Ogni giorno andare a riprenderli a scuola è una lotta. Giusy e Mario, di otto e sei anni, infatti, sono forse gli unici bambini che di tornare a casa quando suona la campanella non ne vogliono sapere. Sarà perché loro una vera casa non ce l'hanno. Da quattro anni vivono con i loro genitori in una vecchia Citroen, posteggiata in un anfratto di corso dei Mille. Daniele Amico e Maria Grazia Meschis aspettano una casa dal Comune. Sono al secondo posto della lista dell'emergenza abitativa, ma ancora per loro non si muove nulla. Lui è malato di leucemia. Lei fa la mamma a tempo pieno per accudire due bambini, anche loro malati.
Mario affetto da una microcefalia e Giusy spesso in preda a crisi di pianto e ansia, in cura da uno psicologo. Il loro mondo è tutto in quell'auto. Due valigie nel bagagliaio con i vestiti per l'estate e per l'inverno. Qualche busta di latte per il più piccolo che praticamente non mangia altro. E coperte e cuscini per i mesi più rigidi. Ogni mattina prima di andare a scuola Maria Grazia Meschis lava i suoi figli con le salviette imbevute, poi li veste sul sedile posteriore dell'auto e prepara la colazione. Qualche sorso di latte bevuto direttamente dalla busta di cartone. Poi in autobus fino a scuola. Soldi non ce ne sono. Libri, quaderni e tutto quello che serve per studiare è stato acquistato per i bambini dalle stesse maestre.
"Ci siamo rivolti alla Caritas - dice Maria Grazia Meschis - per qualche pasto caldo. Perché dei pacchi spesa non sappiamo cosa farcene dal momento che non possiamo cucinare. Oppure mangiamo scatolette di tonno o altra roba sempre in scatola. Anche i bambini. Quando ho la possibilità riempio bottiglie e bidoni di acqua e li tengo in auto per bere e lavare almeno le mani". La doccia è un lusso di una volta alla settimana quando qualche parente apre le porte di casa per accoglierli. Per andare in bagno, montano una piccola tenda fai-da-te accanto alla macchina, che in questo modo diventa una sorta di toilette al riparo da occhi indiscreti.
"Prima avevamo un aiuto dai suoceri - dice la Meschis - oggi non possono fare più nulla per noi. Bussiamo alle porte di amici e parenti almeno per fare una doccia ogni tanto. Siamo disperati". Daniele Amico non si dà pace da quando ha perso il lavoro per colpa della sua malattia. "Lavoravo al bar Touring come fattorino - racconta Amico - poi mi sono ammalato. Adesso vago per la città per rimediare una paghetta quotidiana facendo qualsiasi cosa".
(15 gennaio 2011)
fonte: la Repubblica
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