da guadagnare dalla vendita dell’”immondizia” e, semmai, restavano ad ammirare, basiti, i loro tipici prodotti invenduti per la concorrenza d’importazione!
Scoprii, poi, che in Italia era stata stabilità una fiscalità di vantaggio in favore di quelle aziende, del nord, che avessero investito e si fossero delocalizzate al Sud. Non per sempre, ci mancherebbe, dopo un tot di anni, usufruito dei vantaggi, potevano anche smantellare baracche e burattini!
Fiscalità di vantaggio che, ovviamente, non valeva per le debolucce aziende del Sud, … loro stavano già lì!
Cosicché, se da un lato queste ultime non godevano di alcun vantaggio, dall’altro si vedevano sopraffatte dalle ben più robuste, ricche ed “avvantaggiate” colleghe del nord che “calavano” al Sud!
Scoprii ancora che, sempre per accordi con l’amico Ben Alì, anche le aziende siciliane furono invogliate a seguire i tempi, … a delocalizzarsi anche loro, … verso la Tunisia!
Con l’unico particolare che, per loro, delocalizzarsi significava molto semplicemente trasferirsi altrove e smantellare le attività in Sicilia. Con l’ennesima beffa per il già debole e provato tessuto produttivo siciliano!
Ora, vorrei chiedere agli inebetiti siciliani ed a me stesso, che inebetito siciliano sono, … “pensiamo di svegliarci … o di farcela delocalizzare altrove!?
fonte : Arturo Frasca - Sikeloi
Iscriviti a:
Post (Atom)