Nel suo racconto di calcio migliore, Osvaldo Soriano celebra il mito dell’Estrella Polar. E scrive: “Estrella Polar era un circolo con i biliardi e i tavolini per il gioco delle carte, un ritrovo da ubriachi lungo una strada di terra che finiva sulla sponda del fiume”.
Tutti noi abbiamo sognato di percorrerla quella stradina e di trovare il nostro fiume. Alcuni si sono persi sui detriti della riva. Altri hanno rinunciato a un passo. Altri sono arrivati fino in fondo. Ma dei loro sogni e di cosa abbiano visto davvero, giunti al traguardo, nulla sappiamo. E abbiamo imparato, con la croce della delusione come soma, che conta la strada, non lo scopo. E’ l’alibi dei vinti? No, è la vita.
E’ la vita del pallone, meravigliosa e terribile, che ha portato i cuori rosanero sull’orlo di un impazzimento per troppa gioia. Ci vediamo all’Olimpico per innamorarci di più. E gli undici ragazzi in calzoncini, con la maglia nerorosa e un muscolo cardiaco palermitano doc hanno fatto di tutto per prenderci la mano e condurci laggiù, oltre il cammino di polvere, sulla sponda della nostra ebbrezza, Non ci sono riusciti, Ma gli diciamo grazie. In ogni sua sconfitta questa nostra città generosa sa dire il suo grazie. Lo disse ai superstiti delle altre due coppe maledette. Lo disse a un Palermino piccolo piccolo che al Provinciale di Trapani pareggiò col Foggia e fu come una sconfitta. Lo disse a Lecce, quando la casacca rosa perse l’ennesimo treno della serie A. E vogliamo dirlo ancora, recitarlo come una carezza il nostro grazie. Abbiamo perso. Ma questa non è la trama vigliacca di un capo chino di una resa. E’ il momento di cantare. E di piangere.
Ci sarebbe pure una partita da raccontare, bastano due pennellate. Di rabbia. Se grandezza è ciondolare per novanta minuti e non crollare al tappeto solo per fortuna, allora l’Inter è una grandissima squadra. Il Palermo ha sbattuto di nuovo contro una muraglia gigantesca di sfortuna. Dannata Coppa Italia. Non ci merita. Sul prato dell’Olimpico la bellezza vera è stata solo rosanero, con i nerazzurri nelle parti di un compito sparring partner. Il topolino di un gol è servito all’altra formazione di Milano per lucrare, acquartierata nella sua sconnessa Maginot. Raddoppio rubacchiato. Munoz riaccende la fiaccola. Milito la spegne. In sintesi crudele
I ragazzi di Delio Rossi si sono prodotti in un lunghissimo, mirabile e infruttuoso assedio. Julio Cesar si è esibito con due ali di angelo custode attaccate alla schiena, sulla magliettina verde. Ricordiamo un balzo felino su un rimpallo uso biliardo e una smanacciata eroica su un colpo di testa di Miccoli. Sarebbe caduto giù lo stadio. Ma c’è stato molto altro. Il valoroso Davide rosanero ha sovrastato il presunto Golia con le sue fiondate, col suo pressing, con la sua voglia, con la sua magia. Nell’area di Julio si è scatenata una graugnola fantozziana di nuca-tibia-naso. Gli dei non hanno voluto ricompensare la virtù con il gol. Gli dei sono cattivi e capricciosi. E’ finita con il tesoro in mano ai meno meritevoli. Coppa maledetta.
Mentre scriviamo migliaia di palermitani si apprestano a tornare a casa con un macigno sullo stomaco. Devono sapere che gli vogliamo bene. Devono sapere che il fiume non vale niente. E’ l’odore della strada che conta. E’ la polvere sulle scarpe e tre le mani che resta nella stoffa più sincera dell’anima.
fonte:Livesicilia
domenica 29 maggio 2011
Dal Politeama a Mondello la città davanti ai maxischermi
Piazze con maxischermo. Ma anche pub, ristoranti e pizzerie. La città che non ha potuto partecipare all'esodo verso l'Olimpico di Roma avrà comunque a disposizione diversi modi per seguire stasera l'attesissima finale di coppa Italia tra Inter e Palermo. Potrà, per esempio, andare in piazza Castelnuovo, dove il Comune ha fatto installare un maxischermo, soddisfacendo così quei tifosi che, sui siti rosanero, avevano chiesto a gran voce di poter guardare la partita nel cuore del salotto di Palermo.
Se l'amministrazione ha fatto il suo, i privati non sono stati certo con le mani in mano. Sono diversi, infatti, i punti della città dove commercianti e associazioni si sono organizzati per offrire ai palermitani la possibilità di assistere in pubblico alla storica finale. Un maxischermo è stato allestito a Villa Trabia da Addiopizzo nell'ambito della Fiera del consumo critico. Chi si recherà nel parco di via Antonio Salinas potrà anche acquistare la speciale maglietta realizzata per l'occasione dall'associazione antiracket: colori rosa e nero, ovviamente, con lo slogan "Palermo pizzofree". Ad aprire le porte ai tifosi è anche Villa Filippina, in piazza san Francesco di Paola, dove l'omonima associazione culturale ha allestito uno spazio con tanto di schermo gigante e 1.500 posti a sedere. Per entrare, però, sarà necessario reperire un invito (per maggiori informazioni www.livesicilia.it).
A piazza San Lorenzo, a piazza Don Bosco e a piazza Mondello, invece, sono stati i commercianti a prendere l'iniziativa, tassandosi per dotarsi di un maxischermo. "In un momento di crisi come quello che stiamo vivendo - dicono dal comitato dei commercianti di piazza San Lorenzo - abbiamo voluto organizzare questa iniziativa per fare vedere al nostro quartiere che noi possiamo essere una valida alternativa ai vari centri commerciali".
Anche il cuore della Palermo popolare ha pensato bene di darsi da fare. E così, alla Vucciria ci sarà il derby dei maxi schermi tra le piazze Caracciolo e Garraffello. Partita in piazza anche a Ballarò e alla Kalsa dove saranno allestiti degli spazi all'aperto dove poter assistere all'incontro.
Per chi alla piazza preferisce pub, ristoranti e pizzerie, potrà scegliere tra decine di alternative, dalle periferie al centro storico. C'è il pub Di Martino di via Mazzini, oppure il Robinson di via Ariosto, o ancora il pub-ristorante Shamrock di viale Campania.
Ma i tifosi rosanero non si trovano solo nel capoluogo: allo Space Cinema di Belpasso (Catania), dall'altra parte del muro del tifo, sarà possibile persino vedere l'incontro addirittura in 3D.
fonte:la Repubblica
Se l'amministrazione ha fatto il suo, i privati non sono stati certo con le mani in mano. Sono diversi, infatti, i punti della città dove commercianti e associazioni si sono organizzati per offrire ai palermitani la possibilità di assistere in pubblico alla storica finale. Un maxischermo è stato allestito a Villa Trabia da Addiopizzo nell'ambito della Fiera del consumo critico. Chi si recherà nel parco di via Antonio Salinas potrà anche acquistare la speciale maglietta realizzata per l'occasione dall'associazione antiracket: colori rosa e nero, ovviamente, con lo slogan "Palermo pizzofree". Ad aprire le porte ai tifosi è anche Villa Filippina, in piazza san Francesco di Paola, dove l'omonima associazione culturale ha allestito uno spazio con tanto di schermo gigante e 1.500 posti a sedere. Per entrare, però, sarà necessario reperire un invito (per maggiori informazioni www.livesicilia.it).
A piazza San Lorenzo, a piazza Don Bosco e a piazza Mondello, invece, sono stati i commercianti a prendere l'iniziativa, tassandosi per dotarsi di un maxischermo. "In un momento di crisi come quello che stiamo vivendo - dicono dal comitato dei commercianti di piazza San Lorenzo - abbiamo voluto organizzare questa iniziativa per fare vedere al nostro quartiere che noi possiamo essere una valida alternativa ai vari centri commerciali".
Anche il cuore della Palermo popolare ha pensato bene di darsi da fare. E così, alla Vucciria ci sarà il derby dei maxi schermi tra le piazze Caracciolo e Garraffello. Partita in piazza anche a Ballarò e alla Kalsa dove saranno allestiti degli spazi all'aperto dove poter assistere all'incontro.
Per chi alla piazza preferisce pub, ristoranti e pizzerie, potrà scegliere tra decine di alternative, dalle periferie al centro storico. C'è il pub Di Martino di via Mazzini, oppure il Robinson di via Ariosto, o ancora il pub-ristorante Shamrock di viale Campania.
Ma i tifosi rosanero non si trovano solo nel capoluogo: allo Space Cinema di Belpasso (Catania), dall'altra parte del muro del tifo, sarà possibile persino vedere l'incontro addirittura in 3D.
fonte:la Repubblica
mercoledì 25 maggio 2011
Escort, cene e viaggi ai funzionari dei Monopòli
Per ottenere in concessione una sala giochi i prestanome di Cosa nostra pagavano una settimana di vacanza a un funzionario dei Monopoli di Stato e alla sua famiglia, preferibilmente nell’incantevole villaggio di “Città del mare”, a Terrasini. Per riuscire ad aprire una rivendita di tabacchi, invece, bisognava pagare due escort: una per il funzionario che avrebbe istruito la pratica, l’altra per il dirigente della sede siciliana dei Monopoli. Ogni favore aveva un prezzo. Bastava una cena in un ristorante elegante o una lavatrice per conoscere in anticipo i controlli che sarebbero scattati. Oppure, la solita busta piena di contanti. Se poi, però, il favore arrivava direttamente dalle stanze della direzione nazionale dei Monopoli, il prezzo della corruzione tornava a farsi alto. Ad esempio, quantificabile in un fine settimana a Saint Vincent, casinò e albergo tutto compreso.
Le indagini del centro operativo Dia di Palermo, coordinate dal sostituto procuratore Sergio Demontis e dall’aggiunto Antonio Ingroia hanno portato in carcere per corruzione quattro nomi importanti dell’Amministrazione autonoma dei Monopòli di Stato: Nicola Andreozzi, ex reggente della sede siciliana, attualmente direttore delle sedi di Campania e Sardegna. Poi, il vice direttore della sede siciliana, Salvatore Magno, e un suo sottoposto, Giovanni Polizzi, che è anche assessore all’Urbanistica del Comune di Giardinello (Palermo). Un’altra ordinanza di custodia in carcere è stata notificata a Maria Franca Simula, funzionaria della direzione nazionale dei Monopoli, insignita nel 2003 dell’onorificenza di Cavaliere della Repubblica.
Uno dei principali corruttori sarebbe stato Michele Spina, patron della Primal, una società di San Giovanni La Punta (Catania) che negli ultimi anni è stata protagonista di una vera e propria scalata, aggiudicandosi 24 sale scommesse e 71 corner Snai. Le indagini dicono che dietro Spina ci sarebbe l’ombra dello zio, Sebastiano Scuto, il re dei supermercati che l’anno scorso è stato condannato dal tribunale di Catania per associazione mafiosa. Anche per Spina si sono aperte le porte del carcere.
Tanti favori avrebbe chiesto pure Francesco Casarubea, l’ex amministratore della Sala Bingo Las Vegas di Palermo, una delle più grandi d’Europa, che è stata confiscata nel 2008 perché ritenuta un lucroso investimento di Cosa nostra. Per Casarubea, il gip Maria Pino ha stabilito gli arresti domiciliari. Stesso provvedimento per Francesco Perret (titolare della sala giochi “Bin Bingo” di Palermo), Antonino Pirri (gestore di “Formula Bingo”, a Palermo), Francesco Paolo Cataldo e Charles Maenza, che puntavano a una licenza per aprire delle rivendite di tabacchi in provincia di Palermo.
La rete della corruzione non concedeva sconti. Una volta, un imprenditore legato ai boss di Partinico rischiò addirittura di veder vanificato il progetto di aprire una rivendita di tabacchi solo perché una delle due escort ingaggiate non era arrivata in tempo all'appuntamento con due funzionari dei Monopoli. Ci pensò la collega a rimediare in extremis: “Non vi preoccupate – assicurò al telefono - io faccio per dieci. Voi problemi non ne dovete avere, sta a me mettervi a vostro agio. L’imbarazzo ve lo sciolgo io”. E non sospettava affatto che la Dia stava intercettando ogni parola. Anche quelle dei due funzionari, che qualche ora dopo commentarono al telefono soddisfatti l’incontro a tre: “Fatti una bella lavata col sapone, mi sento ancora l’odore di questa addosso”, disse uno. E l’altro rideva: “Complimenti, hai un bel culetto”.
Questa mattina, la Dia di Palermo, che è diretta dal colonnello Giuseppe D'Agata, sta eseguendo anche diverse perquisizioni. Gli investigatori puntano a scoprire il tesoretto accumulato dai funzionari corrotti. Solo Polizzi avrebbe intascato in pochi mesi mazzette in denaro per 40 mila euro: i soldi sarebbero arrivati su alcuni conti corrente di copertura, attraverso dei normali bonifici.
(25 maggio 2011)
fonte: la Repubblica
Le indagini del centro operativo Dia di Palermo, coordinate dal sostituto procuratore Sergio Demontis e dall’aggiunto Antonio Ingroia hanno portato in carcere per corruzione quattro nomi importanti dell’Amministrazione autonoma dei Monopòli di Stato: Nicola Andreozzi, ex reggente della sede siciliana, attualmente direttore delle sedi di Campania e Sardegna. Poi, il vice direttore della sede siciliana, Salvatore Magno, e un suo sottoposto, Giovanni Polizzi, che è anche assessore all’Urbanistica del Comune di Giardinello (Palermo). Un’altra ordinanza di custodia in carcere è stata notificata a Maria Franca Simula, funzionaria della direzione nazionale dei Monopoli, insignita nel 2003 dell’onorificenza di Cavaliere della Repubblica.
Uno dei principali corruttori sarebbe stato Michele Spina, patron della Primal, una società di San Giovanni La Punta (Catania) che negli ultimi anni è stata protagonista di una vera e propria scalata, aggiudicandosi 24 sale scommesse e 71 corner Snai. Le indagini dicono che dietro Spina ci sarebbe l’ombra dello zio, Sebastiano Scuto, il re dei supermercati che l’anno scorso è stato condannato dal tribunale di Catania per associazione mafiosa. Anche per Spina si sono aperte le porte del carcere.
Tanti favori avrebbe chiesto pure Francesco Casarubea, l’ex amministratore della Sala Bingo Las Vegas di Palermo, una delle più grandi d’Europa, che è stata confiscata nel 2008 perché ritenuta un lucroso investimento di Cosa nostra. Per Casarubea, il gip Maria Pino ha stabilito gli arresti domiciliari. Stesso provvedimento per Francesco Perret (titolare della sala giochi “Bin Bingo” di Palermo), Antonino Pirri (gestore di “Formula Bingo”, a Palermo), Francesco Paolo Cataldo e Charles Maenza, che puntavano a una licenza per aprire delle rivendite di tabacchi in provincia di Palermo.
La rete della corruzione non concedeva sconti. Una volta, un imprenditore legato ai boss di Partinico rischiò addirittura di veder vanificato il progetto di aprire una rivendita di tabacchi solo perché una delle due escort ingaggiate non era arrivata in tempo all'appuntamento con due funzionari dei Monopoli. Ci pensò la collega a rimediare in extremis: “Non vi preoccupate – assicurò al telefono - io faccio per dieci. Voi problemi non ne dovete avere, sta a me mettervi a vostro agio. L’imbarazzo ve lo sciolgo io”. E non sospettava affatto che la Dia stava intercettando ogni parola. Anche quelle dei due funzionari, che qualche ora dopo commentarono al telefono soddisfatti l’incontro a tre: “Fatti una bella lavata col sapone, mi sento ancora l’odore di questa addosso”, disse uno. E l’altro rideva: “Complimenti, hai un bel culetto”.
Questa mattina, la Dia di Palermo, che è diretta dal colonnello Giuseppe D'Agata, sta eseguendo anche diverse perquisizioni. Gli investigatori puntano a scoprire il tesoretto accumulato dai funzionari corrotti. Solo Polizzi avrebbe intascato in pochi mesi mazzette in denaro per 40 mila euro: i soldi sarebbero arrivati su alcuni conti corrente di copertura, attraverso dei normali bonifici.
(25 maggio 2011)
fonte: la Repubblica
martedì 24 maggio 2011
Cammarata a giudizio - Palazzolo condannato
Il sindaco di Palermo Diego Cammarata, è stato rinviato al giudizio dal Gup Gioacchino Scaduto per abuso di ufficio. Il processo, che riguarda l’impiego del dipendente della società Gesip, Franco Alioto, come skipper della barca privata del primo cittadino, durante l’orario di ufficio, sarà celebrato dalla terza sezione del tribunale il 30 ottobre del 2011. Rinviato a giudizio anche Alioto.
Il gup ha, invece, prosciolto Felice Lombardi, ex amministratore delegato della Gesip, imputato di abuso di ufficio e truffa. Lombardi, prosciolto perché il fatto non sussiste, era difeso dall’avvocato Salvatore Cordaro. Nello stesso processo era imputato l’ex presidente della Gesip Giacomo Palazzolo che rispondeva, come Lombardi, di truffa e abuso di ufficio. Il gup lo ha condannato, con il rito abbreviato, a due anni di carcere 800 ore di multa e l’interdizione per due anni dai pubblici uffici.
Palazzolo, che avrebbe consentito l’attestazione della presenza in ufficio di Alioto, nonostante questo fosse impegnato sulla barca di Cammarata, dovrà versare 22 mila euro a titolo di provvisionale immediatamente esecutiva alla Gesip, costituita parte civile, e 30 mila euro al comune di Palermo al quale è stato riconosciuto il danno non patrimoniale.
L’ inchiesta giudiziaria era stata avviata dopo un servizio del tg satirico “Striscia la notizia”, che aveva documentato la presenza sulla barca come skipper di Alioto, dipendente della Gesip, durante il suo orario di lavoro.
fonte: Livesicilia
Il gup ha, invece, prosciolto Felice Lombardi, ex amministratore delegato della Gesip, imputato di abuso di ufficio e truffa. Lombardi, prosciolto perché il fatto non sussiste, era difeso dall’avvocato Salvatore Cordaro. Nello stesso processo era imputato l’ex presidente della Gesip Giacomo Palazzolo che rispondeva, come Lombardi, di truffa e abuso di ufficio. Il gup lo ha condannato, con il rito abbreviato, a due anni di carcere 800 ore di multa e l’interdizione per due anni dai pubblici uffici.
Palazzolo, che avrebbe consentito l’attestazione della presenza in ufficio di Alioto, nonostante questo fosse impegnato sulla barca di Cammarata, dovrà versare 22 mila euro a titolo di provvisionale immediatamente esecutiva alla Gesip, costituita parte civile, e 30 mila euro al comune di Palermo al quale è stato riconosciuto il danno non patrimoniale.
L’ inchiesta giudiziaria era stata avviata dopo un servizio del tg satirico “Striscia la notizia”, che aveva documentato la presenza sulla barca come skipper di Alioto, dipendente della Gesip, durante il suo orario di lavoro.
fonte: Livesicilia
lunedì 23 maggio 2011
L'attacco di Grasso al governo "Come dialogare con chi ci insulta?"
Alta tensione al convegno organizzato nell'aula bunker del carcere dell'Ucciardone con il procuratore nazionale antimafia e il ministro della Giustizia Alfano Pietro Grasso, al centro, durante il corteo di questa mattina
"Come è possibile dialogare con chi ti prende a schiaffi, con chi chiama i magistrati matti, cancro, golpisti?". Nell'aula bunker del carcere dell'Ucciardone, Pietro Grasso rompe i convenevoli di rito, nel giorno della commemorazione di Giovanni Falcone, e replica così al ministro della Giustizia, Angelino Alfano, ospite come lui del dibattito "Giovanni e Paolo, due italiani", moderato da Giovanni Minoli. Proprio Minoli aveva appena chiesto al procuratore nazionale Antimafia una battuta per smorzare la tensione tra magistrati e potere esecutivo.
Sulla riforma della Giustizia, Grasso ha sottolineato: "Io la contesto dal titolo. Non è una riforma della giustizia ma del rapporto tra magistratura e politica. Nel senso che la riforma che attendevano i cittadini è qualcosa di diverso, la possibilità di celebrare rapidamente un processo, eliminando regole e orpelli che ne rallentano lo svolgimento".
"Questo anniversario - ha detto Grasso - cade in un momento in cui i magistrati sono spesso messi sotto accusa, ma questo non ci deve turbare più di tanto anche se ci sono tentativi di delegittimazione noi dobbiamo rispondere con i fatti, i comportamenti, il lavoro, i nostri provvedimenti. Non dobbiamo accettare la rissa e dobbiamo continuare a fare il nostro dovere come abbiamo sempre fatto e come i cittadini vogliono".
Il ministro Alfano ha sottolineato: "Noi lavoreremo sempre perché sia garantita l'autonomia e l'indipendenza dei magistrati e nessuna nostra riforma vorrà mettere i Pm sotto l'esecutivo. Crediamo che l'autonomia e l'indipendenza dei magistrati siano un presidio di legalità che non va toccato". Del procuratore Grasso, il guardasigilli ha detto: "E' un uomo delle Istituzioni che non fa sconti al Governo ma che non si pone al servizio di una parte politica e questa è una cosa importantissima".
(23 maggio 2011)
fonte : la Repubblica
"Come è possibile dialogare con chi ti prende a schiaffi, con chi chiama i magistrati matti, cancro, golpisti?". Nell'aula bunker del carcere dell'Ucciardone, Pietro Grasso rompe i convenevoli di rito, nel giorno della commemorazione di Giovanni Falcone, e replica così al ministro della Giustizia, Angelino Alfano, ospite come lui del dibattito "Giovanni e Paolo, due italiani", moderato da Giovanni Minoli. Proprio Minoli aveva appena chiesto al procuratore nazionale Antimafia una battuta per smorzare la tensione tra magistrati e potere esecutivo.
Sulla riforma della Giustizia, Grasso ha sottolineato: "Io la contesto dal titolo. Non è una riforma della giustizia ma del rapporto tra magistratura e politica. Nel senso che la riforma che attendevano i cittadini è qualcosa di diverso, la possibilità di celebrare rapidamente un processo, eliminando regole e orpelli che ne rallentano lo svolgimento".
"Questo anniversario - ha detto Grasso - cade in un momento in cui i magistrati sono spesso messi sotto accusa, ma questo non ci deve turbare più di tanto anche se ci sono tentativi di delegittimazione noi dobbiamo rispondere con i fatti, i comportamenti, il lavoro, i nostri provvedimenti. Non dobbiamo accettare la rissa e dobbiamo continuare a fare il nostro dovere come abbiamo sempre fatto e come i cittadini vogliono".
Il ministro Alfano ha sottolineato: "Noi lavoreremo sempre perché sia garantita l'autonomia e l'indipendenza dei magistrati e nessuna nostra riforma vorrà mettere i Pm sotto l'esecutivo. Crediamo che l'autonomia e l'indipendenza dei magistrati siano un presidio di legalità che non va toccato". Del procuratore Grasso, il guardasigilli ha detto: "E' un uomo delle Istituzioni che non fa sconti al Governo ma che non si pone al servizio di una parte politica e questa è una cosa importantissima".
(23 maggio 2011)
fonte : la Repubblica
sabato 21 maggio 2011
martedì 17 maggio 2011
Una serata di guerriglia
Quattro feriti e tre fermati. Questo il bilancio parziale e non ancora ufficiale dello scontro avvenuto in serata nei pressi della sede dell’Assemblea regionale tra le forze dell’ordine e i lavoratori della Formazione professionale, in maggioranza del Cefop.
Secondo i racconti di alcuni dei presenti, che avevano deciso di effettuare un sit-in davanti a Palazzo dei Normanni per seguire l’andamento della seduta d’aula in cui si sarebbero stati presentati alcuni emendamenti al disegno di legge sulla Formazione, la situazione sarebbe precipitata quando si è diffusa la notizia dello stralcio di questi emendamenti.
Modifiche, per capirci, che avrebbero creato le condizioni per garantire un minimo di stabilità ai lavoratori in grande sofferenza da molti mesi. I dipendenti della Formazione, così, avrebbero dapprima bloccato le uscite dell’Ars. A quel punto sarebbe partita la richiesta dall’interno dell’Assemblea di far intervenire le forze dell’ordine. Sarebbe nata così una colluttazione. “Ci hanno caricato -raccontano alcuni lavoratori – mentre stavamo semplicemente manifestando il nostro dissenso, in maniera non violenta”. Tre di loro sarebbero anche stati fermati e portati in questura. Altri sono stati soccorsi dalle ambulanze per una serie di malori. Una donna sarebbe stata colpita al collo da una manganellata.
Le testimonianze (Fonte Ansa)
”Eravamo seduti per terra con le mani alzate, non stavamo facendo niente di male – dice Piera Gentile, dipendente dell’ente di formazione Cefop - a un certo punto, alcuni agenti si sono avvicinati, prendendoci di peso. Un poliziotto mi ha strappato la camicia, un altro ha scaraventato per terra una mia collega”. Vincenzo Sansone, anche lui del Cefop, dice che tutto è stato ripreso ”con i telefoni cellulari”. In piazza c’era anche Vincenzo Albanese, 53 anni, ex brigadiere dei carabinieri, in pensione dallo scorso febbraio. Tre mesi fa era in divisa assieme ai colleghi davanti la sede della Presidenza della Regione siciliana per difendere il palazzo da una ventina di attivisti dei centri sociali che stavano manifestando, oggi s’è ritrovato dall’altra parte con la polizia che lo ha identificato mentre cercava di soccorrere due persone finite per terra durante gli scontri. ”Mi trovavo qui perché mio figlio fa parte delle centinaia di lavoratori degli enti che da mesi sono senza stipendio – riferisce – Durante il parapiglia, ho tentato di soccorre due persone; a quel punto mi si è piantato davanti un poliziotto e mi ha bloccato, subito è arrivato un altro agente. Mi hanno chiesto i documenti e mi hanno identificato”.
fonte: Livesicilia
Secondo i racconti di alcuni dei presenti, che avevano deciso di effettuare un sit-in davanti a Palazzo dei Normanni per seguire l’andamento della seduta d’aula in cui si sarebbero stati presentati alcuni emendamenti al disegno di legge sulla Formazione, la situazione sarebbe precipitata quando si è diffusa la notizia dello stralcio di questi emendamenti.
Modifiche, per capirci, che avrebbero creato le condizioni per garantire un minimo di stabilità ai lavoratori in grande sofferenza da molti mesi. I dipendenti della Formazione, così, avrebbero dapprima bloccato le uscite dell’Ars. A quel punto sarebbe partita la richiesta dall’interno dell’Assemblea di far intervenire le forze dell’ordine. Sarebbe nata così una colluttazione. “Ci hanno caricato -raccontano alcuni lavoratori – mentre stavamo semplicemente manifestando il nostro dissenso, in maniera non violenta”. Tre di loro sarebbero anche stati fermati e portati in questura. Altri sono stati soccorsi dalle ambulanze per una serie di malori. Una donna sarebbe stata colpita al collo da una manganellata.
Le testimonianze (Fonte Ansa)
”Eravamo seduti per terra con le mani alzate, non stavamo facendo niente di male – dice Piera Gentile, dipendente dell’ente di formazione Cefop - a un certo punto, alcuni agenti si sono avvicinati, prendendoci di peso. Un poliziotto mi ha strappato la camicia, un altro ha scaraventato per terra una mia collega”. Vincenzo Sansone, anche lui del Cefop, dice che tutto è stato ripreso ”con i telefoni cellulari”. In piazza c’era anche Vincenzo Albanese, 53 anni, ex brigadiere dei carabinieri, in pensione dallo scorso febbraio. Tre mesi fa era in divisa assieme ai colleghi davanti la sede della Presidenza della Regione siciliana per difendere il palazzo da una ventina di attivisti dei centri sociali che stavano manifestando, oggi s’è ritrovato dall’altra parte con la polizia che lo ha identificato mentre cercava di soccorrere due persone finite per terra durante gli scontri. ”Mi trovavo qui perché mio figlio fa parte delle centinaia di lavoratori degli enti che da mesi sono senza stipendio – riferisce – Durante il parapiglia, ho tentato di soccorre due persone; a quel punto mi si è piantato davanti un poliziotto e mi ha bloccato, subito è arrivato un altro agente. Mi hanno chiesto i documenti e mi hanno identificato”.
fonte: Livesicilia
“Infiltrazioni mafiose al Comune di Salemi” Maxisequestro al politico sponsor di Sgarbi
I tribunale di Trapani ha messo i sigilli all’impero economico di Giuseppe Giammarinaro, ex deputato regionale ed ex sorvegliato speciale, che aveva sostenuto la candidatura del critico d’arte. I giudici: “Ha condizionato l’attività amministrativa”. La polizia e la finanza accusano Giammarinaro di aver gestito attraverso prestanome una rete di società che ha intascato milioni di euro di contributi dalla sanità pubblica. Applicata per la prima volta la norma sul “sequestro anticipato” prevista dal nuovo pacchetto sicurezza
Vittorio Sgarbi e Pino Giammarinaro
Nell’ottobre 2009, il fotografo Oliviero Toscani l’aveva detto senza mezzi termini ai magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Palermo: “Mi sono dimesso dall’incarico di assessore della giunta di Vittorio Sgarbi, a Salemi, perché mi sono reso conto che il contesto territoriale, che mi permetto di definire mafioso, non mi consentiva di operare in maniera libera e autonoma nell’amministrazione comunale”. Toscani mise a verbale un nome, quello di Giuseppe Giammarinaro, ex deputato regionale democristiano ed ex sorvegliato speciale, da sempre uno dei potenti della politica trapanese: “Partecipa alle riunioni della giunta – rivelò l’assessore dimissionario – Giammarinaro assume anche decisioni, senza averne alcun titolo”.
Adesso, le indagini della divisione anticrimine della questura di Trapani e dei finanzieri del nucleo di polizia tributaria dicono che Giammarinaro avrebbe continuato ad esercitare il suo potere politico non solo sul Comune di Salemi, ma soprattutto sulla sanità trapanese. Per questa ragione, il tribunale Misure di prevenzione di Trapani ha emesso un provvedimento di sequestro anticipato di beni nei confronti dell’esponente politico, così come proponeva il questore Carmine Esposito.
I sigilli sono scattati per un patrimonio da 35 milioni di euro: è costituito innanzitutto da undici società che gestiscono centri di analisi, di emodialisi e di fisiotetapia, poi anche case famiglie e centri per anziani. Secondo la magistratura, un impero economico costruito attraverso una rete di prestanome. Il provvedimento del tribunale riguarda anche conti correnti, appartamenti, terreni e auto di lusso.
Nel 2000, l'esponente politico era stato assolto dall’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa, ma adesso il tribunale di Trapani ritiene che le nuove indagini, coordinate da Giuseppe Linares (l'ex capo della squadra mobile oggi a capo della divisione anticrimine), abbiamo messo in evidenza “nuovi indizi” di relazioni di Giammarinaro con Cosa nostra. Il collegio presieduto da Alessandra Camassa parla nel provvedimento di “metodo mafioso” che l’ex fedelissimo di Totò Cuffaro avrebbe usato nei suoi rapporti con gli amministratori del Comune di Salemi.
La scorsa estate, il sindaco Vittorio Sgarbi aveva litigato pubblicamente con Giammarinaro. La rottura era avvenuta sulla destinazione di alcuni fondi. Intanto, continuavano ad arrivare pesanti minacce di morte al primo cittadino di Salemi. Prima, una testa di maiale recapitata al comando di polizia municipale; poi, una carcassa di cane lasciata nei pressi dell’ufficio di gabinetto. Le indagini
della Procura antimafia di Palermo non sono mai riuscite a individuare gli autori delle intimidazioni, ma nel provvedimento di archiviazione il pm Carlo Marzella ha scritto: “E’ emerso un intenso e costante condizionamento dell’attività amministrativa del Comune di Salemi da parte di Giammarinaro”.
Emblematico, un episodio, scoperto grazie alle intercettazioni disposte dalla Procura. Il 16 ottobre 2009, l’assessore Caterina Bivona chiamò il sindaco Sgarbi per informarlo che la prefettura di Trapani sollecitava l’assegnazione di un terreno confiscato al boss Salvatore Miceli. Sul tavolo del primo cittadino c’erano le richieste di "Slow food" e dell’associazione "Libera". Ma Giammarinaro voleva che il bene andasse all’Aias: l’assessore lo disse chiaramente a Sgarbi.
In un’altra intercettazione, il vice sindaco Antonella Favuzza confida a un amico che il bilancio del Comune di Salemi è stato fatto a casa di Giammarinaro, dove l’assessore Bivona e il consigliere Lorenzo Bascone avrebbero portato i documenti dell’amministrazione per modificare alcuni capitoli di spesa.
Fra qualche giorno, il tribunale sarà chiamato a confermare il sequestro e a decidere su un’altra richiesta del questore di Trapani, che sollecita l’obbligo di soggiorno per Giammarinaro, fino al 2015.
La replica di Sgarbi
Il primo cittadino di Salemi affida la sua versione a un comunicato stampa. "Pino Giammarinaro non ha mai avuto alcun ruolo attivo, né politico, né amministrativo, sul Comune di Salemi altro che quello consentito dalla maggioranza di consiglieri che, in suo nome e con la sua organizzazione politica, furono eletti in consiglio comunale". Questo dice Sgarbi, che smentisce anche pressioni sulla sua giunta. "Troppo comodo evocare i fantasmi del passato di fronte a una impresa così vasta e difficile - prosegue il comunicato del sindaco di Salemi - a questa impresa ha contribuito anche Oliviero Toscani, il quale, senza avere avuto mai alcuno impedimento, ha trovato suggestiva la via d'uscita di attribuire alla mafia e a Giammarinaro difficoltà di burocrazia, di inerzia, di consuetudini amministrative clientelari".
Sgarbi se la prende piuttosto con l'antimafia. "La grande rivoluzione - dice - è stata contrastata, com'era prevedibile, più dalla facile retorica dell'antimafia che dalla effettiva capacità di condizionamento di Giammarinaro, pari a zero".
Gli incontri con Saverio Romano
Scrive ancore il tribunale: "Emerge il metodo mafioso di Giammarinaro non solo nella gestione occulta delle imprese e delle società a lui riconducibili, ma anche con gli amministratori del Comune di Salemi e nei rapporti intrattenuti con l'onorevole Lo Giudice".
È stato lo stesso deputato regionale - Pio Lo Giudice - a raccontare alla squadra mobile di Trapani: "Giammarinaro si era impegnato per la mia elezione. Ma quando fui eletto, mi resi conto che lui voleva dimostrare a tutti di essere l’unico referente politico in provincia e che io sarei durato in carica solo se fossi stato allineato alle sue direttive. Così Giammarinaro mi faceva passare per un burattino". E avrebbe fatto anche di più. Chiedendo 200 mila euro a Lo Giudice: "Sosteneva di aver avuto delle spese per la mia campagna elettorale", ha denunciato il deputato. Giammarinaro avrebbe invece intascato altri 40 mila euro destinati dall’Udc a Lo Giudice: "Quando li chiesi al segretario regionale del partito, Saverio Romano — così ha raccontato il deputato — mi disse che erano già stati consegnati a Giammarinaro. Mi disse che la consegna di quei soldi non era nota a nessun altro".
Il racconto di Lo Giudice è stato questo lo spunto che ha fatto tornare d’attualità nell’inchiesta alcuni incontri del 2002 fra Giammarinaro e l’attuale ministro Romano. La polizia li aveva addirittura filmati, perché all’epoca Giammarinaro era sorvegliato speciale e gli inquirenti avevano il concreto sospetto che si facesse fare dei certificati medici falsi per venire a Palermo e incontrare alcuni politici amici. In un’occasione, fu visto scambiarsi con Romano dei bigliettini.
Il ministro Romano replica: "Ho sempre incontrato Pino Giammarinaro, che conosco da oltre 20 anni, sempre alla luce del sole. Lo ritengo una persona perbene". E ironizza: "Mi farò comunque promotore di un disegno di legge che proibisca lo scambio di appunti cartacei tra politici".
fonte: la Repubblica
Vittorio Sgarbi e Pino Giammarinaro
Nell’ottobre 2009, il fotografo Oliviero Toscani l’aveva detto senza mezzi termini ai magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Palermo: “Mi sono dimesso dall’incarico di assessore della giunta di Vittorio Sgarbi, a Salemi, perché mi sono reso conto che il contesto territoriale, che mi permetto di definire mafioso, non mi consentiva di operare in maniera libera e autonoma nell’amministrazione comunale”. Toscani mise a verbale un nome, quello di Giuseppe Giammarinaro, ex deputato regionale democristiano ed ex sorvegliato speciale, da sempre uno dei potenti della politica trapanese: “Partecipa alle riunioni della giunta – rivelò l’assessore dimissionario – Giammarinaro assume anche decisioni, senza averne alcun titolo”.
Adesso, le indagini della divisione anticrimine della questura di Trapani e dei finanzieri del nucleo di polizia tributaria dicono che Giammarinaro avrebbe continuato ad esercitare il suo potere politico non solo sul Comune di Salemi, ma soprattutto sulla sanità trapanese. Per questa ragione, il tribunale Misure di prevenzione di Trapani ha emesso un provvedimento di sequestro anticipato di beni nei confronti dell’esponente politico, così come proponeva il questore Carmine Esposito.
I sigilli sono scattati per un patrimonio da 35 milioni di euro: è costituito innanzitutto da undici società che gestiscono centri di analisi, di emodialisi e di fisiotetapia, poi anche case famiglie e centri per anziani. Secondo la magistratura, un impero economico costruito attraverso una rete di prestanome. Il provvedimento del tribunale riguarda anche conti correnti, appartamenti, terreni e auto di lusso.
Nel 2000, l'esponente politico era stato assolto dall’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa, ma adesso il tribunale di Trapani ritiene che le nuove indagini, coordinate da Giuseppe Linares (l'ex capo della squadra mobile oggi a capo della divisione anticrimine), abbiamo messo in evidenza “nuovi indizi” di relazioni di Giammarinaro con Cosa nostra. Il collegio presieduto da Alessandra Camassa parla nel provvedimento di “metodo mafioso” che l’ex fedelissimo di Totò Cuffaro avrebbe usato nei suoi rapporti con gli amministratori del Comune di Salemi.
La scorsa estate, il sindaco Vittorio Sgarbi aveva litigato pubblicamente con Giammarinaro. La rottura era avvenuta sulla destinazione di alcuni fondi. Intanto, continuavano ad arrivare pesanti minacce di morte al primo cittadino di Salemi. Prima, una testa di maiale recapitata al comando di polizia municipale; poi, una carcassa di cane lasciata nei pressi dell’ufficio di gabinetto. Le indagini
della Procura antimafia di Palermo non sono mai riuscite a individuare gli autori delle intimidazioni, ma nel provvedimento di archiviazione il pm Carlo Marzella ha scritto: “E’ emerso un intenso e costante condizionamento dell’attività amministrativa del Comune di Salemi da parte di Giammarinaro”.
Emblematico, un episodio, scoperto grazie alle intercettazioni disposte dalla Procura. Il 16 ottobre 2009, l’assessore Caterina Bivona chiamò il sindaco Sgarbi per informarlo che la prefettura di Trapani sollecitava l’assegnazione di un terreno confiscato al boss Salvatore Miceli. Sul tavolo del primo cittadino c’erano le richieste di "Slow food" e dell’associazione "Libera". Ma Giammarinaro voleva che il bene andasse all’Aias: l’assessore lo disse chiaramente a Sgarbi.
In un’altra intercettazione, il vice sindaco Antonella Favuzza confida a un amico che il bilancio del Comune di Salemi è stato fatto a casa di Giammarinaro, dove l’assessore Bivona e il consigliere Lorenzo Bascone avrebbero portato i documenti dell’amministrazione per modificare alcuni capitoli di spesa.
Fra qualche giorno, il tribunale sarà chiamato a confermare il sequestro e a decidere su un’altra richiesta del questore di Trapani, che sollecita l’obbligo di soggiorno per Giammarinaro, fino al 2015.
La replica di Sgarbi
Il primo cittadino di Salemi affida la sua versione a un comunicato stampa. "Pino Giammarinaro non ha mai avuto alcun ruolo attivo, né politico, né amministrativo, sul Comune di Salemi altro che quello consentito dalla maggioranza di consiglieri che, in suo nome e con la sua organizzazione politica, furono eletti in consiglio comunale". Questo dice Sgarbi, che smentisce anche pressioni sulla sua giunta. "Troppo comodo evocare i fantasmi del passato di fronte a una impresa così vasta e difficile - prosegue il comunicato del sindaco di Salemi - a questa impresa ha contribuito anche Oliviero Toscani, il quale, senza avere avuto mai alcuno impedimento, ha trovato suggestiva la via d'uscita di attribuire alla mafia e a Giammarinaro difficoltà di burocrazia, di inerzia, di consuetudini amministrative clientelari".
Sgarbi se la prende piuttosto con l'antimafia. "La grande rivoluzione - dice - è stata contrastata, com'era prevedibile, più dalla facile retorica dell'antimafia che dalla effettiva capacità di condizionamento di Giammarinaro, pari a zero".
Gli incontri con Saverio Romano
Scrive ancore il tribunale: "Emerge il metodo mafioso di Giammarinaro non solo nella gestione occulta delle imprese e delle società a lui riconducibili, ma anche con gli amministratori del Comune di Salemi e nei rapporti intrattenuti con l'onorevole Lo Giudice".
È stato lo stesso deputato regionale - Pio Lo Giudice - a raccontare alla squadra mobile di Trapani: "Giammarinaro si era impegnato per la mia elezione. Ma quando fui eletto, mi resi conto che lui voleva dimostrare a tutti di essere l’unico referente politico in provincia e che io sarei durato in carica solo se fossi stato allineato alle sue direttive. Così Giammarinaro mi faceva passare per un burattino". E avrebbe fatto anche di più. Chiedendo 200 mila euro a Lo Giudice: "Sosteneva di aver avuto delle spese per la mia campagna elettorale", ha denunciato il deputato. Giammarinaro avrebbe invece intascato altri 40 mila euro destinati dall’Udc a Lo Giudice: "Quando li chiesi al segretario regionale del partito, Saverio Romano — così ha raccontato il deputato — mi disse che erano già stati consegnati a Giammarinaro. Mi disse che la consegna di quei soldi non era nota a nessun altro".
Il racconto di Lo Giudice è stato questo lo spunto che ha fatto tornare d’attualità nell’inchiesta alcuni incontri del 2002 fra Giammarinaro e l’attuale ministro Romano. La polizia li aveva addirittura filmati, perché all’epoca Giammarinaro era sorvegliato speciale e gli inquirenti avevano il concreto sospetto che si facesse fare dei certificati medici falsi per venire a Palermo e incontrare alcuni politici amici. In un’occasione, fu visto scambiarsi con Romano dei bigliettini.
Il ministro Romano replica: "Ho sempre incontrato Pino Giammarinaro, che conosco da oltre 20 anni, sempre alla luce del sole. Lo ritengo una persona perbene". E ironizza: "Mi farò comunque promotore di un disegno di legge che proibisca lo scambio di appunti cartacei tra politici".
fonte: la Repubblica
sabato 14 maggio 2011
Sicilia impugna decreto su federalismo
Il governo della Sicilia ha impugnato il decreto sul federalismo fiscale municipale ritenendo gli articoli 2 e 14 ''lesivi delle prerogative statutarie regionali e in particolare dell'autonomia finanziaria sancita dagli articoli 36 e 37 dello statuto autonomistico siciliano''.
L’articolo 2 riscrive la distribuzione dei tributi (in larga parte immobiliari) tra Stato ed enti territoriali; l’art. 14 precisa l'ambito di applicazione del nuovo fisco dei sindaci e le modalità per introdurlo anche nelle Regioni a Statuto speciale.
Sul medesimo decreto la Regione siciliana aveva già negato l'intesa in sede di conferenza Stato-Regioni. Il contenzioso politico era stato aperto già da tempo dalla Regione siciliana, ma era stato mantenuto sul piano esclusivamente politico. Anche dal sindacato erano venute delle voci critiche e forti preoccupazioni.
"La Sicilia – aveva affermato l’assessore all’Economia, Gaetano Armao - ha avuto modo di rappresentare la sua posizione di grande regione del sud e a statuto speciale. Sul federalismo fiscale abbiamo evidenziato l'inadeguatezza delle proposte di mediazione che hanno formulato esponenti del Governo statale laddove, pur accettando la gran parte degli emendamenti proposti, ma non la clausola di salvaguardia delle prerogative statutarie, si mira a comprimere pesantemente l'autonomia speciale. Si tratta di un punto fondamentale, intorno al quale contiamo di raccogliere nuovamente tutte le Regioni a statuto speciale. Su questo tema non possiamo aderire alla proposta governativa che condurrebbe allo smantellamento dell'Autonomia per imporre ai siciliani un federalismo fiscale iniquo che li relegherebbe definitivamente nella categoria dei cittadini di serie B".
"Gli statuti regionali e la stessa legge sul federalismo, e si tratta di posizione confortata dalla giurisprudenza della Corte costituzionale, - incalza l'assessore all'economia - impongono che si proceda per le regioni 'speciali' attraverso le norme di attuazione degli statuti. Invece, il Governo nazionale, sotto la condizionante influenza della Lega, intende portare a casa un risultato a qualsiasi costo per contribuire in danno nostro a porre rimedio alla crisi strisciante ormai innescatasi nell'intero paese".
"Il federalismo fiscale che anche la Sicilia vuole, deve essere frutto del negoziato tra Regioni e Stato. Mentre - denuncia Armao - sembra che il Governo voglia applicare alle Regioni del sud, speciali e non, un federalismo insostenibile".
La Regione siciliana aveva proposto ricorso alla Corte Costituzionale per conflitto di attribuzione contro le procedure di vendita di beni del demanio militare situati in Sicilia. Caserme, fari (tra questi il Faro di Capo Mulini, nei pressi di Acireale, e l'ex carcere militare di Palermo) sono stati inseriti nel decreto del settembre del 2010 che individua beni del demanio militare che il ministero intende alienare a privati. Va evidenziato, però, che gli stessi immobili, in quanto d'interesse storico - artistico, erano già inseriti fra quelli che la Commissione paritetica Stato - Regione aveva favorevolmente esitato per essere trasferiti alla Regione.
"Il via libera al federalismo municipale rischia di avere ricadute molto pesanti in Sicilia. Un primo prevedibile effetto sarà l'aumento delle imposte comunali'', aveva affermato Mariella Maggio, segretaria generale della Cgil Sicilia. Per la Maggio si tratta dunque di un provvedimento ''iniquo e pericoloso che rischia di aggravare la spaccatura che già c'e' nel paese'', chiedendo che ''il governo regionale deve chiedere subito la convocazione della commissione paritetica Stato- Regione, se vuole provare a tamponare i contraccolpi negativi in una regione fragile come la nostra e a Statuto speciale''.
Per la segretaria della Cgil ''la questione dell'Iva conferma l'allarme che lanciamo. La quota di Iva su cui i comuni potranno contare in virtù del meccanismo di compartecipazione (circa il 2,5%)- spiega- avrà un peso molto diverso nelle aree più ricche e in quelle più povere. La Lombardia, ad esempio,- dice la segretaria della Cgil - ha un gettito annuo di 35 miliardi, contro quello della Sicilia che e' pari a 2,4 miliardi. Peraltro – aggiunge - la mancanza di informazioni certe sulla base imponibile - avrà come prima conseguenza il fatto che i comuni avranno difficoltà a stendere i bilanci preventivi per il 2011''.
La Cgil, dal canto suo, ha rilevato che “oggi la Regione riscuote il 100% del gettito Iva, e si vedrà dunque costretta a versare la quota di compartecipazione ai comuni, con una pesante ricaduta sul già dissestato bilancio”.
La Cgil considera iniqua anche la cedolare secca sugli affitti che ''favorirà le rendite di posizione in quanto i proprietari di immobili non saranno più tassati sulla base della loro aliquota marginale ma nella misura fissa del 21%o del 19% in caso di canone concordato''. Tra le cose, secondo il sindacato, negative anche lo sblocco delle addizionali Irpef ''da cui deriverà con certezza l'aumento della pressione fiscale, in quanto i sindaci- osserva Maggio- per compensare i tagli del governo nazionale avranno a disposizione subito questa leva. Sarà una mannaia - sottolinea la segretaria della Cgil - soprattutto nei piccoli e medi centri''. La Sicilia infine, rileva ancora, ''sarà penalizzata anche dalla tassa di soggiorno, che avrà ricadute negative sullo sviluppo turistico''. ''Se e' questa la politica del governo nazionale per lo sviluppo del Mezzogiorno – conclude - c'e' veramente poco da stare tranquilli''.
fonte:SiciliaInformazioni.com
L’articolo 2 riscrive la distribuzione dei tributi (in larga parte immobiliari) tra Stato ed enti territoriali; l’art. 14 precisa l'ambito di applicazione del nuovo fisco dei sindaci e le modalità per introdurlo anche nelle Regioni a Statuto speciale.
Sul medesimo decreto la Regione siciliana aveva già negato l'intesa in sede di conferenza Stato-Regioni. Il contenzioso politico era stato aperto già da tempo dalla Regione siciliana, ma era stato mantenuto sul piano esclusivamente politico. Anche dal sindacato erano venute delle voci critiche e forti preoccupazioni.
"La Sicilia – aveva affermato l’assessore all’Economia, Gaetano Armao - ha avuto modo di rappresentare la sua posizione di grande regione del sud e a statuto speciale. Sul federalismo fiscale abbiamo evidenziato l'inadeguatezza delle proposte di mediazione che hanno formulato esponenti del Governo statale laddove, pur accettando la gran parte degli emendamenti proposti, ma non la clausola di salvaguardia delle prerogative statutarie, si mira a comprimere pesantemente l'autonomia speciale. Si tratta di un punto fondamentale, intorno al quale contiamo di raccogliere nuovamente tutte le Regioni a statuto speciale. Su questo tema non possiamo aderire alla proposta governativa che condurrebbe allo smantellamento dell'Autonomia per imporre ai siciliani un federalismo fiscale iniquo che li relegherebbe definitivamente nella categoria dei cittadini di serie B".
"Gli statuti regionali e la stessa legge sul federalismo, e si tratta di posizione confortata dalla giurisprudenza della Corte costituzionale, - incalza l'assessore all'economia - impongono che si proceda per le regioni 'speciali' attraverso le norme di attuazione degli statuti. Invece, il Governo nazionale, sotto la condizionante influenza della Lega, intende portare a casa un risultato a qualsiasi costo per contribuire in danno nostro a porre rimedio alla crisi strisciante ormai innescatasi nell'intero paese".
"Il federalismo fiscale che anche la Sicilia vuole, deve essere frutto del negoziato tra Regioni e Stato. Mentre - denuncia Armao - sembra che il Governo voglia applicare alle Regioni del sud, speciali e non, un federalismo insostenibile".
La Regione siciliana aveva proposto ricorso alla Corte Costituzionale per conflitto di attribuzione contro le procedure di vendita di beni del demanio militare situati in Sicilia. Caserme, fari (tra questi il Faro di Capo Mulini, nei pressi di Acireale, e l'ex carcere militare di Palermo) sono stati inseriti nel decreto del settembre del 2010 che individua beni del demanio militare che il ministero intende alienare a privati. Va evidenziato, però, che gli stessi immobili, in quanto d'interesse storico - artistico, erano già inseriti fra quelli che la Commissione paritetica Stato - Regione aveva favorevolmente esitato per essere trasferiti alla Regione.
"Il via libera al federalismo municipale rischia di avere ricadute molto pesanti in Sicilia. Un primo prevedibile effetto sarà l'aumento delle imposte comunali'', aveva affermato Mariella Maggio, segretaria generale della Cgil Sicilia. Per la Maggio si tratta dunque di un provvedimento ''iniquo e pericoloso che rischia di aggravare la spaccatura che già c'e' nel paese'', chiedendo che ''il governo regionale deve chiedere subito la convocazione della commissione paritetica Stato- Regione, se vuole provare a tamponare i contraccolpi negativi in una regione fragile come la nostra e a Statuto speciale''.
Per la segretaria della Cgil ''la questione dell'Iva conferma l'allarme che lanciamo. La quota di Iva su cui i comuni potranno contare in virtù del meccanismo di compartecipazione (circa il 2,5%)- spiega- avrà un peso molto diverso nelle aree più ricche e in quelle più povere. La Lombardia, ad esempio,- dice la segretaria della Cgil - ha un gettito annuo di 35 miliardi, contro quello della Sicilia che e' pari a 2,4 miliardi. Peraltro – aggiunge - la mancanza di informazioni certe sulla base imponibile - avrà come prima conseguenza il fatto che i comuni avranno difficoltà a stendere i bilanci preventivi per il 2011''.
La Cgil, dal canto suo, ha rilevato che “oggi la Regione riscuote il 100% del gettito Iva, e si vedrà dunque costretta a versare la quota di compartecipazione ai comuni, con una pesante ricaduta sul già dissestato bilancio”.
La Cgil considera iniqua anche la cedolare secca sugli affitti che ''favorirà le rendite di posizione in quanto i proprietari di immobili non saranno più tassati sulla base della loro aliquota marginale ma nella misura fissa del 21%o del 19% in caso di canone concordato''. Tra le cose, secondo il sindacato, negative anche lo sblocco delle addizionali Irpef ''da cui deriverà con certezza l'aumento della pressione fiscale, in quanto i sindaci- osserva Maggio- per compensare i tagli del governo nazionale avranno a disposizione subito questa leva. Sarà una mannaia - sottolinea la segretaria della Cgil - soprattutto nei piccoli e medi centri''. La Sicilia infine, rileva ancora, ''sarà penalizzata anche dalla tassa di soggiorno, che avrà ricadute negative sullo sviluppo turistico''. ''Se e' questa la politica del governo nazionale per lo sviluppo del Mezzogiorno – conclude - c'e' veramente poco da stare tranquilli''.
fonte:SiciliaInformazioni.com
PIERPAOLO PULVIRENTI
La fiaccolata muta per lo studente
morto alla Saras
Pochi di loro hanno letto sui giornali che seimila imprenditori, che rivendicano di “fare il Pil”, sabato scorso hanno tributato un applauso trionfale al manager della ThyssenKrupp condannato a sedici anni e mezzo di carcere per aver provocato con le sue brillanti mosse gestionali la morte di sette operai (Leggi l’editoriale di Michela Murgia). Questi quattrocento ragazzi di Catania, di Pil, ne fanno davvero poco: chi non è studente è disoccupato. E sarà per questo che hanno un pudore diverso. Mercoledì sera hanno voluto ricordare, a un mese dalla morte, il loro amico Pierpaolo Pulvirenti rimasto vittima di un assurdo incidente alla Saras di Sarroch, in provincia di Cagliari, la raffineria della famiglia Moratti. Una fiaccolata muta per le vie del centro di Catania, nessuno slogan, un solo striscione: “Per il nostro Pierpaolo”.
Una protesta? No. In una città dove il casco in motorino è ancora un optional e il contributo dei giovani al Pil risulta piuttosto marginale, questi ragazzi non sembrano sentirsi legittimati ad alzare la voce. In silenzio, hanno manifestato un sentimento sconosciuto ai convegni e alle assise, la volontà di far sentire alla famiglia del ragazzo l’affetto di una comunità. Un abbraccio collettivo per sentirsi meno soli di fronte a una tragedia.
Con il loro silenzio i ragazzi di Catania hanno anche manifestato che, di fronte alla morte in fabbrica del loro amico, non sono la politica né i sindacati a fornire le parole al loro dolore. Lo dimostra la scena quasi surreale avvenuta nella storica, centralissima via dei Crociferi, davanti alla sede della Camera del Lavoro che ha aspettato la fiaccolata con porte aperte, luci accese e bandiere rosse della Cgil esposte. Il corteo si è fermato e, guidati dalla voce decisa della madre di Pierpaolo, Milena Basile, tutti hanno recitato l’Ave Maria.
Sarebbe stato meglio, per questi giovani siciliani esclusi dalla produzione del Pil e da tante altre cose, se l’esempio gliel’avessero dato i seimila imprenditori delle “assise confindustriali”. Sarebbe stato un contributo alla coesione sociale di cui tanto si parla se – anziché acclamare come eroe e vittima il manager tedesco Harald Espenhahn condannato per omicidio volontario, salvo poi accorgersi con 48 ore di ritardo di aver fatto un’idiozia (quando si dice una classe dirigente lungimirante) – a Bergamo avessero ricordato con un caldo applauso, loro imprenditori che “fanno il Pil”, lo studente Pulvirenti Pierpaolo di anni 23.
É strano che di fronte alla sua storia agghiacciante la Confindustria non abbia niente da dire ai ragazzi di Catania. Pierpaolo era uno studente universitario, iscritto alla facoltà di farmacia. Suo padre, Salvatore, 56 anni, è un perito elettrotecnico e insegna (feroce ironia della sorte) in un centro di formazione professionale. Una famiglia né ricca né povera, semplicemente normale. E Pierpaolo non è un’operaio, forse bisognerebbe definirlo un’artista, un intellettuale. Nelle foto sorride sempre, in metà porta gli occhiali, in metà no. Ha frequentato l’istituto d’arte dove ha messo tecnica sul suo talento. Ha vent’anni quando lo scrittore Antonio Gargiulo gli affida le illustrazioni del suo libro di racconti erotici “Il viaggio dei Gotulani”, pubblicato dalle edizioni Seneca. “Non è stata facile la ricerca di un disegnatore ma poi Pierpaolo Pulvirenti è stata una vera rivelazione”, dice Gargiulo. E’ stata una vera rivelazione anche per Pulvirenti padre, un po’ scandalizzato da quel ragazzino di suo figlio che gli squadernava in faccia quei disegni, “donne nude, dettagliatissime”, ricorda. Pierpaolo è vulcanico, ha un sacco di amici, e anche chi non lo conosce personalmente sa chi è. “Quando entrava in aula regalava sorriso”, dice uno studente di farmacia, liberando il pensiero. Pierpaolo è anche un graffitaro, e adesso i suoi amici vanno in giro per Catania a fotografare le sue opere residue.
Che ci fa dunque Pierpaolo dentro una raffineria? E’ che il suo amico e compagno di studi Gabriele Serranò ha il padre che lavora come capo cantiere alla Star Service, un’azienda che prende appalti dalla Saras per i lavori di manutenzione. La Star Service cerca gente svelta che costi poco, perché alla Saras da un po’ di tempo sono molto tirati sul prezzo dei lavori, e se la ditta d’appalto va a prendere gli specializzati non ci sta dentro. Così Gabriele dice a Pierpaolo che c’è un’occasione segnalata dal padre: un contratto di venti giorni (sotto il mese non si pagano neppure i contributi previdenziali, applauso), mille euro, ottimi per pagarsi le vacanze estive. Il padre, una vita nella formazione professionale, sa che nelle raffinerie non si mandano i bambini a giocare. Guarda perplesso il suo artista: “E perché danno mille euro a te”. Poi pensa che Serranò ci porta suo figlio, quindi sarà una cosa tranquilla.
I due ragazzi partono. Arrivano a Cagliari venerdì 8 aprile, entrano in raffineria. Non si sa quanta formazione ricevono, c’è chi dice due ore, chi dice due giorni. Sicuramente lunedì 11 aprile è il loro primo giorno di lavoro. Nel pomeriggio devono andare a pulire un’impianto che risulta già “bonificato”, cioè senza più traccia del terribile acido solfidrico. Invece qualcosa è andato storto, come si dice nel linguaggio di quelli che sembrano affidare la sicurezza in fabbrica alla buona sorte. Appena iniziano ad aprire il cosiddetto “passo d’uomo”, un getto di gas li investe. Pierpaolo ha un primo arresto cardiaco, riescono a far ripartire il cuore che si fermerà all’alba, alle 4,15 del 12 maggio. Gabriele finisce in rianimazione, per qualche ora si teme anche per la sua vita, poi ce la fa.
C’era anche lui alla fiaccolata. Appoggiato a una stampella, con un sorriso implacabile sulla faccia da bambino. Un sorriso da applausi.
Il Fatto Quotidiano, 13 maggio 2011
morto alla Saras
Pochi di loro hanno letto sui giornali che seimila imprenditori, che rivendicano di “fare il Pil”, sabato scorso hanno tributato un applauso trionfale al manager della ThyssenKrupp condannato a sedici anni e mezzo di carcere per aver provocato con le sue brillanti mosse gestionali la morte di sette operai (Leggi l’editoriale di Michela Murgia). Questi quattrocento ragazzi di Catania, di Pil, ne fanno davvero poco: chi non è studente è disoccupato. E sarà per questo che hanno un pudore diverso. Mercoledì sera hanno voluto ricordare, a un mese dalla morte, il loro amico Pierpaolo Pulvirenti rimasto vittima di un assurdo incidente alla Saras di Sarroch, in provincia di Cagliari, la raffineria della famiglia Moratti. Una fiaccolata muta per le vie del centro di Catania, nessuno slogan, un solo striscione: “Per il nostro Pierpaolo”.
Una protesta? No. In una città dove il casco in motorino è ancora un optional e il contributo dei giovani al Pil risulta piuttosto marginale, questi ragazzi non sembrano sentirsi legittimati ad alzare la voce. In silenzio, hanno manifestato un sentimento sconosciuto ai convegni e alle assise, la volontà di far sentire alla famiglia del ragazzo l’affetto di una comunità. Un abbraccio collettivo per sentirsi meno soli di fronte a una tragedia.
Con il loro silenzio i ragazzi di Catania hanno anche manifestato che, di fronte alla morte in fabbrica del loro amico, non sono la politica né i sindacati a fornire le parole al loro dolore. Lo dimostra la scena quasi surreale avvenuta nella storica, centralissima via dei Crociferi, davanti alla sede della Camera del Lavoro che ha aspettato la fiaccolata con porte aperte, luci accese e bandiere rosse della Cgil esposte. Il corteo si è fermato e, guidati dalla voce decisa della madre di Pierpaolo, Milena Basile, tutti hanno recitato l’Ave Maria.
Sarebbe stato meglio, per questi giovani siciliani esclusi dalla produzione del Pil e da tante altre cose, se l’esempio gliel’avessero dato i seimila imprenditori delle “assise confindustriali”. Sarebbe stato un contributo alla coesione sociale di cui tanto si parla se – anziché acclamare come eroe e vittima il manager tedesco Harald Espenhahn condannato per omicidio volontario, salvo poi accorgersi con 48 ore di ritardo di aver fatto un’idiozia (quando si dice una classe dirigente lungimirante) – a Bergamo avessero ricordato con un caldo applauso, loro imprenditori che “fanno il Pil”, lo studente Pulvirenti Pierpaolo di anni 23.
É strano che di fronte alla sua storia agghiacciante la Confindustria non abbia niente da dire ai ragazzi di Catania. Pierpaolo era uno studente universitario, iscritto alla facoltà di farmacia. Suo padre, Salvatore, 56 anni, è un perito elettrotecnico e insegna (feroce ironia della sorte) in un centro di formazione professionale. Una famiglia né ricca né povera, semplicemente normale. E Pierpaolo non è un’operaio, forse bisognerebbe definirlo un’artista, un intellettuale. Nelle foto sorride sempre, in metà porta gli occhiali, in metà no. Ha frequentato l’istituto d’arte dove ha messo tecnica sul suo talento. Ha vent’anni quando lo scrittore Antonio Gargiulo gli affida le illustrazioni del suo libro di racconti erotici “Il viaggio dei Gotulani”, pubblicato dalle edizioni Seneca. “Non è stata facile la ricerca di un disegnatore ma poi Pierpaolo Pulvirenti è stata una vera rivelazione”, dice Gargiulo. E’ stata una vera rivelazione anche per Pulvirenti padre, un po’ scandalizzato da quel ragazzino di suo figlio che gli squadernava in faccia quei disegni, “donne nude, dettagliatissime”, ricorda. Pierpaolo è vulcanico, ha un sacco di amici, e anche chi non lo conosce personalmente sa chi è. “Quando entrava in aula regalava sorriso”, dice uno studente di farmacia, liberando il pensiero. Pierpaolo è anche un graffitaro, e adesso i suoi amici vanno in giro per Catania a fotografare le sue opere residue.
Che ci fa dunque Pierpaolo dentro una raffineria? E’ che il suo amico e compagno di studi Gabriele Serranò ha il padre che lavora come capo cantiere alla Star Service, un’azienda che prende appalti dalla Saras per i lavori di manutenzione. La Star Service cerca gente svelta che costi poco, perché alla Saras da un po’ di tempo sono molto tirati sul prezzo dei lavori, e se la ditta d’appalto va a prendere gli specializzati non ci sta dentro. Così Gabriele dice a Pierpaolo che c’è un’occasione segnalata dal padre: un contratto di venti giorni (sotto il mese non si pagano neppure i contributi previdenziali, applauso), mille euro, ottimi per pagarsi le vacanze estive. Il padre, una vita nella formazione professionale, sa che nelle raffinerie non si mandano i bambini a giocare. Guarda perplesso il suo artista: “E perché danno mille euro a te”. Poi pensa che Serranò ci porta suo figlio, quindi sarà una cosa tranquilla.
I due ragazzi partono. Arrivano a Cagliari venerdì 8 aprile, entrano in raffineria. Non si sa quanta formazione ricevono, c’è chi dice due ore, chi dice due giorni. Sicuramente lunedì 11 aprile è il loro primo giorno di lavoro. Nel pomeriggio devono andare a pulire un’impianto che risulta già “bonificato”, cioè senza più traccia del terribile acido solfidrico. Invece qualcosa è andato storto, come si dice nel linguaggio di quelli che sembrano affidare la sicurezza in fabbrica alla buona sorte. Appena iniziano ad aprire il cosiddetto “passo d’uomo”, un getto di gas li investe. Pierpaolo ha un primo arresto cardiaco, riescono a far ripartire il cuore che si fermerà all’alba, alle 4,15 del 12 maggio. Gabriele finisce in rianimazione, per qualche ora si teme anche per la sua vita, poi ce la fa.
C’era anche lui alla fiaccolata. Appoggiato a una stampella, con un sorriso implacabile sulla faccia da bambino. Un sorriso da applausi.
Il Fatto Quotidiano, 13 maggio 2011
giovedì 12 maggio 2011
… pinsera ‘n libbertà!
Nuautri siemu siciliani!
Ham’a aviri l’orgogliu, ‘a dignitati ri ‘siri siciliani e n’ ham’a pritenniri ‘u rispiettu!
Siciliani fuorru Antonio e Andrea, Giovanni e Paolo, Rosario, Leonardo e Gesualdo, Luigi e Giovanni e tant’autri. Nunn ‘u sacciu quanti ‘u puonu riri, tanti ca nun sanu mancu ri cu staiu parrannu!
Ppi’ iddi, onoramini e rispittamini, comu iddi s’onorarru e s’arrispittarru, a si stissi e a’ so terra … e a nuatri, senza mancu cunuscirini …!
A ccu rici ca i siciliani su’ niviri e lurdi, o autri cosi ri ‘stu tipu, … arririemuci ‘nta facci’!
Ma ri cchi n’avissimu affruntari, ri ‘siri siciliani? Picchì, quannu ‘sciemu, c’è ccu cerca r’ammucciarisi ‘a ‘uci?
L’umanitati, ‘u rispiettu pp’ l’autru, pp’o diviersu, ca ‘u sicilianu havi, … picca l’hanu!
Riurdamuni, pigghiamu cuscienza ri chiddu c’ hamu passatu e ca n’ hanu fattu passari!
Quannu ni vuonu ‘mprugghiari supra ‘a storia, ‘a nostra storia, chiddu c’ ha successu, riurdamuci re’ fatti ri Bronte, ‘ntò milliuottucientu e sissanta. Parramici ri Castellammari, ‘nto milliuottucientu e sissantarui, parramici ri Angela Romano, ri nov’ anni, ri Mariana Crociata, cieca e anarfabbeta, ri Marco Randisi, storpiu e anarfabbeta, ri Benedetto Palermo, parrinu, ri Angela Catalano, zoppa e anarfabbeta, ri Angela Calamia e Antonino Corona, ri settant’anni. Riurdamici ro “sett’ e mienzu”, ‘ntò milliuottucientu e sissantasiei, ‘ra “straggi ‘ro pani” ‘nta Via Maqueda, ‘ntò millinovicientu e quarantaquattru. Parramici ‘ro Vespru, ‘ra rivoluzioni pp’ l’indipinnenza ‘ra Sicilia. E se ‘sti cosi nunn ‘i sapiemu, sturiamu, ligghiemu … e ancora sturiamu e ligghiemu, … picchì l’ ham’a sapiri!
Mario Turri n’ ansignau ca “La Sicilia di domani sarà quale noi la vogliamo: pacifica, laboriosa, ricca, felice, senza tiranni e senza sfruttatori”! … se ‘u vuliemu …!
http://sikeloi.net/pinsera-n-libberta/
Ham’a aviri l’orgogliu, ‘a dignitati ri ‘siri siciliani e n’ ham’a pritenniri ‘u rispiettu!
Siciliani fuorru Antonio e Andrea, Giovanni e Paolo, Rosario, Leonardo e Gesualdo, Luigi e Giovanni e tant’autri. Nunn ‘u sacciu quanti ‘u puonu riri, tanti ca nun sanu mancu ri cu staiu parrannu!
Ppi’ iddi, onoramini e rispittamini, comu iddi s’onorarru e s’arrispittarru, a si stissi e a’ so terra … e a nuatri, senza mancu cunuscirini …!
A ccu rici ca i siciliani su’ niviri e lurdi, o autri cosi ri ‘stu tipu, … arririemuci ‘nta facci’!
Ma ri cchi n’avissimu affruntari, ri ‘siri siciliani? Picchì, quannu ‘sciemu, c’è ccu cerca r’ammucciarisi ‘a ‘uci?
L’umanitati, ‘u rispiettu pp’ l’autru, pp’o diviersu, ca ‘u sicilianu havi, … picca l’hanu!
Riurdamuni, pigghiamu cuscienza ri chiddu c’ hamu passatu e ca n’ hanu fattu passari!
Quannu ni vuonu ‘mprugghiari supra ‘a storia, ‘a nostra storia, chiddu c’ ha successu, riurdamuci re’ fatti ri Bronte, ‘ntò milliuottucientu e sissanta. Parramici ri Castellammari, ‘nto milliuottucientu e sissantarui, parramici ri Angela Romano, ri nov’ anni, ri Mariana Crociata, cieca e anarfabbeta, ri Marco Randisi, storpiu e anarfabbeta, ri Benedetto Palermo, parrinu, ri Angela Catalano, zoppa e anarfabbeta, ri Angela Calamia e Antonino Corona, ri settant’anni. Riurdamici ro “sett’ e mienzu”, ‘ntò milliuottucientu e sissantasiei, ‘ra “straggi ‘ro pani” ‘nta Via Maqueda, ‘ntò millinovicientu e quarantaquattru. Parramici ‘ro Vespru, ‘ra rivoluzioni pp’ l’indipinnenza ‘ra Sicilia. E se ‘sti cosi nunn ‘i sapiemu, sturiamu, ligghiemu … e ancora sturiamu e ligghiemu, … picchì l’ ham’a sapiri!
Mario Turri n’ ansignau ca “La Sicilia di domani sarà quale noi la vogliamo: pacifica, laboriosa, ricca, felice, senza tiranni e senza sfruttatori”! … se ‘u vuliemu …!
http://sikeloi.net/pinsera-n-libberta/
lunedì 9 maggio 2011
… italiani … a convenienza!
Sulla prima pagina de Il Giornale in edicola oggi, fa bella mostra di sé un titolo che esageratamente recita: “Emergenza immigrazione. Altro che italiani razzisti. A Lampedusa si tuffano per salvare i clandestini”!
Molto più sommessamente, sullo stesso tema, il Corriere della Sera titola: “Il Colle: Italia solidale. E sferza l’Europa. Si tuffano tutti in mare per salvare 500 migranti”!
Ovviamente, entrambe le testate fanno riferimento a quanto avvenuto a Lampedusa, dove forze dell’ordine e popolazione locale non hanno esitato a gettarsi in mare ed a mettere a rischio la propria vita, per salvare centinaia di migranti provenienti dalla Libia. Tra di essi, tante donne e bambini, i più indifesi e vulnerabili.
Ecco, appunto, i lampedusani hanno dato una lezione di umanità, di civiltà, di altruismo, di spirito di accoglienza, al mondo intero! Davvero, meriterebbero il nobel per la pace! I lampedusani …
Per quando geograficamente ed amministrativamente lo siano, non mi va neanche di chiamarli siciliani, ne sminuirei i meriti che sono solo ed esclusivamente loro, delle poche migliaia di abitanti delle splendide e bistrattate Pelagie.
Loro, sì, hanno nei fatti dimostrato cosa significhi non essere razzisti, essere solidali.
Insieme a loro, ma in questo momento doverosamente in secondo piano, lo hanno dimostrato i siciliani, con le migliaia di disperati che sbarcano annualmente lungo le coste del ragusano e dell’agrigentino e del siracusano e del resto dell’isola. Gli anni scorsi, in estate, arrivavano di notte lungo il tratto tra Marina di Ragusa e Santa Barbara, allo scalo trapanese (oggi scomparso col porto turistico), chiamato così perché, un tempo, vi attraccava il battello postale “Trapanese” (questo, almeno, se non ricordo male, mi hanno raccontato!). Mio fratello, che abita da quelle parti, spesso li vedeva ed era frequente il caso che qualcuno del posto avvisasse per i soccorsi. Con quello che sta succedendo in nord Africa, con la “campagna di Libia” in corso, … non oso pensare a cosa potrebbe succedere questa estate …!
Lo hanno dimostrato anche i calabresi, lo hanno dimostrato i pugliesi, … ma non credo proprio lo abbiano dimostrato … altri!
Certamente non lo ha dimostrato chi può impunemente permettersi di dire cose del tipo “Napoli è una schifezza, buttiamola”, “l’Abruzzo è un peso morto per noi come tutto il Sud”, o ancora, riferendosi agli immigrati, “merde, merde, merde, siete solo delle merde!”, “gli immigrati che annegano inquinano le acque di Lampedusa”!
Non può averlo dimostrato neanche chi può permettersi, sempre impunemente, di affermare “contro i clandestini voglio sentire il rombo dei cannoni”, “le case si danno ai lombardi, non al primo Bingo Bongo che arriva”!
Non l’ha dimostrato chi blatera “siamo in guerra, i gommoni degli immigrati devono essere distrutti a colpi di bazooka. Occorre puntare ad altezza uomo”, o chi può chiedere cose del tipo “gli immigrati tornino nel deserto a parlare coi cammelli o nella giungla a ballare con le scimmie”!
Per favore, quindi, smettiamola di parlare di “italiani” a convenienza, quando fa comodo, quando qualcun altro deve prendersi meriti che non ha!
“Altro che italiani razzisti. A Lampedusa si tuffano per salvare i clandestini”!
150 anni di unità d’Italia, … ci abbiamo provato anche con queste frasi ad effetto, che vorrebbero toccare il cuore!
Adesso basta, però …!
http://sikeloi.net/italiani-a-convenienza/
Molto più sommessamente, sullo stesso tema, il Corriere della Sera titola: “Il Colle: Italia solidale. E sferza l’Europa. Si tuffano tutti in mare per salvare 500 migranti”!
Ovviamente, entrambe le testate fanno riferimento a quanto avvenuto a Lampedusa, dove forze dell’ordine e popolazione locale non hanno esitato a gettarsi in mare ed a mettere a rischio la propria vita, per salvare centinaia di migranti provenienti dalla Libia. Tra di essi, tante donne e bambini, i più indifesi e vulnerabili.
Ecco, appunto, i lampedusani hanno dato una lezione di umanità, di civiltà, di altruismo, di spirito di accoglienza, al mondo intero! Davvero, meriterebbero il nobel per la pace! I lampedusani …
Per quando geograficamente ed amministrativamente lo siano, non mi va neanche di chiamarli siciliani, ne sminuirei i meriti che sono solo ed esclusivamente loro, delle poche migliaia di abitanti delle splendide e bistrattate Pelagie.
Loro, sì, hanno nei fatti dimostrato cosa significhi non essere razzisti, essere solidali.
Insieme a loro, ma in questo momento doverosamente in secondo piano, lo hanno dimostrato i siciliani, con le migliaia di disperati che sbarcano annualmente lungo le coste del ragusano e dell’agrigentino e del siracusano e del resto dell’isola. Gli anni scorsi, in estate, arrivavano di notte lungo il tratto tra Marina di Ragusa e Santa Barbara, allo scalo trapanese (oggi scomparso col porto turistico), chiamato così perché, un tempo, vi attraccava il battello postale “Trapanese” (questo, almeno, se non ricordo male, mi hanno raccontato!). Mio fratello, che abita da quelle parti, spesso li vedeva ed era frequente il caso che qualcuno del posto avvisasse per i soccorsi. Con quello che sta succedendo in nord Africa, con la “campagna di Libia” in corso, … non oso pensare a cosa potrebbe succedere questa estate …!
Lo hanno dimostrato anche i calabresi, lo hanno dimostrato i pugliesi, … ma non credo proprio lo abbiano dimostrato … altri!
Certamente non lo ha dimostrato chi può impunemente permettersi di dire cose del tipo “Napoli è una schifezza, buttiamola”, “l’Abruzzo è un peso morto per noi come tutto il Sud”, o ancora, riferendosi agli immigrati, “merde, merde, merde, siete solo delle merde!”, “gli immigrati che annegano inquinano le acque di Lampedusa”!
Non può averlo dimostrato neanche chi può permettersi, sempre impunemente, di affermare “contro i clandestini voglio sentire il rombo dei cannoni”, “le case si danno ai lombardi, non al primo Bingo Bongo che arriva”!
Non l’ha dimostrato chi blatera “siamo in guerra, i gommoni degli immigrati devono essere distrutti a colpi di bazooka. Occorre puntare ad altezza uomo”, o chi può chiedere cose del tipo “gli immigrati tornino nel deserto a parlare coi cammelli o nella giungla a ballare con le scimmie”!
Per favore, quindi, smettiamola di parlare di “italiani” a convenienza, quando fa comodo, quando qualcun altro deve prendersi meriti che non ha!
“Altro che italiani razzisti. A Lampedusa si tuffano per salvare i clandestini”!
150 anni di unità d’Italia, … ci abbiamo provato anche con queste frasi ad effetto, che vorrebbero toccare il cuore!
Adesso basta, però …!
http://sikeloi.net/italiani-a-convenienza/
LA SCHIZOFRENIA DIFENSIVA DEL PRESIDENTE LOMBARDO
179 giorni orsono Lombardo aveva chiesto insistentemente ai Pubblici Ministeri d’essere ascoltato per chiarire la sua posizione, ora invece, che conosce tutte le carte e che l’interrogatorio sarebbe un suo diritto, ha deciso di non sottoporvisi.
Raffaele Lombardo, quindi, si tira indietro, come del resto è sua abitudine.
Prima si diceva sicuro che nessuna indagine avrebbe potuto riguardarlo, poi ha dichiarato che la sua posizione sarebbe stata archiviata, ancora dopo ha chiesto d’essere interrogato, ed ora invece non ha più nulla da chiarire.
Forse, la decisione è stata suggerita dai suoi avvocati, i quali, memori del fatto che nel corso della conferenza stampa indetta qualche mese fa dal governatore, finì per ammettere tutte le frequentazioni, in questa occasione devono avergli suggerito: <>
Sta di fatto, che non chiarirà un bel niente. E del resto, ci chiediamo: cosa potrebbe mai chiarire di fronte alla gravità delle accuse?
Molto meglio sottrarsi alle domande dei PP.MM.
Certo, però, sarebbe stato interessante chiedergli come ha fatto a comprare in pochi anni beni immobili per milioni di euro a fronte di uno stipendio da parlamentare?
Come ha fatto ad intrattenere rapporti politici con boss mafiosi ed in cambio di cosa?
Come mai dalle intercettazioni realizzate dopo gli arresti qualcuno afferma di avere ricevuto la solidarietà del Presidente?
Che rapporti c’erano con il geologo-massone Barbagallo?
E con Basilotta?
E con Bevilacqua?
E con Liga?
E cosa ne sa del fotovoltaico?
E della Formazione?
Avrebbe potuto chiarire queste e tante altre questioni, Raffaele Lombardo, ma ha deciso che è meglio non rispondere.
http://www.sudpress.it/antimafia/la-schizofrenia-difensiva/
Raffaele Lombardo, quindi, si tira indietro, come del resto è sua abitudine.
Prima si diceva sicuro che nessuna indagine avrebbe potuto riguardarlo, poi ha dichiarato che la sua posizione sarebbe stata archiviata, ancora dopo ha chiesto d’essere interrogato, ed ora invece non ha più nulla da chiarire.
Forse, la decisione è stata suggerita dai suoi avvocati, i quali, memori del fatto che nel corso della conferenza stampa indetta qualche mese fa dal governatore, finì per ammettere tutte le frequentazioni, in questa occasione devono avergli suggerito: <
Sta di fatto, che non chiarirà un bel niente. E del resto, ci chiediamo: cosa potrebbe mai chiarire di fronte alla gravità delle accuse?
Molto meglio sottrarsi alle domande dei PP.MM.
Certo, però, sarebbe stato interessante chiedergli come ha fatto a comprare in pochi anni beni immobili per milioni di euro a fronte di uno stipendio da parlamentare?
Come ha fatto ad intrattenere rapporti politici con boss mafiosi ed in cambio di cosa?
Come mai dalle intercettazioni realizzate dopo gli arresti qualcuno afferma di avere ricevuto la solidarietà del Presidente?
Che rapporti c’erano con il geologo-massone Barbagallo?
E con Basilotta?
E con Bevilacqua?
E con Liga?
E cosa ne sa del fotovoltaico?
E della Formazione?
Avrebbe potuto chiarire queste e tante altre questioni, Raffaele Lombardo, ma ha deciso che è meglio non rispondere.
http://www.sudpress.it/antimafia/la-schizofrenia-difensiva/
Modena City Ramblers - I Cento Passi
RICORDARE PER CONTINUARE A LOTTARE INSIEME A PEPPINO E FELICIA IMPASTATO
La protesta degli alluvionati: "Fondi Fas o blocco del Giro d'Italia"
“Ci mobiliteremo con tutti i mezzi qualora il ministro per gli Affari Regionali non utilizzasse i fondi Fas per finanziare l’ordinanza di Protezione Civile che consente l’assistenza agli sfollati e la messa in sicurezza dei centri messinesi colpiti dall’alluvione dell’1 ottobre 2009 e del gennaio 2010”. Lo dicono in una nota congiunta i comitati dei cittadini di Giampilieri, Scaletta, Altolia, Briga, C.da Torre, Guidomandri, Itala, Molino, Pezzolo, Ponte Schiavo, S.Margherita che minacciano anche di bloccare la tappa ciclistica del giro d’Italia che domenica prossima passerà da quelle zone.
”A distanza di sei mesi dalle richieste avanzate dalla Regione Sicilia e fatte proprie dalla Protezione Civile Nazionale e dopo aver erogato fondi consistenti per fronteggiare gli effetti delle alluvioni del 2011 in Veneto e Liguria, – prosegue la nota – il Governo Nazionale potrebbe lasciare al proprio destino i cittadini messinesi colpiti dalle tragiche 37 morti e dalle devastanti alluvioni del 2009 e del 2010”.
fonte:Livesicilia
”A distanza di sei mesi dalle richieste avanzate dalla Regione Sicilia e fatte proprie dalla Protezione Civile Nazionale e dopo aver erogato fondi consistenti per fronteggiare gli effetti delle alluvioni del 2011 in Veneto e Liguria, – prosegue la nota – il Governo Nazionale potrebbe lasciare al proprio destino i cittadini messinesi colpiti dalle tragiche 37 morti e dalle devastanti alluvioni del 2009 e del 2010”.
fonte:Livesicilia
venerdì 6 maggio 2011
Ecco il bunker del governatore : 40 fucili alla Presidenza della Regione
Non spara. Anzi, non spara più. Ma alla passione per i fucili non ha rinunciato. Al punto da acquistarne quaranta, da collezione, tutti perfettamente funzionanti e gelosamente custoditi in un armadio blindato al secondo piano di Palazzo d'Orleans. Raffaele Lombardo, il presidente della Regione siciliana, tiene un arsenale nella sede del governo. A cinque metri, non di più, dalla sala degli specchi che ospita le riunioni della giunta: notizia finora solo sussurrata, a metà fra verità e leggenda, come le tante che riguardano un governatore dai mille vezzi, che mangia la carta e odia l'aria condizionata e il ticchettio dei tacchi delle signore.
Un poliziotto, un paio d'anni fa, aveva confidato sottovoce di aver visto un furgone blindato con un carico di armi entrare in Presidenza. Un'indiscrezione che ebbe scarsa eco. Ma ora che un'informativa del Gico della Guardia di finanza, agli atti dell'inchiesta per mafia che riguarda Lombardo, ha alzato il velo su un sospetto movimento di capitale verso l'estero, il governatore è stato quasi costretto a rivelare il suo "vizietto": le aste. E, in particolare, quelle in cui si possono acquistare quadri e, soprattutto, armi.
Risulta che alla casa d'aste Dorotheum, con sede a Vienna, Lombardo abbia versato negli ultimi anni 360 mila euro. "Ci vado dal 1994, l'avrò frequentata una decina di volte. L'ultima l'anno scorso, quando ero già presidente della Regione. Sono andato nella capitale austriaca e sono rimasto dieci ore di fila nelle stanze dove si battevano gli oggetti". E il "bottino" di Lombardo è qui, davanti ai nostri occhi e ai flash del fotografo. Esposto in esclusiva per Repubblica. Il governatore gongola mentre descrive i suoi gioielli: "Li vede questi due fucili spagnoli? Hanno mezzo secolo. Sono numerati e hanno strozzature diverse della canna. Sono senza cinghia.
Il cacciatore aveva un "portatore" cui chiedeva di volta in volta l'arma più congeniale alla preda. E questo? È italiano, è un Antonio Zoli. C'è una parte in legno che avvolge la canna, cosicché negli inverni freddi l'impugnatura è più facile. E guardi questo, a canne sovrapposte. E quest'altro, noti come sono belli i due cani esterni separati". Spunta anche una pistola da tiro russa: "No, quella non la faccio vedere. Sa, non vorrei che qualcuno equivocasse".
Presidente, perché non tiene questi oggetti a casa sua? "Perché qui è più sicuro, gli uffici sono vigilati da dieci agenti e a prova di furti. Non commetto certo un reato. Ho un regolare porto per pistola e tutte le armi sono registrate. Anzi, dieci fucili antichi, austriaci e cecoslovacchi, li ho dovuti rimandare alla frontiera, perché, pur essendo ammessi all'estero, in Italia sono considerati pericolosi".
Presidente, ha speso una fortuna. "Ma no, i fucili mi saranno costati in tutto trentamila euro. Che vuole, ho la nostalgia della caccia e mi consolo così, con le armi da collezione e allevando cirnechi: ho un maschio e tre femmine, un cane l'ho regalato all'onorevole Musotto. La spesa più rilevante, alla casa d'aste, l'ho fatta per acquistare quadri: soprattutto nature morte, ho dipinti del Seicento e del Settecento. Certo, i miei figli mi vogliono fare interdire e mia moglie più volte mi ha preso a colpi di borsa. Ma se rivendo quello che ho acquistato, ci guadagno il doppio. E mi sa che lo farò presto".
(06 maggio 2011)
fonte:la Repubblica
Un poliziotto, un paio d'anni fa, aveva confidato sottovoce di aver visto un furgone blindato con un carico di armi entrare in Presidenza. Un'indiscrezione che ebbe scarsa eco. Ma ora che un'informativa del Gico della Guardia di finanza, agli atti dell'inchiesta per mafia che riguarda Lombardo, ha alzato il velo su un sospetto movimento di capitale verso l'estero, il governatore è stato quasi costretto a rivelare il suo "vizietto": le aste. E, in particolare, quelle in cui si possono acquistare quadri e, soprattutto, armi.
Risulta che alla casa d'aste Dorotheum, con sede a Vienna, Lombardo abbia versato negli ultimi anni 360 mila euro. "Ci vado dal 1994, l'avrò frequentata una decina di volte. L'ultima l'anno scorso, quando ero già presidente della Regione. Sono andato nella capitale austriaca e sono rimasto dieci ore di fila nelle stanze dove si battevano gli oggetti". E il "bottino" di Lombardo è qui, davanti ai nostri occhi e ai flash del fotografo. Esposto in esclusiva per Repubblica. Il governatore gongola mentre descrive i suoi gioielli: "Li vede questi due fucili spagnoli? Hanno mezzo secolo. Sono numerati e hanno strozzature diverse della canna. Sono senza cinghia.
Il cacciatore aveva un "portatore" cui chiedeva di volta in volta l'arma più congeniale alla preda. E questo? È italiano, è un Antonio Zoli. C'è una parte in legno che avvolge la canna, cosicché negli inverni freddi l'impugnatura è più facile. E guardi questo, a canne sovrapposte. E quest'altro, noti come sono belli i due cani esterni separati". Spunta anche una pistola da tiro russa: "No, quella non la faccio vedere. Sa, non vorrei che qualcuno equivocasse".
Presidente, perché non tiene questi oggetti a casa sua? "Perché qui è più sicuro, gli uffici sono vigilati da dieci agenti e a prova di furti. Non commetto certo un reato. Ho un regolare porto per pistola e tutte le armi sono registrate. Anzi, dieci fucili antichi, austriaci e cecoslovacchi, li ho dovuti rimandare alla frontiera, perché, pur essendo ammessi all'estero, in Italia sono considerati pericolosi".
Presidente, ha speso una fortuna. "Ma no, i fucili mi saranno costati in tutto trentamila euro. Che vuole, ho la nostalgia della caccia e mi consolo così, con le armi da collezione e allevando cirnechi: ho un maschio e tre femmine, un cane l'ho regalato all'onorevole Musotto. La spesa più rilevante, alla casa d'aste, l'ho fatta per acquistare quadri: soprattutto nature morte, ho dipinti del Seicento e del Settecento. Certo, i miei figli mi vogliono fare interdire e mia moglie più volte mi ha preso a colpi di borsa. Ma se rivendo quello che ho acquistato, ci guadagno il doppio. E mi sa che lo farò presto".
(06 maggio 2011)
fonte:la Repubblica
giovedì 5 maggio 2011
Raffaele Lombardo: “Dichiaro sul mio onore …”e tutti gli crediamo…ci mancherebbe
Appena 3 anni fa, nero su bianco, in documenti ufficiali, il presidente della Regione, che pare trovare risposte (fantasiose?) su (quasi) tutto, dichiarava, sul proprio onore, di non aver speso un euro per la propria campagna elettorale e di non aver incassato finanziamenti. Ora magari dirà che ci ha pensato il partito, con il suo trasparente bilancio…Se sulla sua credibilità non hanno dubbio alcuno l’intero PD, magistrati e prefetti messi in giunta, possiamo non credergli noi?
http://www.sudpress.it/politica/lombardodichiaro-sul-mio-onore-e-tutti-gli-crediamo/
http://www.sudpress.it/politica/lombardodichiaro-sul-mio-onore-e-tutti-gli-crediamo/
Sciopero generale indetto dalla Cgil. Mariella Maggio: "In piazza una Sicilia in crisi profonda"
E’ una Sicilia in profonda crisi quella che va allo sciopero generale nazionale indetto dalla Cgil per venerdi’. Una Sicilia che ha visto peggiorare le condizioni del mondo del lavoro, “in assenza di provvedimenti del governo Berlusconi –ha detto la segretaria generale della Cgil Sicilia, Mariella Maggio, durante una conferenza stampa- ma anche per le inadeguate politiche del governo regionale”. Per chiedere misure per il lavoro e giustizia sociale, quindi un fisco piu’ equo e welfare, venerdi’ si terranno in Sicilia nove manifestazioni provinciali. “E’ uno sciopero- ha sottolineato la Maggio- che la Cgil offre a tutti, ai propri iscritti, ai non iscritti, agli iscritti agli altri sindacati. Ci sono infatti dati incontestabili che riguardano una crisi che coinvolge tutti, rispetto alla quale cerchiamo di ottenere risposte”. Disoccupazione quasi doppia rispetto al dato nazionale (14,6% contro 8,7%); tasso di occupazione femminile inferiore al 20%; reddito medio procapiteinferiore del 35% rispetto alla media italiana: sono alcuni dei dati sulla crisi diffusi dalla Cgil. Che, nell’elaborato del Cerdfos, ricorda anche che la Sicilia detiene la maglia nera nella classifica per regioni con una spesa media mensile di 1.764 euro (Veneto 3.047 euro) e che oltre il 50% delle famiglie si trova sotto la soglia della poverta’ relativa (1.600 euro per 4 componenti). Lo sciopero di venerdi’ sara’ di 4 ore tranne che a Catania dove si scioperera’ 8 ore . Otto ore di astensione dal lavoro anche per alcune categorie: conoscenza, comunicazione, pubblico impiego e servizi.
Di seguito l’elenco delle manifestazioni:
Palermo- Concentramento alle 9.30 a piazza Croci, corteo fino a piazza Verdi dove si terranno i comizi del segretario della Camera del lavoro, Maurizio Cala’, e della segretaria generale della Cgil Sicilia, Mariella Maggio. Catania- Concentramento alle 9.30 in piazza Dante, corteo e,in piazza Manganelli,comizio del segretario della Camera del lavoro, Angelo Villari. Messina- Manifestazione provinciale a Milazzo, con concentramento alle 9.30 in piazza Marconi, corteo e comizio a piano Baele. Parlera’ Lillo, Oceano, segretario della Camera del lavoro. Trapani- Manifestazione a Castelvetrano, con comizio di Michele Pagliaro, della segreteria regionale Cgil e di Mimma Argurio, segretaria della camera del lavoro. Siracusa- Il corteo partira’ da piazzale Marconi alle 9 diretto a piazza Archimede dove ci saranno i comizi di Paolo Zappulla e di Nicolo’ Nicolosi, della segreteria nazionale Cgil. Ragusa- Ci sara’ un corteo e in piazza Cappuccini i comizi di Antonio Riolo, della segreteria regionale Cgil e di Giovanni Avola, segretario della Camera del lavoro. Enna- manifestazione alle 9.30 nell’Aula polifunzionale del Comune, dove parleranno Elvira Morana, della segreteria regionale Cgil e Rita Magnano, segretaria della Camera del lavoro. Caltanissetta- Dalle 10 alle 12 sit-in davanti alla Prefettura, comizio di Nino Giannone e poi incontro col Prefetto. Agrigento-Manifestazione a S. Margherita Belice , in piazza Matteotti, con comizi di Ferruccio Donato, della segreteria regionale Cgil e di Mariella Lo Bello, segretaria della Camera del lavoro.
fonte:Palermo Notizie
Di seguito l’elenco delle manifestazioni:
Palermo- Concentramento alle 9.30 a piazza Croci, corteo fino a piazza Verdi dove si terranno i comizi del segretario della Camera del lavoro, Maurizio Cala’, e della segretaria generale della Cgil Sicilia, Mariella Maggio. Catania- Concentramento alle 9.30 in piazza Dante, corteo e,in piazza Manganelli,comizio del segretario della Camera del lavoro, Angelo Villari. Messina- Manifestazione provinciale a Milazzo, con concentramento alle 9.30 in piazza Marconi, corteo e comizio a piano Baele. Parlera’ Lillo, Oceano, segretario della Camera del lavoro. Trapani- Manifestazione a Castelvetrano, con comizio di Michele Pagliaro, della segreteria regionale Cgil e di Mimma Argurio, segretaria della camera del lavoro. Siracusa- Il corteo partira’ da piazzale Marconi alle 9 diretto a piazza Archimede dove ci saranno i comizi di Paolo Zappulla e di Nicolo’ Nicolosi, della segreteria nazionale Cgil. Ragusa- Ci sara’ un corteo e in piazza Cappuccini i comizi di Antonio Riolo, della segreteria regionale Cgil e di Giovanni Avola, segretario della Camera del lavoro. Enna- manifestazione alle 9.30 nell’Aula polifunzionale del Comune, dove parleranno Elvira Morana, della segreteria regionale Cgil e Rita Magnano, segretaria della Camera del lavoro. Caltanissetta- Dalle 10 alle 12 sit-in davanti alla Prefettura, comizio di Nino Giannone e poi incontro col Prefetto. Agrigento-Manifestazione a S. Margherita Belice , in piazza Matteotti, con comizi di Ferruccio Donato, della segreteria regionale Cgil e di Mariella Lo Bello, segretaria della Camera del lavoro.
fonte:Palermo Notizie
martedì 3 maggio 2011
LA RETE SOCIETARIA DI RAFFAELE LOMBARDO, DELLA MOGLIE & COMPANY
Dalle indagini di IBLIS viene fuori una rete societaria che ha come protagonisti Raffaele Lombardo e la moglie Grosso Saveria.
Lo studio dei dati invero consente di disegnare una mappa del potere dei coniugi Lombardo e della realtà catanese in particolare.
La domanda che ci poniamo e che poniamo al Presidente Lombardo è: ma perchè mai un politico, che di professione sarebbe un medico, dovrebbe avere interesse a costituire imprese?
Si tratta di imprese che spaziano dall’attività fieristica, alla promozione culturale e turistica, alla vendita di gioielli, alla telefonia, alla consulenza finanziaria.
Interessante poi, molto interessante, scoprire anche la compagine dei soci che di volta in volta i coniugi Lombardo coinvolgono; ne viene fuori una trama di personaggi che spesso operano nell’ombra e che tutti a vario titolo sono stati premiati dal Presidente Lombardo.
Ma soprattutto, si ha l’impressione di avere a che fare con un uomo d’affari piuttosto che con un disinteressato uomo di governo. Altro che conflitto di interessi!
Crediamo fermamente che a questo punto diventi opportuno che la Magistratura indaghi il complesso sistema delle cointeressenze dei Lombardo in varie attività economiche per accertare se vi sia stato vantaggio personale dall’attività di governo del Presidente.
In quest’ultimo caso, l’unica soluzione auspicabile è il sequestro dei beni riconducibili a Raffaele Lombardo ovvero a suoi prestanomi.
Nondimeno, per darvi un’idea alleghiamo le visure relative ad alcune delle società che vedono direttamente presenti Raffaele Lombardo e la moglie Grosso Saveria.
etnafiere s.p.a.
sicilyland
grossoimpresaagricola
finastra s.r.l.
kamares
peonia s.r.l.
magnum financial s.r.l.
http://www.sudpress.it/politica/la-rete-societaria-di-raffaele-lombardo-della-moglie-company/
Lo studio dei dati invero consente di disegnare una mappa del potere dei coniugi Lombardo e della realtà catanese in particolare.
La domanda che ci poniamo e che poniamo al Presidente Lombardo è: ma perchè mai un politico, che di professione sarebbe un medico, dovrebbe avere interesse a costituire imprese?
Si tratta di imprese che spaziano dall’attività fieristica, alla promozione culturale e turistica, alla vendita di gioielli, alla telefonia, alla consulenza finanziaria.
Interessante poi, molto interessante, scoprire anche la compagine dei soci che di volta in volta i coniugi Lombardo coinvolgono; ne viene fuori una trama di personaggi che spesso operano nell’ombra e che tutti a vario titolo sono stati premiati dal Presidente Lombardo.
Ma soprattutto, si ha l’impressione di avere a che fare con un uomo d’affari piuttosto che con un disinteressato uomo di governo. Altro che conflitto di interessi!
Crediamo fermamente che a questo punto diventi opportuno che la Magistratura indaghi il complesso sistema delle cointeressenze dei Lombardo in varie attività economiche per accertare se vi sia stato vantaggio personale dall’attività di governo del Presidente.
In quest’ultimo caso, l’unica soluzione auspicabile è il sequestro dei beni riconducibili a Raffaele Lombardo ovvero a suoi prestanomi.
Nondimeno, per darvi un’idea alleghiamo le visure relative ad alcune delle società che vedono direttamente presenti Raffaele Lombardo e la moglie Grosso Saveria.
etnafiere s.p.a.
sicilyland
grossoimpresaagricola
finastra s.r.l.
kamares
peonia s.r.l.
magnum financial s.r.l.
http://www.sudpress.it/politica/la-rete-societaria-di-raffaele-lombardo-della-moglie-company/
Quei bonifici dall’estero. Ecco i soldi di Lombardo
Quattrocentosessantacinque mila euro esportati all’estero e finiti in parte nelle casse di “Dorotheum”, nota casa d’aste di gioielli e oggetti di antiquariato. Centosessantamila euro (per essere precisi 160.633) importati da Belgio e Lussemburgo. Bonifici bancari che portano la firma di Raffaele Lombardo e della moglie Saveria Grosso. Cifre e date sono contenute all’interno di un’informativa del Gico, agli atti dell’operazione Iblis, che Livesicilia è in grado di svelare. In esclusiva.
A passare al setaccio i conti correnti del presidente della Regione e della moglie sono stati gli investigatori del Gico di Catania. I risultati sono raccolti all’interno dell’informativa del 24 settembre 2010 che contiene cifre, importi e date. E un’accusa esplicita: “L’indagato Lombardo Raffaele, così come la moglie risultano avere effettuato movimentazioni di capitali da e per l’estero a fare data dall’anno 1999”.
Di più: “È emerso – scrivono gli investigatori – che tutte le operazioni da e per l’estero risultano effettuate con l’intermediario Banca Agricola Popolare di Ragusa”. Secondo il Gico le movimentazioni di importazione di denaro dall’estero all’Italia sarebbero di circa “10mila–20mila euro/anno”; al contrario le movimentazioni dall’estero all’Italia “sono di importi più rilevanti e, allo stato delle indagini, non in linea con il profilo economico dell’indagato”.
Nello specifico Raffaele Lombardo, secondo la ricostruzione del Gico:
- nel 1999 importa capitali dall’estero per lire 54.000.000.
- dal 2002 al 2009 (quando era presidente della provincia di Catania) importa ulteriori capitali dall’estero per €132.745 raggiungendo una movimentazione complessiva di capitali in entrata pari a €160.633.
- a partire dal 2004 sino al 2009, lo stesso ha esportato capitali all’estero, prevalentemente in Austria, pari a €278.285.
“Il saldo – sottolineano gli investigatori – differisce in favore dell’esportazione per €117.652”. Saveria Grosso, moglie di Raffaele Lombardo, effettua “solo trasferimenti di denaro per l’estero destinandoli, come il marito, in Austria presso l’istituto bancario Creditanstalt per complessivi €186.802,00”.
Carte alla mano gli investigatori concludono che “la cifra complessivamente esportata nel tempo dai coniugi Lombardo ammonta a € 465.087, mentre € 160.633 sono stati movimentati in entrata dal Belgio e dal Lussemburgo, determinando un saldo in favore dell’esportazione di € 304.454”.
Circa 360 mila euro dei fondi “esportati” finiscono nel conto corrente della Dorotheum, azienda specializzata nel commercio di oggetti d’arte, diamanti e quadri di alto valore. Non è conosciuta allo stato delle indagini la provenienza di circa 160 mila euro dal Belgio finiti sul conto corrente di Raffaele Lombardo.
Ma c’è anche un’analisi patrimoniale. A fronte di “sei fabbricati” e “ventotto terreni” intestati alla moglie, il presidente della Regione possiede solo il 95% dell’usufrutto di un appartamento di proprietà di Saveria Grosso. Insomma, il presidente della Regione, secondo l’analisi patrimoniale effettuata dal Gico della Guardia di Finanza catanese, è praticamente un nullatenente.
Dopo le note vicende giudiziarie che lo portarono all’arresto nel 1992 e 1994 (e poi all’assoluzione), nel 1995 effettua la separazione legale dei beni dalla moglie. Da quel momento “non acquista più beni in regime di comunione legale e nel frattempo dismette anche il patrimonio di sua proprietà”.
Saveria Grosso, “invece – scrivono gli investigatori – in regime di separazione effettua il suo primo e maggiore investimento tra la fine del 1998 e i primi del 1999 con l’acquisto di oltre 25 ettari di terreno e annesso fabbricato rurale per lire 1.250.000.000″. “Si tratta di un’indagine meramente conoscitiva – spiega a Livesicilia l’avvocato Tommaso Tamburino, legale di Raffaele Lombardo – allo stato non abbiamo conoscenza di richieste di sequestro preventivo. Stiamo completando il lavoro di analisi dei documenti e siamo sempre più sicuri di poter dimostrare la totale estraneità del nostro assistito rispetto alle ipotesi di fattispecie contestate, soprattutto alla luce della nota sentenza Mannino”.
fonte:Livesicilia
A passare al setaccio i conti correnti del presidente della Regione e della moglie sono stati gli investigatori del Gico di Catania. I risultati sono raccolti all’interno dell’informativa del 24 settembre 2010 che contiene cifre, importi e date. E un’accusa esplicita: “L’indagato Lombardo Raffaele, così come la moglie risultano avere effettuato movimentazioni di capitali da e per l’estero a fare data dall’anno 1999”.
Di più: “È emerso – scrivono gli investigatori – che tutte le operazioni da e per l’estero risultano effettuate con l’intermediario Banca Agricola Popolare di Ragusa”. Secondo il Gico le movimentazioni di importazione di denaro dall’estero all’Italia sarebbero di circa “10mila–20mila euro/anno”; al contrario le movimentazioni dall’estero all’Italia “sono di importi più rilevanti e, allo stato delle indagini, non in linea con il profilo economico dell’indagato”.
Nello specifico Raffaele Lombardo, secondo la ricostruzione del Gico:
- nel 1999 importa capitali dall’estero per lire 54.000.000.
- dal 2002 al 2009 (quando era presidente della provincia di Catania) importa ulteriori capitali dall’estero per €132.745 raggiungendo una movimentazione complessiva di capitali in entrata pari a €160.633.
- a partire dal 2004 sino al 2009, lo stesso ha esportato capitali all’estero, prevalentemente in Austria, pari a €278.285.
“Il saldo – sottolineano gli investigatori – differisce in favore dell’esportazione per €117.652”. Saveria Grosso, moglie di Raffaele Lombardo, effettua “solo trasferimenti di denaro per l’estero destinandoli, come il marito, in Austria presso l’istituto bancario Creditanstalt per complessivi €186.802,00”.
Carte alla mano gli investigatori concludono che “la cifra complessivamente esportata nel tempo dai coniugi Lombardo ammonta a € 465.087, mentre € 160.633 sono stati movimentati in entrata dal Belgio e dal Lussemburgo, determinando un saldo in favore dell’esportazione di € 304.454”.
Circa 360 mila euro dei fondi “esportati” finiscono nel conto corrente della Dorotheum, azienda specializzata nel commercio di oggetti d’arte, diamanti e quadri di alto valore. Non è conosciuta allo stato delle indagini la provenienza di circa 160 mila euro dal Belgio finiti sul conto corrente di Raffaele Lombardo.
Ma c’è anche un’analisi patrimoniale. A fronte di “sei fabbricati” e “ventotto terreni” intestati alla moglie, il presidente della Regione possiede solo il 95% dell’usufrutto di un appartamento di proprietà di Saveria Grosso. Insomma, il presidente della Regione, secondo l’analisi patrimoniale effettuata dal Gico della Guardia di Finanza catanese, è praticamente un nullatenente.
Dopo le note vicende giudiziarie che lo portarono all’arresto nel 1992 e 1994 (e poi all’assoluzione), nel 1995 effettua la separazione legale dei beni dalla moglie. Da quel momento “non acquista più beni in regime di comunione legale e nel frattempo dismette anche il patrimonio di sua proprietà”.
Saveria Grosso, “invece – scrivono gli investigatori – in regime di separazione effettua il suo primo e maggiore investimento tra la fine del 1998 e i primi del 1999 con l’acquisto di oltre 25 ettari di terreno e annesso fabbricato rurale per lire 1.250.000.000″. “Si tratta di un’indagine meramente conoscitiva – spiega a Livesicilia l’avvocato Tommaso Tamburino, legale di Raffaele Lombardo – allo stato non abbiamo conoscenza di richieste di sequestro preventivo. Stiamo completando il lavoro di analisi dei documenti e siamo sempre più sicuri di poter dimostrare la totale estraneità del nostro assistito rispetto alle ipotesi di fattispecie contestate, soprattutto alla luce della nota sentenza Mannino”.
fonte:Livesicilia
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