PALERMO - Le dichiarazioni di un altro pentito aggravano l'atto d'accusa della Procura di Palermo nei confronti del ministro Saverio Romano. "Nelle elezioni del 2001, le famiglie mafiose di Villabate e Belmonte si interessarono per farlo votare", sostiene Giacomo Greco, genero del boss Francesco Pastoia, uno dei fedelissimi di Bernardo Provenzano, il capo di Cosa nostra. Proprio da Provenzano sarebbe arrivato l'input per quella campagna elettorale che vedeva Romano candidato alla Camera: "Sia Pastoia che i suoi figli, Giovanni e Pietro, affermarono che su Romano c'era anche l'interesse dello zio, ovvero di Provenzano", ha precisato Greco. Le sue dichiarazioni, anticipate da l'Espresso, sono state inviate dalla Procura al gip Fernando Sestito che martedì dovrà decidere sulla richiesta di rinvio a giudizio del ministro dell'Agricoltura, che deve difendersi dall'accusa di concorso esterno in associazione mafiosa.
Giacomo Greco collabora con la giustizia dal 2008 e nei giorni scorsi il sostituto procuratore Nino Di Matteo e l'aggiunto Ignazio De Francisci sono tornati a interrogarlo, dopo avere ritrovato negli archivi della Procura una vecchia relazione di servizio dei carabinieri di Belmonte, il paese alle porte di Palermo dove è nato Saverio Romano, ma anche il boss Pastoia. Il 9 novembre 1997, alle 13.20, i militari controllarono un gruppo di persone che discuteva in piazza. C'erano l'allora avvocato Saverio Romano, l'imprenditore Pietro Martorana (poi ucciso nel 2000), e proprio Giacomo Greco. Il pentito non ricorda
di cosa si discutesse quel giorno, ma ha rivelato che Romano e Pastoia si conoscevano, e che il loro tramite sarebbe stato il boss di Villabate, Nicola Mandalà, già chiamato in causa anche dagli altri due pentiti che accusano il ministro, Francesco Campanella e Stefano Lo Verso. Giacomo Greco ha aggiunto che durante la campagna elettorale 2001 Pastoia avrebbe evitato di farsi vedere in giro, per non "bruciare" il candidato. Nel 2004, invece, l'atteggiamento dei boss sarebbe mutato: il pentito ha parlato di un progetto di attentato incendiario contro il padre di Romano, che abita a Belmonte. Ma poi non se ne fece niente. "Pastoia mi spiegò che Nicola Mandalà ce l'aveva con Romano - conclude Greco - non aveva mantenuto gli impegni".
Uno dei legali del ministro, Raffaele Bonsignore, torna a parlare di pentiti "ad orologeria". Ma è ormai polemica politica attorno a Romano. I capogruppo del Pd nelle commissioni Agricoltura di Senato e Camera, Leana Pignedoli e Nicodemo Oliviero, chiedono le dimissioni del ministro.
E poi, resta aperto anche l'altro fronte delle accuse, quelle di corruzione: Romano e il senatore Pdl Carlo Vizzini vengono chiamati in causa dalla Procura per alcune presunte mazzette che avrebbero intascato dal prestanome di Massimo Ciancimino, l'avvocato Gianni Lapis. Ieri, il gip Piergiorgio Morosini ha inviato le 40 intercettazioni fra Vizzini e Lapis al Senato, ritenendole "rilevanti" per l'inchiesta. Vizzini respinge le accuse: "Non voglio nascondermi dietro alcun privilegio - dice - ho già chiesto che quelle intercettazioni possano essere utilizzate dalla magistratura".
(21 ottobre 2011)
fonte: la Repubblica
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