”E’ stata una strage di Stato”: Salvatore Borsellino, fratello di Paolo, il magistrato ucciso insieme agli agenti della scorta 19 anni fa, non ha dubbi. Lo ripete da anni e torna a ribadirlo anche oggi proprio da via D’Amelio, luogo dell’eccidio da cui e’ partita la marcia delle Agende Rosse, movimento che chiede la verità su un attentato ancora tutto da chiarire e prende il nome dal diario del giudice sparito dopo l’esplosione.
”L’agenda rossa su cui Paolo appuntava tutto e che teneva sempre con sè – spiega – è la chiave di volta di tutto. Chi ha ucciso mio fratello sapeva che l’aveva con se’ e la voleva perche’ poteva essere uno strumento rivelatore di quei ricatti incrociati che hanno retto gli equilibri di questa disgraziatissima seconda repubblica”.
Per la scomparsa del diario venne indagato un ufficiale dell’Arma, ma l’inchiesta e’ stata archiviata con sentenza della Cassazione. ”Sono felice che il procuratore di Caltanissetta, che è subentrato a Tinebra – aggiunge Borsellino – abbia riaperto l’indagine (notizia giornalistica mai confermata dalla Procura, ndr)”.
Per Borsellino l’altro simbolo di una verità mai pienamente conosciuta è il castello Utveggio, ex centro di ascolto dei Servizi segreti da cui si ipotizzò potesse essere giunto il via libera all’attentato – dal promontorio su cui si trova si vede benissimo via D’Amelio – e meta finale della marcia delle Agende Rosse.
”Le ultime indagini fatte da pm che vanno avanti nonostante gli attacchi - dice Borsellino - dicono che il telecomando che fece esplodere l’autobomba fu azionato da via D’Amelio, dietro al palazzo di mia madre, ma per me il castello resta la cabina di regia di questa strage di Stato”. ”Tanto è vero – conclude – che venne frettolosamente smantellato dopo le prime indagini”.
”Paolo – spiega – fu ucciso qui, sotto casa di nostra madre, perchè era spiato e si sapeva che veniva a trovarla con regolarità. Solo il prefetto di allora e il ministro Mancino potevano dire che non era un luogo a rischio”.
”I killer hanno approfittato del fatto che quando Paolo veniva dalla madre – aggiunge – abbassava anche le difese psicologiche”. Borsellino ricorda poi il particolare modo del fratello di appuntare le sue visite alla famiglia. ”Quando veniva a casa – spiega – disegnava sull’agenda un cerchio, un punto e una freccia. Mi ha rivelato un collega che il cerchio era il nido, il punto mia madre, la freccia lui”. ”Insomma – ricorda commosso – ritornava al nido "
fonte:Livesicilia
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