venerdì 29 aprile 2011

Se muore la speranza dei siciliani onesti

La speranza dei palermitani onesti è morta tanto tempo fa. La speranza dei siciliani onesti viene soffocata ogni giorno. C’è una linea di confine tra l’ingiustificato privilegio e la fame immeritata. E’ il grande portone di vetro che separa i comuni mortali dalle anime salve dell’Assemblea regionale siciliana. Qualcuno bravo ci sarà pure, in quella schiera di onorevoli ormai lontani dal bisogno. Qualcuno sinceramente perbene non mancherà. Tuttavia, lo spettacolo offerto in queste ore richiama desolazione e sconforto. Taluno chi si sentirà offeso. Gli concederemo, volentieri, ampio diritto di tribuna, con altrettanta decisione. Ma che porti argomenti solidi.

No, non ascoltiamo più le parole dell’Aula degli inquisiti in cui si recita a soggetto la trama della democrazia, presa in mezzo tra bilancio e finanziaria, tra povertà e futuro. Parole alate. Parole che spronano, che ammoniscono, che adoperano il punteruolo del sarcasmo. E ognuno degli oratori si presenta alla gente come il puro, lontano dai giochi di potere. Come l’angelo vendicatore di una comunità disgregata. Gli altri sono cattivi. L’uomo di turno al microfono è sempre il migliore. E se lo dice lui…
Nel Parlamento siciliano, le Durlindane cozzano, i toni si incendiano. Pare una guerra vera. E’ una scaramuccia di cartapesta, la finzione di una collaudata consorteria.

La vera manovra economica, da cui dipendono le sorti dei siciliani, si apparecchia nei corridoi, nelle segrete stanze, negli stanzini, nelle passeggiate, nei pranzi, nelle cene, secondo appetiti individuali. E non è storia recente. Ovunque ci sia un riparo da orecchie indiscrete e dal rito fastidioso della discussione che serve a lustrare credibilità, a guadagnare consensi al cospetto di un popolo sconfitto e disorientato, si canta la messa dell’inciucio.

L’ennesima notte che incede sull’Ars, tra sobbalzi e fermate, è la metafora di un buio con ben altre, spaventose implicazioni. Da questa parte, oltre il portone, ci sono domande giuste o sbagliate che riceveranno risposte generalmente clientelari. Dall’altra, si celebra il banchetto dei rappresentanti del popolo. Di qua dramma, di là commedia. E’ l’usato canovaccio delle grida che diventano sussurri e si intrecciano in un accordo silenzioso, in barba a ogni millantato processo di sviluppo. Magari fosse semplice mutare rotta mandando a casa un governo. C’è un’intera classe politica da pensionare.

fonte:Livesicilia

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