martedì 17 maggio 2011

“Infiltrazioni mafiose al Comune di Salemi” Maxisequestro al politico sponsor di Sgarbi

I tribunale di Trapani ha messo i sigilli all’impero economico di Giuseppe Giammarinaro, ex deputato regionale ed ex sorvegliato speciale, che aveva sostenuto la candidatura del critico d’arte. I giudici: “Ha condizionato l’attività amministrativa”. La polizia e la finanza accusano Giammarinaro di aver gestito attraverso prestanome una rete di società che ha intascato milioni di euro di contributi dalla sanità pubblica. Applicata per la prima volta la norma sul “sequestro anticipato” prevista dal nuovo pacchetto sicurezza

Vittorio Sgarbi e Pino Giammarinaro
Nell’ottobre 2009, il fotografo Oliviero Toscani l’aveva detto senza mezzi termini ai magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Palermo: “Mi sono dimesso dall’incarico di assessore della giunta di Vittorio Sgarbi, a Salemi, perché mi sono reso conto che il contesto territoriale, che mi permetto di definire mafioso, non mi consentiva di operare in maniera libera e autonoma nell’amministrazione comunale”. Toscani mise a verbale un nome, quello di Giuseppe Giammarinaro, ex deputato regionale democristiano ed ex sorvegliato speciale, da sempre uno dei potenti della politica trapanese: “Partecipa alle riunioni della giunta – rivelò l’assessore dimissionario – Giammarinaro assume anche decisioni, senza averne alcun titolo”.
Adesso, le indagini della divisione anticrimine della questura di Trapani e dei finanzieri del nucleo di polizia tributaria dicono che Giammarinaro avrebbe continuato ad esercitare il suo potere politico non solo sul Comune di Salemi, ma soprattutto sulla sanità trapanese. Per questa ragione, il tribunale Misure di prevenzione di Trapani ha emesso un provvedimento di sequestro anticipato di beni nei confronti dell’esponente politico, così come proponeva il questore Carmine Esposito.

I sigilli sono scattati per un patrimonio da 35 milioni di euro: è costituito innanzitutto da undici società che gestiscono centri di analisi, di emodialisi e di fisiotetapia, poi anche case famiglie e centri per anziani. Secondo la magistratura, un impero economico costruito attraverso una rete di prestanome. Il provvedimento del tribunale riguarda anche conti correnti, appartamenti, terreni e auto di lusso.

Nel 2000, l'esponente politico era stato assolto dall’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa, ma adesso il tribunale di Trapani ritiene che le nuove indagini, coordinate da Giuseppe Linares (l'ex capo della squadra mobile oggi a capo della divisione anticrimine), abbiamo messo in evidenza “nuovi indizi” di relazioni di Giammarinaro con Cosa nostra. Il collegio presieduto da Alessandra Camassa parla nel provvedimento di “metodo mafioso” che l’ex fedelissimo di Totò Cuffaro avrebbe usato nei suoi rapporti con gli amministratori del Comune di Salemi.

La scorsa estate, il sindaco Vittorio Sgarbi aveva litigato pubblicamente con Giammarinaro. La rottura era avvenuta sulla destinazione di alcuni fondi. Intanto, continuavano ad arrivare pesanti minacce di morte al primo cittadino di Salemi. Prima, una testa di maiale recapitata al comando di polizia municipale; poi, una carcassa di cane lasciata nei pressi dell’ufficio di gabinetto. Le indagini
della Procura antimafia di Palermo non sono mai riuscite a individuare gli autori delle intimidazioni, ma nel provvedimento di archiviazione il pm Carlo Marzella ha scritto: “E’ emerso un intenso e costante condizionamento dell’attività amministrativa del Comune di Salemi da parte di Giammarinaro”.

Emblematico, un episodio, scoperto grazie alle intercettazioni disposte dalla Procura. Il 16 ottobre 2009, l’assessore Caterina Bivona chiamò il sindaco Sgarbi per informarlo che la prefettura di Trapani sollecitava l’assegnazione di un terreno confiscato al boss Salvatore Miceli. Sul tavolo del primo cittadino c’erano le richieste di "Slow food" e dell’associazione "Libera". Ma Giammarinaro voleva che il bene andasse all’Aias: l’assessore lo disse chiaramente a Sgarbi.

In un’altra intercettazione, il vice sindaco Antonella Favuzza confida a un amico che il bilancio del Comune di Salemi è stato fatto a casa di Giammarinaro, dove l’assessore Bivona e il consigliere Lorenzo Bascone avrebbero portato i documenti dell’amministrazione per modificare alcuni capitoli di spesa.

Fra qualche giorno, il tribunale sarà chiamato a confermare il sequestro e a decidere su un’altra richiesta del questore di Trapani, che sollecita l’obbligo di soggiorno per Giammarinaro, fino al 2015.

La replica di Sgarbi
Il primo cittadino di Salemi affida la sua versione a un comunicato stampa. "Pino Giammarinaro non ha mai avuto alcun ruolo attivo, né politico, né amministrativo, sul Comune di Salemi altro che quello consentito dalla maggioranza di consiglieri che, in suo nome e con la sua organizzazione politica, furono eletti in consiglio comunale". Questo dice Sgarbi, che smentisce anche pressioni sulla sua giunta. "Troppo comodo evocare i fantasmi del passato di fronte a una impresa così vasta e difficile - prosegue il comunicato del sindaco di Salemi - a questa impresa ha contribuito anche Oliviero Toscani, il quale, senza avere avuto mai alcuno impedimento, ha trovato suggestiva la via d'uscita di attribuire alla mafia e a Giammarinaro difficoltà di burocrazia, di inerzia, di consuetudini amministrative clientelari".

Sgarbi se la prende piuttosto con l'antimafia. "La grande rivoluzione - dice - è stata contrastata, com'era prevedibile, più dalla facile retorica dell'antimafia che dalla effettiva capacità di condizionamento di Giammarinaro, pari a zero".

Gli incontri con Saverio Romano
Scrive ancore il tribunale: "Emerge il metodo mafioso di Giammarinaro non solo nella gestione occulta delle imprese e delle società a lui riconducibili, ma anche con gli amministratori del Comune di Salemi e nei rapporti intrattenuti con l'onorevole Lo Giudice".
È stato lo stesso deputato regionale - Pio Lo Giudice - a raccontare alla squadra mobile di Trapani: "Giammarinaro si era impegnato per la mia elezione. Ma quando fui eletto, mi resi conto che lui voleva dimostrare a tutti di essere l’unico referente politico in provincia e che io sarei durato in carica solo se fossi stato allineato alle sue direttive. Così Giammarinaro mi faceva passare per un burattino". E avrebbe fatto anche di più. Chiedendo 200 mila euro a Lo Giudice: "Sosteneva di aver avuto delle spese per la mia campagna elettorale", ha denunciato il deputato. Giammarinaro avrebbe invece intascato altri 40 mila euro destinati dall’Udc a Lo Giudice: "Quando li chiesi al segretario regionale del partito, Saverio Romano — così ha raccontato il deputato — mi disse che erano già stati consegnati a Giammarinaro. Mi disse che la consegna di quei soldi non era nota a nessun altro".

Il racconto di Lo Giudice è stato questo lo spunto che ha fatto tornare d’attualità nell’inchiesta alcuni incontri del 2002 fra Giammarinaro e l’attuale ministro Romano. La polizia li aveva addirittura filmati, perché all’epoca Giammarinaro era sorvegliato speciale e gli inquirenti avevano il concreto sospetto che si facesse fare dei certificati medici falsi per venire a Palermo e incontrare alcuni politici amici. In un’occasione, fu visto scambiarsi con Romano dei bigliettini.

Il ministro Romano replica: "Ho sempre incontrato Pino Giammarinaro, che conosco da oltre 20 anni, sempre alla luce del sole. Lo ritengo una persona perbene". E ironizza: "Mi farò comunque promotore di un disegno di legge che proibisca lo scambio di appunti cartacei tra politici".

fonte: la Repubblica

1 commento:

  1. Chissà che Comune dovrà essere quello di Salemi, dove i cittadini hanno scelto un uomo del nord per fare il Sindaco,l'amico Sgarbi, prescindendo da qualsiasi valutazione in merito al soggetto.
    Certo non c'era a Salemi nessun cittadino che potesse occupare la carica di primo cittadino!

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