giovedì 30 settembre 2010

Lega Nord - non c'è limite alla decenza.

Buonasera,

è veramente pazzesco ciò che sta accadendo in queste ore che precedono il voto di fiducia a Berlusconi sui 5 punti. La Lega Nord infatti,sfruttando la debolezza del Pdl e dei suoi alleati,va all'attacco contro Roma,contro Napoli,contro l'Italia,contro tutti. Vi starete chiedendo perchè stessa sorte non è toccata alla Sicilia,semplice,i parlamentari dell'Mpa di Lombardo saranno fondamentali a mantenere in carica l'attuale Governo. Non potendo offendere la Sicilia e i sicliani,che comunque vengono quotidianamente subissati di insulti, Bossi e banda Borghezio attaccanon in primis Napoli. Proprio su Napoli si è accesa la miccia,con il ministro Brunetta che dichiara ai microfoni dei Tg nazionali " Napoli e la Campania sono il cancro dell'Italia,senza di loro primi in Europa". Tra l'indignazione generale dei campani e dei napoletani che hanno manifestato il loro dissenso sulle dichiarazioni del ministro del Carroccio, non c'è stato nemmeno un politico campano o della Regione Campania attualmente in carica che abbia detto qualcosa in difesa del proprio popolo; questo perchè lo stipendio e la poltrona vengono prima di tutto,anche prima della loro stessa dignità. Per dovere di cronaca c'è da segnalare la manifestazione di dissenso da parte dei Verdi, che oggi a Napoli hanno manifestato il loro appoggio ai romani sulle dichiarazioni del capobanda razzista Bossi e sulla sua originale traduzione di S.P.Q.R., di solito "Senatus Populusque Romanus", per Bossi "sono porci questi romani". Questa dichiarazione,che ha provocato lo sdegno fra i Romani,manifestato anche attraverso un gruppo che vuole la sfiducia di Bossi(troverete il link a fine pagina),tra l'altro preso d'assalto da leghisti e da troll,(troverete la spiegazione di questo termine a fine pagina),non ha visto nessun politico del Pdl o dei Finiani difende Roma e i Romani. Solo oggi esponenti del Pd, con a capo Franceschini,hanno aderito all'iniziativa di una mozione di sfiducia contro Bossi,appoggiata implicitamente da Casini. Ciò che sorprende è il silenzio di Gianni Alemanno,sindaco di Roma,che nei giorni scorsi ha criticato ampiamente la Lega e che di fronte a così gravi dichiarazioni è stato in silenzio. Anche qui le logiche di partito hanno prevalso sul buonsenso.Tuttavia in altri settori non ci sono logiche di partito,per esempio queste non ci sono nel mondo del calcio,di solito estraneo alla politica ma che in questa caso vede in Francesco Totti, il principale difensore della romanità,dei Romani e di Roma. Questo dovrebbe far riflettere;SI!Perchè è assurdo che in un paese democratico e pluralista debba essere un calciatore a rispondere a dichiarazioni xenofobe e razziste di un politico,nonchè ministro,che sogna un secessione e un terra utopica,e che per questa sua utopia, sputa odio e sentenze nei confronti del Sud,insieme ai suoi lacchè,tra cui spicca Boso,che come si legge sul sito leggo.it(a fine pagina articolo) dichiara che Umberto Bossi è stato troppo tenero nei confronti dei Romani. In tutto questo,non c'è stato nessun politicante,perchè per me non siete e non sarete mai politici,si è opposto a questa follia,perseverata oggi a Napoli,e precisamente a Castel dell'Ovo,dove il ministro Maroni doveva tenere un incontro. Di fronte a dei manifestanti,il suddetto non solo ha fatto circondare i fotografi da poliziotti quantomeno idioti,che villantavano di essere stati colpiti allo sterno da fantomatici pugni,ma anche da membri della Digos,che alla fine se ne sono usciti con una frase patetica e fuori luogo,ossia " ma alla fine è stata una manifestazione simpatica".Non solo,ma una giornalista di sky è stata brutalmente presa e scaraventata a terra da una guardia del corpo di Maroni o da un poliziotto,ci sono versioni diverse a riguardo. La suddetta giornalista è Alessandra del Mondo,inviata di Sky Tg24,la quale voleva semplicemente porre delle domande al ministro,sulle ultime dichiarazioni degli esponenti del suo partito. In questo momento la giornalista è ricoverata all'ospedale Loreto con una diagnosi che parla di un trauma toracico e una diagnosi di 5 giorni. Oramai usano la violenza per controbattere a delle semplici domande; la situazione si evolve sempre di più verso uno Stato Autoritario sempre più a tinte verdi.Ma io non ci sto e credo che molti la pensino come me. Io non ci sto a farmi piegare da un partito xenefobo,razzista,incoerente,si,incoerente,perchè dicono sempre "Roma ladrona" ma i soldi a Roma ladrona li mangiano pure loro,e sempre con i soldi di Roma ladrona,hanno pagato le multe dei lattai del Nord. Questo però sui giornali e sui Tg nazionali non si pubblica,queste dichiarazioni non si pubblicano,e quindi forse,anzi sicuramente si può parlare anche di partito che non usa il dialogo,bensì censura,immagini di odio e incitamento alla violenza per contrastare un opinione diversa dalla loro. Ma la loro incoerenza va ben oltre,anzi non ha limiti. Per esempio che ne vogliamo dire del fatto che loro dicono sempre che al Sud ci mangiamo i loro soldi,quando i loro avi hanno creato l'Italia semplicemente perchè erano in bancarotta e hanno usato i soldi del Regno delle due Sicilie,allora florido e prospero, per pagare i loro debiti che li avevano portati ad un altissima pressione fiscale. Ma parlando di attualità,le più grandi evasioni fiscali sono al Nord,il riciclaggio di denaro sporco avviene al 70% al Nord,discutibili bilanci e conti che non tornano mai c'è li hanno loro,e soprattutto sono loro,i tutori della legalità,che non rispettano nemmeno un articolo della Costituzione,con leggi regionali e regolamenti provinciali e comunali che hanno del ridicolo,vedi per esempio i simboli nella scuola di Adro,oppure i divieti a costruire chiese islamiche nei loro territori,convincendo i loro elettori che gli stranieri e i terroni sono il male,sono ciò che c'è da combattere,con campagne elettorali degne del miglior periodo autoritario.Ovviamente i tutori della legalità sono inquisiti o indagati in passato per reati gravi,come per esempio la secessione che la Lega voleva fare negli anni 90,tutto poi insabbiato a dovere.

Mi rendo conto di essere stato duro in questo articolo,ma qui c'è tutta la mia rabbia nei confronti sia della Lega,che quotidianemente ci discrimina e ci offende nella nostra dignità di persone, ma anche per quelli che stanno zitti e li lasciano fare,mettendo da parte anche la loro dignità per logiche di partito.

Augurando pronta guarigione alla giornalista di Sky,

inviterei la Lega ladrona a decidersi se farla o no questa benedetta secessione,almeno così la finiscono di offendere e screditare gente della loro stessa nazione,dando una pessima immagine di noi all'estero.

Link:

Infine vi dovevo uno spiegazione sui Troll. Sono degli account fake fatti su facebook al fine di creare scompiglio nei gruppo e farli chiudere. Se ne incontrate uno,ignoratelo e segnalatelo al team di facebook.

Palermo lì, 28/09/2010

Pietro Minardi,

Coordinatore Evis per Palermo e Provincia.

mercoledì 29 settembre 2010

TONIA TARANTINO, REFERENTE DELL' EVIS PER LA REGIONE PUGLIA

Siamo lietied onorati nel comunicare che Tonia Tarantino è la nuova referente per l' EVIS in Puglia.
Alla Nostra Sorella Tonia Diamo il nostro BENVENUTO augurandole buon lavoro, certi che con il suo impegno l' EVIS riceverà un nuovo e positivo impulso.
Neva Allegra, Segretaria Nazionale dell' EVIS - Partito per l 'Indipendenza della Sicilia
Pietro Di Caro, Segretario Giovanile

lunedì 27 settembre 2010

Il governo Lombardo, laboratorio del nulla

Adesso che il quarto governo Lombardo ha visto finalmente la luce - dopo una lunga e assai complicata gestazione - vale la pena porsi alcune semplici domande. Sul suo significato politico, certo, sulla sua composizione, naturalmente, ma soprattutto sugli effetti che esso avrà sul futuro prossimo venturo della Sicilia.

Il Lombardo-quater è un piccolo capolavoro di chirurgia politica sperimentale. Lo sosterranno un pezzo del fu Pdl-Sicilia di Micciché (che a sua volta era nato dalla scissione del Pdl), insieme alla fazione non cuffariana dell'Udc, l'Mpa di Lombardo come è ovvio e persino - vera novità assoluta - quel Partito democratico che appena due anni fa aveva combattuto l'attuale governatore come uno spregiudicato burattinaio del clientelismo e oggi si profonde in pubblici elogi dell'esecutivo appena nato. Verba volant, non è vero onorevole Lupo? Non è vero, senatrice Finocchiaro?

Man mano che si allunga la lista dei partiti che si sono frantumati, scissi o spaccati dopo essersi avvicinati a Lombardo, appare sempre più chiaro che il vero dominatore della scena politica siciliana è proprio lui, il governatore. Lo dimostra, del resto, la composizione di questo governo. Un governo di tecnici, è stato definito.

Ma chi sono questi tecnici? Prendiamone qualcuno a caso, per capire le contorsioni del Pd. L'avvocato Gaetano Armao, per esempio, contro il quale il Pd aveva presentato una mozione di sfiducia per palese conflitto d'interesse nella vicenda miliardaria dei termovalorizzatori.

L'aveva indicato a suo tempo il gruppo di Micciché, ma poi Armao è passato al servizio di Lombardo ed è diventato l'eminenza grigia di Palazzo d'Orleans. Con il beneplacito del Pd, che ormai manda giù un rospo dietro l'altro. Altri tre - Pier Carmelo Russo, Mario Centorrino e Marco Venturi - dovrebbero segnare con la loro presenza l'ingresso del Pd nel governo regionale. Eppure c'erano già nel Lombardo-ter (del quale, ufficialmente, il Pd era oppositore) e Venturi persino nel governo precedente, sostenuto da una maggioranza Pdl-Mpa-Udc: dobbiamo pensare che allora era un infiltrato, o che il Pd ha scoperto solo adesso le sue qualità?

La verità è che gli assessori "tecnici" sono la soluzione ideale, per Lombardo, che così si libera definitivamente dei politici e non trova più concorrenti quando si dedica alla principale delle sue attività: l'occupazione del potere. Nemmeno un ex pm come Massimo Russo ha saputo fermarlo, quando ha dovuto compilare gli organigrammi delle aziende sanitarie e ospedaliere con i nomi dettati da "Arraffaele": perché mai dovrebbero riuscirci gli altri?

Ma veniamo alla domanda principale. Perché questo governo dovrebbe essere diverso dagli altri tre che lo hanno preceduto? Perché farà "riforme radicali", ha proclamato il governatore. Anzi, cambierà il volto di una Regione "inefficiente e parassitaria". Belle parole. Magnifiche, anzi. Ma ormai sono due anni che Lombardo ci ripete questa tiritera. Dove sono le riforme? Qualcuno si è accorto che il servizio sanitario è diventato più efficiente e più moderno, in Sicilia? Qualcuno ha sentito parlare di un piano per uscire dall'emergenza rifiuti, in vista dell'ormai imminente saturazione della discarica di Palermo? Qualcuno ha notizia dei nuovi impianti fotovoltaici, di cui si era innamorato il governatore? Qualcuno ha constatato una maggiore rapidità della burocrazia regionale? No, perché nulla è stato fatto. Nulla di nulla. Parole tante, fatti zero.

Lombardo si occupa delle nomine ed è ossessionato dalla ricerca di nuovi tasselli per il suo mosaico del potere. Del resto non sembra importargli granché. Lui si lamenta del mancato arrivo dei fondi Fas (ma li ha chiesti davvero, a Berlusconi, quando ha bussato a Palazzo Grazioli?). Però di soldi ne sono arrivati tanti, in Sicilia, negli ultimi dieci anni. Otto miliardi e mezzo di euro: in lire, per avere un'idea, sarebbero stati sedicimila miliardi. Questa impressionante quantità di denaro è stata spesa, sulla carta, per modernizzare i trasporti ferroviari, rendere efficiente l'assistenza sanitaria, completare la rete idrica, promuovere le energie rinnovabili e rilanciare il turismo. Sulla carta.

Perché in realtà, come ha documentato su queste pagine Antonio Fraschilla - e come ogni siciliano può constatare nella sua esperienza quotidiana - questi soldi sono stati gettati al vento. E anche Lombardo, che ha governato la Sicilia negli ultimi due anni, ha fatto la sua parte.
Ecco perché manteniamo un motivato scetticismo, anzi una ferrea diffidenza, quando gli sentiamo annunciare riforme rivoluzionarie e novità mirabolanti. Se poi qualcuno vuol credergli, o far finta di credergli, faccia pure.

fonte : la Repubblica

domenica 26 settembre 2010

Enzo Bianco scrive a Lupo: “Il sostegno a Lombardo è discutibile”

L’appoggio del Pd al neonato governo Lombardo non piace proprio a tutti gli esponenti del Partito democratico. A non gradire questo avvicinamento è soprattutto il senatore Enzo Bianco che affida ad una lettera aperta, indirizzata al segretario regionale del Pd, la sua contrarietà al nuovo progetto politico. “Il nostro elettorato non capisce – scrive Bianco -. In larga parte è contrario a un’operazione discutibile che certo non accresce quel profilo di coerenza senza cui non si recupera affidabilità e consenso”.

Per Bianco, Lombardo rappresenta una “colonna portante” di un sistema, quello del centrodestra, che sta vivendo un crollo. Quindi l’ex sindaco di Catania prosegue sottolineando a Lupo come il Pd si sia impegnato “con i siciliani che ti hanno eletto solennemente e in assoluta maggioranza a opporci a questo aggrovigliato sistema di potere che strangola la Sicilia. Se alcuni tra voi hanno cambiato idea – prosegue Bianco – e ritenete che siano maturate nuove ragioni, abbiamo il dovere di convocare a referendum quei 200.000 siciliani che hanno con fiducia partecipato alle primarie”.

Infine la lettera entra nel merito dei nomi che compongono la nuova giunta regionale: “Vede l’ingresso di uomini apprezzati e l’uscita di personaggi lontani dalla nostra cultura – scrive il senatore -. Ma questo purtroppo non muta il giudizio negativo sul trasformismo, la spregiudicatezza, il carattere clientelare ed ambiguo dell’ennesimo governo Lombardo. Così come prudenza e cautela avrebbero consigliato di tenere nel dovuto conto la pesante implicazione di Lombardo e del suo sistema di potere in una delle più delicate inchieste di mafia in Sicilia. Coinvolgimento che – conclude Enzo Bianco – allo stato degli atti, è tutt’altro che concluso e per il quale le indagini continuano”.

fonte : Livesicilia

Concorso in abuso d'ufficio Rinviato a giudizio Crisafulli (Pd)

Vladimiro Crisafulli, senatore del Partito democratico, è stato rinviato a giudizio per concorso in abuso d'ufficio. Secondo l'accusa, Crisafulli avrebbe chiesto e ottenuto la pavimentazione, a spese della Provincia di Enna, di una strada comunale, a Enna Bassa, che porta alla sua villa. Insieme a Crisafulli sono stati rinviati a giudizio, un funzionario della Provincia, Mario Scinardi, il caposquadra Marcello Catalfo e il titolare della ditta che realizzò i lavori, Carmelo Sultano di Gela.
Il reato di concorso in abuso d'ufficio viene contestato anche ai due dipendenti della Provincia e al titolare della ditta. L'inchiesta s' stata condotta dal pm Marcello Cozzolino.

Per diversi mesi, i carabinieri del reparto operativo hanno tenuto sotto controllo la zona dove vive Crisafulli, che sarebbe stato ripreso da una fotocamera mentre dall'esterno del balcone di casa propria avrebbe osservato l'andamento dei lavori. Il rinvio a giudizio del senatore del Pd Crisafulli è stato disposto dal gup David Salvucci. Il processo si aprirà il primo dicembre di fronte al tribunale collegiale presieduto da Elisabetta Mazza.

fonte : la Repubblica.it

Le fognature di Palermo

Fognature: Questo è il problema che al momento è di attualità. Le nostre fognature non vengono modificate da circa 30 anni. Allora la nostra città aveva popolazione ed estensione minori a quelle attuali,quindi le nostre fognature erano state costruite per soddisfare i parametri degli anni 80. Oggi però le stesse fognature,anche per la mancanza più totale di cura e manutenzione,non riescono a gestire la mole d’acqua proveniente dalle case e dall’acqua piovana. E’ un dato di fatto che negli ultimi 30 anni anche le piogge sono aumentate di intensità e forza,il che comporta una maggiore quantità d’acqua piovana da gestire per il sistema fognario. Questi due ordini di motivi,uniti ai guasti presenti nella rete,hanno portato a ingorghi e soprattutto all’incapacità del sistema di assorbire l’acqua piovana. La conseguenza è che ogni qual volta piove per 10 minuti,in certe zone della città ci ritroviamo a dovere girare con le canoe,causa le ingenti quantità d’acqua presenti sulle strade. Su Youtube.com si trovano centinaia di video relativi agli allagamenti del 2009 fatti da utenti del sito. Ma non solo;infatti anche il Giornale di Sicilia e Striscia la Notizia si sono occupati più volte del problema e tuttora,giorno 25 Settembre 2010, il problema non è stato risolto. Questo a causa della mancanza di fondi e di soldi sia al Comune che alla Regione, i quali hanno giustificato in maniera quantomeno striminzita la mancanza di soldi nell’erario. Una di queste giustificazioni fu data dal Sindaco di Palermo,Diego Cammarata, in un intervista con il giornalista del Tg1 Attilio Romita,pagata con i soldi dei Palermitani, e proprio per questo preda di satira da parte degli utenti di youtube. Un esempio è il montaggio fatto dai “Beati Cavoli” ,di cui troverete il link a fine articolo.

Parlando concretamente,quando piove in maniera più copiosa,Palermo è invasa da piscine a cielo aperto,da torrenti,e da cascate degne di Gardaland. Anche se Francesco Scoma dice il contrario,il problema c'è ed è evidente. Le zone più colpite dagli allagamenti sono Mondello, Partanna,Viale Regione Sicilia,Viale Delle Scienze,Via Capuccini, Via Pomara,Via Messina Marine,Borgonuovo,le zone periferiche e molti dell'autostrada Palermo-Catania,Via Oreto,Via Sperone,Belmonte Chiavelli,etc.A fine pagina vi posterò un link riguardo gli allagamenti,ed anche se del 2009,vi posso assicurare che non è cambiato proprio nulla.

Per risolvere il problema basterebbe almeno una manutenzione dell'impianto fognario,anche se sarebbe ottimale la modifica e la revisione di tutta la rete. Con la speranza che il Comune corra ai ripari il più in fretta possibile,vi ringrazio della vostra cortese attenzione. Nel prossimo articolo parleremo del secondo problema di attualità,la spazzatura.

Pietro Minardi.

Link 1.http://www.youtube.com/watch?v=CaUAvTvEZZs Intervista Cammarata-Romita.

Link 2 http://www.youtube.com/watch?v=xS7SecLXT9o&feature=fvst Situazione allagamenti-viabilità Palermo.

Link 3 http://www.youtube.com/watch?v=qCJQGN4DEIo Servizio di Muovi Palermo su Mondello (3 settimane fa)

Link 4http://www.youtube.com/watch?v=YacRYHJAIJE Situazione Palermo 10 Settembre 2010.

venerdì 24 settembre 2010

“Il 'problema' di Palermo? I puttanieri e i lavavetri”

Ricordate sicuramente la memorabile sequenza di Johnny Stecchino, quella del l'avvocato del boss che, allarmato, riferisce all'ignaro Dante, sosia di Johnny fatto arrivare da Firenze, che “il vero pobblema in Sicilia è il traffico, poi la siccità e l’Etna”.

Il sindaco di Palermo ha scritto un remake di Johnny Stecchino, inconsapevolmente, con la sua ordinanza che punisce inesorabilmente i clienti delle prostitute e i lavavetri.

Riproponendo la battuta dell'avvocato, potremmo scrivere: “Il vero pobblema a Palermo sono quelli che vanno a buttane e i lavavetri…”.

Se qualcuno vi facesse questa considerazione con la faccia solenne di chi anticipa verità incontrovertibili e mai riferite completamente, che le priorità di Palermo sono i clienti del marciapiede e i lavavetri, quale sarebbe la vostra istintiva reazione? Credereste di avere sentito male, che il vostro interlocutore vuole prendervi in giro o gli è andato, per così dire, di volta il cervello.

Se siete uno appena “atterrato” a Palermo, dopo avere letto una Treccani di storie sulla mafia, sugli abusi ed altre diavolerie, rimanete basito; se invece conoscete Palermo e magari ci vivete, non avreste dubbi: colui che esprime questi giudizi deve essere uno che ci è o ci fa, altrimenti com’è possibile alzarsi un bel mattino e firmare un’alleanza che pone Palermo fra le poche città del mondo, si contano sulla punta delle dita, che ha deciso di punire i clienti delle prostitut
Non hanno certo fatto scelte simili sindaci di metropoli alle prese con il crimine, l’abuso, la microcriminalità e le mafie. O con problemi tremendi come la spazzatura, la sicurezza, la vigilanza stradale.

Il capoluogo di Regione, infatti, è il luogo in cui chiunque può fare quello che vuole sapendo di restare impunito o quasi. Intendiamo riferirci a tutti quei controlli di stretta pertinenza comunale, che vanno dal parcheggio selvaggio alla dislocazione di negozi di frutta e verdura, dalla raccolta di rifuti solidi urbani alla scuola, gli impianti sportivi, i servizi pubblici nelle periferie.

Ci sono strade e quartieri che assomigliano a suk arabi. Le arterie vengono chiuse al traffico da privati che hanno bisogno di svolgere lavori, come se nulla fosse. I marciapiedi sono impercorribili, sudici e affollati di tavoli ed ogni altro oggetto di varia natura.

I negozi prolungano la loro ampiezza annettendosi i marciapiedi. Gli ambulanti, che occupano per decenni lo stesso angolo di strada, lasciano cassette di legno sulla carreggiata o il marciapiede, ad evitare che altri si impossessino della fetta di demanio pubblico.

Ebbene, in questo contesto selvaggio, piomba il remake di Jonny Stecchino, firmato dal sindaco Cammarata.

“Il vero pobblema a Palermo sono il puttaniere e il lavavetro”.

D’accordo, fastidiosi e intollerabili qualche volta lo sono, ma dovendo porre rimedio ai mali di una città come Palermo non si può cominciare dai puttanieri, almeno bisogna allargare il tiro, altrimenti diventa una decisione surreale.

fonte : SiciliaInformazioni.com

giovedì 23 settembre 2010

E LOMBARDO RICEVE IL GANASCINO AFFETTUOSO DI UMBERTO BOSSI !

Ora è arrivato pur il ganascino affettuoso di Umberto Bossi. Ora, il progetto autonomista di Raffaele Lombardo ha avuto perfino l’elogio rinnovato e rinnovabile del fantasma leghista che apprezza il governo arlecchino e gongola, pensando alla Lega Sud. Già, il Bossi. Colui che ha inoculato nel Paese il razzismo travestito da progetto politico. L’insufflatore dei venti anti-meridionalisti. L’uomo disfatto che in giro per il circo mediatico non rinuncia a gorgogliare insulti col suo flebile fiato. Inomma, non si può dire che egli sia un amico del Sud. Forse Raffaele Lombardo dovrebbe rifletterci su: se il nostro nemico atteggia la boccuccia a sorriso e si complimenta, mica avremo sbagliato qualcosa? Mica avremo siglato un patto col diavolo? Ma Raffaele non si porrà tali scomodi interrogativi. Lui col diavolo ci va faustianamente a cena ogni sera. E non c’è solo lui. In questo scorcio di fine impero, i patti col diavolo – pur di garantirsi un’illusoria giovinezza – sono stati molteplice appannaggio di una classe politica allo sbando.

Il primo l’ha siglato il governatore, appunto. Un patto contro l’interesse del suo popolo, mandando all’aria alleanze e amicizie pur di restare sulla tolda di comando. E questo sarebbe il governo tecnico mirabilmente descritto, l’arca dell’alleanza che approderà infine sulla riva, seguendo la colomba col ramoscello, dopo il diluvio? Nulla da eccepire sulle persone e sul loro impegno. Tuttavia, non ci pare che nella compagine raffaelita spicchino teste d’uovo tali da far gridare al miracolo. Bravi professionisti, certo, dirigenti col bollino. Nulla che giustificasse lo sconquasso. Tecnici che non si opporranno al dante causa in nome di una difforme coscienza politica. Dipendenti del sovrano, esecutori materiali. Politica l’è morta.

Poi c’è il Pd. Capiamo Cracolici che ha pronunciato parole carezzevoli sulla svolta epocale: e quando mai gli ricapita. Solo un dubbio. Cracolici è sicuro che il Pd al governo per oscure manovre d’abbordo rappresenti la speranza della Sicilia? Su quale giornale l’ha letto? Sono gli elettori a disporre speranze e dillusioni. Sono gli elettori – alle volte sbagliando, ma la chiamano democrazia – a dipingere i volti delle persone sulla tavolozza delle istituzioni. Non è lecito prendere la corona e sistemarsela in testa senza il lavacro dell’urna. Tali atteggiamenti squalificano un partito. Per non parlare dell’alleanza con l’antico nemico che nemmeno ha avuto la cortesia di rompere con Berlusconi. Il Pd rischia il collo per uno strapuntino di potere. E rischia perché ha dirigenti più interessati alla propria sorte e alle pedine da piazzare che alla salute della comunità politicamente intesa.

L’ultimo suggello diabolico è il mercato delle vacche a cui abbiamo assistito. Onorevoli peones senza importanza sono diventati fondamentali nella chimica del potere e perciò blanditi e acquistabili. Questo elemento, insieme ai lazzi che hanno profanato l’Aula parlamentare ridotta a bordello, ci suggerisce francamente un moto di disperazione e di sconforto. Ma, come in ogni tragedia che si rispetti, c’è anche da ridere.

fonte : Livesicilia

Favori alle cosche: indagato Cimino

Il deputato regionale (Pdl-S) Michele Cimino, 42 anni, è indagato per concorso esterno in associazione mafiosa dalla Dda palermitana. La polizia gli ha notificato questa mattina un avviso di garanzia. Cimino, vicino al sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Gianfranco Micciché, è stato vicepresidente della Regione e assessore all’Economia fino ad alcuni giorni fa, prima della formazione del nuovo governo di Raffaele Lombardo. Era stato assessore regionale al Bilancio e all’ Agricoltura.

Cimino verrà interrogato dai pm della dda di Palermo il 30 settembre. Secondo l’ipotesi accusatoria Cimino avrebbe fatto favori alle cosche dell’agrigentino, anche attraverso l’assegnazione di appalti pubblici a imprese in odore di mafia, in cambio di soldi. A carico dell’assessore, coinvolto nell’inchiesta che ieri ha portato all’arresto del sindaco di Castrofilippo, Salvatore Ippolito (Pdl), vi sono le dichiarazioni di numerosi collaboratori di giustizia tra cui l’ex capomafia agrigentino Maurizio Di Gati.

fonte : Livesicilia

mercoledì 22 settembre 2010

Blitz antimafia nell'Agrigentino. Arrestato sindaco del Pdl

Salvatore Ippolito, primo cittadino di Castrofilippo, avrebbe favorito l'assegnazione degli appalti alle imprese vicine a Cosa nostra. Nell'operazione della squadra mobile sono state arrestate altre quattro personedi di FABIO RUSSELLO

AGRIGENTO - Secondo l'accusa aveva aperto le porte del Comune a Cosa nostra guidata nel suo paese da un boss ultraottantenne. Con l'accusa di associazione mafiosa la squadra mobile di Agrigento ha arrestato il sindaco di Castrofilippo Salvatore Ippolito, esponente del Popolo della libertà. L'operazione, denominata Family, ha permesso di sgominare secondo l'ordinanza del gip di Palermo che ha accolto la richiesta della Dda del capoluogo siciliano, l'organizzazione mafiosa del piccolo comune dell'Agrigentino.

Con Ippolito in manette sono finiti anche Antonino Bartolotta, 80 anni, il boss messo a capo della cosca da Giuseppe Falsone, il capomafia agrigentino catturato a fine giungo a Marsiglia e altri tre fiancheggiatori: Giuseppe Arnone di 53 anni e i due omonimi Angelo Alaimo, di 53 e 63 anni. Secondo la Procura di Palermo Cosa nostra avvalendosi della piena complicità del sindaco, era in grado di condizionare l'assegnazione degli appalti, che venivano, quindi, affidati, con il sistema della trattativa privata o del cottimo fiduciario, a imprese contigue all'organizzazione stessa.

Secondo il procuratore aggiunto della Dda di Palerrmo il sindaco Ippolito "era un sindaco mafioso, eletto perché mafioso e messo lì per garantire l'organizzazione mafiosa e le imprese vicine a Cosa nostra". Addirittura il sindaco ha incontrato almeno in una occasione durante la sua latitanza il superboss Giuseppe Falsone, il capo della mafia agrigentina catturato a Marsiglia a fine giugno e partecipava attivamente alle riunioni della cosca che venivano presiedute dal patriarca della famiglia mafiosa di Castrofilippo Antonino Bartolotta.

A casa di Ippolito, secondo quanto ha spiegato Alfonso Iadevaia il capo della Squadra mobile agrigentina che insieme al questore Girolamo Di Fazio ha partecipato ad una conferenza stampa, c'era era una sorta di ufficio comunale parallelo. Gli investigatori stanno verificando se tra quelle carte vi siano ulteriori riscontri dell'atività illegale di spartizione degli appalti.

Tra le opere controllate da imprese vicine a Cosa nostra il centro commerciale Le vigne che sorge lungo la Statale 640 e per il quale Ippolito avrebbe offerto tutto il suo appoggio ma anche i capannoni del mercato ortofrutticolo di Castrofilippo, nonché una miriade di piccoli lavori assegnati con la trattativa privata con il sistema del cottimo fiduciario. Determinante la collaborazione di diversi pentiti.

fonte : la Repubblica

Gli onorevoli gnam gnam…

Qualcuno che non rischia ha detto: “La Sicilia sta morendo di fame”. E’ una banale rivisitazione del Pertini ormai canuto che tuonò in un celebre discorso presidenziale: “Per alcuni, la libertà è libertà di morir di fame”. Ma Sandro Pertini aveva fatto il partigiano, sapeva giocare a scopone come i comuni mortali e dunque si può sospettare che gliene importasse davvero qualcosa. Questa nuova boutade è solo retorica, è una stucchevole battuta, è quasi una presa in giro usata in un contesto improprio per impancare demagogia. In ultimo è un’offesa a chi di fame muore davvero.

L’unica fame che conosciamo benissimo, in nome della quale si consumano massacri tremendi e solennissime porcherie, appartiene a lorsignori onorevoli siciliani, nessuno escluso. Gli onorevoli gnam gnam. Che cos’è il rinomato Lombardo quater se non l’azione di una gigantesca mascella che si appresta a spolverare le briciole, i rimasugli sulla tavola? Da cosa nasce il significato dell’operazione? Da cosa sortisce l’opposizione ad essa? La fame è la risposta. Un formidabile appetito di potere che mai si placa, nonostante i reiterati sacrifici umani alla divinità.

Purtroppo, non abbiamo notato anime nobili nel frangente. Nemmeno Miccichè che ha condiviso una trama di palazzo con Raffaele Lombardo, salvo poi accusarlo della stessa colpa quando ha capito che stava per essere scaricato. Il moralismo di Gianfranco Miccichè è come la chiarezza espositiva del suo ex compagno di viaggio ieri all’Ars: inesistente.

Ieri, per l’appunto, Raffaele Lombardo si è espresso male. Con locuzioni malcerte, con uno stile involuto, con scarsa sostanza, e ha dato seguito a un chiaro intento provocatorio che ha incendiato i malaccorti banchi dell’opposizione, muovendo a un sorriso francamente discutibile per l’istituzione che rappresenta il presidente dell’Ars, Cascio. Se questi sono gli uomini, speranza non ce n’è.
Anche il Pertini vecchissimo e obnubilato degli ultimi giorni (senza contare quello tutto intero, chè il confronto è immane) sarebbe al cospetto di tali esempi un campione di lucidità.

fonte : Livesicilia

martedì 21 settembre 2010

Uno spettacolo indecente

Il presidente Lombardo è andato in Aula per dire le sue ragioni e rappresentare il suo programma al varo della nuova giunta. La seduta è stata sospesa per i lazzi e gli schiamazzi. Il presidente ha ironicamente più volte battuto le mani ai suoi contestatori, con un fare che è apparso provocatorio, ma i dissidenti che non gli hanno permesso di concludere il suo discorso sconoscono le norme elementari del rispetto e della democrazia. Il commento, purtroppo, è fin troppo semplice, ma non è colpa dei cronisti se le istituzioni retrocedono al rango di osteria. E questa sarebbe la classe politica tutta – da maggioranza a opposizione – che dovrebbe garantire stagioni prospere alla Sicilia? Questi
urlatori deambulanti sarebbero i condottieri deputati al governo e al controllo di una regione fragile e complessa? Noi abbiamo visto una rissa, un’assemblea studentesca fuori controllo, uno spettacolo indecoroso. E non è questione di presidenti, destre, sinistre, centri. Davanti all’insormontabile dequalificazione della vita pubblica non ci sono vinti, né vincitori. Questa indecenza è la sconfitta di tutti.

fonte : Livesicilia

lunedì 20 settembre 2010

Gianfranco picchia duro: “Il ribaltone è di Lombardo”

La notizia doveva essere quella delle dimissioni dell’assessore Titti Bufardeci e del vice presidente della Regione Michele Cimino, ma il protagonista assoluto della conferenza stampa di questo pomeriggio all’hotel Excelsior è stato Gianfranco Micciché. Il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, fino a ieri consorte di Raffaele Lombardo ha preso atto del tradimento e ha ufficializzato il divorzio. E da bravo amante tradito, ha sparato a zero su colui che gli ha spezzato il cuore, parlando di disgrazia e follia. Disgrazia, secondo Micciché, perché la nascita del quarto governo Lombardo paralizzerà ulteriormente l’azione amministrativa della Regione. Follia perché i tecnici dovranno imparare il lavoro degli assessori e saranno, a detta del sottosegretario, “dei perfetti incompetenti. Per questo motivo lancio un appello al Pd: non fatevi infinocchiare dal ‘governo dei tecnici’, per la Sicilia è un dramma. Ora non ha più senso, Lombardo, autore di un vero e proprio ribaltone, metta dei politici nella sua giunta, questi tecnici sono incompetenti, non hanno idea di come si governi una Regione. Attenzione, io amo troppo questa terra per non sperare di sbagliarmi, ma temo che non sarà così, i fatti mi daranno ragione”.

Micciché ha anche approfittato della conferenza stampa per passare al contrattacco, annunciare la sua disponibilità a un’eventuale richiesta di candidatura alla guida di Palazzo d’Orleans e lanciare il nuovo progetto politico di un partito a vocazione territoriale. “Non abbiamo abbandonato l’idea del Partito del Sud – ha aggiunto Micciché – solo che entrare nelle dinamiche politiche delle altre Regioni diventa più complicato, preferiamo partire dalla Sicilia. Faremo il nuovo Partito del Sud seguendo lo schema della Lega: abbiamo già accordi in Campania e Puglia, nell’arco di un anno saremo pronti a convocare l’assemblea costituente. Il nostro sarà il partito del ’si’, sarà il partito capace di sfruttare al meglio le risorse economiche che arriveranno in Sicilia, sarà un partito che non si opporrà a tutto. Sono pronto a candidarmi per il bene della Sicilia, se sarà necessario. Il centrodestra ha bisogno di uomini che si preoccupino in modo serio della Sicilia ci sono tante persone capaci, io se me lo chiederanno darò la mia disponibilità”.

E ancora, tornando al nodo dei tecnici in giunta, che tanto hanno infastidito il sottosegretario, Micciché si è rivolto al governatore: “Non c’è bisogno di andarseli a cercare fuori dalla politica, i bravi assessori, caro Raffaele Lombardo. Non serve andare a cercare altrove quelli bravi, che bravi non sono affatto. Quello che i finiani stanno commettendo è un errore forte, ma che faciliterà la nostra propaganda verso l’elettorato. Allo stesso modo – ha aggiunto Micciché – sarà facile togliere voti al Movimento per l’Autonomia di Lombardo”.

Poi il sottosegretario si è interrotto, il suo telefono continuava a squillare. Ha tirato fuori il telefono dalla tasca della giacca, ha guardato il display, davanti al suo pubblico che lo osservava in silenzio. “Era uno dell’Mpa – ha detto mentre bloccava la telefonata – mi cerca perché vuole passare con noi”.

fonte : Livesicilia

Perchè a Lombardo piace tanto il valzer…

Quale demone, quale malagrazia, quale furore dionisiaco spinge Raffaele Lombardo a cambiare governo ogni sei mesi? A sentir lui sembra che il perpetuo rimescolamento di carte sia dovuto al fatto che il Presidente della Regione, nonostante i ripetuti tentativi, non riesca mai a trovare la squadra idonea per dare finalmente una svolta al destino della Sicilia. Ricordate? Ci aveva provato con il primo governo, ma l’ha dovuto subito sfasciare perché lì dentro c’erano i terribili cuffariani, gentaccia il cui unico scopo era quello di remare contro lo spirito riformatore tanto caro all’Arcangelo di Grammichele. E così, cacciati dal tempio i mercanti dell’Udc, è nato il Lombardo bis. “Sarà un governo di legislatura”, annunciavano i cantori della stabilità. Invece, allo scadere dei sei mesi, il Governatore si è visto costretto a rottamare anche la seconda giunta. Aveva scoperto che nelle immacolate stanze di palazzo d’Orleans s’annidavano residue forze del male; e che per spianare la strada alle riforme sarebbe stato necessario seppellire definitivamente Belzebù e i suoi seguaci, incarnati in quell’occasione dagli assessori vicini a Renato Schifani e ad Angelino Alfano. Per raggiungere l’obiettivo, l’Arcangelo ha fatto il diavolo in quattro: ha spaccato ufficialmente il Pdl, ha sedotto alcuni bravi ragazzi del Pd e, alla fine, ecco il Lombardo ter.

Più che un nuovo governo, sembrava il sol dell’avvenire: dalla sacra alleanza tra il Governatore e Gianfranco Miccichè sarebbe nato non solo il nuovo mondo, quello delle riforme, ma anche un nuovo partito, intestato non a caso all’amato Sud e destinato a scardinare gli equilibri della politica italiana, dalla Padania fino alla valle del Simeto. Un sogno ambizioso. Nel terzo governo non c’erano più reprobi da fronteggiare né diavoli da cacciare all’inferno; e soprattutto non c’erano più gli Alfano e gli Schifani, i Castiglione e i Firrarello, ma solo il fraternissimo amico Miccichè, unico alleato politico ma in realtà testimone e complice di una verità bene occultata: cioè che dietro i più importanti assessori tecnici c’era la mano burattinaia di una fetta consistente del Pd. Eppure, nonostante il patto di ferro con il devoto Gianfranco, nonostante l’appoggio sottobanco di alcuni colonnelli cracoliciani, Lombardo ha voluto condannare a morte anche il suo terzo governo. Come mai? Chi ha remato, stavolta, contro le riforme: Miccichè oppure uno dei tecnici divenuto assessore in nome e per conto del Pd?

Prima o poi, il presidente della Regione dovrà dire chi ha tradito; e in omaggio alla trasparenza dovrà dirlo con nomi, cognomi e circostanze specifiche. Altrimenti autorizzerà chiunque a pensare che il valzer dei governi, più che da ragioni politiche sia dettato da un calcolo matematico. Ricordate che cosa ci insegnava il professore delle medie quando spiegava le frazioni? Bene. Nel primo governo, Lombardo doveva dividere potere e poltrone con tre alleati che erano l’Udc, il Pdl ribelle di Miccichè e il Pdl ufficiale di Alfano e Schifani. Se gli incarichi in palio erano cento, a lui e al suo Mpa ne toccavano venticinque. Fatto fuori Cuffaro, ha potuto dividere per tre. Sei mesi dopo, eliminati pure i “lealisti”, la spartizione gli è risultata molto più appetitosa: cinquanta a lui e cinquanta a Miccichè. Una pacchia. Ma gli arcangeli, si sa, non sono mai sazi. E così, quando ha scoperto – con le nomine nelle sovraintendenze – che il tutto si poteva dividere per uno, ha cominciato a uggiolare daccapo sulle riforme e sulla necessità di sostenerle con una nuova giunta, meglio se composta per intero da assessori tecnici. Perché i tecnici di rito lombardiano, si sa, sono nati per obbedire. Dicono di non servire alcun padrone ma quando il Presidente li chiama alla lavagna del sottogoverno scrivono puntualmente sotto dettatura. Si travestono da sceriffi intransigenti, ma poi bevono il calice della lottizzazione fino all’ultima goccia.

fonte : Livesicilia

Sull' indegna e immorale barca del Nano sale anche Lombardo. Ma al timone la Lega detta la rotta.....speriamo di collisione!.

Il Cavaliere deve rendere ininfluente Futuro e Libertà. Lo impone la Lega: se la fiducia ai punti programmatici passerà con l'apporto decisivo degli uomini che hanno seguito Gianfranco Fini, l'esecutivo andrà a gambe all'aria. E il Carroccio non sosterrà nessun governo tecnico, neanche a guida Giulio Tremonti: la minaccia è quella di accorpare le elezioni politiche anticipate alle amministrative di marzo. Se invece i voti di Fli saranno superflui, il senatùr garantirà il respiro fino al 2013. In cambio del ministero dello sviluppo economico o del dicastero all'agricoltura. Così Berlusconi gioca persino la carta della maggioranza Gomorra: accanto a Marcello Dell'Utri e Nicola Cosentino (sulla cui testa pende una richiesta d'arresto per fatti di camorra), siederanno Totò Cuffaro (sette anni in secondo grado per favoreggiamento aggravato alla mafia) e Saverio Romano (più volte indagato e archiviato per i suoi rapporti con i clan). Con l'appoggio del trasformista Raffaele Lombardo che in Sicilia sta dando vita a un nuovo governo assieme al Partito Democratico. Ma visto che i numeri ancora non tornano, nelle retrovie si muove uno specialista dall'altri tempi: l'ex democristiano Enzo Scotti. Sono insomma bastati due anni e mezzo di Berlusconi a Palazzo Chigi perché l'Italia tornasse alla prima Repubblica.

Fonte: Il Fattoquotidiano.

domenica 19 settembre 2010

Micciché, la Mafia e l’accusa di essere sostenuto dai boss

Alla vicinanza alla sinistra extraparlamentare, nella giovinezza, seguirono gli studi, la conoscenza di Marcello Dell’Utri, l’ingresso in Publitalia, il ruolo di coordinatore di Forza Italia nella Sicilia Occidentale ai tempi della discesa in campo del Cavaliere (annata ‘93-’94). Quella di Gianfranco Miccichè, sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio con delega al CIPE, è la storia di uno degli uomini più vicini a Silvio Berlusconi. E come Berlusconi, col quale ha condiviso solo una fetta del percorso professionale e politico, è stato anch’egli raggiunto dall’accusa di essere vicino alla criminalità organizzata.

PAROLE PESANTI – “Metterò un mafia detector“, dice oggi quando gli chiedono come farà il partito che ha appena annunciato di voler fondare a difendersi dalle infiltrazioni della criminalità. Un rischio da evitare a tutti i costi, proprio perchè contro di lui, sui legami con la mafia, sono state già pronunciate parole pesanti. Lo ha fatto Lorenzo Rossano, un industriale siciliano interessato alla politica e poi entrato nel mirino della mafia. Dopo il crollo della DC Rossano aveva sposato le idee di Berlusconi, e fondato insieme al fratello ed an un “notabile della sua zona“, un club di Forza Italia, a Pioppo, vicino Monreale.

PUNTO DI RIFERIMENTO MAFIOSO – A Pioppo, raccontava Rossano, il club di Forza Italia, era guidato dalla famiglia Pupella. L’imprenditore tirava in ballo pure l’onorevole oggi fuoriuscito dal PdL berlusconiano: “I Pupella sono legati ad un personaggio mafioso come Giuseppe Balsamo… Il Coordinatore di Forza Italia Gianfranco Miccichè ha come punto di riferimento a Monreale Geppino Pupella”. “L’onorevole Miccichè aveva preso, con personaggi mafiosi di Brancacio, impegni a favore di un candidato, ottenendone in cambio supporto economico ed elettorale per tutto il partito da lui rappresentato in Sicilia, cioè Forza Italia“.

MOLTO RISPETTO – Che Miccichè fosse un personaggio potente l’imprenditore, uno che si vide negare la candidatura alle provinciali proprio dal coordinatore del partito berlusconiano, non ha dubbi. Rossano diceva di essersi reso conto del livello di inserimento politico-mafioso di Miccichè in occasione di un comizio a Monreale. “Personaggi che io consideravo molto influenti a Monreale, come Onofrio Greco, Geppino Pupella, Ciccio Mortillaro, Bino Catania, Franco Madonia e lo stesso mandalari… accolsero Miccichè con grandi onori e molta reverenza“. Una “reverenza” – che scrivono Leo Sisti e Peter Gomez ne L’Intoccabile - non era stata riservata agli altri più conosciuti personaggi politici della zona come l’onorevole Silvio Liotta e il senatore Michele Fierotti, ovvero gli esponenti forzisti che sarebbero poi stati eletti in quel collegio.

PERSONAGGI IMPORTANTI – Rossano, davanti ai giudici, raccontava delle confidenze fattegli da Pino Mandalari, commercialista di Riina. “E’ stato voluto da personaggi importanti“, gli avrebbe rivelato, intendendo per ” personaggi importanti” “personaggi di spessore mafioso“. Raccontava, poi, di un suggerimento di un’amica della segreteria politica di Miccichè: “Silvana Tedeschini mi disse che per i miei interessi nel mondo imprenditoriale non mi conveniva mettermi contro Miccichè, portato da personagi di grossissimo spessore politico, e, mi fece capire, anche mafioso. Aggiunse che da lì a poco sarebbe diventato l’uomo politico più potente delal Sicilia, mettendosi a mia disposizione per mediare il mio eventuale avvicinamento politico a Miccichè. Non lo feci per orgoglio personale

fonte : Giornalettismo

Tutto ruota attorno alla Sicilia.

“Tutto ruota attorno alla Sicilia, che può diventare l’isola che non c’è o un terribile miraggio…”, riconosce Francesco Verderami, cronista politico del Corriere della Sera. I giornali italiani concentrano la loro attenzione sugli eventi plolitici siciliani, dopo averli praticamente ignorati per due anni, assieme ai partiti nazionali. Scoprono tutti, dall’oggi al domani, che la conquista della Sicilia è la conditio sine qua non per conquistare l’Italia. Lo sapevano i garibaldini che unificarono l’Italia cominciando da Marsala, lo sapevano gli Alleati che sbarcarono nel golfo di Gela e nel siracusano per risalire la Penisola e cacciare i nazifascisti.

Dopo una lunga assenza anche Silvio Berlusconi è stato costretto a venire nell’Isola. Si è recato alla convention di Francesco Storace, svoltasi a Taormina, ma in realtà ha benedetto la nuova destra che fa capo a Musumeci, grande collettore di consensi ed ex eurodeputato, un irrequieto gentiluomo della vecchia Catania, insofferente perfino all’aria che si respira.

Berlusconi gli ha assegnato il compito di riguadagnare i consensi che i finiani si sono portati via giorno dopo giorno, perché è da qui che anche loro hanno cominciato a risalire l’Italia. Tutto ciò che occorre per riparare alle falle del centrodestra, secondo il Premier (e non solo), si trova nell’Isola. Da alcuni giorni, infatti, è esplosa la diaspora centrista che in Sicilia fa capo ad un leader, finora in ombra, Saverio Romano, ed all’ex Presidente della Regione, Totò Cuffaro. Il dissenso nei confronti di Pierferdinando Casini è covato a lungo: i centristi siciliani hanno osservato i gesti e le iniziative di Casini, ascoltato ogni sua parola, letto ed analizzato progetti e propositi. Fino a che Casini non ha mollato gli ormeggi sul centrodestra, se non stati “in sonno”, ma quando l’area di responsabilità istituzionale ha debuttato alla Camera dei deputati sulla fiducia al sottosegretario Coliandro, sono cominciati i mugugni ed i distinguo, accresciuti dalle vicende regionali che si sono strettamente collegate alla crisi nazionale.

Casini ha sposato con Fini e Rutelli l’idea di Lombardo - un governo di legislatura composto da tecnici e appoggiato dai partiti di centro, i finiani e dal Partito democratico – mettendo in piedi una strategia che dovrebbe ribaltare il quadro politico. Ma Romano e l’Udc siciliano, in larga parte, aveva ben altri progetti. Aveva mantenuto un asse preferenziale con il Pdl e fatto una opposizione durissima a Lombardo, “colpevole” di avere rotto con Cuffaro, e richiesto nuove elezioni oppure, una specie di semestre bianco incaricato di precederle per fare ciò che serve, e poi sciogliere l’Assemblea regionale siciliana.

Il governatore si appresta a fare nascere il nuovo governo, la cui composizione preoccupa Berlusconi ed i suoi alleati, e manda in bestia l’Udc siciliano, che aveva fatto i conti senza l’oste. Risultato? L’operazione “biancofiore”, raccontata dal Corriere, che affida un piano di sfondamento proprio ai siciliani. Nell’ultima riunione del Consiglio dei Ministri, Silvio Berlusconi – riferisce il Corriere – ha annunciato che i centristi dissidenti “sono già andati da un notaio a firmare l’atto di nascita di un nuovo partito”, Il Premier precisa che non sono solo siciliani, ma anche del centro e del nord.

La manovra di aggiramento verrebbe completata dal partito del popolo siciliano (e la sua evoluzione come partito del Sud), in dirittura di arrivo in Sicilia, per iniziativa di Gianfranco Miccichè, che ha deciso di non tornare nel Pdl ma di fare nascere un soggetto politico in grado di “affiancare” l’azione del Presidente del Consiglio a Roma e di dare voce alle istanze isolane al di qua dello Stretto.

In Sicilia si giocano le sorti della coalizione al governo e le residue possibilità dell’opposizione – di centro e di centrosinistra – di battere Berlusconi, perché le alleanze siciliane decideranno il risultato elettorale, in bilico stando ai sondaggi, soprattutto al senato.

Le stesse motivazioni speculari obbligano il PD a giocare la carta di Lombardo che, dopo avere mandato in frantumi il centrodestra nell’isola, potrebbe passare alla storia come il leader che ha ridato al centro, erede della DC, il governo del Paese. In fondo al tunnel, infatti, c’è Casini, il nuovo Prodi.

fonte : SiciliaInformazioni.com

venerdì 17 settembre 2010

PAOLO ROCCO VASSALLO REFERENTE A GENOVA PER L 'EVIS

Siamo lieti ed onorati di comunicare che Paolo Rocco Vassallo è il Referente di Trieste per l 'EVIS
Al nostro fratello Paolo Rocco diamo il Benvenuto, augurandogli buon lavoro, certi che con il suo impegno l' EVIS riceverà un nuovo e positivo impulso.

Neva Allegra, Segretaria Nazionale dell' EVIS - Partito per l ' Indipendenza della Sicilia
Pietro Di Caro, Segretario Giovanile.

mercoledì 15 settembre 2010

15 SETTEMBRE 1993, VENIVA ASSASSINATO DON GIUSEPPE PUGLISI

Il 15 settembre 1999 il cardinale di Palermo Salvatore De Giorgi ha aperto ufficialmente la causa di beatificazione proclamandolo Servo di Dio.



Nasce il 15 settembre 1937 a Brancaccio, quartiere periferico di Palermo, da una famiglia modesta (il padre calzolaio, la madre sarta).

A 16 anni, nel 1953 entra nel seminario palermitano da dove ne uscirà prete il 2 luglio 1960 ordinato dal cardinale Ernesto Ruffini.

Nel 1961 viene nominato vicario cooperatore presso la parrocchia del Santissimo Salvatore nella borgata di Settecannoli, limitrofa a Brancaccio, e successivamente rettore della Chiesa di San Giovanni dei Lebbrosi.

Nel 1963 è nominato cappellano presso l'orfanotrofio Roosevelt e vicario presso la parrocchia Maria Santissima Assunta a Valdesi, borgata marinara di Palermo. È in questi anni che Padre Puglisi comincia a maturare la sua attività educativa rivolta particolarmente ai giovani.

Il 1 ottobre 1970 viene nominato parroco a Godrano un paesino della provincia palermitana che in quegli anni è interessato da una feroce lotta tra due famiglie mafiose. L'opera di evangelizzazione del prete riesce a far riconciliare le due famiglie. Rimarrà parroco a Godrano fino al 31 luglio 1978. Dal 1978 al 1990 riveste diversi incarichi: pro-rettore del seminario minore di Palermo, direttore del Centro diocesano vocazioni, responsabile del Centro regionale Vocazioni e membro del Consiglio nazionale, docente di matematica e di religione presso varie scuole, animatore presso diverse realtà e movimenti tra i quali l'Azione cattolica, e la Fuci. Il 29 settembre 1990 viene nominato parroco a San Gaetano, nel quartiere Brancaccio di Palermo, controllato dalla criminalità organizzata attraverso i fratelli Graviano, capi-mafia legati alla famiglia del boss Leoluca Bagarella. Qui inizia la lotta antimafia di Don Pino Puglisi.

Nel 1992 viene nominato direttore spirituale presso il seminario arcivescovile di Palermo. Il 29 gennaio 1993 inaugura a Brancaccio il centro Padre Nostro per la promozione umana e la evangelizzazione.

Il 15 settembre 1993, il giorno del suo 56º compleanno viene ucciso dalla mafia, davanti al portone di casa. Il 2 giugno qualcuno mura il portone del centro "Padre Nostro" con dei calcinacci, lasciandone gli attrezzi vicino la porta.



Il 7 aprile 1995 Vittorio Sgarbi lesse al TG5 una lettera sui «veri colpevoli» dell'assassinio di Don Pino Puglisi, non rilevando le generalità essendo priva di firma ma attribuita ad un sedicente amico del sacerdote assassinato; la missiva accusava come mandante il procuratore Caselli e come killer Leoluca Orlando.

« Fui più volte contattato da Caselli e dai suoi uomini [...] pretendevano accuse, nomi, circostanze... volevano che denunciassi la mia gente e miei ragazzi... che rivelassi cose apprese in confessione [...]. Caselli disprezza i siciliani, mi vuole obbligare a rinnegare i miei voti e la mia veste, pretende che mi prostituisca a lui. Più che nemico della mafia, è un nemico della Sicilia. Orlando è un mafioso vestito da gesuita [...]. Caselli ha fatto di me consapevolmente un sicuro bersaglio. Avrà raggiunto il suo scopo quando un prete impegnato nel sociale verrà ucciso [...]. Caselli, per aumentare il suo potere, ha avuto la sua vittima illustre. »

Per queste dichiarazioni Sgarbi è stato condannato per diffamazione in primo e secondo grado, ma è intervenuta la prescrizione prima della sentenza di Cassazione.

Il sacerdote dava fastidio alla mafia per il suo limpido apostolato, l' azione contro i trafficanti di droga, le omelie di condanna a Cosa Nostra.

I pentiti hanno rivelato che a ordinare il delitto furono i fratelli Giuseppe e Filippo Graviano, boss del quartiere. L' agguato fu affidato a un ''commando'' guidato dal killer Salvatore Grigoli che, dopo essersi pentito, ha accusato come suoi complici Gaspare Spatuzza, Cosimo Lo Nigro e Luigi Giacalone, che avrebbero svolto funzioni di appoggio, e il ''reggente'' della cosca Nino Mangano che avrebbe organizzato la spedizione di morte. Grigoli ha raccontato che, quando Don Pino Puglisi capì che stava per ucciderlo, disse ''me l' aspettavo'', e sorrise al suo assassino.

La Cassazione ha reso definitive le condanne all'ergastolo per i fratelli Graviano, boss della borgata di Brancaccio, accusati di avere ordinato l'uccisione del sacerdote e quella a 16 anni per il killer pentito Salvatore Grigoli, che ha confessato di avere sparato a Puglisi. Condanne all’ ergastolo anche per Spatuzza, Lo Nigro, Giacalone e Mangano.

Nel 2006 i teologi consultori della congregazione delle cause dei Santi riconoscono nella morte di padre Puglisi ''i requisiti del martirio'', segnando una tappa importante nel processo di beatificazione del sacerdote.

Don Pino Puglisi è morto a Palermo il 15 settembre del 1993. E’ morto, come cita la lapide nella chiesetta di Brancaccio, “per rimanere fedele a Dio e agli uomini”.

fonte : Accadde Oggi

martedì 14 settembre 2010

“Ecco l’assegno di Berlusconi”

Lo scrive La Stampa in un articolo a firma di Riccardo Arena: “Sei anni dopo il colloquio in cui Massimo Ciancimino e la sorella Luciana ne parlavano al telefono, spunta l’«assegno del presidente» destinato a Vito Ciancimino. Il «presidente», in realtà, quando avrebbe firmato quel titolo di credito (all’inizio degli anni ‘80), non era ancora in politica, ma l’imprenditore Silvio Berlusconi era pur sempre il numero uno delle tv commerciali in Italia. La fotocopia dell’assegno da 35 milioni di lire, risalente al periodo compreso tra il 1979 e il 1983, è venuta fuori dal quanto mai capiente archivio di don Vito: sfuggita a perquisizioni e sequestri («Nemmeno io sapevo dove fosse», chiosa Massimo Ciancimino), è stata ritrovata dalla vedova dell’ex sindaco di Palermo, condannato per mafia e corruzione e morto nel 2002″.

Si tratta di uno scoop che farà discutere, in un momento delicato della vita pubblica. Scrive ancora Arena: “Epifania Silvia Scardino, accompagnata dallo stesso figlio Massimo, alla fine di luglio l’aveva consegnata ai pm Nino Di Matteo e Paolo Guido, assieme ad annotazioni del marito, che parlano pure di altri 25 milioni in contanti di identica provenienza: Silvio Berlusconi. Altro denaro, sempre in contanti e in assegni, sarebbe stato incassato da Ciancimino senior pure da altri due imprenditori-editori, Giuseppe Ciarrapico e Gaetano Caltagirone.

Fra le carte consegnate ai magistrati dell’indagine sulla trattativa fra mafia e Stato, ce ne sono anche altre – tutte da approfondire e sviscerare – che potrebbero fare pensare a presunti legami, interessi comuni, collegamenti fra l’attuale premier o esponenti del suo entourage, come Marcello Dell’Utri, con don Vito. «Io, Dell’Utri e Berlusconi siamo figli della stessa lupa», si legge infatti in una pagina scritta a macchina e la cui paternità è attribuita, ma non con certezza, da Massimo Ciancimino al padre.

C’è pure altro materiale, su cui la Procura sta lavorando: innanzitutto un presunto pizzino di Ciancimino a Bernardo Provenzano, a proposito di finanziamenti (cento milioni di lire) che ancora Berlusconi, o esponenti di Forza Italia, avrebbero versato ai boss in occasione delle elezioni del 2001. Protagonista di queste nuove puntate delle indagini è la madre di Massimo Ciancimino, anziana e malata, che ha pure ricordato presunti incontri tra il marito e il Cavaliere, a Milano, negli anni ‘70″.

fonte : Livesicilia

A Palazzo d'Orleans con le pecore, blitz dei pastori a Palermo

Con un blitz i pastori hanno portato per la prima volta le pecore a pascolare nella sede della Regione Siciliana per denunciare l'impossibilità di continuare a mantenerle nelle proprie aziende a costi che superano il prezzo di vendita del latte. Lo rende noto un comunicato della Coldiretti, in cui si spiega che la mobilitazione dei pastori Coldiretti si è così estesa dalla Sardegna alla Sicilia dove, davanti alla sede della Presidenza della Regione Siciliana, in piazza Indipendenza a Palermo, si sono dati appuntamento circa duemila manifestanti a sostegno dell'invasione del pacifico gregge, anche con la distribuzione di formaggi del territorio contro il falso Made in Italy.

fonte SiciliaInformazioni.com

lunedì 13 settembre 2010

LA SVASTICA VERDE

Ci sono notizie che passano sotto silenzio, o quasi.

Certo, non sono cose gravi come una strage, un omicidio, un rapimento.... ma sono di quelle notizie che piccole piccole, zitte zitte, in silenzio costruiscono pian piano uno sfondo culturale mostruoso, razzista e infernale. Come quello della Germania Nazista. Solo che qui la svastica non è nera, ma verde, e si chiama SOLE DELLE ALPI.



La notizia di qualche mese fa, della mamma che ha perso il suo bambino per un ritardo nei soccorsi in un ospedale del nord, il cui stato di salute era stato sottovalutato con un: "La solita meridionale lagnosa!"

La notizia dello studente di Pisa picchiato a sangue al grido di: "Torna a casa tua, terrone di m***"

La notizia PIU' RECENTE del ragazzo ragusano picchiato a Brescia solo perchè "aveva un accento del Sud"

La scuola elementare di quel paesino lombardo in cui i piccolini vengono indottrinati con l'inno Padano, da insegnanti scelti dal sindaco Padano (magari con teorie del genere: razza eletta, meridionali e marocchini di m***, uno del nord ne vale cento di quelli del sud) e... cosa ancor più grave ... con i simboli del partito stampati sui banchi e sui muri.



Tutto questo è una base puzzolente e marcia di quello che poi viene evidenziato a livello nazionale, da quel brufolo di ministro che osa dire che "Senza la Calabria si vivrebbe meglio", da quell'altro stupido ministro che dichiara "Certi episodi di malasanità succedono solo al Sud" (dimenticando una certa clinica Santa Rita a Milano, dove si rubavano gli organi ai pazienti vivi!!!).

Insomma un ODIO RAZZIALE diffuso che parte dal rumeno o dal marocchino e passa a raggera tutti quanti, meridionali, centro-meridionali .... perfino gli Emiliani non sono abbastanza "puri" (un giovane emiliano si è visto rifiutare una casa a Trieste in quanto "non abbastanza padano"!) per questa manica di animali in pelliccia verde!

Questo odio che stanno seminando lontano dai riflettori quotidiani, nel silenzio di una terra senza legge.... dove si evadono miliardi di euro di fisco e poi si dichiara che è Roma che è ladrona o che "Il Nord non ha soldi per colpa del Sud che succhia il sangue" .... dove chiunque può diventare un piccolo sceriffo, pronto a colpire tutti senza che nessuno controlli o governi ... tutto questo esploderà come l'atomica a Hiroshima.

Perchè mentre loro giocano a fare i nazisti sulla pelle dei poveri cristi, su in padania, noi qua giù ci stiamo organizzando per giocare un gioco più duro.

Se vogliono la guerra l'avranno. E SI FARANNO MOLTO.... MA MOLTO... MALE.



Forse non hanno capito una cosa. Non sono loro che si separano da noi, siamo noi CHE LI MANDIAMO VIA A CALCI IN C***!

di Grazia Emme

Studente 24enne di Ragusa picchiato a Brescia perchè meridionale. La prognosi è riservata

Il ragazzo è stato preso a calci e pugni da un gruppo di teppisti, forse ultras della squadra di calcio del Brescia, che doveva giocare contro il Palermo. Il commento amareggiato del sindaco Dipasquale

Viene riconosciuto come un meridionale da dei giovani teppisti, forse ultras della squadra di calcio del Brescia, che lo picchiano a sangue. E’ la disavventura occorsa ad un ragazzo di Ragusa 24enne, studente universitario prossimo alla laurea, che si era recato nei pressi dello stadio Rigamonti di Brescia (nella foto), dove stava per cominciare la partita in trasferta del Palermo per la seconda giornata di serie A. Lo sfortunato ragazzo è adesso ricoverato in prognosi riservata all’ospedale di Brescia, con diverse fratture alle costole ed infiltrazioni di sangue al polmone. Le sue condizioni sono serie, ma non è in pericolo di vita.

Il giovane di Ragusa, che da anni vive a Brescia per motivi di studio, accompagnato da altri suoi due amici, si trovava nei pressi dello stadio per andare a fare visita ad un amico che risiede in zona. Purtroppo per lui, un gruppo di teppisti ha capito dall’accento che il ragazzo fosse meridionale e lo ha picchiato in maniera selvaggia con calci e pugni. Increduli gli amici del giovane di Ragusa, che hanno tentato invano di fermare gli ultras, che, a quanto pare, sarebbero già stati individuati dalle forze dell’ordine.

Un ennesimo caso di violenza intriso di razzismo. «Rimango sconvolto e senza parole nell’apprendere la notizia dell’aggressione del ragazzo ragusano nei pressi dello stadio di Brescia». Questo il commento amaro del sindaco di Ragusa Nello Dipasquale. «Il giovane – prosegue il primo cittadino – è stato picchiato selvaggiamente, incredibile a dirsi, per via dell’accento meridionale.

Sarei curioso di sapere – aggiunge indignato il primo cittadino di Ragusa - cosa pensa di questo grave atto di violenza il sottosegretario Martini, che ha giudicato la classe politica ragusana mediocre per ciò che attiene la questione del randagismo ed incapace di fronteggiare qualche raro episodio di violenza che si è registrato in provincia di Ragusa, quale il tentativo di violenza di un extracomunitario nei confronti di una dottoressa presso una guardia medica. Ricordo alla Martini che episodi ben più gravi, come quello odierno, accadono anche nel nord Italia. Quello verificatosi oggi a Brescia – conclude il sindaco – è un atto di violenza inaudita, che non può avere alcun attenuante e che va condannato con forza».

fonte : Corrierediragusa.it

domenica 12 settembre 2010

I PRECARI DELLA SCUOLA BLOCCANO GLI IMBARCADERI DI REGGIO E MESSINA

Sono circa un migliaio della scuola che stanno manifestando a Messina contro i tagli dei posti di lavoro previsti nel ddl Gelmini. Insegnanti e personale Ata, provenienti da tutte le province della Sicilia, sono concentrati in piazza Cairoli, dove continuano ad arrivare manifestanti. Presenti anche alcuni rappresentanti di altre regioni: Basilicata Campania e Puglia, mentre dall'altra parte dello Stretto, a Villa San Giovanni, si sta svolgendo un'analoga manifestazione di precari calabresi, ma non solo. Numerosi gli striscioni che inneggiano contro la politica dei tagli del governo. Alcuni manifestanti indossano t-shirt con scritto "Né farabutti, né fannulloni, sono lavoratori", e i cori ripetono "Vogliamo un solo licenziato: ministro Gelmini disoccupato". Numerose le bandiere della Cgil. Una precaria di 25 anni, Claudia Urzì, del coordinamento di Catania, spiega che "quello di oggi è un ponte umano che unisce le giuste rivendicazioni dei lavoratori, contro quel ponte degli sprechi che dovrebbe unire Sicilia e Calabria". Massiccia la presenza delle forze dell'ordine.
Tensione a Messina tra manifestanti e polizia. Le forze dell'ordine hanno creato un cordone per impedire ai precari, giunti alla stazione ferroviaria, di dirigersi verso gli imbarcaderi. Ma alcuni manifestanti sono riusciti ad aggirare il blocco, imboccando un accesso alternativo, dal lato dei binari, e sono arrivati davanti a un traghetto, dove però sono stati fermati dalla polizia prima di poter salire sulla nave. Un migliaio, dei circa quattromila manifestanti, adesso si trova all'invasatura degli imbarcaderi Fs, davanti alla nave "Riace". I manifestanti si sono seduti sul molo e hanno di fronte uno spesso cordone di polizia.
Il migliaio di precari della scuola, che staziona sul molo delle Fs all'imbarcadero di Messina, ha bloccato il collegamento da e per Villa San Giovanni, occupando tutte le invasature. Le navi non possono salpare né attraccare. Anche i precari radunati sulla sponda calabrese dello Stretto, a Villa San Giovanni, stanno bloccando il viale che dagli imbarcaderi conduce verso l'autostrada Salerno-Reggio Calabria, con conseguente paralisi del traffico.
A Villa San Giovanni i manifestanti si sono mossi in corteo percorrendo viale Italia, che si trova all'uscita degli imbarcarderi e conduce verso la A3, quindi, giunti a metà, si sono fermati e seduti per terra. Il blocco, secondo quanto è stato riferito, dovrebbe essere temporaneo. Prima della partenza del corteo c'é stato anche un chiarimento tra i rappresentanti sindacali della Rdb e della Cgil che hanno così ricomposto le incomprensioni che si erano registrate all'inizio della manifestazione. Nel corso di un'assemblea improvvisata, i rappresentanti calabresi della Rdb hanno poi sostenuto che "la lotta comincia a dare i primi risultati. Domani incontreremo l'assessore regionale alla pubblica istruzione. Ai politici, poi, diciamo basta con le passarelle ed al ministro Maroni diciamo che la legalità passa anche dall'istruzione". "Non vogliamo - hanno aggiunto i sindacalisti - l'elemosina dei progetti regionali perché non servono. Occorrono investimenti per la scuola e per i docenti". Elisabetta Bambello, della Cgil Flc comprensoriale di Reggio Calabria, e Gemma Sorbonà, della Cgil precari, hanno sottolineato come lo scorso anno "20 mila precari sono rimasti senza contratto ai quali se ne aggiungeranno altri 25 mila quest'anno. Chiediamo quindi la riapertura del turn over". "Tendiamo la mano - hanno aggiunto le sindacaliste - all'altra sponda dello Stretto. Calabria e Sicilia sono le regioni più colpite dai tagli della Gelmini". Volantini in cui sono spiegate le ragioni della protesta, vengono consegnati agli automobilisti in coda.

fonte : SiciliaInformazioni

sabato 11 settembre 2010

MARINO CECHET NUOVO REFERENTE A TRIESTE DELL' EVIS

Siamo lieti ed onorati di comunicare che Marino Cechet è il Referente di Trieste per l 'EVIS.
Al nostro fratello Marino diamo il Benvenuto, augurandogli buon lavoro, certi che con il suo impegno l' EVIS riceverà un nuovo e positivo impulso.

Neva Allegra, Segretaria Nazionale dell' EVIS - Partito per l 'Indipendenza della Sicilia
Pietro Di Caro, Segretario Giovanile

Valentina Fratearcangeli nuova Segretaria Giovanile dell ' EVIS per Roma e per la Regione Lazio

Siamo lieti ed onorati di comunicare che Valentina Fratearcangeli è la nuova Coordinatrice Giovanile dell' EVIS della regione Lazio
Alla nostro giovane Sorella Valentina, diamo il Benvenuto, augurandole buon lavoro, certi che con il suo impegno l' EVIS a Roma e nel Lazio riceverà un nuovo e positivo impulso!
ANTUDO !

Neva Allegra,Segretaria Nazionale dell' EVIS - Partito per l ' Indipendenza della Sicilia
Pietro Di Caro, Segretario Giovanile Nazionale Dell' EVIS

PIETRO MINARDI NUOVO COORDINATORE DELL' EVIS DI PALERMO

Siamo lieti ed onorati di comunicare che Pietro Mainardi è il nuovo Coordinatore dell' EVIS di Palermo e del territorio circostante .
Al nostro giovane Fratello Pietro, diamo il Benvenuto, augurandogli buon lavoro, certi che con il suo impegno l' EVIS a Palermo riceverà un nuovo e positivo impulso!
ANTUDO !

Neva Allegra, Segretaria Nazionale dell' EVIS - Partito per l ' Indipendenza della Sicilia
Pietro Di Caro, Segretario Giovanile dell' EVIS

DANIELE CACCIATO NUOVO COORDINATORE DELL' EVIS DI CATANIA

Siamo lieti ed onorati di comunicare che Daniele Cacciato è il nuovo Coordinatore dell' EVIS di Catania e del territorio circostante .
Al nostro Fratello Daniele, diamo il Benvenuto, augurandogli buon lavoro, certi che con il suo impegno l' EVIS a Catania riceverà un nuovo e positivo impulso!
ANTUDO !

Neva Allegra, Segretaria Nazionale dell' EVIS - Partito per l ' Indipendenza della Sicilia

Pietro Di Caro, Segretario Giovanile dell' EVIS

venerdì 10 settembre 2010

La protesta dei precari della scuola In 7mila pronti a “invadere” lo Stretto

Saranno circa 7 mila, secondo gli organizzatori, i precari della scuola che domenica manifesteranno sulle due sponde dello Stretto di Messina, contro i tagli della legge 133 e la riforma del ministro dell’Istruzione Maria Stella Gelmini. Non è previsto il blocco degli imbarcaderi, ma un presidio simbolico “per sottolineare che la priorità è la tutela della scuola pubblica e dei posti di lavoro e non il Ponte sullo Stretto”.
La mobilitazione è stata promossa dalla rete dei precari di Agrigento e hanno aderito la Flc-Cgil, i Cobas, il Coordinamento dei precari in lotta e i comitati provinciali.
I precari giungeranno a Messina da ogni parte della Sicilia con pullman e auto private: tre pullman da Trapani, quattro da Catania, uno da Ragusa, uno da Enna, uno da Caltanissetta, cinque da Palermo, due da Agrigento, uno da Siracusa. Il concentramento è previsto alle 10,30 in zona Masotto, in via della Libertà, all’altezza della Fiera campionaria, di fronte agli imbarcaderi. Sulla sponda opposta, a Villa San Giovanni, è previsto l’arrivo di pullman dalla Puglia e dalla Campania. “Non abbiamo intenzione di bloccare gli imbarcaderi, faremo un volantinaggio per sensibilizzare l’opinione pubblica. La Sicilia è la regione più colpita dai tagli dopo la Campania – dice Emma Iannì della Rete precari di Agrigento – Spero che il governo capisca che si tratta di una mobilitazione spontanea e che i precari non sono oggetto di strumentalizzazioni politiche”.

Alla mobilitazione ‘Invadiamo lo Stretto” hanno aderito gli studenti medi, l’Udu, il coordinamento genitori democratici e una delegazione del comitato genitori di bambini autistici di Palermo. “Questa iniziativa è la premessa per la manifestazione regionale del 18 settembre a Palermo, promossa dalla Cgil – dice Calogero Guzzetta, segretario provinciale della Flc di Palermo – con i lavoratori di tutte le categorie interessate dalla crisi occupazionale. Occorre essere vicini ai preccari, portiamo il dissenso nelle piazze oltre che nelle sedi istituzionali”.
Per Barbara Evola del Corodinamento precari scuola in lotta “la manifestazione è un’occasione importante per
sensibilizzare la gente sul problema dei tagli, circa 15 mila quest’anno, che ricadono soprattutto nelle regioni del Sud”.
“E’ inquietante il finto appoggio del governo Lombardo ai precari – prosegue – dato che il Mpa ha votato per la riforma
del ministro Gelmini, di cui chiediamo le dimissioni con il ritiro della legge 133. Chiediamo anche l’apertura di un
confronto per una riforma seria della scuola”.

fonte : Liwesicilia

mercoledì 8 settembre 2010

"Bloccheremo lo Stretto"

ROMA - "Abbiamo intenzione di bloccare lo Stretto di Messina domenica 12 settembre, alla vigilia dell'apertura dell'anno scolastico". È il proposito di alcuni precari della scuola che oggi hanno partecipato al sit in di Piazza Montecitorio. Si tratta di una forma estrema di protesta contro i tagli, per la quale, ha sottolineato un manifestante, "ci sono già dei pullman organizzati".

Il comitato dei precari, che da settimane protesta a Palermo davanti alla sede del provveditorato, prevede che domenica potrebbero confluire a Messina 1.500 persone. Pullman partiranno da diverse città siciliane e anche un gruppo di precari pugliesi si starebbe organizzando per arrivare nella città dello Stretto e unirsi ai colleghi siciliani.

Le problematiche del personale scolastico precario delle province di Ragusa e Palermo sono state al centro della riunione che si è svolta oggi pomeriggio tra l'assessore regionale all'Istruzione e alla Formazione professionale, Mario Centorrino, e una delegazione del sindacato Gilda degli insegnanti delle due province siciliane.

In particolare, sono state sottoposte a Centorrino le richieste di rafforzare l'organico del personale di sostegno e dei collaboratori scolastici, ed è stata evidenziata la necessità "di monitorare l'applicazione e gli effetti del cosiddetto decreto Gelmini, salva precari".

Centorrino ha intanto assicurato che, su sua precisa indicazione, gli uffici competenti dell'assessorato, con la collaborazione delle dirigenze scolastiche provinciali, degli enti locali e delle Prefetture, hanno già iniziato un'azione di verifica delle condizioni di sicurezza delle scuole siciliane.

"Questa azione - ha detto Centorrino- risulta essere un'operazione propedeutica e necessaria alle richieste, nelle sedi competenti, del rispetto delle regole esistenti in materia di sicurezza e riduzione del rischio, con riferimento al numero di allievi per classe".

"Mi sono impegnato - ha aggiunto l'assessore - a portare avanti una mobilitazione politica bipartisan per offrire soluzioni mirate al miglioramento della qualità dell'offerta didattica che possano, in qualche modo, contribuire, seppur in minima parte, a limitare il disagio che attualmente caratterizza il sistema del precariato scolastico".

"In questo senso - ha concluso - la Regione sta attivando una serie di risorse previste dai progetti finanziati dal fondo sociale europeo". All'incontro ha partecipato anche l'onorevole Riccardo Minardo.

Intanto il segretario della Cisl, Vito Cudia, rende noto che il ministero dell'Istruzione ha autorizzato 40 posti di assistente tecnico nelle scuole della provincia di Palermo. "Il risultato, anche se non risolutivo - spiega il sindacalista - rispetto alla grave situazione determinata dai tagli, dà da oggi nuove certezze a 40 lavoratori".

fonte : lasiciliaweb.it

La tela del governo sulla pelle dei siciliani

Il gioco di Lombardo si fa intricato, un rompicapo di Rubik, una sfida alla sua mente complessa. Da un canto è d’uopo accelerare pro forma, premere il pedale sul rimpasto, tenendo presente il punto (“I tecnici non mi appassionano. Però conta la maggioranza”). D’altro canto è necessario andarci piano per sopravvivere. Come Penelope, Raffaele disfa di notte quello che tesse di giorno. Ha un filo di interdizione e lo usa con cautela, affidandosi alla melina. Sa che l’alchimia è difficile. Non sarà possibile accontentare tutti, stavolta. Non scegliere, non decidere, non governare: i tre imperativi categorici dell’unica salvezza possibile. Bisogna tenere gli altri col fiato sospeso, strizzando l’occhio a questo e a quello, senza impalmare nessuno. Bisogna resistere nel fortino, rintuzzando soavemente le iniziative dei nemici di sempre e degli ex amici perfino più acerrimi. Vai con l’ordinaria amministrazione, intanto, spacciando per vittoria epica la battaglietta sull’aeroporto di Comiso. Vai con le nomine di sottogoverno. Piazzando cavalli e fanti, qualcosa, tra le macerie, resterà. Raffaele farà la sua mossa sulla scacchiera, certo, cercando probabilmente l’arrocco del governo tecnico con spruzzatine politiche. Un ibrido. Per lui il male minore.

Nel frattempo, la Sicilia è un vagone fermo su un binario morto, una locomotiva senza macchinista, con tanti saluti all’inizio del viaggio che era stato – nel bene o nel male – veemente. Agli affamati, alle fauci spalancate, ai volti pigolanti vengono offerti bollettini fantasmagorici, pillole di rassicurazione. Il blog del presidente sembra il diario personale di Napoleone e dei suoi successi. Raffaele Lombardo, nei video informali senza giacca, ma con la cravatta, spiega, benedice e assolve. Il termine “ascari” è il più ricorrente. La debolezza del sovrano deve poter contare sull’ombra di un nemico a cui dare la colpa. C’è sempre un fantasma sul rogo per sfamare il popolo con la rabbia e l’indignazione, se il pane non c’è.

In questo desolante tramonto di regno, nessuno ha davvero le carte in regola. E tutti hanno perso di vista il senso non della missione – che sarebbe parola troppo grossa per i soggetti in campo – ma del mestiere. Il titanico braccio di ferro tra Fini e Berlusconi paralizza le menti, confonde le favelle già abbastanza confuse. Miccichè si è smarrito, sta tentando di ritagliarsi un ridotto della Valtellina, un’opzione di fuga, casomai Silvio dovesse intimargli l’aut aut del brusco ritorno all’ovile con forche caudine annesse. L’Udc predica bene e sta fermo al cospetto dello sfacelo. Il Pdl doc è una nuvola gonfia di rancori e tensioni verso il mondo cattivo, contro gli usurpatori, i traditori della corona. Il Pd è dilaniato e sta lentamente scomparendo dalla scena, tra le spire delle sue contraddizioni. Giuseppe Lupo venne eletto per dare una sterzata morale e politica. Oggi somiglia di più al notaio di un collasso irreversibile. Granata, per il Fini Team, parla e scrive tantissimo in pieno trip da ribalta mediatica. In compenso, chi lo capisce è proprio bravo.

Stanno lì alla finestra del palazzo gli aristocratici del potere. Si passano il cerino, scrutando con ansia la guerra che si combatte nell’alto dei cieli. Si vestono da protagonisti della vita pubblica e sono mezze porzioni. La Sicilia è un atollo da esperimenti nucleari, una terra disgraziata senza governanti, senza oppositori dei governanti, senza figure in possesso almeno di un diploma di decenza. Una volta Totò Cintola disse: “Questi sono i peggiori di tutti”. Primato difficile, in effetti. Aveva forse torto quella vecchia e simpatica volpe, morta spelacchiata nell’ipocrita silenzio dei suoi onesti colleghi?

fonte : Livesicilia

martedì 7 settembre 2010

Mafia, l'ultimo intrigo dell'Addaura sparite le telefonate tra il boss e gli 007

CALTANISSETTA - I misteri sulle stragi siciliane non finiscono mai. Dopo i sicari di mafia e di Stato che volevano Giovanni Falcone morto già tre anni prima di Capaci, dopo le indagini dirottate verso il nulla, dopo l'omicidio di due poliziotti troppo leali, adesso sono sparite anche le carte che raccontavano chi - dentro gli apparati - era pronto a far fuori il giudice di Palermo. Un altro intrigo. Un'altra congiura di talpe e spie infedeli. Anno dopo anno sono scomparsi molti fascicoli dalle inchieste sui massacri dell'estate del '92, per esempio oggi non si trovano più i tabulati delle telefonate di uno dei personaggi centrali di queste trame siciliane, un mafioso condannato all'ergastolo per l'omicidio di Paolo Borsellino ma che è scivolato anche nelle indagini sul fallito attentato all'Addaura - il 21 giugno 1989 - contro Falcone. Tutto quello che era agli atti su Gaetano Scotto, boss dell'Arenella che per conto di Cosa Nostra gestiva i rapporti con gli uomini dei servizi segreti, è stato portato via: è stata sottratta la mappa di tutti i suoi contatti, ogni chiamata in entrata e in uscita. Fra le montagne di documenti processuali abbandonati in un magazzino della polizia fino a qualche mese fa, non ci sono più le tracce delle relazioni che il mafioso aveva avuto con quegli 007 con i quali "dialogava" da anni, funzionari dei servizi che sono finiti nelle inchieste sull'Addaura, sulla strage di Capaci, sulla bomba di via Mariano D'Amelio. "Gaetano Scotto è l'uomo chiave dei contatti fra le cosche e l'intelligence, ma i fascicoli dove c'erano i suoi tabulati li abbiamo inutilmente cercati", spiegano gli investigatori che hanno ricominciato a indagare sui complotti dell'estate del 1992.

Così la procura della repubblica di Caltanissetta - senza più i tabulati di Gaetano Scotto - è ripartita da dove aveva lasciato all'inizio della primavera: dalle scorribande dei nostri servizi, da quelle "manine" che strage dopo strage hanno occultato prove e nascosto indizi. È la pista che porta ai mandanti "altri" e che, al momento, ruota intorno a quel nome: Gaetano Scotto. È il boss che attraversa tutti i misteri di Palermo dal 1989 al 1992, dall'Addaura a via Mariano D'Amelio passando per Capaci. È il "centro" per decifrare i collegamenti che ci sono stati fra i Corleonesi di Totò Riina e alcune fazioni degli apparati, il mafioso che custodisce i segreti delle bombe. Scomparsi i tabulati delle sue telefonate resta lui. Resta lui dietro ogni esplosione, dietro ogni patto di Cosa Nostra con chi aveva deciso che Giovanni Falcone doveva comunque morire.
È stato lui, Scotto - lo racconta ai procuratori di Caltanissetta uno degli ultimi pentiti, Angelo Fontana - a procurare il detonatore che avrebbe dovuto far saltare in aria Falcone il 21 giugno del 1989 davanti alla sua villa dell'Addaura. Quel giorno i sicari arrivarono da terra e non dal mare come si era ipotizzato per vent'anni. Mafiosi e "presenze estranee" a Cosa Nostra, tutti insieme per uccidere il giudice. Con loro fu avvistato, "nelle vicinanze" anche quell'uomo con la "faccia da mostro" che gli investigatori cercano da un anno senza trovarlo. Forse un poliziotto, forse un agente dell'intelligence segnalato da più testimoni sempre sui luoghi di ogni strage in Sicilia.

È stato lui, Scotto - lo racconta un altro pentito, Vito Lo Forte - che un mese e mezzo dopo il fallito attentato all'Addaura avrebbe avuto un ruolo nell'omicidio del poliziotto Nino Agostino e di sua moglie Ida "perché Agostino aveva scoperto un collegamento fra mafia e Questura". Il poliziotto, il giorno dell'attentato, era là sugli scogli e probabilmente salvò la vita al giudice Falcone insieme al collaboratore del Sisde Emanuele Piazza. Ucciso Agostino e fatto sparire Piazza (prelevato nella sua casa di Sferracavallo e poi strangolato, il suo cadavere non è mai stato ritrovato) per cancellare ogni traccia di ciò che era avvenuto all'Addaura. Prima i delitti dei due poliziotti, poi le carte di Nino Agostino - appunti - scomparsi dalla sua casa, poi ancora le indagini sui loro omicidi concentrate su assurde "piste passionali". Delitti e depistaggi.
È stato sempre lui, Scotto - lo raccontano le indagini sviluppate fra il 1993 e il 1994 - a mantenersi in contatto telefonico costante nei giorni della morte di Paolo Borsellino con una base dei servizi segreti acquartierata sulla cima di Montepellegrino, a Castel Utveggio, proprio sopra via Mariano D'Amelio.

Ufficialmente a Castel Utveggio c'era una scuola di eccellenza per manager, in realtà era un covo di spie dell'Alto Commissariato che fu smobilitato un paio di settimane prima che l'inchiesta sulle stragi siciliane puntasse proprio in quella direzione. Una quindicina di anni fa erano stati acquisiti tutti i tabulati delle telefonate di Gaetano Scotto con quei personaggi della scuola per manager, i procuratori di Caltanissetta avrebbero voluto riesaminarli dopo la scoperta di un coinvolgimento dei servizi nelle stragi, ma quando hanno ordinato alla polizia giudiziaria di recuperare i tabulati non hanno trovato un solo foglio. Telefonate fra alti funzionari e Gaetano Scotto e telefonate fra alti funzionari e Giovanni Scaduto, un boss di Bagheria condannato all'ergastolo per l'omicidio dell'esattore Ignazio Salvo e già in contatto con i cellulari clonati di Gioacchino la Barbera e Antonino Gioè, due degli attentatori di Capaci. Intrecci. Tracce telefoniche che partono da una strage e portano all'altra. Chiamate insistite nelle ore precedenti e successive alle bombe negli Usa, in Slovenia, in Germania. E in una stanza di Villa Igiea, il lussuoso hotel palermitano in stile liberty che probabilmente era diventato - fra una bomba e l'altra - la base operativa di qualcuno.

I tabulati di Gaetano Scotto, già allora - durante le indagini fra il 1993 e il 1994 - fecero intuire che non era stata soltanto la mafia siciliana a ordinare prima l'uccisione di Giovanni Falcone e neanche due mesi dopo quella di Paolo Borsellino. Ecco perché i tabulati non si trovano più.

Tutta l'inchiesta di Caltanissetta ricomincia ora da un collegamento certo fra il fallito attentato all'Addaura e via Mariano D'Amelio, tutto ricomincia da Gaetano Scotto che dopo l'ergastolo per l'uccisione di Borsellino tre mesi fa è stato indagato anche per l'esplosivo davanti alla villa di Giovanni Falcone. Il suo nome è stato svelato anche da Massimo Ciancimino, che nel suo interminabile tira e molla di rivelazioni avrebbe visto Scotto in compagnia dell'autista del famigerato "signor Franco", l'uomo dei servizi segreti che per una trentina di anni ha protetto suo padre Vito. L'identità di quest'altro boss degli apparati - "il signor Franco" - è ancora ignota. E, stando alle identificazioni ufficiose e alle smentite ufficiali (e ai nomi altamente improbabili fatti circolare ad arte come puro veleno) del rampollo dell'ex sindaco mafioso di Palermo, ignota probabilmente resterà ancora.

Fonte : la Repubblica

Esce la Sicilia ed entra la Libia in Unicredit. La marginalizzazione del Sud nel business con il Colonnello

E’ come se, dopo il matrimonio, un membro della tua famiglia fosse entrato a fare parte di un’altra famiglia, perdendo il nome e l’appartenenza. Non è scomparso ma la sua vita non ha più niente a che vedere con il “nucleo” originario. E’ più o meno questo, romanticheria azzardata compresa, l’ottica con cui dalla Sicilia si guarda ad Unicredit, diventata Banca unica. Spazzato via il Banco di Sicilia, anche come marchio, l’istituto di credito siciliano con i suoi sportelli, risparmi, clienti e governance interna, continua a vivere nel Bancone di Piazza Cordusio.

La riforma strategica voluta dall’ad di Unicredit, Alessandro Profumo, ha fatto danno alla Sicilia per via del cambio di sede legale, che provoca il trasferimento dei versamenti fiscali, ben 250 milioni di euro l’anno, che vengono scippati dal magro portafogli regionale.

Ma c’è di più: per una singolare coincidenza, la dismissione del Banco di Sicilia è giunta a conclusione mentre dall’altra sponda del Mediterraneo, la Libia, incrementa la sua presenza in Unicredit, diventando il più importante azionista con il suo 7 per cento. Un incremento che ha dato vita a polemiche, seppure soft (nello stile del mondo della finanza), perché sarebbe stato bypassato un limite statutario, il 5 per cento, grazie ad un espediente messo in atto dai libici. L’acquisto di nuove azioni è stato fatto effettuato dalla Lia, una sigla che rappresenta fondi sovrani libici, al pari della Banca Centrale della Libia, azionista del pacchetto originario del 4,9 per cento. La Lega Nord non ha gradito, il Presidente di Unicredit Dieter Rampl nemmeno (all’oscuro dell’operazione). Al Presidente della Fondazione Banco di Sicilia (sopravvissuta all’annientamento), Gianni Puglisi, è toccata la difesa d’ufficio di Profumo. La politica rimanga fuori dalle vicende bancarie, ha raccomandato Puglisi. A meno che, aggiungiamo noi, non faccia ciò che desideriamo che faccia, perché è stata la politica a fare del Banco di Sicilia uno degli istituti di credito più importanti d’Europa, la politica a cancellarlo dal mondo del credito dopo un pellegrinaggio diventato una insopportabile agonia. E’ la politica a dare alle fondazioni un enorme potere e a farle sopravvivere agli istituti di credito di appartenenza, ed è infine la politica a scegliere gli amministratori delle Fondazioni, senza pretendere – di fato – nulla in cambio, o quasi.

La forte presenza libica in Unicredit non è certo un’operazione che comincia e finisce nel mondo della finanza. Essa accompagna il nuovo regime di relazioni fra il Colonnello Gheddafi e il Presidente del Consiglio italiano. Un business miliardario che verrà gestito da Tripoli e Roma e permetterà alle imprese “gradite” di goderne i benefici. E che si tratti di grossi affari non ci sono dubbi, se n’è avuto conferma nei giorni scorsi, quando le storiche piazze imprenditoriali dell’Isola (Catania in testa), hanno suonato i tamburi della pioggia, temendo di essere esclusi dalla partita libica.

E’ probabile che gli “avanzi” arrivino anche a qualche impresa siciliana se il Presidente della Regione, Raffaele Lombardo, ha inserito il “tema” nella sua agenda di lavoro in occasione dell’incontro – mercoledi – con il Capo del governo, Berlusconi. Avanzi, perché la Sicilia è fuori dal giro (cricche comprese), e non ha alcun peso politico, finanziario, industriale o altro.

La Fondazione Banco di Sicilia, presieduta da Gianni Puglisi, ha lo stesso ruolo del Ministro Rotondi nel governo Berlusconi: di testimonianza e di interdizione. Parla per conto di Profumo, ma non per conto della Sicilia. Ma a differenza di Rotondi che s’arrabbia ( ma passa prestissimo), Puglisi getta acqua sul fuoco (ha detto che la questione libica in Unicredit è una tempesta in un bicchiere d’acqua).

Nessun cenno all’uscita del Banco di Sicilia (e della Sicilia) dal “salotto” finanziario italiano (storia vecchia, ma attuale) e l’ingresso della Libia a vele spiegate. Si è realizzato il sogno di quel maresciallo dei carabinieri che in uno storico film di mafia, guadando la carta geografica dell’Italia sulla parete, provato dall’enormità del crimine che imperversava,nasconde con il palmo della mano aperto l’Isola e gode al pensiero che essa non esista.


La realtà geografica del confine “marittimo”, di dirimpettai di Tripoli, non può essere cancellata, ma l’esistenza in vita dell’Isola come entità politica sì, assai facilmente.


Unicredit rastrella risparmi siciliani, e va dove il core business comanda. La governance padana delle Fondazioni sorveglia e bacchetta senza infierire. Piazza Cordusio, in definitiva, è più che mai “nordica” e sta per accompagnare lo sbarco in Libia delle imprese padane.

fonte : SiciliaInformazioni.com

domenica 5 settembre 2010

I MOTI DI RACALMUTO DEL 6 SETTEMBRE 1862

Le celebrazioni in corso del 150° dell'Unità d'Italia, per molti, stanno rappresentando l'occasione per saperne di più sugli avvenimenti che contrassegnarono quell'epoca. Ed è così che si avverte subito il bisogno di alzare il velo retorico e menzognero che per tanto tempo ha coperto una cruda e sanguinosa realtà. L'Unità d'Italia non fu una rivoluzione di popolo e non si tradusse in condizioni di vita migliori, rispetto a prima, per le masse popolari. Anzi. Fu una vera e propria guerra di conquista del Piemonte con il concorso esterno dell'Inghilterra (gli USA di allora) che provocò una guerra civile in tutto l'ex Regno delle Due Sicilie durata 10 anni. Numerose frange di popolazione si costituirono in bande di resistenza partigiana e reagirono al nuovo ordine sabaudo, con coraggio e determinazione, impugnando le armi e attaccando gli uomini, i luoghi e i simboli del nuovo potere costituito. Questi partigiani vennero qualificati, immediatamente, da parte governativa come "briganti" e fu data loro un "caccia" feroce e senza riguardi per le popolazioni che li spalleggiavano o che venivano soltanto ritenute tali. In Italia, fu proclamato, per il solo sud e per diverse volte, lo stato d'assedio. Gli arresti e le esecuzioni sommarie vennero eseguiti con spietatezza dall'esercito del nord. Lo Stato piemontese, denominato ora Italia, andava spogliando i comuni dei beni demaniali e la chiesa dei suoi feudi. Ne incassava il ricavato delle vendite e faceva così arricchire chi era già ricco e impoverire chi era già povero. La vendita di quelle terre accrebbe il già vasto ed esteso latifondo "privato" privando i contadini degli usi civici (per tanti di importanza vitale) su quei beni. Nei approfittarono, i baroni, i gabelloti, i "Mastro Don Gesualdo". Ai contadini, invece, toccarono nuove tasse, condizioni di sfruttamento peggiori e il servizio militare obbligatorio. Quest'ultimo fu vissuto come una vera e propria sciagura dalle popolazioni meridionali. Immaginate cosa poteva significare per una famiglia di contadini o di zolfatai, in quell'epoca, privarsi delle braccia di un giovane per cinque anni (tanto durava la chiamata alle armi!). La Sicilia, tra l'altro e tranne per una breve parentesi negli anni 1818-1821 che produsse a sua volta delle energiche rivolte, era sempre stata esentata dalla leva obbligatoria. Furono i "nuovi liberatori" ad imporlo con una inaudita ed implacabile violenza e rigore.

L'anno 1862 era iniziato in Sicilia con i moti contro la leva di Castellammare del Golfo (1° gennaio), repressi con l'impiego in massa dell'esercito sabaudo, e con fucilazioni immediate e indiscriminate sul posto (venne anche fucilata una bambina di 8 anni, Angelina Romano). Ma fu tutta l'isola e il sud, quell'anno, ad essere interessati a moti di ribellione. Le colonne mobili dell'esercito, composte da soldati "stranieri" che ricorrevano all'interprete per parlare con i popolani, furono impiegate dappertutto per ripristinare "l'ordine" del nuovo Re e del nuovo Stato.

Il 6 settembre 1862 Racalmuto divenne l'epicentro delle rivolte nella provincia di Girgenti.

Così ci descrive, in un rapporto inviato a Torino (allora capitale del Regno) al ministro degli Interni, "i vandalici fatti consumati a Racalmuto" il prefetto di Girgenti di allora, il toscano ed ex direttore delle Terme di Montecatini, Enrico Falconcini:



"Il giorno 6 il paese cadde in preda ad un terribile disordine. I malviventi, i rei di omicidi e furti, tutti latitanti alla giustizia, i coscritti renitenti e persone di mal affare sopraggiungevano nel paese, quale orda invaditrice cui non opponeva resistenza la guardia nazionale sebbene eccitata e capitanata dal giudice di mandamento. Era saccheggiata la caserma dei carabinieri, i quali fatta resistenza dovettero ritirarsi; si appiccò il fuoco agli archivi del comune e della percettoria ed agli stemmi sabaudi; fu aggredito e saccheggiato il corpo di guardia della milizia nazionale; si saccheggiava il casino di compagnia, si aprivano le carceri ai detenuti, si aggrediva la vettura corriera, derubando i passeggeri e bruciando in piazza fra l'orda popolare i dispacci postali, e così paralizzata l'azione di ogni autorità, gli abitanti si scambiavano fra loro secondo i partiti colpi di fucile che fortunatamente non produssero lacrimevoli effetti: pel terrore che dominava tutto il paese mancarono i rapporti ufficiali, non giungendo qui che ragguagli confusi e tutti insieme nel solo dì 7. Anche la città di Girgenti si agitava tentandosi una pressione sull'autorità per inviare sul posto la guardia nazionale di Girgenti. In questo stato di cose veramente anormale con guarnigione assai scarsa qui e con altri luoghi della provincia inquieti, il sottoscritto dispose della poca truppa della guarnigione, e nella notte del 7 settembre una colonna andò sul posto per rimettere l'ordine, arrestare i colpevoli e fare eseguire in ogni parte il proclama del generale Cialdini sullo stato di assedio, intimando il disarmo del paese e la sospensione della guardia nazionale che come corpo non aveva fatto bona prova di sé.....

Gli arresti furono eseguiti dalla truppa nel numero di sessanta circa...

Ma non tutto era ultimato perché molte delle persone compromesse nei disordini, costituiti in banda di circa 150 soggetti, tutti debitori di reati o renitenti alle leve, si accampavano in armi nei monti circostanti al paese quasi gettando una sfida alla truppa, che non poteva agire contro loro, preoccupata come era nell'interno ad eseguire il disarmo, custodire gli arrestati e mantenere la quiete.

Una compagnia di bersaglieri sotto gli ordini del maggior comandante il 6° battaglione, moveva di qui nella notte dell'11 per dare la battuta ai briganti ricoverati nel monte detto Castellazzo. Difetto di preventiva intelligenza colla prefettura di Caltanissetta, sebbene richiesta, fece sì che dato l'assalto dalla colonna i briganti retrocessero e non trovata altra truppa che li attaccasse a tergo poterono rifuggirsi isolatamente nella provincia suddetta, ma cessò la loro presenza d'infestare le campagne e minacciare di nuovo Racalmuto.

Rimasta in questo luogo una compagnia di bersaglieri, che sembrò sufficiente a tenere in rispetto l'autorità del governo, ai 18 settembre fu eseguita la traduzione dei detenuti a Girgenti per disporne come di ragione; ed in fatti molti sono stati già liberati dal potere ordinario, i veri colpevoli essendosi resi latitanti, ed altri in minor numero essendo rimasti in carcere come dediti a qualunque azione criminosa."

Questo documento, essendo un rapporto ufficiale, rappresenta una fonte storica "primaria" per la ricostruzione di quella rivolta; ma non ci da un quadro completo, esaustivo ed imparziale di quei fatti.

Nel rapporto non c'è alcun cenno a morti o a ferimenti in seguito a quegli scontri: circostanza assai poco probabile in uno scontro a fuoco di quelle proporzioni! Si parla di una sessantina di arresti ma si dice che i veri rivoltosi si erano rifugiati al "Castellazzo" (il Castelluccio). Ma allora chi arrestarono? Forse i parenti per rappresaglia? Inoltre, si fa riferimento al "proclama del generale Cialdini" che prevedeva la fucilazione arbitraria e immediata da parte dei militari al primo indizio di brigantaggio, ma non si dice se e quante fucilazioni vennero fatte a Racalmuto.

Sappiamo, che per analoghe rivolte, in tutto il sud Italia la repressione fu feroce. Possibile che a Racalmuto non ve ne furono?

La rivolta di Castellammare del Golfo del 1° gennaio di quell'anno e di cui abbiamo molte più notizie presenta delle caratteristiche molto simili a quella di Racalmuto. A Castellammare la rivolta si scatenò contro le famiglie borghesi "unitarie" che a Racalmuto aveva nel partito "garibaldino" dei Matrona i loro rappresentanti. Ma dei fatti di sangue di Castellammare ne parlò la stampa nazionale, la pubblica opinione ne rimase impressionata e venne aperto persino un dibattito parlamentare a Torino. E' da ritenere che fu proprio il clamore suscitato dai metodi piemontesi in quell'occasione (tali metodi "italiani" ebbero anche un'eco internazionale e vi fu persino un dibattito alla camera dei Lords a Londra) che in seguito ci si rese conto della necessità di una maggiore riservatezza nel diffondere "particolari raccapriccianti" di altri casi simili. Casi che, del resto, erano stati demandati alla competenza delle sole autorità militari e che non dovevano risponderne a nessuno. Ma dobbiamo registrare che vi fu anche una vera e propria congiura del silenzio da parte dei "galantuomini": i signori locali che erano gli unici che avrebbero potuto lasciare delle testimonianza scritte essendo i popolani, che subivano quelle vessazioni e quelle violenze, del tutto analfabeti. E fu così che, per ritrovare una prima ricostruzione scritta dei fatti racalmutesi del 1862 occorre aspettare più di un secolo ed esattamente il 1969 anno in cui uscì il libro di Eugenio Messana "Racalmuto nella storia della Sicilia". Messana, che non conosceva lo scritto di Falconcini (questi venne infatti "riesumato dalla biblioteca della Camera dei Deputati da Leonardo Sciascia successivamente nei primi anni ottanta) ci fa sapere i nomi di gran parte degli arrestati. In particolare ci fa sapere di un Salvatore Rosina che "dovette anche rispondere di omicidio volontario durante la sparatoria e che furono condannati, tra gli altri, con sentenza del 15 luglio 1865 "per attentato a distruggere la forma di governo" ai lavori forzati da scontare nel Bagno penale di Ancona e a vita, Baldassare Marchese e Giuseppe Molisenna, a dieci anni per sola complicità Salvatore Macaluso e a ventidue anni per omicidio volontario Calogero Rizzo.

Quindi a Racalmuto si uccise e vi furono delle condanne "politiche". Ma non erano, a detta del prefetto Falconcini, "malviventi, i rei di omicidi e furti, tutti latitanti alla giustizia, i coscritti renitenti e persone di mal affare" ? E i "colpi di fucile che fortunatamente non produssero lacrimevoli effetti" ? Falconcini non dice tutta la verità. Purtroppo dalle ricerche d'archivio realizzate da Messana, nulla è emerso sui caduti della rivolta e sulle probabili fucilazioni. E la ragione è semplice: niente a riguardo si trova tra i documenti dell'archivio di Stato di Agrigento. Qualcosa, forse, potrebbe rinvenirsi tra i circa 150 faldoni dell'Archivio dello Stato Maggiore dell'Esercito, di libera ma di fatto, ancora, di difficilissima fruizione da parte dei ricercatori.

Noi possiamo dedurre, da quanto scrive Falconcini, che le truppe mandate a Racalmuto erano comandate dal famigerato colonnello Eberhardt. Costui era un mercenario venuto al seguito di Garibaldi in Sicilia con la legione ungherese di Tukory e di Turr. Passato, dopo lo scioglimento dell'esercito Garibaldino, nell'esercito italiano col grado di colonnello, lo ritroviamo il 29 agosto del 1862 (otto giorni prima della rivolta di Racalmuto) in Aspromonte, a fianco del generale Pallavicini, nello scontro che portò al ferimento del suo vecchio comandante Giuseppe Garibaldi. Furono le sue truppe, giunte l'8 settembre via mare a Girgenti dalla Calabria, a reprimere "i briganti" di Racalmuto. Operazione che durò fino al 18 di quel mese.

Racalmuto, 5 settembre 2010

Antonino Vassallo