lunedì 24 gennaio 2011

Siamo lontani, molto lontani, da Arcore...

Totò Cuffaro ha trascorso il suo primo giorno nel carcere di Rebibbia. Non si tratta di custodia cautelare, ma di pena da scontare: sette anni, stando alla condanna emessa dalla Corte di Appello di Palermo e confermata dalla Corte di cassazione. L’ex governatore ha trascorso le ore che hanno preceduto l’internamento, ma anche quelle in attesa della sentenza, raccolto in preghiera in una chiesetta romana. Prima che il verdetto fosse reso noto ha affermato che l’avrebbe accolto serenamente e che la sua fiducia nella giustizia non sarebbe venuta meno. Ha ripetuto queste parole anche dopo, quando ha appreso che la pesante condanna era stata confermata dalla Corte.
Il mondo politico si è diviso nelle reazioni. C’è chi, come il sottosegretario alla famiglia, Giovanardi, si è detto allibito, e chi ha invece affidato all’evento una sorta di “rimborso” che la Sicilia otteneva per le malefatte politiche dell’ex governatore. La maggior parte dei leader, tuttavia, ha messo insieme un sentimento di umana solidarietà e di dispiacere con il rispetto della legge. Rita Borsellino, per esempio, che pure ha perso il fratello, ha esternato questo sentimento, pur ricordando i danni che la Sicilia ha subito per i rapporti fra mafia e politica.

Ci sono stati uomini politici, come Pier Ferdinando Casini, che hanno esternato il loro dispiacere, mantenendo la convinzione che Totò Cuffaro fosse innocente, ma questa opinione – hanno precisato – non ha nulla a che vedere con la sentenza, perché va accettata e, pertanto, rispettata.
Non ci sono state strumentalizzazioni del verdetto. In definitiva anche il mondo politico ha reagito con civiltà e buonsenso. Nessuno ha difeso Cuffaro nel merito, ma quasi tutti hanno voluto esternare il loro dispiacere. Non c’è alcuna contraddizione in ciò, né l’assenza di una difesa nel merito implica alcun “compiacimento”, viltà o totale condivisione. Giusto così, le sentenze si accettano anche se non si condividono.
Questo atteggiamento del mondo politico, occorre ribadirlo, è stato propiziato dall’atteggiamento del “detenuto” Cuffaro, il quale non se l’è presa con nessuno per quel che gli è accaduto, non ha sospettato complotti, non ha inveito contro i suoi giudici ed i pm, non ha augurato le pene dell’inferno ai collegi giudicanti ed agli investigatori. In questo modo Totò Cuffaro ha regalato al Paese una lezione di cittadinanza che non lo assolve di certo dai suoi reati, per i quali deve scontare la pena, ma che certo lo rappresenta in modo diverso rispetto alla pletora di uomini politici indagati che negli ultimi mesi hanno sempre e comunque sospettato piani eversivi, agguati di nemici occulti e palesi, chiamato in causa gli avversari politici che agiscono in combutta con i magistrati e gli agenti di polizia giudiziaria.
Riconoscere questa diversità di comportamento in Totò Cuffaro – è il parere di molti – serve ad una Italia sottoposta ad una costante tensione per gli inquietanti attacchi alla magistratura che provengono dal presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, e dai dirigenti del suo partito e dai ministri del suo governo.
Se l’apertura di una inchiesta ha suscitato accuse così gravi nei confronti della magistratura inquirente, che cose succederebbe, si chiedono in tanti, se dovesse esserci una sentenza di condanna? L’Italia diverrebbe un’altra Tunisia o la vicina Albania?
fonte: SiciliaInformazioni.com

Nessun commento:

Posta un commento