domenica 21 ottobre 2012
MANDIAMOLI, FINALMENTE, VIA DAL GOVERNO E DELLA COSA PUBBLICA
sabato 29 settembre 2012
PERCHE' SOSTENIAMO GIOVANNA MARANO
lunedì 13 agosto 2012
I VERI INDIPENDENTISTI SICILIANI SONO A LUTTO !
Oggi, è stato ufficializzato ciò che già da qualche settimana temevamo:
- L ‘ esimio e stimato prof. Giuseppe Scianò ed il movimento dei Forconi hanno reso ufficiale la loro intesa : Scianò sosterrà la candidatura del leader dei Forconi Mariano Ferro a presidente dell’ ARS. Ancora non è chiaro se anche il professore sarà presente nella lista in qualità di candidato consigliere regionale.
La decisione di Scianò, per noi inspiegabile e inaccettabile, da un 'ulteriore picconata alla speranza di avere in un futuro prossimo una Sicilia veramente libera e sovrana !
Ferro, candidandosi come governatore ha dimostrato chiaramente quali erano i suoi fini ed i suoi propositi, propositi che non raggiungerà, giacchè non potrà mai superare lo sbarramento del 5%, e quindi men che mai diventare presidente dell' ARS ! Tra l ' altro non ne sarebbe all' altezza, il suo livello culturale non gli consente di rivestire tale carica.
- L ‘ esimio e stimato prof. Giuseppe Scianò ed il movimento dei Forconi hanno reso ufficiale la loro intesa : Scianò sosterrà la candidatura del leader dei Forconi Mariano Ferro a presidente dell’ ARS. Ancora non è chiaro se anche il professore sarà presente nella lista in qualità di candidato consigliere regionale.
La decisione di Scianò, per noi inspiegabile e inaccettabile, da un 'ulteriore picconata alla speranza di avere in un futuro prossimo una Sicilia veramente libera e sovrana !
Ferro, candidandosi come governatore ha dimostrato chiaramente quali erano i suoi fini ed i suoi propositi, propositi che non raggiungerà, giacchè non potrà mai superare lo sbarramento del 5%, e quindi men che mai diventare presidente dell' ARS ! Tra l ' altro non ne sarebbe all' altezza, il suo livello culturale non gli consente di rivestire tale carica.
domenica 8 luglio 2012
Star wars: Muos, l’olocausto globale scatenato dalla Sicilia
Missili all’uranio impoverito, aerei senza pilota, bombe atomiche teleguidate. Per scatenare il conflitto globale del Terzo Millennio – guerra convenzionale oppure chimica, batteriologica, nucleare e forse anche climatica – basteranno poche, gigantesche antenne paraboliche. Sono quelle del Muos, il nuovo sistema di telecomunicazioni satellitari che gli Stati Uniti hanno cominciato a dispiegare in Virginia, alle Hawaii e in Australia. La quarta installazione è programmata in Sicilia: a Niscemi, in provincia di Caltanissetta. Il Muos collegherà tra loro i centri di comando e controllo delle forze armate, i centri logistici e gli oltre 18.000 terminali militari radio esistenti, i gruppi operativi in combattimento e gli arsenali di morte sparsi in tutto il pianeta. Mettendo in pericolo, inoltre, non meno di 300.000 siciliani, esposti all’azione dei campi elettromagnetici con alto rischio per la salute: si temono leucemie e tumori agli organi genitali.
«Si tratta di un altro passo verso la Grande Guerra definitiva», avverte Giulietto Chiesa: gli strateghi del Pentagono organizzano avamposti per tentare di rallentare, con qualsiasi mezzo, l’inesorabile avanzata della Cina: entro il 2017, secondo il famigerato memorandum del Nuovo Secolo Americano, prenderà il via – anche sulla nostra pelle – la drammatica “confrontation” col gigante asiatico, in un mondo condizionato dall’impiego potenziale di armi di distruzione di massa fino a ieri inimmaginabili, capaci di annientare interi paesi e colpendo indiscriminatamente le popolazioni. «Si profila qualcosa che assomiglia a una guerra di sterminio, organizzata dai “nazisti bianchi” che non accettano di veder crollare un impero, quello occidentale, reduce da un dominio secolare sul resto del mondo». La nuova rete di satelliti e terminali terrestri, precisa Antonio Mazzeo sul blog “Cado in piedi”, consentirà di moltiplicare di dieci volte il numero delle informazioni che saranno trasmesse nell’unità di tempo, accrescendo in modo esponenziale i rischi che venga scatenato l’olocausto per un mero errore tecnico.
Il Muos incarna le mille contraddizioni della globalizzazione neoliberista: elemento-chiave delle future guerre stellari, avrà effetti devastanti sull’ambiente, il territorio e la salute delle popolazioni. Prospettive che oggi inquietano la Sicilia, protagonista di una autentica ribellione popolare sostenuta dalle istituzioni. L’installazione isolana nasce da un accordo bilaterale Usa-Italia stipulato nel lontano 2001 dal governo Berlusconi, ratificato poi nel 2006 dall’esecutivo di Romano Prodi, che diede mandato alla Regione di vigilare sull’inquinamento elettromagnetico. Dopo l’iniziale ok delle istituzioni distrettuali, la palla è rimbalzata sui Comuni. Niscemi tiene duro, negando il nulla-osta che consentirebbe alla Regione di autorizzare il regolare avvio dei lavori (che intanto sono iniziati comunque), mentre dall’Arpa siciliana arrivano cattive notizie: le tre mega-antenne emetterebbero micidiali microonde, che si aggiungerebbero al pesante inquinamento elettromagnetico generato dalla stazione di telecomunicazione della marina militare Usa presente da vent’anni in contrada Ulmo.
In un recente studio sui rischi del nuovo sistema militare statunitense, due docenti del Politecnico di Torino – Massimo Zucchetti e Massimo Coraddu – riportano le rilevazioni effettuate dall’Arpa della Sicilia tra il dicembre 2008 e l’aprile 2010, confermando l’allarme per valori superiori alla soglia di sicurezza. Inoltre, i lavori del Muos minacciano di compromettere anche l’area della Sughereta, sito naturalistico di importanza comunitaria. «I crescenti processi di militarizzazione, con i loro effetti deleteri sulle attività produttive ed economiche, stanno contribuendo allo spopolamento delle campagne e al massiccio esodo verso il Nord di centinaia di giovani niscemesi», aggiunge Mazzeo. «E come se non bastasse, sullo sfondo, resta l’inquietante presenza della criminalità organizzata: ad eseguire una parte delle opere per il Muos sarebbe stata chiamata un’impresa contigua alle “famiglie” mafiose locali».
Sempre il Politecnico di Torino ha rilevato che il nuovo terminale per le “star wars” avrà pesantissimi effetti sul traffico aereo nei cieli siciliani e in particolare sul vicino aeroporto di Comiso, riconvertito ad uso civile dopo avere ospitato negli anni ‘80 i missili nucleari Cruise. «La potenza del fascio di microonde del Muos è senz’altro in grado di provocare gravi interferenze nella strumentazione di bordo di un aeromobile che dovesse essere investito accidentalmente», scrivono i professori Zucchetti e Coraddu. Gli incidenti provocati dall’irraggiamento di velivoli distanti anche decine di chilometri sono eventualità tutt’altro che remote: le antenne posso “colpire” fino a 130 chilometri di distanza, e nel raggio di 70 chilometri si trovano anche lo scalo di Sigonella, base Nato, e quello di Fontanaraossa, l’aeroporto civile di Catania.
Sigonella e Fontanarossa, tra l’altro, sono già oggetto delle spericolate operazioni di atterraggio e decollo dei velivoli da guerra senza pilota “Global Hawk”, “Predator” e “Reaper”, i nuovi droni a disposizione delle forze armate Usa e Nato. Per gli studiosi del Politecnico, l’irraggiamento a distanza ravvicinata di un aereo militare potrebbe avere conseguenze inimmaginabili: le interferenze generate dalle antenne possono infatti arrivare ad innescare per errore gli ordigni trasportati. E’ già accaduto il 29 luglio 1967 nel Golfo del Tonchino alla portaerei Us Forrestal, quando le radiazioni emesse dal radar di bordo detonarono un missile in dotazione ad un caccia F-14, causando una violenta esplosione e la morte di 134 militari. Pericoli ben noti ai tecnici statunitensi, al punto che sei anni fa fu deciso di dirottare a Niscemi il terminale Muos destinato originariamente a Sigonella: a determinare il cambio di destinazione, le risultanze di uno studio americano sull’impatto delle onde elettromagnetiche generate dalle grandi antenne.
Contro il devastante progetto militare – mai discusso in sede parlamentare – si sono pronunciati tre consigli provinciali (Catania, Ragusa e Caltanissetta) e quasi tutti i Comuni vicini all’installazione, ricorda Mazzeo. Nell’area è nato il Comitato No-Muos, che raggruppa cittadini, istituzioni e associazioni politiche, sindacali e ambientaliste, sul modello dei No-Tav valsusini. A suon di marce e cortei, i siciliani stanno moltiplicando gli sforzi per ottenere la revoca delle autorizzazioni finora concesse per l’installazione delle mega-antenne: il sito No-Muos ospita anche una petizione on-line. Obiettivo: bloccare a furor di popolo l’iter autorizzativo, ostacolando fisicamente – con l’occupazione popolare – i preparativi di cantiere. E se gli Usa decidessero di procedere oltre? «Andrebbero incontro a una violazione degli accordi bilaterali, consentendo alla magistratura di intervenire», spiegano i promotori del comitato, che sperano che il giudice – come avvenuto in Sardegna per il poligono balistico di Quirra – arrivi a sequestrare l’area. «E’ inutile sottolineare che l’amministrazione comunale di Niscemi, limitatamente alle sue possibilità, non permetterà di lasciar distruggere il proprio territorio. Ma possiamo farcela solo con la partecipazione di tutti, l’innalzamento della protesta e la divulgazione delle informazioni».
La Sicilia come la valle di Susa? «L’intero territorio dell’isola ha già pagato altissimi costi sociali ed economici per le dissennate scelte di riarmo e militarizzazione», afferma sul blog “Cado in piedi” Alfonso Di Stefano, promotore della campagna per la smilitarizzazione di Sigonella. «Il recente conflitto in Libia ha consacrato il ruolo della Sicilia come grande portaerei per le operazioni di attacco Usa, Nato ed extra-Nato in Africa e Medio Oriente». Dallo scalo “civile” di Trapani-Birgi sono stati scatenati buona parte dei bombardamenti contro l’esercito e la popolazione civile libica, mentre Sigonella è stata trasformata in capitale mondiale dei famigerati droni “Global Hawk”, e intanto prolifera ovunque l’installazione di radar per l’intercettazione delle imbarcazioni di migranti. «Tutto ciò per perpetuare il modello di rapina delle risorse energetiche e arricchire i signori del complesso militare-industriale statunitense», aggiunge Di Stefano.
Il Muos, costato già più di sei miliardi di dollari, ha come principale contractor la Lockheed Martin, il colosso a capo del dissennato programma dei cacciabombardieri F-35. «Il dio di tutte le guerre ha sempre lo stesso volto di morte», dice Mazzeo. Con la differenza che domani – dato il carattere spaventoso degli arsenali tecnologici – la prossima guerra planetaria potrebbe anche essere l’ultima. Stando al Pentagono, scrive Claudio Messora sul blog “Byoblu”, ci sono 716 basi militari sparse in 38 paesi del mondo, che ospitano più di 250.000 soldati. Ma almeno 110 sono gli Stati dove gli Usa hanno una stabile presenza armata, anche grazie ai 680 miliardi di dollari stanziati da Barack Obama, Premio Nobel per la Pace, appena insediatosi alla Casa Bianca. «Una cifra che supera di 30 miliardi quella ultima erogata dal presidente guerrafondaio suo predecessore», aggiunge Messora. «Se questo fosse un manuale di storia venduto tra qualche secolo, potremmo riferirci all’impero americano come a quello romano o quello di Gengis Khan, e noi saremmo le colonie o tuttalpiù le province». Non in eterno, però: tutti gli imperi, prima o poi, cadono. E dietro di sé lasciano macerie.
fonte: Libre-associazione di idee
Regione, Lombardo lo nomina lui non può accettare: è in carcere
LA NOMINA numero 101 è risultata indigesta a Raffaele Lombardo: il designato era già in carcere da qualche giorno. L'ultima, incredibile, storia del poltronificio Regione riguarda Sicilia eservizi, una delle società più ricche dell'universo parallelo di Palazzo d'Orleans, protagonista negli anni scorsi di appalti milionari e assunzioni politico-clientelari all'ombra del business dell'informatizzazione. Martedì scorso si è riunita l'assemblea dei soci, per eleggere il presidente del collegio dei sindaci che era già stato indicato dal governo: Eugenio Trafficante, commercialista di Burgio, provincia di Agrigento. Su di lui era caduta la scelta di Lombardo e l'assemblea ha solo ratificato la nomina, all'interno di una lista di cinque professionisti (tre effettivi e un supplente) presentata assieme al socio privato, che aveva indicato il proprio componente in Massimo Porfiri. Quello che nessuno sapeva, al momento di votare il nuovo collegio sindacale, era l'impossibilità del designato
di accettare l'incarico. Per un semplice motivo: Trafficante era, dal venerdì precedente, recluso nel carcere di Sciacca. Colpito da un provvedimento cautelare nell'ambito di un'inchiesta condotta dalla procura della Repubblica di Roma. L'accusa è quella di stalking: il commercialista era da tempo destinatario di una misura interdittiva, il divieto di avvicinamento a una donna, ma l'avrebbe violata. Per questa ragione è stato arrestato dai carabinieri,
che hanno eseguito un ordine di custodia cautelare della Procura.
I legali hanno inoltrato istanza di scarcerazione.
Trafficante, 61 anni, negli anni '80 aveva fatto parte della giunta comunale di Sciacca, su designazione del partito repubblicano, e più recentemente è stato assessore comunale a Burgio. Durante questa esperienza, nel 2005, è stato vittima di un attentato: l'incendio doloso del portone della sua abitazione.
L'episodio ha avuto successivamente risalto nell'ambito del processo antimafia "Scacco Matto". L'attentato è stato ricostruito come un gesto vendicativo da parte di uno degli imputati del processo e ascrivibile a episodi di vita personale di Trafficante. Il professionista ha uno studio a Burgio e uno a Sciacca.
Com'è possibile che al timone di una spa pubblica sia stato indicato e poi eletto un commercialista già in carcere? Il commissario
liquidatore di Sicilia eservizi, Antonio Vitale, non se lo spiega: "Guardi, io non sapevo proprio dell'arresto di Trafficante: sto apprendendo da lei la notizia. E nessuno, martedì, era a conoscenza di questo fatto. La cinquina con i nomi dei nuovi sindaci della società era stata depositata sette giorni prima l'assemblea dei soci. Evidentemente, al momento dell'indicazione da parte della proprietà, Trafficante non era ancora stato arrestato.
Ma è indubbio - prosegue Vitale - che qualcuno avrebbe dovuto comunicarci in tempo utile che il professionista designato era stato colpito da un provvedimento restrittivo. Faremo gli approfondimenti dovuti ". Secondo il commissario, l'arresto di Trafficante comporta la sospensione dalla carica di presidente del collegio sindacale: "Il reato di cui è accusato poco ha a che fare con l'attività di revisore dei conti: l'eventuale re-
voca è una questione di opportunità che devono valutare i soci ". Ma c'è chi sostiene che Trafficante sarebbe già decaduto per legge e che l'assemblea ha sostanzialmente eletto un ineleggibile. Di certo, si macchia di un "incidente" dai contorni paradossali la marcia di Lombardo costellata da nomine: da quando ha annunciato le dimissioni, a fine aprile, ne ha fatte 101. Questa però, forse, non vale.
(08 luglio 2012)
fonte: la Repubblica
di accettare l'incarico. Per un semplice motivo: Trafficante era, dal venerdì precedente, recluso nel carcere di Sciacca. Colpito da un provvedimento cautelare nell'ambito di un'inchiesta condotta dalla procura della Repubblica di Roma. L'accusa è quella di stalking: il commercialista era da tempo destinatario di una misura interdittiva, il divieto di avvicinamento a una donna, ma l'avrebbe violata. Per questa ragione è stato arrestato dai carabinieri,
che hanno eseguito un ordine di custodia cautelare della Procura.
I legali hanno inoltrato istanza di scarcerazione.
Trafficante, 61 anni, negli anni '80 aveva fatto parte della giunta comunale di Sciacca, su designazione del partito repubblicano, e più recentemente è stato assessore comunale a Burgio. Durante questa esperienza, nel 2005, è stato vittima di un attentato: l'incendio doloso del portone della sua abitazione.
L'episodio ha avuto successivamente risalto nell'ambito del processo antimafia "Scacco Matto". L'attentato è stato ricostruito come un gesto vendicativo da parte di uno degli imputati del processo e ascrivibile a episodi di vita personale di Trafficante. Il professionista ha uno studio a Burgio e uno a Sciacca.
Com'è possibile che al timone di una spa pubblica sia stato indicato e poi eletto un commercialista già in carcere? Il commissario
liquidatore di Sicilia eservizi, Antonio Vitale, non se lo spiega: "Guardi, io non sapevo proprio dell'arresto di Trafficante: sto apprendendo da lei la notizia. E nessuno, martedì, era a conoscenza di questo fatto. La cinquina con i nomi dei nuovi sindaci della società era stata depositata sette giorni prima l'assemblea dei soci. Evidentemente, al momento dell'indicazione da parte della proprietà, Trafficante non era ancora stato arrestato.
Ma è indubbio - prosegue Vitale - che qualcuno avrebbe dovuto comunicarci in tempo utile che il professionista designato era stato colpito da un provvedimento restrittivo. Faremo gli approfondimenti dovuti ". Secondo il commissario, l'arresto di Trafficante comporta la sospensione dalla carica di presidente del collegio sindacale: "Il reato di cui è accusato poco ha a che fare con l'attività di revisore dei conti: l'eventuale re-
voca è una questione di opportunità che devono valutare i soci ". Ma c'è chi sostiene che Trafficante sarebbe già decaduto per legge e che l'assemblea ha sostanzialmente eletto un ineleggibile. Di certo, si macchia di un "incidente" dai contorni paradossali la marcia di Lombardo costellata da nomine: da quando ha annunciato le dimissioni, a fine aprile, ne ha fatte 101. Questa però, forse, non vale.
(08 luglio 2012)
fonte: la Repubblica
venerdì 6 luglio 2012
In piazza contro i femminicidi e urliamo BASTA sabato 21 luglio a Palermo
L’Italia rincorre primati: sono settantatrè, dall’inizio di questo 2012, le donne morte per mano di uomo, e sono dieci le "altre" donne uccise nello stesso periodo, donne straniere, clandestine, vittime della tratta, ignorate da tutti, dimenticate anche dalle statistiche e dalle manifestazioni contro tanta violenza. E’ ora di dire BASTA e chiamare le cose con il loro nome, di registrare, riconoscere e misurarsi con l’orrore di bambine, ragazze, donne uccise nell’indifferenza. Queste violenze sono crimini, omicidi, anzi FEMMINICIDI. E’ tempo che i media cambino il segno dei racconti e restituiscano tutti interi i volti, le parole e le storie di queste donne e delle “altre” e soprattutto la responsabilità di chi le uccide perché incapace di accettare la loro libertà.
E ancora una volta, come abbiamo già fatto un anno fa, il 13 febbraio, chiediamo agli uomini di camminare e mobilitarsi con noi, per cercare insieme forme e parole nuove capaci di porre fine a quest’orrore. Un paese che consente la morte delle donne è un paese che si allontana dall’Europa e dalla civiltà.
Proviamo a scuotere le coscienze accaldate e distratte dalle vacanze. Dobbiamo urlare, non c'è altra soluzione. Scendiamo in piazza e urliamo BASTA sabato 21 luglio.
L ' EVIS,ADERISCE A QUESTA MANIFESTAZIONE E INVITA I SUOI SIMPATIZZANTI A PARTECIPARVI.
LA SEGRETARIA NAZIONALE DELL' EVIS, PARTECIPERA' ALLA MANIFESTAZIONE
E ancora una volta, come abbiamo già fatto un anno fa, il 13 febbraio, chiediamo agli uomini di camminare e mobilitarsi con noi, per cercare insieme forme e parole nuove capaci di porre fine a quest’orrore. Un paese che consente la morte delle donne è un paese che si allontana dall’Europa e dalla civiltà.
Proviamo a scuotere le coscienze accaldate e distratte dalle vacanze. Dobbiamo urlare, non c'è altra soluzione. Scendiamo in piazza e urliamo BASTA sabato 21 luglio.
L ' EVIS,ADERISCE A QUESTA MANIFESTAZIONE E INVITA I SUOI SIMPATIZZANTI A PARTECIPARVI.
LA SEGRETARIA NAZIONALE DELL' EVIS, PARTECIPERA' ALLA MANIFESTAZIONE
Uccide la moglie e la brucia. L'amante ha visto tutto
Dopo 20 ore di interrogatorio Giovanna P. ,l'amante di Salvatore Savalli, è crollata ed ha ammesso di essere stata testimone del brutale omicidio di Maria Anastasi. Un racconto che inchioda il marito della vittima, fermato con l'accusa di avere ucciso la moglie, che ha deciso di non rispondere ai pm (nella foto il procuratore di Trapani Marcello Viola).
"Si ho assistito al delitto". Dopo 20 ore di interrogatorio Giovanna P. ,l'amante di Salvatore Savalli, è crollata ed ha ammesso di essere stata testimone del brutale omicidio di Maria Anastasi. Un racconto che inchioda il marito della vittima, fermato con l'accusa di avere ucciso la moglie.
A puntare il dito contro di lui erano anche stati i suoi figli, che hanno descritto i particolari di un 'menage a trois' sfociato in tragedia. E' il ritratto di un uomo violento e privo di scrupoli quello che emerge dalla testimonianza dei familiari di Savalli, 39 anni. Il cadavere della donna semi carbonizzato e con il cranio fracassato è stato trovato ieri nelle campagne di Trapani. Incinta al nono mese e madre di altri tre figli, proprio ieri avrebbe dovuto festeggiare il suo compleanno. E invece è stata massacrata a colpi di bastone, prima che il suo corpo venisse bruciato.
E' stato proprio Savalli, operaio in una segheria di marmi, a denunciare mercoledì sera la scomparsa della moglie ai carabinieri. Un racconto lacunoso e pieno di contraddizioni. La sua amante ha adesso detto agli investigatori che mercoledì intorno alle 19 , lei, Maria Anastasi e Savalli sono usciti a bordo della "Punto". Prima hanno fatto un giro in città e poi, tutti e tre, si sono diretti nelle campagne di Trapani. Ad un certo punto, in località Zafarana (dove è stato trovato il cadavere), l'uomo, ha raccontato Giovanna P., avrebbe fermato l'utilitaria. Tra marito e moglie vi sarebbe stata una discussione per futili motivi e, comunque, non legati a problemi di gelosia. Ad un tratto Savalli avrebbe aperto il portabagagli dell'automobile, preso una vanga e colpito, di spalle e al capo la moglie ché è stramazzata al suolo. Poi dopo aver preso dal bagagliaio una tanica con la benzina, avrebbe cosparso il corpo e appiccato il fuoco. La testimone oculare ha sostenuto di essere rimasta pietrificata dal terrore.
Dopo la macabra esecuzione, Savalli e Giovanna P. sono risaliti in auto, ma prima di far rientro a casa, hanno effettuato numerose tappe lungo il percorso. Tappe che sono servite per occultare il telefonino della vittima (l'uomo aveva lasciato a casa, spenti, il suo e quello dell'amante), la vanga, la tanica di benzina e ogni altro oggetto che avrebbe potuto attirare sospetti. Un alibi e una messinscena che però erano già stati messi in dubbio dai familiari del fermato.
A raccontare un altro particolare che finirebbe con l'incastrare il presunto assassino è stato il figlio più piccolo, che ha 13 anni: "Papà è uscito di casa con una tanica di benzina. Gli ho chiesto a cosa servisse, mi ha risposto 'fatti gli affari tuoi'". E la sorella di 16 anni ha aggiunto: "Erano insieme, lui, la mamma e 'quella'...". Ovvero Giovanna che da qualche tempo si era trasferita a casa dell'operaio: ai familiari aveva presentato la donna come una sua "amica". Una versione che non aveva convinto nessuno: "Era la sua amante - dice la figlia - e aveva ingannato anche mia madre, che era troppo buona. Si voleva prendere anche la mia cameretta, era diventata lei la padrona della casa e mia mamma era costretta a subire". La sorella maggiore, che ha 17 anni e vive con i nonni, ha detto che il padre si era perfino mostrato "infastidito" dalla gravidanza della moglie. Anche gli altri familiari accusano Savalle: "E' sempre stato un uomo violento - dice Rita Ricevuto, madre della vittima - ma mia figlia gli voleva bene e continuava a difenderlo. Subiva in silenzio". E una zia della donna, Anna Maria Ricevuto, rincara la dose: "Avevamo il mostro in casa e non ce ne siamo accorti".
Salvatore Savalli, interrogato oggi in carcere, dai pm Andrea Tarondo e Sara Morri, si è avvalso della facoltà di non rispondere. "Non era nelle condizioni di sopportare un interrogatorio" ha detto il suo legale, avvocato Giuseppe De Luca.
fonte: LIVESCILIA
"Si ho assistito al delitto". Dopo 20 ore di interrogatorio Giovanna P. ,l'amante di Salvatore Savalli, è crollata ed ha ammesso di essere stata testimone del brutale omicidio di Maria Anastasi. Un racconto che inchioda il marito della vittima, fermato con l'accusa di avere ucciso la moglie.
A puntare il dito contro di lui erano anche stati i suoi figli, che hanno descritto i particolari di un 'menage a trois' sfociato in tragedia. E' il ritratto di un uomo violento e privo di scrupoli quello che emerge dalla testimonianza dei familiari di Savalli, 39 anni. Il cadavere della donna semi carbonizzato e con il cranio fracassato è stato trovato ieri nelle campagne di Trapani. Incinta al nono mese e madre di altri tre figli, proprio ieri avrebbe dovuto festeggiare il suo compleanno. E invece è stata massacrata a colpi di bastone, prima che il suo corpo venisse bruciato.
E' stato proprio Savalli, operaio in una segheria di marmi, a denunciare mercoledì sera la scomparsa della moglie ai carabinieri. Un racconto lacunoso e pieno di contraddizioni. La sua amante ha adesso detto agli investigatori che mercoledì intorno alle 19 , lei, Maria Anastasi e Savalli sono usciti a bordo della "Punto". Prima hanno fatto un giro in città e poi, tutti e tre, si sono diretti nelle campagne di Trapani. Ad un certo punto, in località Zafarana (dove è stato trovato il cadavere), l'uomo, ha raccontato Giovanna P., avrebbe fermato l'utilitaria. Tra marito e moglie vi sarebbe stata una discussione per futili motivi e, comunque, non legati a problemi di gelosia. Ad un tratto Savalli avrebbe aperto il portabagagli dell'automobile, preso una vanga e colpito, di spalle e al capo la moglie ché è stramazzata al suolo. Poi dopo aver preso dal bagagliaio una tanica con la benzina, avrebbe cosparso il corpo e appiccato il fuoco. La testimone oculare ha sostenuto di essere rimasta pietrificata dal terrore.
Dopo la macabra esecuzione, Savalli e Giovanna P. sono risaliti in auto, ma prima di far rientro a casa, hanno effettuato numerose tappe lungo il percorso. Tappe che sono servite per occultare il telefonino della vittima (l'uomo aveva lasciato a casa, spenti, il suo e quello dell'amante), la vanga, la tanica di benzina e ogni altro oggetto che avrebbe potuto attirare sospetti. Un alibi e una messinscena che però erano già stati messi in dubbio dai familiari del fermato.
A raccontare un altro particolare che finirebbe con l'incastrare il presunto assassino è stato il figlio più piccolo, che ha 13 anni: "Papà è uscito di casa con una tanica di benzina. Gli ho chiesto a cosa servisse, mi ha risposto 'fatti gli affari tuoi'". E la sorella di 16 anni ha aggiunto: "Erano insieme, lui, la mamma e 'quella'...". Ovvero Giovanna che da qualche tempo si era trasferita a casa dell'operaio: ai familiari aveva presentato la donna come una sua "amica". Una versione che non aveva convinto nessuno: "Era la sua amante - dice la figlia - e aveva ingannato anche mia madre, che era troppo buona. Si voleva prendere anche la mia cameretta, era diventata lei la padrona della casa e mia mamma era costretta a subire". La sorella maggiore, che ha 17 anni e vive con i nonni, ha detto che il padre si era perfino mostrato "infastidito" dalla gravidanza della moglie. Anche gli altri familiari accusano Savalle: "E' sempre stato un uomo violento - dice Rita Ricevuto, madre della vittima - ma mia figlia gli voleva bene e continuava a difenderlo. Subiva in silenzio". E una zia della donna, Anna Maria Ricevuto, rincara la dose: "Avevamo il mostro in casa e non ce ne siamo accorti".
Salvatore Savalli, interrogato oggi in carcere, dai pm Andrea Tarondo e Sara Morri, si è avvalso della facoltà di non rispondere. "Non era nelle condizioni di sopportare un interrogatorio" ha detto il suo legale, avvocato Giuseppe De Luca.
fonte: LIVESCILIA
martedì 3 luglio 2012
L 'EVIS SI RIMETTE IN MOVIMENTO !
L ' EVIS si ricostituisce per contrastare un politica non politica di quanti, all’ombra dell’autonomismo e del “ forconismo “ sembrano anelare la chiamata a posti di potere, e adoperarsi sul territorio per rilanciare lo spirito indipendentista e democratico del popolo Siciliano.
Soltanto un movimento veramente indipendentista e DEMOCRATICO che si ispiri ai valori di Antonio Canepa può impedire l ' avvento di nuovi ascari, magari travestiti da autonomisti che imbracciano il forcone ( e la bandiera di Forza Nuova ), o di pseudo indipendentisti che fino ad ieri sono andati a braccetto con Lombardo sperando in un piatto di lenticchie.
Ingroia sull'inchiesta trattativa "Dalle istituzioni nessun sostegno"
Le istituzioni non hanno sostenuto, "almeno finora", l'azione della magistratura volta ad accertare la verità giudiziaria sulla trattativa tra Stato e mafia. Lo afferma, in un videointervento sul blog di Beppe Grillo, il procuratore aggiunto alla procura distrettuale antimafia di Palermo, Antonio Ingroia.
"In un Paese normale - afferma Ingroia - di fronte a questa azione della magistratura, il paese delle istituzioni e la società si stringerebbero attorno ai magistrati, li si sosterrebbe in questo compito difficile, anzi ciascuno cercherebbe di fare la propria parte. La politica dovrebbe occuparsene, accertando quello che alla politica tocca accertare rispetto al passato, la verità politica, la verità storica. Non tocca alla magistratura appurare la verità storica. La politica dovrebbe anche individuare responsabilità storiche e responsabilità politiche, non certo le responsabilità penali, e invece questo in Italia non è avvenuto".
"Almeno fino a oggi non è avvenuto - prosegue Ingroia - perché per esempio tante e tante commissioni parlamentari antimafia si sono avvicendate in questi vent'anni, ma nessuna di queste ha messo al centro della propria attenzione, al centro della propria indagine, l'accertamento della verità su quel terribile biennio 92/93, che è poi il biennio sul quale è nata questa Repubblica. Perché questa Seconda Repubblica affonda letteralmente i suoi pilastri nel sangue di quelle stragi, in quella trattativa
che si sviluppò dietro le quinte di quelle stragi".
E, prosegue il pm, "non solo la politica non ha fatto questo, ma nè dalla politica, nè dal mondo dei mass media, è venuto un sostegno nei confronti della magistratura, anzi queste iniziative di verità, di realtà giudiziaria, sono state accolte con freddezza, fastidio, a volte con ostilità come se questo Paese la verità non la volesse, come se ci fosse una grande parte del Paese che preferisce vivere in quell'eterno presente immobile senza conoscere le proprie origini, forse per la paura di scoprire qualcosa di cui vergognarsi nella propria vita".
(02 luglio 2012)
fonte : la Repubblica
mercoledì 27 giugno 2012
USTICA, NEL CUORE SPEZZATO DI POCHI
Perché Ustica non ha mai conosciuto la chiarezza di una spiegazione definitiva? Perché accade lo stesso per Capaci, per via D'Amelio, per quelli che sono passati alla storia come i grandi enigmi del Paese, con una vocazione letteraria ed esistenziale alla soluzione mancata? Ci sono le azioni efficaci di gruppi che nascondono il sole con le nuvole, per calcolo e interesse. Talmente pervasivi da non essere più distinguibili in proprio: somigliano alla faccia cruda dello Stato, nei suoi giochi sporchi. Le forze che mettono in campo sono evidentemente più pesanti dello sdegno, nella bilancia di pesi e contrappesi. Poi ci siamo noi, cittadini omertosi e silenziosi. Noi, lo scandalo.
Rispetto al patrimonio colossale e pubblico di giustizia negata, ci comportiamo da sentimentali. Versiamo preghiere e lacrime negli anniversari, ci travestiamo da coccodrilli nel resto del tempo. Quando si spegne la fiammella temporizzata dell'indignazione, semplicemente dimentichiamo. Ci manca la coscienza civica necessaria per una richiesta permanente di verità. Ecco perché l'oscurità regna sovrana, per i nostri peccati di omissione. Ustica, come tutto, vive nella retorica di troppi e nel cuore spezzato di pochi.
da: LIVESICILIA
Rispetto al patrimonio colossale e pubblico di giustizia negata, ci comportiamo da sentimentali. Versiamo preghiere e lacrime negli anniversari, ci travestiamo da coccodrilli nel resto del tempo. Quando si spegne la fiammella temporizzata dell'indignazione, semplicemente dimentichiamo. Ci manca la coscienza civica necessaria per una richiesta permanente di verità. Ecco perché l'oscurità regna sovrana, per i nostri peccati di omissione. Ustica, come tutto, vive nella retorica di troppi e nel cuore spezzato di pochi.
da: LIVESICILIA
venerdì 22 giugno 2012
LOMBARDO, SPUNTA L 'AGGRAVANTE MAFIOSA
CATANIA - "Ho il dovere, come rappresentante dell'ufficio di Procura, alla luce delle dichiarazioni dei pentiti, di contestare l'aggravante di aver favorito la mafia". Colpo di scena al processo per voto di scambio semplice che vede imputato davanti al giudice monocratico il presidente della Regione Sicilia Raffaele Lombardo e suo fratello Angelo. Con queste parole il procuratore aggiunto Carmelo Zuccaro ha annunciato la decisione del suo ufficio di contestare ai fratelli Lombardo l'aggravante dell'articolo 7, cioè quella di aver favorito Cosa nostra.
Un'indicazione già data più di un mese fa dal gip Luigi Barone che aveva rigettato l'archiviazione per il reato di concorso estermo in associazione mafiosa proposta dalla Procura per Lombardo disponendo l'imputazione coatta per questo reato e l'aggravante mafiosa per il voto di scambio semplice. Ora, il procedimento in corso rischia di dover ricominciare daccapo o, in caso di rinvio a giudizio per concorso esterno nel procedimento parallelo, di essere unificato in un unico processo.
Per spiegare la nuova contestazione in udienza, i pm hanno fatto riferimento alle dichiarazioni dei pentiti D'Aquino e Di Gati sulle modalità di richiesta dei voti, non selettiva, "ad personam", ma conosciuta in tutto il rione. Da qui, secondo i pm, discende l'applicabilità dell'aggravante. "Le condizioni di omertà in cui vivevano le persone del quartiere - ha argomentato il pm Zuccaro - erano tali che nessun rivale politico avrebbe denunciato che un altro candidato
aveva l'appoggio dell'associazione mafiosa, facendo emergere una sorta di paura estesa che si collega alla forza di intimidazione di Cosa nostra".
Il presidente della Regione, presente in aula, ha confermato la sua intenzione di rassegnare le dimissioni il prossimo 28 luglio, come già annunciato, e ha aggiunto: " Il grande rammarico è che io non ho ancora un processo nè un rinvio a giudizio, e che bisogna ricominciare daccapo. La Procura di Catania è composta da persone di straordinario valore, qualità e competenza ma le accuse dei pentiti sono sotto gli occhi di tutti, sono ridicole".
Il giudice monocratico ha sospeso l'udienza e rinviato al 19 luglio per pronunciarsi sulla decisione, ma con tutta probabilità con l'aggravante mafiosa il processo dovrebbe ricominciare davanti ad un tribunale. Per il 28 giugno è invece in programma l'udienza preliminare per l'altro reato, quello di concorso esterno in associazione mafiosa.
(22 giugno 2012)
fonte : la Repubblica
giovedì 21 giugno 2012
"Vorremmo sapere se il presidente Napolitano andrà a Palermo il 19 luglio”.
Vorremmo sapere se il presidente Napolitano andrà a Palermo il 19 luglio”. Risposta del portavoce del presidente Pasquale Cascella: “Perché cosa c’è il 19 luglio?”. Con tono stupito spieghiamo: la commemorazione della strage di via D’Amelio. “Non lo so. Consulti l’agenda del presidente sul sito del Quirinale.” Pausa. “Comunque no, il presidente ha già commemorato Borsellino il 23 maggio quando è andato per la strage di Capaci, poi con voi del Fatto, visto l’utilizzo che fate delle telefonate non parlo”. E la voce scompare dietro a un clic.
È vero, il 23 maggio scorso Napolitano ha ricordato anche il giudice Borsellino. Si è recato in via D’Amelio e alla presenza del figlio Manfredi, commissario di polizia a Cefalù, contattato dal questore, sotto una pioggia battente, ha deposto una corona di fiori. Non c’erano cittadini, né Rita, sorella del giudice, né il fratello Salvatore: nessuno sapeva nulla. Un omaggio che, se non fosse per l’ufficialità e la rilevanza istituzionale conferita dalla presenza del Capo dello Stato si sarebbe potuto definire furtivo. Come se ci fossero stragi da ricordare nella solennità e stragi da onorare tra pochi intimi perché generano disagio e fibrillazione per le ragioni che nascondono. UNA VERITÀ che il popolo delle Agende Rosse, migliaia di giovani di ogni parte d’Italia, uniti nel simbolo di quel diario a cui Borsellino affidava riflessioni sulle proprie indagini, anche su quelle che stava conducendo per scoprire chi aveva ammazzato il suo amico-collega Giovanni Falcone, pretende. Quell’agenda scomparve dalla borsa ritrovata nell’auto di Borsellino e riconsegnata alla famiglia dall’allora capo della Squadra Mobile di Palermo, Arnaldo La Barbera, oggi defunto. Il capo della Mobile, quando i figli, dopo aver estratto il costume ancora umido, un mazzo di chiavi, un pacchetto di sigarette aperto e uno intatto, chiesero dove fosse l’agenda rossa del padre, con la sua voce rauca esclamò: “E da dove la fate spuntare fuori questa agenda rossa! Smettetela non c’era nessuna agenda”. Era la prima volta che varcava la soglia di casa del giudice, con cui non aveva mai intrattenuto rapporti tant’è che per i figli era un estraneo arrivato a restituire gli effetti personali del padre. Eppure, di fronte ad una domanda legittima dal momento che la domenica, lo avevano visto riporre l’agenda rossa nella borsa prima di uscire e salire in auto per dirigersi dalla madre in via D’Amelio, si permetteva di mettere in dubbio la loro parola. Chi ha preso l’agenda, perché? In quali mani è finita? Queste le domande che Salvatore Borsellino in questi anni non ha mai smesso di rivolgere pubblicamente. “Nel luglio 2009, nei giorni precedenti al 19” racconta Salvatore “alla polizia dell’aeroporto Falcone-Borsellino è stata ordinata dal Quirinale una ricerca per sapere se fosse stato emesso a mio nome un biglietto destinazione Palermo.
Me lo ha rivelato un poliziotto che, guarda caso, dopo che ho raccontato il fatto in un incontro pubblico, è stato trasferito ad altro servizio. In sintesi: se ci fossimo stati noi, il presidente non sarebbe andato in via D’Amelio , come se ad attenderlo ci fossero i “black bloc” e non le ragazze e i ragazzi delle agende rosse a rivendicare verità e giustizia per Paolo, per i ragazzi della sua scorta, per il Paese. Mi aspetterei che un capo dello Stato condividesse con noi la verità sull’Agenda Rossa”. Quest’anno chi ci sarà al presidio in via D’Amelio? Il premier Monti interpellato fa sapere “è possibile, ma non ancora confermato”. Conferma la sua presenza invece il Pna Pietro Grasso. In forse l’arrivo del presidente della Camera Fini. “Noi abbiamo invitato i magistrati della Procura di Palermo e consegneremo ai famigliari degli agenti di scorta, morti con Paolo, una targa delle Agende Rosse. Chi non viene ha paura della verità”, commenta Salvatore. NON FU UN CASO che Agnese Borsellino e i suoi figli rifiutarono il funerale di Stato in quel 1992. In chiesa non c’erano banchi riservati: Claudio Martelli, ministro della Giustizia e Oscar Luigi Scalfaro da poco eletto presidente della Repubblica, parteciparono da privati cittadini. La signora Agnese, come tutte le donne, sapeva leggere i pensieri che attraversavano il suo uomo, aveva capito che la sua era una lotta contro il tempo per inseguire la verità, inseguito da una morte annunciata. Agnese , Manfredi, Lucia e Fiammetta, il 19 luglio resteranno a casa, come sempre immersi nel ricordo, reso ancor più doloroso, da una verità raccapricciante.
In via D’Amelio per tutto il giorno, ci saranno tanti giovani con in mano l’agenda, rossa come il sangue versato per uno Stato che ha svenduto i suoi figli migliori.
fonte : ANTIMAFIAduemila
È vero, il 23 maggio scorso Napolitano ha ricordato anche il giudice Borsellino. Si è recato in via D’Amelio e alla presenza del figlio Manfredi, commissario di polizia a Cefalù, contattato dal questore, sotto una pioggia battente, ha deposto una corona di fiori. Non c’erano cittadini, né Rita, sorella del giudice, né il fratello Salvatore: nessuno sapeva nulla. Un omaggio che, se non fosse per l’ufficialità e la rilevanza istituzionale conferita dalla presenza del Capo dello Stato si sarebbe potuto definire furtivo. Come se ci fossero stragi da ricordare nella solennità e stragi da onorare tra pochi intimi perché generano disagio e fibrillazione per le ragioni che nascondono. UNA VERITÀ che il popolo delle Agende Rosse, migliaia di giovani di ogni parte d’Italia, uniti nel simbolo di quel diario a cui Borsellino affidava riflessioni sulle proprie indagini, anche su quelle che stava conducendo per scoprire chi aveva ammazzato il suo amico-collega Giovanni Falcone, pretende. Quell’agenda scomparve dalla borsa ritrovata nell’auto di Borsellino e riconsegnata alla famiglia dall’allora capo della Squadra Mobile di Palermo, Arnaldo La Barbera, oggi defunto. Il capo della Mobile, quando i figli, dopo aver estratto il costume ancora umido, un mazzo di chiavi, un pacchetto di sigarette aperto e uno intatto, chiesero dove fosse l’agenda rossa del padre, con la sua voce rauca esclamò: “E da dove la fate spuntare fuori questa agenda rossa! Smettetela non c’era nessuna agenda”. Era la prima volta che varcava la soglia di casa del giudice, con cui non aveva mai intrattenuto rapporti tant’è che per i figli era un estraneo arrivato a restituire gli effetti personali del padre. Eppure, di fronte ad una domanda legittima dal momento che la domenica, lo avevano visto riporre l’agenda rossa nella borsa prima di uscire e salire in auto per dirigersi dalla madre in via D’Amelio, si permetteva di mettere in dubbio la loro parola. Chi ha preso l’agenda, perché? In quali mani è finita? Queste le domande che Salvatore Borsellino in questi anni non ha mai smesso di rivolgere pubblicamente. “Nel luglio 2009, nei giorni precedenti al 19” racconta Salvatore “alla polizia dell’aeroporto Falcone-Borsellino è stata ordinata dal Quirinale una ricerca per sapere se fosse stato emesso a mio nome un biglietto destinazione Palermo.
Me lo ha rivelato un poliziotto che, guarda caso, dopo che ho raccontato il fatto in un incontro pubblico, è stato trasferito ad altro servizio. In sintesi: se ci fossimo stati noi, il presidente non sarebbe andato in via D’Amelio , come se ad attenderlo ci fossero i “black bloc” e non le ragazze e i ragazzi delle agende rosse a rivendicare verità e giustizia per Paolo, per i ragazzi della sua scorta, per il Paese. Mi aspetterei che un capo dello Stato condividesse con noi la verità sull’Agenda Rossa”. Quest’anno chi ci sarà al presidio in via D’Amelio? Il premier Monti interpellato fa sapere “è possibile, ma non ancora confermato”. Conferma la sua presenza invece il Pna Pietro Grasso. In forse l’arrivo del presidente della Camera Fini. “Noi abbiamo invitato i magistrati della Procura di Palermo e consegneremo ai famigliari degli agenti di scorta, morti con Paolo, una targa delle Agende Rosse. Chi non viene ha paura della verità”, commenta Salvatore. NON FU UN CASO che Agnese Borsellino e i suoi figli rifiutarono il funerale di Stato in quel 1992. In chiesa non c’erano banchi riservati: Claudio Martelli, ministro della Giustizia e Oscar Luigi Scalfaro da poco eletto presidente della Repubblica, parteciparono da privati cittadini. La signora Agnese, come tutte le donne, sapeva leggere i pensieri che attraversavano il suo uomo, aveva capito che la sua era una lotta contro il tempo per inseguire la verità, inseguito da una morte annunciata. Agnese , Manfredi, Lucia e Fiammetta, il 19 luglio resteranno a casa, come sempre immersi nel ricordo, reso ancor più doloroso, da una verità raccapricciante.
In via D’Amelio per tutto il giorno, ci saranno tanti giovani con in mano l’agenda, rossa come il sangue versato per uno Stato che ha svenduto i suoi figli migliori.
fonte : ANTIMAFIAduemila
domenica 17 giugno 2012
COMMEMORIAMO I NOSTRI EROI NELLA VERITA’ !
Il 17 Giugno del 1945, Antonio Canepa, Comandante dell' EVIS , veniva ucciso in un agguato assieme a Carmelo Rosano, Giuseppe Lo Giudice e Francesco Ilardi
L' agguato avvenne presso il bivio di Randazzo in località Murazzu Ruttu.
Le ombre sull ' agguato di Murazzu Ruttu non sono mai state diradate, e gli interrogativi non hanno avuto risposte sicure e plausibili. esistono documenti che rilevano o lasciano intravedere i retroscena di quel tremendo episodio:
- L´avvocato Nino Varvaro, esponente di spicco del Mis, l '8 Gennaio1971, davanti alla Commissione antimafia riferì che Canepa morì << in un agguato non occasionale, ma combinato quasi certamente dagli stessi indipendentisti di destra; lui, infatti, aveva pubblicato un volumetto, La Sicilia ai siciliani, e aveva detto: «Quando faremo la repubblica sociale in Sicilia i feudatari ci dovranno dare le loro terre se non vorranno darci le loro teste; e quella frase gli costò la vita >>
Per i latifondisti del movimento separatista, parlava troppo di riforme; inoltre criticava apertamente l ‘indirizzo reazionario del gruppo dirigente indipendentista.
La relazione introduttiva agli atti della Commissione Parlamentare Antimafia del 10 Febbraio 1972 la quale sostiene , che:
- " La fine del rivoluzionario Canepa, rimasta avvolta nel mistero, è attribuita alla reazione degli agrari , preoccupati della riuscita di una rivoluzione che avrebbe potuto rovesciare il sistema sostanzialmente feudale "
E poi ci sono le modalità dell' agguato, mai chiarito, e con versioni decisamente contrastanti.
Ma tutto ciò non è sufficiente a certi soloni ed eminentissimi studiosi della storiografia, non hanno alcun ombra di dubbio, e continuano ad affermare CHE CANEPA FU NON TRADITO DA QUALCUNO DEGLI INSOSPETTABILI DEL MIS; CHE NON CI FU LA " SOFFIATA " PER CATTURARE CANEPA E GLI ALTRI.
Oggi, alcuni di questi " storiografi ", si recherà a Murazzu Ruttu, per commemorare Antonio Canepa, ed ancora una volta taceranno, perpetuando così quel tradimento che causò la morte del Comandante dell' EVIS e dei Suoi Giovani Militanti.
Comandante Canepa, i militanti dell' EVIS di oggi, per rispetto della Tua Memoria, e per amore della Verità, non si mescoleranno a questi " storiografi " per commemorarTi a Murazzu Ruttu, ci sembrerebbe di infliggerTi un ulteriore tradimento.
Neva Allegra
mercoledì 13 giugno 2012
Niente da fare per lo stabilimento Fiat di Termini Imerese
Niente da fare per lo stabilimento Fiat di Termini Imerese. A dare l’annuncio del fallimento del piano di rilancio proposto da Dr Motor, è il ministro dello Sviluppo Corrado Passera che sottolinea quanto siano stretti i tempi: “Non possiamo aspettare che passino i tempi della cassa integrazione senza andare a cercare qualcun altro. Anche a rischio di farci male abbiamo detto basta, tu non sei in grado, cerchiamo alternative”. Proprio sulle tempistiche, insiste il ministro, il governo ha fornito termini “laschi” ma non abbiamo avuto assicurazioni sulla solidità della controparte per rispettare l’accordo. Ora quindi è il momento di trovare un nuovo investitore ma il banchiere prestato alla politica riconosce che nell’attuale congiuntura economica non è cosa facile. Passera spiega che quella di oggi è una decisione soppesata: “Mi sono responsabilmente posto il tema, se aspettare o prendere in mano la situazione”. La produzione nell’impianto automobilistico si era interrotta il 24 novembre 2011.
La partita sul futuro dell’impianto è ripresa il 4 giugno scorso quando il ministro dello Sviluppo economico, ha preso atto che il suo ultimatum per presentare le garanzie finanziarie con cui fronteggiare il piano di rilancio alla Dr Motor di Massimo Di Risio è scaduto senza risposte. L’imprenditore infatti quel giorno ha chiesto due settimane di tempo per trovare un altro partner con cui ovviare i problemi finanziari che impediscono l’avvio della produzione di auto. Sempre quel giorno però il governo ha comunicato di attivarsi per cercare soluzioni alternative. E così è, i 15 giorni non sono ancora passati ma Passera ha deciso, si riparte da zero.
fonte: il Fatto Quotidiano
sabato 9 giugno 2012
Claudio Fava si candida alla guida della Regione Siciliana
" Amici che ascolto e che stimo mi hanno chiesto di candidarmi per la Sicilia, senza passare dagli apparati di partito. Domani dirò di sì."
IN ASSENZA DI UN CANDIDATO VERO INDIPENDENTISTA, L ' EVIS APPOGGERA' LA CANDIDATURA DI UN UOMO ONESTO, PERBENE E CAPACE PER LA PRESIDENZA DELLA REGIONE SICILIANA: CLAUDO FAVA !
giovedì 7 giugno 2012
La Sicilia 'sfugge' all'Imu
7 giugno 2012 - “Non posso dire, oggi, ai siciliani di non pagare l’Imu perchè ancora non c’è una pronuncia della Corte Costituzionale sul decreto ‘Salva Italia’, ma sulla base della precedente sentenza della Corte si può pensare che, così come è, non è dovuto”. L’assessore siciliano all’economia, Gaetano Armao, lima e soppesa le parole, – “finchè le norme sono in vigore nessuno può dire di non applicarle”, dice – ma il suo pensiero è molto chiaro e sottoliena come, nonostante “l’intervento dello Stato ha mortificato l’autonomia finanziaria della Regione” è necessario che “la disciplina delle imposte locali sia negoziata con la Regione perchè non può essere decisa unilateralmente dal Governo nazionale, altrimenti è incostituzionale”.
Parole chiare, come chiara è stata la Corte Costituzionale con la sentenza (64/2012) interpretativa di rigetto depositata il 21 marzo scorso nella quale, senza giri di parole, a proposito della formulazione del decreto legislativo 23/2011 sul federalismo (e quindi anche sull’Imu) parla di “inapplicabilità alla Regione (siciliana ndr) ricorrente dei censurati commi dell’art. 2, in quanto ‘non rispettosi’ dello statuto d’autonomia”.
In estrema sintesi la Corte dichiarò “non fondata la questione” per il semplice fatto che la Sicilia non era lesa, in quanto non compresa nella norma, nella propria autonomia finanziaria. E per questo scrisse “dalla rilevata inapplicabilità alla Regione siciliana delle disposizioni denunciate discende l’infondatezza non solo della prima questione prospettata dalla ricorrente, ma anche di tutte le altre questioni promosse, le quali muovono dalla medesima erronea premessa interpretativa che alla Regione si applichino dette disposizioni anche in caso di contrasto con lo Statuto speciale”. E per non essere in contrasto, la Corte Costituzionale ‘impone’ al Governo nazionale la negoziazione con le Regioni a statuto speciale.
Il decreto legge ’201′ ‘Salva Italia’ che ha anticipato l’introduzione dell’Imu (originariamente previsto per il 2014) prevedendo che il 50% del gettito sulle seconde case finisca nelle casse dello Stato, ha lo stesso vizio d’origine del precedente: emanano senza la concertazione con le Regioni ‘speciali’. Facile prevedere che la nuova attesa sentenza della Corte costiuzionale sull’ennesimo ricorso presentato dalla Sicilia ribadirà l’inapplicabilità a Sicilia, Sardegna e Province Autonome. Il governo nazionale, consapevole del grave errore commesso, sembra voler correre ai ripari così come aveva già chiesto lo stesso Armao.
“Il 24 maggio scorso – dice a BlogSicilia Gaetano Armao – abbiamo attivato un tavolo di concertazione con il governo nazionale che torneà a riunirsi il prossimo 14 giugno. Ma siamo ancora l’inzio”. La Sicilia ha già pronte delle proposte. “Pensiamo di cambiare le aliquote – prosegue Armao-, alcuni criteri impositivi assai onerosi, come quello sulle campagne, e rimodulare il tutto in modo da avere la possibilità di intervenire ed evitare storture”.
In attesa della ‘ufficializzazione’ della bocciatura dell’Imu si studiano le soluzioni per evitare la catastrofe finanziaria. La quasi certa ‘bocciatura’ del ‘Salva Italia’, nella parte relativa alla Sicilia, “agli enti locali – dice Armao – provocherà problemi finanziari. Per questo con Anci e Urps abbiamo già chiesto al Governo Monti di ripristinare i trasferimenti, altrimenti molti andranno in default”.
Oggi intanto alcuni deputati nazionali, ‘capitanati’ dal sardo Mauro Pilu hanno chiesto al premier Monti di fermare subito l’Imu in Sardegna e Sicilia perchè “viola gli Statuti autonomi e lede i principi costituzionali che regolano i rapporti tra lo Stato e le Regioni Speciali”.
“E’ plausibile ritenere – aggiunge Armao – che chiamata a pronunciarsi sulla legittimità dell’Imu la Corte costituzionale, applicando gli stessi criteri, la dichiari incostituzionale. Tuttavia, fino a quella pronuncia – sottolinea – rimane una norma vigente e quindi si deve pagare, ma è da condividere l’orientamento dei deputati nazionali che hanno chiesto al Governo Monti di rimuovere la norma. Il Governo chiarisca subito”.
fonte :BlogSicilia
Parole chiare, come chiara è stata la Corte Costituzionale con la sentenza (64/2012) interpretativa di rigetto depositata il 21 marzo scorso nella quale, senza giri di parole, a proposito della formulazione del decreto legislativo 23/2011 sul federalismo (e quindi anche sull’Imu) parla di “inapplicabilità alla Regione (siciliana ndr) ricorrente dei censurati commi dell’art. 2, in quanto ‘non rispettosi’ dello statuto d’autonomia”.
In estrema sintesi la Corte dichiarò “non fondata la questione” per il semplice fatto che la Sicilia non era lesa, in quanto non compresa nella norma, nella propria autonomia finanziaria. E per questo scrisse “dalla rilevata inapplicabilità alla Regione siciliana delle disposizioni denunciate discende l’infondatezza non solo della prima questione prospettata dalla ricorrente, ma anche di tutte le altre questioni promosse, le quali muovono dalla medesima erronea premessa interpretativa che alla Regione si applichino dette disposizioni anche in caso di contrasto con lo Statuto speciale”. E per non essere in contrasto, la Corte Costituzionale ‘impone’ al Governo nazionale la negoziazione con le Regioni a statuto speciale.
Il decreto legge ’201′ ‘Salva Italia’ che ha anticipato l’introduzione dell’Imu (originariamente previsto per il 2014) prevedendo che il 50% del gettito sulle seconde case finisca nelle casse dello Stato, ha lo stesso vizio d’origine del precedente: emanano senza la concertazione con le Regioni ‘speciali’. Facile prevedere che la nuova attesa sentenza della Corte costiuzionale sull’ennesimo ricorso presentato dalla Sicilia ribadirà l’inapplicabilità a Sicilia, Sardegna e Province Autonome. Il governo nazionale, consapevole del grave errore commesso, sembra voler correre ai ripari così come aveva già chiesto lo stesso Armao.
“Il 24 maggio scorso – dice a BlogSicilia Gaetano Armao – abbiamo attivato un tavolo di concertazione con il governo nazionale che torneà a riunirsi il prossimo 14 giugno. Ma siamo ancora l’inzio”. La Sicilia ha già pronte delle proposte. “Pensiamo di cambiare le aliquote – prosegue Armao-, alcuni criteri impositivi assai onerosi, come quello sulle campagne, e rimodulare il tutto in modo da avere la possibilità di intervenire ed evitare storture”.
In attesa della ‘ufficializzazione’ della bocciatura dell’Imu si studiano le soluzioni per evitare la catastrofe finanziaria. La quasi certa ‘bocciatura’ del ‘Salva Italia’, nella parte relativa alla Sicilia, “agli enti locali – dice Armao – provocherà problemi finanziari. Per questo con Anci e Urps abbiamo già chiesto al Governo Monti di ripristinare i trasferimenti, altrimenti molti andranno in default”.
Oggi intanto alcuni deputati nazionali, ‘capitanati’ dal sardo Mauro Pilu hanno chiesto al premier Monti di fermare subito l’Imu in Sardegna e Sicilia perchè “viola gli Statuti autonomi e lede i principi costituzionali che regolano i rapporti tra lo Stato e le Regioni Speciali”.
“E’ plausibile ritenere – aggiunge Armao – che chiamata a pronunciarsi sulla legittimità dell’Imu la Corte costituzionale, applicando gli stessi criteri, la dichiari incostituzionale. Tuttavia, fino a quella pronuncia – sottolinea – rimane una norma vigente e quindi si deve pagare, ma è da condividere l’orientamento dei deputati nazionali che hanno chiesto al Governo Monti di rimuovere la norma. Il Governo chiarisca subito”.
fonte :BlogSicilia
lunedì 4 giugno 2012
Si complica la situazione dell'ex stabilimento Fiat siciliano
Si riapre la partita sul futuro di Termini Imerese ed il governo si appresta a riprendere in mano tutte le ipotesi per far fronte alla riconversione industriale del sito siciliano che la Fiat aveva dismesso lo scorso dicembre e che il ministero dello Sviluppo economico Corrado Passera, dopo la presentazione di una serie di manifestazioni di interesse, aveva assegnato alla Dr Motor di Massimo Di Risio. E’ scaduto senza risposte l’ultimatum che il ministro aveva dato alla casa automotive di Macchia d’Isernia, per presentare le garanzie finanziarie con cui fronteggiare il piano di rilancio previsto per lo stabilimento. Di Risio, infatti, ha chiesto, nel corso dell’incontro di oggi al ministero ulteriori 15 giorni per presentare un nuovo partner con il quale risolvere i problemi finanziari che impediscono l’avvio della produzione di auto. Nel frattempo, tuttavia, il governo si attiverà per cercare soluzioni alternative. Al tavolo l’esecutivo ha anche ribadito i suoi impegni per i circa 640 esodati dello stabilimento siciliano.
“La soluzione in realtà c’è, il partner c’è, dobbiamo solo concretizzarla” spiega Di Risio. “Condividiamo la scelta del governo – aggiunge – che ha iniziato una nuova fase di ricerca di possibili alternative concendendoci però la possibilità di rientrare in corsa. Noi abbiamo chiesto una proroga di 15 giorni e siamo molto fiduciosi che in questo lasso di tempo troveremo una soluzione”.
Umore del tutto diverso quello del segretario della Fiom Maurizio Landini: “Non è andata bene – dice chiaramente e noi abbiamo ribadito che non c’è più tempo da perdere”. “Non c’è niente di concreto perché Di Risio – continua – ha chiesto più tempo per risolvere i suoi problemi finanziari e noi abbiamo spiegato che non c’è più tempo da perdere. Il governo quindi ha deciso di ricercare altre soluzioni per lo stabilimento siciliano, al di là della proposta di Di Risio”. Landini, inoltre, ha sottolineato che l’accordo del 1 dicembre siglato con il governo “deve restare così com’è e garantire i 640 lavoratori che devono essere accompagnati alla pensione. Ricordo che quell’accordo è stato firmato anche dal ministro Fornero. Inoltre abbiamo ribadito che Fiat e governo devono trovare delle soluzioni, perchè la Fiat è responsabile finchè non si troverà una soluzione per lo stabilimento”. Secondo Landini, poi, nello stabilimento di Termini Imerese “è possibile ancora fare nuove vetture perchè si possono trovare imprese in grado di farlo e la Fiat deve favorire questo processo”.
“Di tempo ne ha avuto già molto, è complicato immaginare che si possa prolungare senza garanzie – taglia corto il segretario della Cgil Susanna Camusso - Finora Di Risio non è stato in grado di rispettare il progetto industriale presentato”.
“Abbiamo bisogno delle certezze che riguardano i nostri lavoratori che attendono ancora la mobilità incentivata per i 640 addetti così come previsto nell’accordo sottoscritto nel dicastero di via Veneto il 1 dicembre 2011 – aveva dichiarato prima dell’incontro il sindaco di Termini Salvatore Burrafato – Questo provvedimento ci consentira’ di avere certezze anche sul fronte della cassa integrazione straordinaria per il 2013. Questo tempo potrebbe essere ben utilizzato dal governo Monti per approfondire la bonta’ del progetto Dr Motor o per ricercare ulteriori proposte”.
fonte:il Fatto Quotidiano
“La soluzione in realtà c’è, il partner c’è, dobbiamo solo concretizzarla” spiega Di Risio. “Condividiamo la scelta del governo – aggiunge – che ha iniziato una nuova fase di ricerca di possibili alternative concendendoci però la possibilità di rientrare in corsa. Noi abbiamo chiesto una proroga di 15 giorni e siamo molto fiduciosi che in questo lasso di tempo troveremo una soluzione”.
Umore del tutto diverso quello del segretario della Fiom Maurizio Landini: “Non è andata bene – dice chiaramente e noi abbiamo ribadito che non c’è più tempo da perdere”. “Non c’è niente di concreto perché Di Risio – continua – ha chiesto più tempo per risolvere i suoi problemi finanziari e noi abbiamo spiegato che non c’è più tempo da perdere. Il governo quindi ha deciso di ricercare altre soluzioni per lo stabilimento siciliano, al di là della proposta di Di Risio”. Landini, inoltre, ha sottolineato che l’accordo del 1 dicembre siglato con il governo “deve restare così com’è e garantire i 640 lavoratori che devono essere accompagnati alla pensione. Ricordo che quell’accordo è stato firmato anche dal ministro Fornero. Inoltre abbiamo ribadito che Fiat e governo devono trovare delle soluzioni, perchè la Fiat è responsabile finchè non si troverà una soluzione per lo stabilimento”. Secondo Landini, poi, nello stabilimento di Termini Imerese “è possibile ancora fare nuove vetture perchè si possono trovare imprese in grado di farlo e la Fiat deve favorire questo processo”.
“Di tempo ne ha avuto già molto, è complicato immaginare che si possa prolungare senza garanzie – taglia corto il segretario della Cgil Susanna Camusso - Finora Di Risio non è stato in grado di rispettare il progetto industriale presentato”.
“Abbiamo bisogno delle certezze che riguardano i nostri lavoratori che attendono ancora la mobilità incentivata per i 640 addetti così come previsto nell’accordo sottoscritto nel dicastero di via Veneto il 1 dicembre 2011 – aveva dichiarato prima dell’incontro il sindaco di Termini Salvatore Burrafato – Questo provvedimento ci consentira’ di avere certezze anche sul fronte della cassa integrazione straordinaria per il 2013. Questo tempo potrebbe essere ben utilizzato dal governo Monti per approfondire la bonta’ del progetto Dr Motor o per ricercare ulteriori proposte”.
fonte:il Fatto Quotidiano
giovedì 31 maggio 2012
" Trapani. Il sindaco: “Non bisogna parlare di mafia, il problema è l’alimentazione”
La riflessione choc di Vito Damiano, appena eletto per il Pdl, ripetuta due volte. Lo scorso 23 maggio in occasione di una manifestazione studentesca in memoria delle stragi del 1992 e ieri a un incontro con gli studenti, e le loro famiglie, di una scuola media: "Bisogna puntare sull'educazione alimentare e sull'integrazione tra gli alunni"
“Non bisogna parlare di mafia perché si rischia di darle soltanto troppa importanza, i progetti dove si parla sempre e solo male della mafia, in realtà danno importanza ai mafiosi”. E’ l’esordio nel neo sindaco di Trapani, Vito Damiano, Pdl, sull’argomento criminalità organizzata in una scuola. La riflessione del neo sindaco, generale in pensione dei carabinieri e per un periodo capo del controspionaggio italiano, fa scalpore. Soprattutto se si pensa che, a poche ore dalla sua elezione, aveva scelto come platea di esordio quella di Libera, l’associazione che lotta contro le mafie. Damiano era stato voluto dal senatore Antonio D’Alì, sotto processo concorso esterno, per mantenere la città delle saline nell’orbita del centrodestra e succedere a Girolamo Fazio.
Lo scorso 23 maggio, in occasione di una manifestazione studentesca a ricordo delle stragi del 1992 e ancora ieri incontrando gli studenti, e le loro famiglie, della scuola media “Catalano”, il primo cittadino si è presentato così. Come il sindaco “della continuità”. Dopo suoi predecessori che hanno negato l’esistenza della mafia, o sostenuto che la mafia esiste perché esiste l’antimafia, il sindaco Damiano ha invitato a non parlare tanto della mafia, e la lezione di Paolo Borsellino a proposito della necessità di “parlare di mafia e soprattutto a scuola” è finita miseramente calpestata.
Se non bisogna parlare di mafia per non dare importanza alla mafia cosa bisogna fare invece? Damiano ha le idee chiare, il problema vero della società è l’alimentazione e non solo: “Bisogna puntare su progetti improntati che riguardano lo sviluppo sociale” e ha detto di avere apprezzato due progetti della scuola visitata: “Uno sull’educazione alimentare e l’altro sull’integrazione tra gli alunni. Questi – ha detto – sono i tipi di progetti che io sosterrò in qualità di sindaco”.
La dichiarazione resa dal neo sindaco di Trapani si inserisce in un clima particolare se si pensa che appena ieri il sindaco di Valderice, Pdl, Camillo Iovino, è stato condannato a un anno per favoreggiamento a favore di un imprenditore condannato per mafia e che dal carcere gli mandava a chiedere una serie di favori, da girare al senatore Pdl Antonio D’Alì. Un altro sindaco, quello di Pantelleria, Alberto Di Marzo è stato arrestato per corruzione. Il sindaco di Campobello di Mazara, Ciro Caravà, in carcere per mafia dal dicembre scorso, continua a non dimettersi; “recitava” l’antimafia mentre si scusava con i boss. A Salemi il Comune guidato da Vittorio Sgarbi è appena arrivato lo scioglimento per inquinamento mafioso.
“La mafia della quale il sindaco ci chiede di non parlare – ha detto Massimo Candela di Sel – è quella che ha sporcato di sangue le nostre strade. La mafia della quale si dice di non parlare è quella che controlla oggi imprese, società e banche che impoverisce la gente ed è la mafia che è nella mani del latitante Matteo Messina Denaro”. Due anni fa, quando nel novembre 2009, fu arrestato il presunto boss Domenico Raccuglia, nonostante questi primi cittadini moltissimi trapanesi scesero in piazza a festeggiare. A Trapani va anche il primato di un neoconsigliere eletto e subito rinviato a giudizio per corruzione
fonte: il Fatto Quotidiano
“Non bisogna parlare di mafia perché si rischia di darle soltanto troppa importanza, i progetti dove si parla sempre e solo male della mafia, in realtà danno importanza ai mafiosi”. E’ l’esordio nel neo sindaco di Trapani, Vito Damiano, Pdl, sull’argomento criminalità organizzata in una scuola. La riflessione del neo sindaco, generale in pensione dei carabinieri e per un periodo capo del controspionaggio italiano, fa scalpore. Soprattutto se si pensa che, a poche ore dalla sua elezione, aveva scelto come platea di esordio quella di Libera, l’associazione che lotta contro le mafie. Damiano era stato voluto dal senatore Antonio D’Alì, sotto processo concorso esterno, per mantenere la città delle saline nell’orbita del centrodestra e succedere a Girolamo Fazio.
Lo scorso 23 maggio, in occasione di una manifestazione studentesca a ricordo delle stragi del 1992 e ancora ieri incontrando gli studenti, e le loro famiglie, della scuola media “Catalano”, il primo cittadino si è presentato così. Come il sindaco “della continuità”. Dopo suoi predecessori che hanno negato l’esistenza della mafia, o sostenuto che la mafia esiste perché esiste l’antimafia, il sindaco Damiano ha invitato a non parlare tanto della mafia, e la lezione di Paolo Borsellino a proposito della necessità di “parlare di mafia e soprattutto a scuola” è finita miseramente calpestata.
Se non bisogna parlare di mafia per non dare importanza alla mafia cosa bisogna fare invece? Damiano ha le idee chiare, il problema vero della società è l’alimentazione e non solo: “Bisogna puntare su progetti improntati che riguardano lo sviluppo sociale” e ha detto di avere apprezzato due progetti della scuola visitata: “Uno sull’educazione alimentare e l’altro sull’integrazione tra gli alunni. Questi – ha detto – sono i tipi di progetti che io sosterrò in qualità di sindaco”.
La dichiarazione resa dal neo sindaco di Trapani si inserisce in un clima particolare se si pensa che appena ieri il sindaco di Valderice, Pdl, Camillo Iovino, è stato condannato a un anno per favoreggiamento a favore di un imprenditore condannato per mafia e che dal carcere gli mandava a chiedere una serie di favori, da girare al senatore Pdl Antonio D’Alì. Un altro sindaco, quello di Pantelleria, Alberto Di Marzo è stato arrestato per corruzione. Il sindaco di Campobello di Mazara, Ciro Caravà, in carcere per mafia dal dicembre scorso, continua a non dimettersi; “recitava” l’antimafia mentre si scusava con i boss. A Salemi il Comune guidato da Vittorio Sgarbi è appena arrivato lo scioglimento per inquinamento mafioso.
“La mafia della quale il sindaco ci chiede di non parlare – ha detto Massimo Candela di Sel – è quella che ha sporcato di sangue le nostre strade. La mafia della quale si dice di non parlare è quella che controlla oggi imprese, società e banche che impoverisce la gente ed è la mafia che è nella mani del latitante Matteo Messina Denaro”. Due anni fa, quando nel novembre 2009, fu arrestato il presunto boss Domenico Raccuglia, nonostante questi primi cittadini moltissimi trapanesi scesero in piazza a festeggiare. A Trapani va anche il primato di un neoconsigliere eletto e subito rinviato a giudizio per corruzione
fonte: il Fatto Quotidiano
mercoledì 30 maggio 2012
E gli alluvionati di Messina?
Mario Monti, in arte Rigor Montis, in pratica il primo ministro della Repubblica Italiana, ha appena annunciato che sta pensando di sospendere il pagamento dell’Imu per quell’area dell’Emilia Romagna colpita dal sisma dei giorni scorsi. Bene, siamo contenti per loro.
Ma lo stesso bisognerebbe fare con la provincia di Messina, che ancora non si è ripresa dalla drammatica alluvione del 2011, che oltre ad avere provocato vittime (tra cui un bimbo di 10 anni) ha messo in ginocchio la già fragile economia della zona. E che ancora non ha visto una lira per la ricostruzione né tantomeno ha ricevuto alcuna sospensione fiscale.
Ci aspettiamo che i politici siciliani si intestino questa battaglia, almeno questa. Anche quelli che, per ragioni poco condivisibili, stanno appoggiando questo governo. A partire dal senatore, Gianpiero D’Alia, che è dell’Udc ma è anche messinese e da Angelino Alfano, leader del Pdl e agrigentino di nascita. Se non lo faranno, sarebbe più coerente che cambiassero residenza.
fonte:LINKsicilia
Ma lo stesso bisognerebbe fare con la provincia di Messina, che ancora non si è ripresa dalla drammatica alluvione del 2011, che oltre ad avere provocato vittime (tra cui un bimbo di 10 anni) ha messo in ginocchio la già fragile economia della zona. E che ancora non ha visto una lira per la ricostruzione né tantomeno ha ricevuto alcuna sospensione fiscale.
Ci aspettiamo che i politici siciliani si intestino questa battaglia, almeno questa. Anche quelli che, per ragioni poco condivisibili, stanno appoggiando questo governo. A partire dal senatore, Gianpiero D’Alia, che è dell’Udc ma è anche messinese e da Angelino Alfano, leader del Pdl e agrigentino di nascita. Se non lo faranno, sarebbe più coerente che cambiassero residenza.
fonte:LINKsicilia
giovedì 24 maggio 2012
Lungo inseguimento in autostrada.Braccata l'auto del procuratore Viola
Lungo inseguimento in autostrada. Una macchina ha braccato l'auto del procuratore di Trapani, Marcello Viola. Quaranta minuti a 200 all'ora. Poi, gli inseguitori si sono dileguati. Sale il livello di allerta. Raddoppiata la scorta del magistrato.
Hanno alzato tiro. Non si sono limitati alle lettere di minacce. Hanno scelto un gesto plateale lungo quaranta chilometri. La macchina del procuratore capo di Trapani, Marcello Viola, è stata inseguita in autostrada. Braccata, è più corretto dire. Il livello di allerta è salito. Raddoppiata la scorta del magistrato. Una seconda macchina blindata segue gli spostamenti di quella a bordo della quale viaggia abitualmente il procuratore. E raddoppiata è anche la vigilanza fissa. Dal 19 aprile scorso la vita di Viola è ancora più blindata al termine di un'escalation di intimidazioni.
Marcello Viola si è insediato a Trapani nel dicembre scorso, dopo una lunga permanenza a Palermo, dove da sostituto procuratore della Direzione distrettuale antimafia ha mandato in galera decine e decine di mafiosi e trafficanti di droga. Faceva parte del gruppo di lavoro che ha azzerato il clan di San Lorenzo, uno dei più potenti di Palermo. Se i boss Salvatore e Sandro Lo Piccolo sono finiti in galera, è anche merito suo. E anche nel capoluogo siciliano è rimasto vittima di intimidazioni. Di notte, qualche tempo fa, è comparsa la scritta Viola morirai sui muri di casa e in ascensore.
Alla fine del 2011 il trasferimento in terra trapanese. Viola ha preso in mano le redini dell'ufficio. E anche qui non sono mancate le lettere minatorie con messaggi via via sempre piu' espliciti. Un clima da subito pesante. Dalla richiesta di misura di prevenzione per il patron della Valtur, Carmelo Patti, all'intrigo della chiesa trapanese che ha portato alla rimozione del vescovo monsignor Francesco Miccichè. Queste sono le indagini salite agli onori della cronaca. Sotto traccia si lavora per colpire al cuore la mafia imprenditrice che nel Trapanese ha fatto soldi a palate sotto l'egida dell'ultimo dei grandi latitanti, Matteo Messina Denaro.
Torniamo al 19 aprile. Viola è in macchina. Seduto dietro. Laddove la A29 lascia la provincia palermitana per entrare in terra trapanese, gli uomini della scorta notano dagli specchietti retrovisori la presenza di una Audi. Si avvicina. Pure troppo, e poi rallenta. Sta incollato alla macchina del magistrato che decelera. Vogliono la certezza di essere inseguiti. Certezza che arriva poco dopo. Anche l'uomo alla guida della Audi mette il piede sul freno. E fa la stessa cosa quando la scorta del magistrato finge di fermarsi. A bordo della Audi ci sono due, forse tre persone. Il contachilometri della macchina del procuratore ad un certo punto segna i 200. E la tensione sale. La scorta tenta, invano, di seminare gli inseguitori che si dileguano, per scelta loro, quando la macchina di Viola ha ormai superato lo svincolo di Trapani, lasciandosi alle spalle l'autostrada.
Una sfida in piena regola, una dimostrazione di forza. Gli inseguitori non hanno avuto neppure il timore che venisse preso il numero di targa. Targa che dai primi rilievi desta più di un sospetto. Gli accertamenti sono ancora in corso. Chi c'era in quella macchina? Chi ha voluto far capire di essere pronto a tutto? Sono uomini di Trapani o di Palermo? Un investigatore azzarda un'ipotesi inquietante. I clan delle due città potrebbero avere agito di comune accordo per firmare uno degli episodi più inquietanti degli ultimi tempi.
fonte : LIVESICILIA
Hanno alzato tiro. Non si sono limitati alle lettere di minacce. Hanno scelto un gesto plateale lungo quaranta chilometri. La macchina del procuratore capo di Trapani, Marcello Viola, è stata inseguita in autostrada. Braccata, è più corretto dire. Il livello di allerta è salito. Raddoppiata la scorta del magistrato. Una seconda macchina blindata segue gli spostamenti di quella a bordo della quale viaggia abitualmente il procuratore. E raddoppiata è anche la vigilanza fissa. Dal 19 aprile scorso la vita di Viola è ancora più blindata al termine di un'escalation di intimidazioni.
Marcello Viola si è insediato a Trapani nel dicembre scorso, dopo una lunga permanenza a Palermo, dove da sostituto procuratore della Direzione distrettuale antimafia ha mandato in galera decine e decine di mafiosi e trafficanti di droga. Faceva parte del gruppo di lavoro che ha azzerato il clan di San Lorenzo, uno dei più potenti di Palermo. Se i boss Salvatore e Sandro Lo Piccolo sono finiti in galera, è anche merito suo. E anche nel capoluogo siciliano è rimasto vittima di intimidazioni. Di notte, qualche tempo fa, è comparsa la scritta Viola morirai sui muri di casa e in ascensore.
Alla fine del 2011 il trasferimento in terra trapanese. Viola ha preso in mano le redini dell'ufficio. E anche qui non sono mancate le lettere minatorie con messaggi via via sempre piu' espliciti. Un clima da subito pesante. Dalla richiesta di misura di prevenzione per il patron della Valtur, Carmelo Patti, all'intrigo della chiesa trapanese che ha portato alla rimozione del vescovo monsignor Francesco Miccichè. Queste sono le indagini salite agli onori della cronaca. Sotto traccia si lavora per colpire al cuore la mafia imprenditrice che nel Trapanese ha fatto soldi a palate sotto l'egida dell'ultimo dei grandi latitanti, Matteo Messina Denaro.
Torniamo al 19 aprile. Viola è in macchina. Seduto dietro. Laddove la A29 lascia la provincia palermitana per entrare in terra trapanese, gli uomini della scorta notano dagli specchietti retrovisori la presenza di una Audi. Si avvicina. Pure troppo, e poi rallenta. Sta incollato alla macchina del magistrato che decelera. Vogliono la certezza di essere inseguiti. Certezza che arriva poco dopo. Anche l'uomo alla guida della Audi mette il piede sul freno. E fa la stessa cosa quando la scorta del magistrato finge di fermarsi. A bordo della Audi ci sono due, forse tre persone. Il contachilometri della macchina del procuratore ad un certo punto segna i 200. E la tensione sale. La scorta tenta, invano, di seminare gli inseguitori che si dileguano, per scelta loro, quando la macchina di Viola ha ormai superato lo svincolo di Trapani, lasciandosi alle spalle l'autostrada.
Una sfida in piena regola, una dimostrazione di forza. Gli inseguitori non hanno avuto neppure il timore che venisse preso il numero di targa. Targa che dai primi rilievi desta più di un sospetto. Gli accertamenti sono ancora in corso. Chi c'era in quella macchina? Chi ha voluto far capire di essere pronto a tutto? Sono uomini di Trapani o di Palermo? Un investigatore azzarda un'ipotesi inquietante. I clan delle due città potrebbero avere agito di comune accordo per firmare uno degli episodi più inquietanti degli ultimi tempi.
fonte : LIVESICILIA
lunedì 21 maggio 2012
sabato 19 maggio 2012
...E PUNTUALI ARRIVANO LE BOMBE !
venerdì 18 maggio 2012
Lombardo : Lascio il 28 luglio, si voterà il 28 e 29 ottobre”
lunedì 14 maggio 2012
OPERAI FIAT DI TERMINI IMERESE OCCUPANO BANCHE
mercoledì 9 maggio 2012
Ferrandelli, non prendertela con Orlando
Termini operai Fiat occupano l'Agenzia delle entrate
martedì 8 maggio 2012
LA CADUTA DEGLI DEI
martedì 1 maggio 2012
Fiat Termini, cancellata la targa ad Agnelli
Portella della Ginestra: strage politica
lunedì 30 aprile 2012
PORTELLA DELLA GINESTRA
Giusto Catania:”Il Pd è indegno di La Torre”
sabato 28 aprile 2012
75 ANNI FA MORIVA GRAMSCI
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