venerdì 14 gennaio 2011

Mauro De Mauro, “Ecco dov’è il suo corpo”

Quarant’anni dopo, un pentito ha svelato dove fu ucciso e seppellito il giornalista de L’Ora Mauro De Mauro, rapito dai sicari di Cosa nostra la sera del 16 settembre 1970. “Fu portato a fondo Patti, in una proprietà dei Madonia. C’era Totò Riina ad attenderlo. Il giornalista fu subito soppresso e gettato in un pozzo”. A parlare con i magistrati di Palermo Sergio Demontis e Antonio Ingroia è Rosario Naimo, “l’ater ego di Riina in America” come l’hanno sempre chiamato gli altri pentiti. Oggi ha 65 anni, era ricercato dal 1995 per scontare una condanna a 19 anni per traffico internazionale di stupefacenti: nell’ottobre scorso, stava passeggiando tranquillamente per il centro di Palermo quando fu colto da un malore e cadde per terra. A due finanzieri che lo soccorsero sussurrò: “Vi metto duemila euro in tasca se mi portate all’ospedale e non diciamo niente a nessuno”. Ma dieci minuti dopo, Rosario Naimo era già in caserma.

Qualcuno l’ha già soprannominato “l’ultimo Buscetta”. Naimo è un pezzo di storia criminale della Cosa nostra siciliana e americana. Pochi giorni dopo il suo arresto ha deciso di collaborare con la magistratura: “Lo faccio per amore della mia giovane moglie e dei due figli che mi ha dato”, così ha messo a verbale davanti ai pm Marcello Viola e Francesca Mazzocco. E da allora il boss sta svelando i retroscena di centinaia di omicidi, di affari e complicità. “Io non sono mai stato coinvolto direttamente in fatti di sangue commessi in Italia – ha tenuto a precisare – ma tutti si venivano a confidare con me quando tornavo ogni tanto dall’America”.

Così fece anche uno dei sicari di Mauro De Mauro, Emanuele D’Agostino (che è deceduto da tempo). “Era il 1972 – ha spiegato Naimo - a settembre ero tornato a Palermo per il matrimonio di mia sorella Rosa Maria. Andai a salutare alcuni vecchi amici, tra i quali D’Agostino. Ci incontrammo in un ristorantino vicino alla stazione centrale. Lui spavaldo mi disse: io sono quello che ha preso Mauro De Mauro e poi ho fatto pure la strage di viale Lazio”.

Il racconto di Naimo è stato depositato questa mattina dal pm Demontis al processo per l’omicidio De Mauro (unico imputato, Riina). Eccolo: “Quella sera, sotto casa sua, al giornalista lo chiamarono con un altro nome. D’Agostino gli disse: ‘Lei ha insultato mia moglie, come si è permesso’. In due salirono sulla macchina di De Mauro. Lui ripeteva: ‘Io sono Mauro De Mauro, state sbagliando persona’. Ma loro misero in moto. ‘Adesso andiamo da mia moglie e vediamo se non sei tu’, disse ancora D’Agostino’. De Mauro gridava che c’era uno scambio di persona”.

Ci misero una decina di minuti per attraversare la zona bene della città. Viale Campania, via Ausonia, viale Strasburgo. Fino a fondo Patti, una tenuta dove il boss Francesco Madonia aveva un allevamento di polli. Si trova nella zona di Pallavicino, dietro al velodromo di Palermo.

“Alcuni anni dopo il pozzo dove era stato gettato il corpo di De Mauro fu ripulito, su disposizione dello stesso Madonia”, dice ancora Naimo.

Oggi, una parte di Fondo Patti è proprietà dello Stato, perché confiscata qualche anno fa. E’ un terreno incolto e abbandonato, un altro degli scandali dell’antimafia. Adesso ancora di più amaro, perché in quel terreno è stato ucciso Mauro De Mauro, il cronista che aveva scoperto un grande segreto, ancora oggi misterioso. Forse legato alla morte di Enrico Mattei. Forse, al golpe Borghese. Sono le due piste battute dal processo in corso.

Naimo non sa perché fu ucciso De Mauro. Però, ha raccontato che durante una delle sue visite a Palermo, all’inizio degli anni Settanta, finì ad un summit in sui si discusse di un colpo di stato e della partecipazione di Cosa nostra. “C’erano Luciano Liggio, Riina e tanti altri – ha raccontato – eravamo in una casa di campagna, a Catania”. Il seguito delle rivelazioni di Naimo è ancora coperto dal segreto istruttorio.

Lui, affiliato a Cosa nostra nel 1965 ed emigrato a Detroit tre anni dopo, è solo all’inizio del suo racconto.


(14 gennaio 2011)
fonte: la Repubblica

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