giovedì 24 maggio 2012

Lungo inseguimento in autostrada.Braccata l'auto del procuratore Viola

Lungo inseguimento in autostrada. Una macchina ha braccato l'auto del procuratore di Trapani, Marcello Viola. Quaranta minuti a 200 all'ora. Poi, gli inseguitori si sono dileguati. Sale il livello di allerta. Raddoppiata la scorta del magistrato.
Hanno alzato tiro. Non si sono limitati alle lettere di minacce. Hanno scelto un gesto plateale lungo quaranta chilometri. La macchina del procuratore capo di Trapani, Marcello Viola, è stata inseguita in autostrada. Braccata, è più corretto dire. Il livello di allerta è salito. Raddoppiata la scorta del magistrato. Una seconda macchina blindata segue gli spostamenti di quella a bordo della quale viaggia abitualmente il procuratore. E raddoppiata è anche la vigilanza fissa. Dal 19 aprile scorso la vita di Viola è ancora più blindata al termine di un'escalation di intimidazioni.
Marcello Viola si è insediato a Trapani nel dicembre scorso, dopo una lunga permanenza a Palermo, dove da sostituto procuratore della Direzione distrettuale antimafia ha mandato in galera decine e decine di mafiosi e trafficanti di droga. Faceva parte del gruppo di lavoro che ha azzerato il clan di San Lorenzo, uno dei più potenti di Palermo. Se i boss Salvatore e Sandro Lo Piccolo sono finiti in galera, è anche merito suo. E anche nel capoluogo siciliano è rimasto vittima di intimidazioni. Di notte, qualche tempo fa, è comparsa la scritta Viola morirai sui muri di casa e in ascensore.
Alla fine del 2011 il trasferimento in terra trapanese. Viola ha preso in mano le redini dell'ufficio. E anche qui non sono mancate le lettere minatorie con messaggi via via sempre piu' espliciti. Un clima da subito pesante. Dalla richiesta di misura di prevenzione per il patron della Valtur, Carmelo Patti, all'intrigo della chiesa trapanese che ha portato alla rimozione del vescovo monsignor Francesco Miccichè. Queste sono le indagini salite agli onori della cronaca. Sotto traccia si lavora per colpire al cuore la mafia imprenditrice che nel Trapanese ha fatto soldi a palate sotto l'egida dell'ultimo dei grandi latitanti, Matteo Messina Denaro.

Torniamo al 19 aprile. Viola è in macchina. Seduto dietro. Laddove la A29 lascia la provincia palermitana per entrare in terra trapanese, gli uomini della scorta notano dagli specchietti retrovisori la presenza di una Audi. Si avvicina. Pure troppo, e poi rallenta. Sta incollato alla macchina del magistrato che decelera. Vogliono la certezza di essere inseguiti. Certezza che arriva poco dopo. Anche l'uomo alla guida della Audi mette il piede sul freno. E fa la stessa cosa quando la scorta del magistrato finge di fermarsi. A bordo della Audi ci sono due, forse tre persone. Il contachilometri della macchina del procuratore ad un certo punto segna i 200. E la tensione sale. La scorta tenta, invano, di seminare gli inseguitori che si dileguano, per scelta loro, quando la macchina di Viola ha ormai superato lo svincolo di Trapani, lasciandosi alle spalle l'autostrada.
Una sfida in piena regola, una dimostrazione di forza. Gli inseguitori non hanno avuto neppure il timore che venisse preso il numero di targa. Targa che dai primi rilievi desta più di un sospetto. Gli accertamenti sono ancora in corso. Chi c'era in quella macchina? Chi ha voluto far capire di essere pronto a tutto? Sono uomini di Trapani o di Palermo? Un investigatore azzarda un'ipotesi inquietante. I clan delle due città potrebbero avere agito di comune accordo per firmare uno degli episodi più inquietanti degli ultimi tempi.
fonte : LIVESICILIA

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