PALERMO - "L'ho scampata per un pelo", dice Antonio Ingroia: "Non fosse stato per una telecamera piazzata su un casolare di Calatafimi e per alcune intercettazioni ambientali la polizia non avrebbe mai trovato il rifugio di Mimmo Raccuglia, il capomafia che progettava un attentato nei miei confronti". Al procuratore aggiunto di Palermo consta personalmente che un'intercettazione può anche salvare una vita.
È per questa ragione che non le piace il disegno di legge che trasformerà radicalmente il sistema delle intercettazioni?
"Se questo disegno di legge dovesse essere approvato, saremmo di fronte a un pericoloso passo indietro per gli apparati investigativi, che all'improvviso resterebbero disarmati. Anzi, resterebbero sordi e ciechi e ci troveremmo nella condizione di non poter più prevenire i pericolosi programmi di riorganizzazione delle mafie".
Quali indagini diventerebbero impossibili?
"Tante di quelle che hanno segnato la storia dell'antimafia. Le indagini per l'arresto di Mimmo Raccuglia, che ho coordinato io nel 2009, mi riguardano personalmente. Ma non sono il caso più eclatante. Negli anni scorsi, iniziammo a indagare sui canali del riciclaggio internazionale sfruttati dagli imprenditori palermitani Zummo grazie ad alcune parole captate in un'intercettazione che non riguardava apparentemente un caso di mafia".
Le indagini della Procura di Palermo dicono che Cosa nostra si sta riorganizzando.
Le intercettazioni riescono davvero a entrare nei segreti dei boss?
"Non bisogna smettere di avere orecchie sul territorio, gli ultimi omicidi commessi a Palermo ci dicono che l'organizzazione mafiosa sta cambiando strategia. E non sappiamo esattamente verso quale direzione. Di certo, è necessario tenere presente l'evoluzione della mafia finanziaria, ma anche le dinamiche della mafia militare. E per farlo, non possiamo che utilizzare al meglio lo strumento delle intercettazioni, altro che ridurlo".
I sostenitori del progetto di riforma sostengono che il disegno di legge sulle intercettazioni non spunterà affatto le armi di chi combatte il crimine.
"Una cosa deve essere chiara: le intercettazioni restano lo strumento principale in difesa della collettività dal crimine di qualsiasi tipo, semplice oppure organizzato. Restano lo strumento principale per difendere la collettività da cricche o clan. Negli ultimi dieci anni le intercettazioni hanno sventato stragi, omicidi, traffici di armi e di qualsiasi altro tipo. Senza le intercettazioni ci sarebbero più delinquenti in giro, e il nostro Paese sarebbe anche peggiore di quello che è".
(01 ottobre 2011)
fonte: la Repubblica
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