Sette ore di lavoro non in un giorno, ma in un anno: un ritmo che neppure il Parlamento più antico (e più lento) d'Europa può sostenere. E così Francesco Cascio, il presidente dell'Assemblea regionale siciliana, ieri mattina ha detto basta. Con un atto d'imperio ha sciolto la commissione per la revisione dello Statuto.
La commissione Statuto è un organismo istituito nel giugno del 2008 che avrebbe dovuto rinnovare l'antica carta dell'autonomia isolana: due anni e mezzo dopo il lavoro non si è ancora concluso. Anzi. Da luglio a oggi, la commissione si è riunita dieci volte e in sei occasioni nessuno dei 13 novelli padri costituenti che la compongono si è presentato all'appuntamento.
Morale: 205 minuti di lavoro negli ultimi sei mesi, 34 faticosissimi minuti ogni mese, la maggior parte dei quali spesi nell'ascoltare l'assessore all'Economia che ha relazionato sul federalismo e i sette consulenti nominati per un parere tecnico evidentemente indispensabile. Oddio, non è che nel semestre precedente la commissione avesse operato con maggior vigore: poco più di un paio di sedute ogni trenta giorni, sei delle quali disdette o annullate e cinque (cinque!) consumate prima di mettersi d'accordo sull'elezione della centrale figura del segretario.
Così doveva finire, e forse era scritto. Se è vero che già alla scadenza del primo anno di attività, nel luglio del 2009, Cascio sottopose ai colleghi l'abolizione dell'organismo che si avviava a stabilire non invidiabili primati di improduttività. L'aula di Palazzo dei Normanni, sede dell'Assemblea siciliana, bocciò la proposta e deliberò la prima di due proroghe peraltro non consentite dal regolamento. Gli eredi di Alessi e Aldisio - storici progenitori dell'autonomia siciliana - hanno così continuato ad incassare le indennità di carica previste, che sono fisse e non legate all'effettivo svolgimento delle sedute.
In soldoni: 3.316 euro al mese per il presidente (il finiano Alessandro Aricò), 819 euro per i due vice, 404 per il segretario. Cifre lorde, per carità, che vanno a sommarsi però a retribuzioni-base equiparate a quelle dei senatori: più o meno 19 mila mensili, 11 mila al netto di imposte e ritenute. Certo, Aricò e soci sono in buona compagnia: sono 57, su 90, i parlamentari siciliani titolari di una carica - e dunque di una indennità - aggiuntiva: i presidenti dei gruppi parlamentari lievitati di recente con la nascita di Fli, di Forza del Sud di Gianfranco Micciché e del Pid di Saverio Romano, i componenti del consiglio di presidenza dell'Ars, i vertici delle tredici commissioni fra legislative e speciali: fra queste, c'è pure quella che si occupa di controllare preventivamente la "qualità delle leggi", affidata non a un giureconsulto o a un esperto di bilancio, ma - in ossequio a una ripartizione cencelliana fra i partiti - a un deputato di Ragusa dell'Udc che ha un diploma di geometra. E che nulla ha avuto da dire quando, nell'aprile scorso, l'Ars approvò una legge che metteva sul mercato il porto di Augusta: di proprietà però dello Stato, non della Regione.
Avete presente Totò che vende la fontana di Trevi? Ma tant'è. L'immobilismo della commissione Statuto ha fatto traboccare il classico vaso. E il presidente Cascio ha avuto un moto d'indignazione: "Quest'organismo è nella evidente impossibilità di raggiungere gli obiettivo cui era preposto, quindi dichiaro definitivamente cessate le sue funzioni". Aricò ufficialmente non parla, il suo movimento - Fli - grida all'attacco politico: Cascio è un esponente di quel Pdl che in Sicilia è stato messo all'opposizione dal governatore Lombardo. Così, fra le polemiche, cala il sipario sull'ultimo scandalo siciliano. Costato, a conti fatti, 166.640 euro: la spesa sostenuta dalle casse pubbliche per garantire il gettone ai padri della riforma mai nata.
(31 dicembre 2010)
fonte: la Repubblica
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Non rimpiango che questi soldi siano stati sprecati, peggio sarebbe stato se questi ascari quaquaraquà avessero messo le mani sul nostro Statuto di Autonomia !
venerdì 31 dicembre 2010
giovedì 30 dicembre 2010
"Catania ò scuru in tutti i sensi"
"Catania è in una condizione di sostanziale immobilismo amministrativo. Il consuntivo di un anno di amministrazione Stancanelli è assai magro. Se dovessi scegliere un aggettivo per definire il 2010 per Catania direi 'ò scuru (al buio n.d.r.) in tutti i sensi".
Questo, in sintesi, il bilancio dell'attività del 2010 dell'amministrazione comunale del capoluogo etneo tracciato stamattina dal senatore del Pd Enzo Bianco insieme con i consiglieri comunali del partito.
"Nel coniugare i verbi - ha detto Bianco - il senatore Stancanelli conosce solo il tempo futuro. Ciò che manca, anzitutto, è una buona ordinaria amministrazione, che è quello che i cittadini chiedono: una città ordinata, pulita, in cui i vigili facciano il loro mestiere e gli uffici comunali rilascino i certificati in tempo reale".
Bianco ha osservato che al sindaco "va riconosciuto il merito, l'unico, di essersi impegnato con serietà per evitare il dissesto, peraltro anche con l'aiuto del Pd. Catania - ha proseguito il senatore del Pd - ha un sindaco che si ostina a fare anche il parlamentare e sta a Roma per tre giorni a settimana e ha trattenuto per sè quasi la metà delle deleghe. Stancanelli rifletta e decida se vuole o meno occuparsi di Catania a tempo pieno".
Bianco ha concluso affermando che "Catania ha bisogno di progetti ambiziosi" e ha lanciato la proposta di utilizzare le risorse comunitarie per un grande progetto di mobilità metropolitana nell'area di Catania e la realizzazione di due linee di tram veloce, un grande progetto per risolvere uno dei drammatici problemi della città".
fonte :lasiciliaweb
Questo, in sintesi, il bilancio dell'attività del 2010 dell'amministrazione comunale del capoluogo etneo tracciato stamattina dal senatore del Pd Enzo Bianco insieme con i consiglieri comunali del partito.
"Nel coniugare i verbi - ha detto Bianco - il senatore Stancanelli conosce solo il tempo futuro. Ciò che manca, anzitutto, è una buona ordinaria amministrazione, che è quello che i cittadini chiedono: una città ordinata, pulita, in cui i vigili facciano il loro mestiere e gli uffici comunali rilascino i certificati in tempo reale".
Bianco ha osservato che al sindaco "va riconosciuto il merito, l'unico, di essersi impegnato con serietà per evitare il dissesto, peraltro anche con l'aiuto del Pd. Catania - ha proseguito il senatore del Pd - ha un sindaco che si ostina a fare anche il parlamentare e sta a Roma per tre giorni a settimana e ha trattenuto per sè quasi la metà delle deleghe. Stancanelli rifletta e decida se vuole o meno occuparsi di Catania a tempo pieno".
Bianco ha concluso affermando che "Catania ha bisogno di progetti ambiziosi" e ha lanciato la proposta di utilizzare le risorse comunitarie per un grande progetto di mobilità metropolitana nell'area di Catania e la realizzazione di due linee di tram veloce, un grande progetto per risolvere uno dei drammatici problemi della città".
fonte :lasiciliaweb
mercoledì 29 dicembre 2010
«Faccia da mostro» ha un nome
I mafiosi lo chiamavano Faccia da mostro o il bruciato. Per anni si è aggirato come un’ombra nella Palermo delle stragi e degli omicidi eccellenti. Unosbirro con la tessera dei servizi segreti che incontrava uomini di mafia. Uno 007 border-line troppo vicino a molti fatti di sangue: dalla tentata strage della Addauracontro Giovanni Falcone nel giugno 1989, all’eccidio di via D’Amelio, passando per l’omicidio di un poliziotto, Nino Agostino, e della moglie. Dopo anni di indagini, segreti di Stato e depistaggi, “Faccia da mostro” è stato riconosciuto da un pentito, Vito Lo Forte. Se ne conosce il cognome, Aiello, e la professione: è undirigente di Polizia in pensione. La procura di Caltanissetta lo ha iscritto nel registro degli indagati per concorso esterno in associazione mafiosa.
Ma chi si nasconde dietro quel soprannome da spy-story? Un killer di Stato,unuomodi cerniera tra mafia e servizi segreti o uno 007 sotto copertura? E quali sarebbero stati i suoi compiti? La favola nera di “Faccia da mostro” è aleggiata per unquindicennio sui misteri e i segreti di Palermo, sempre a cavallo tra mafia e antimafia, in quella terra di nessuno in cui i due eserciti si parlano, mediano e forse convergono. In tanti credono di averlo visto: mafiosi e vittime di mafia, buoni e cattivi. Fino all’estate del 2009 quando un collaboratore di giustizia, Vito Lo Forte, ha dato un nome e un cognome all’uomo del misteroa. Trascinando con lui nel gorgo anche un altro uomo di Stato, un prefetto in pensione, ex dirigente dell’Alto commissariato antimafia. Indagini delicate partite d’impulso dalla Direzione nazionale antimafia e approdate alle procure di Caltanissetta e Palermo. Indagini scivolose al punto che gli stessi investigatori procedono tra molti dubbi e difficoltà.
Il bruciato e lo zoppo
Vito Lo Forte ha identificato Aiello e l’uomo con cui spesso si accompagnava nel corso di una ricognizione fotografica avvenuta nell’agosto 2009. Si è scoperto così un altro soprannome di “Faccia da mostro”: «Li chiamavamo il bruciato e lo zoppo. Uno aveva il viso deturpato, l’altro camminava con un bastone». Lo Forte sostiene di aver visto entrambi «incontrarsi due o tre volte con Gaetano Scotto, il mio capo famiglia». Incontri che sarebbero avvenuti - sempre secondoLo Forte - in esercizi pubblici, forse anche nel ristorante di proprietà del boss. È la prima delle pesanti accusa che Lo Forte lancia contro i due uomini di Stato.
Dall’Addaura a Via D’Amelio
Questa la “geografia” che Lo Forte riporta ai magistrati: “Faccia da mostro” avrebbe avuto un ruolo nella mancata strage contro Giovanni Falcone e anche nell’attentato contro Paolo Borsellino. Su queste vicende - è bene ricordarlo - il collaboratore riporta notizie de relato. Lo Forte riscrive il film della tentata strage dell’Addaura. Secondo il pentito - e siamo alla seconda accusa - sul teatro della tentata strage contro il giudice Falcone, ma su sponde differenti, sarebbero stati presenti Aiello e altri due esponenti delle forze dell’ordine: il poliziotto Nino Agostino e il collaboratore del Sisde Emanuele Piazza, entrambi uccisi in circostanze misteriose rispettivamente nell’agosto 1989 e nel marzo 1990. Piazza e Agostino - sembra suggerire Lo Forte - avrebbero fatto fallire il complotto contro il giudice e sarebbero quindi stati eliminati per evitare che raccontassero il coinvolgimento di apparati dello Stato nell’attentato. Ma non finisce qui. Lo Forte sostiene anche che “Faccia da mostro” entrerebbe nella vicenda della strage del giudice Borsellino.
Fin qui il racconto del pentito. Sarà un caso ma è la stessa “geografia” in cui è inserito proprio Scotto, condannato per la strage del 19 luglio 1992 e indagato per l’omicidio Agostino e l’Addaura.
Ma come si è arrivati all’identificazione? Il file “Faccia da mostro” impegna da anni la procura nazionale antimafia che si è avvalsa anche di numerosi colloqui investigativi. Alla fine, l’identificazione di Lo Forte ha fatto chiudere il cerchio su Aiello.
Il poliziotto di origine calabrese, oggi in pensione, ha lavorato nel capoluogo siciliano dall’86 all’89. La deformazione al viso sarebbe dovuta a un incidente, una fucilata gli avrebbe lasciatosegni indelebili in faccia.
Dubbi e certezze
Una certezza riguarda Gaetano Scotto. Per gli investigatori il boss del’Arenella ha avuto sicuramente rapporti con ambienti insospettabili. Lo dicono i tabulati dei suoi telefoni e la sentenza che lo ha condannato all’ergastolo per via D’Amelio. Lo conferma anche Gaspare Spatuzza: «Mentre veniva imbottita di esplosivo la Fiat 126 nel garage - ha dichiarato il pentito ricostruendo le fasi preparatorie della strage contro Paolo Borsellino - tra noi c’era uno elegante, biondino, mai visto prima, parlava con Gaetano Scotto». Per Spatuzza, l’uomo vicino a Scotto era uno sbirro, uno dei servizi.
Su Lo Forte invece si procede con molta cautela. Le rivelazioni del pentito vengono valutate attentamente dalla Procure di Palermo e Caltanissetta, rispettivamente competenti per gli omicidi Piazza e Agostino e per l’Addaura. Ma non sono pochi i dubbi sulla sua versione. Entrato nel programma a metà degli anni 90, Lo Forte racconta di droga e riciclaggio, coinvolgendo il suo boss Gaetano Scotto e tace su tutto il resto. Nel 1999 il pentito uccide un uomo. «Me lo sono trovato dentro casa, credevo fosse Scotto che mi voleva uccidere» dichiara agli inquirenti. Rientra nel programma di protezione, ma si scopre che in passato mentre trafficava droga faceva anche il confidente. Fino al 2009 quando rimonta i pezzi della sua memoria.
Ma i dubbi degli investigatori non si fermano qui. La teoria di Lo Forte, che Agostino e Piazza fossero presenti all’Addaura, non convince in pieno. Non c’è alcuna prova - sostengono gli investigatori - che Agostino e Piazza si conoscessero,non c’è prova che fossero sul luogo della tentata strage, non si capisce, infine, perché uccidere Piazza dieci mesi dopo l’Addaura con il rischio che in questo lasso di tempo potesse rivelare qualcosa. Le morti deidue giovani agenti sono davvero legate alla mancata uccisione di Giovanni Falcone? Domande che potrebbero trovare una risposta tra poche settimane quando i risultati delle analisi sulla borsa con l’esplosivo e su altri reperti lasciati dagli attentatori all’Addaura arriveranno sul tavolo degli inquirenti.
Una scia di morti e segreti
L’Addaura, le morti di Agostino e Piazza, i depistaggi sulle indagini, gli uomini senza volto che compaiono nella strage di via D’Amelio. È una lunga scia di morte quella che gli investigatori stanno provando a ricomporre. Per farlo bisogna «ripulire i fatti» dai tanti luoghi comuni, vere leggende metropolitane, fiorite nel corso degli anni. Comequella che mette in bocca al giudice Falcone una frase precisa il giorno dei funerali di Agostino e della moglie: «Devo la vita a questi ragazzi». Legando così la morte del poliziotto con la mancata strage. Esclamazione che secondo un testimone al di sopra di ogni sospetto, non sarebbe mai stata pronunciata. Tutti elementi che fanno emergere un terribile dubbio: le voci di mafia, anche in buona fede, fatte filtrare fino ai giornali e finite in atti giudiziari che legano Agostino e Piazza all’Addaura potrebbero essere l’ennesimo depistaggio. Tirare in ballo i morti, Agostino e Piazza, per lasciare in pace i vivi. Il tutto per non fare emergere il vero movente.
La confessione del pentito Lo Forte che trascina nel gorgodue uomini dello Stato e un pezzo da novanta come Gaetano Scotto apre scenari imprevedibili. Segreti non solo di mafia, visto che più volte i Servizi hanno negato ai magistrati documenti importanti sugli omicidi dei due agenti...
E siamo ad oggi. Le indagini diranno se Aiello e il suo referente abbiano siano dentro questo puzzle in cui i confini tra mafia e Stato si assottigliano fino a scomparire. Se dietro quelle carriere insospettabili si nascondano davvero “Faccia da mostro” e “Lo zoppo”, due 007 pronti a tutto.
fonte: LALTRANOTIZIA.net
Ma chi si nasconde dietro quel soprannome da spy-story? Un killer di Stato,unuomodi cerniera tra mafia e servizi segreti o uno 007 sotto copertura? E quali sarebbero stati i suoi compiti? La favola nera di “Faccia da mostro” è aleggiata per unquindicennio sui misteri e i segreti di Palermo, sempre a cavallo tra mafia e antimafia, in quella terra di nessuno in cui i due eserciti si parlano, mediano e forse convergono. In tanti credono di averlo visto: mafiosi e vittime di mafia, buoni e cattivi. Fino all’estate del 2009 quando un collaboratore di giustizia, Vito Lo Forte, ha dato un nome e un cognome all’uomo del misteroa. Trascinando con lui nel gorgo anche un altro uomo di Stato, un prefetto in pensione, ex dirigente dell’Alto commissariato antimafia. Indagini delicate partite d’impulso dalla Direzione nazionale antimafia e approdate alle procure di Caltanissetta e Palermo. Indagini scivolose al punto che gli stessi investigatori procedono tra molti dubbi e difficoltà.
Il bruciato e lo zoppo
Vito Lo Forte ha identificato Aiello e l’uomo con cui spesso si accompagnava nel corso di una ricognizione fotografica avvenuta nell’agosto 2009. Si è scoperto così un altro soprannome di “Faccia da mostro”: «Li chiamavamo il bruciato e lo zoppo. Uno aveva il viso deturpato, l’altro camminava con un bastone». Lo Forte sostiene di aver visto entrambi «incontrarsi due o tre volte con Gaetano Scotto, il mio capo famiglia». Incontri che sarebbero avvenuti - sempre secondoLo Forte - in esercizi pubblici, forse anche nel ristorante di proprietà del boss. È la prima delle pesanti accusa che Lo Forte lancia contro i due uomini di Stato.
Dall’Addaura a Via D’Amelio
Questa la “geografia” che Lo Forte riporta ai magistrati: “Faccia da mostro” avrebbe avuto un ruolo nella mancata strage contro Giovanni Falcone e anche nell’attentato contro Paolo Borsellino. Su queste vicende - è bene ricordarlo - il collaboratore riporta notizie de relato. Lo Forte riscrive il film della tentata strage dell’Addaura. Secondo il pentito - e siamo alla seconda accusa - sul teatro della tentata strage contro il giudice Falcone, ma su sponde differenti, sarebbero stati presenti Aiello e altri due esponenti delle forze dell’ordine: il poliziotto Nino Agostino e il collaboratore del Sisde Emanuele Piazza, entrambi uccisi in circostanze misteriose rispettivamente nell’agosto 1989 e nel marzo 1990. Piazza e Agostino - sembra suggerire Lo Forte - avrebbero fatto fallire il complotto contro il giudice e sarebbero quindi stati eliminati per evitare che raccontassero il coinvolgimento di apparati dello Stato nell’attentato. Ma non finisce qui. Lo Forte sostiene anche che “Faccia da mostro” entrerebbe nella vicenda della strage del giudice Borsellino.
Fin qui il racconto del pentito. Sarà un caso ma è la stessa “geografia” in cui è inserito proprio Scotto, condannato per la strage del 19 luglio 1992 e indagato per l’omicidio Agostino e l’Addaura.
Ma come si è arrivati all’identificazione? Il file “Faccia da mostro” impegna da anni la procura nazionale antimafia che si è avvalsa anche di numerosi colloqui investigativi. Alla fine, l’identificazione di Lo Forte ha fatto chiudere il cerchio su Aiello.
Il poliziotto di origine calabrese, oggi in pensione, ha lavorato nel capoluogo siciliano dall’86 all’89. La deformazione al viso sarebbe dovuta a un incidente, una fucilata gli avrebbe lasciatosegni indelebili in faccia.
Dubbi e certezze
Una certezza riguarda Gaetano Scotto. Per gli investigatori il boss del’Arenella ha avuto sicuramente rapporti con ambienti insospettabili. Lo dicono i tabulati dei suoi telefoni e la sentenza che lo ha condannato all’ergastolo per via D’Amelio. Lo conferma anche Gaspare Spatuzza: «Mentre veniva imbottita di esplosivo la Fiat 126 nel garage - ha dichiarato il pentito ricostruendo le fasi preparatorie della strage contro Paolo Borsellino - tra noi c’era uno elegante, biondino, mai visto prima, parlava con Gaetano Scotto». Per Spatuzza, l’uomo vicino a Scotto era uno sbirro, uno dei servizi.
Su Lo Forte invece si procede con molta cautela. Le rivelazioni del pentito vengono valutate attentamente dalla Procure di Palermo e Caltanissetta, rispettivamente competenti per gli omicidi Piazza e Agostino e per l’Addaura. Ma non sono pochi i dubbi sulla sua versione. Entrato nel programma a metà degli anni 90, Lo Forte racconta di droga e riciclaggio, coinvolgendo il suo boss Gaetano Scotto e tace su tutto il resto. Nel 1999 il pentito uccide un uomo. «Me lo sono trovato dentro casa, credevo fosse Scotto che mi voleva uccidere» dichiara agli inquirenti. Rientra nel programma di protezione, ma si scopre che in passato mentre trafficava droga faceva anche il confidente. Fino al 2009 quando rimonta i pezzi della sua memoria.
Ma i dubbi degli investigatori non si fermano qui. La teoria di Lo Forte, che Agostino e Piazza fossero presenti all’Addaura, non convince in pieno. Non c’è alcuna prova - sostengono gli investigatori - che Agostino e Piazza si conoscessero,non c’è prova che fossero sul luogo della tentata strage, non si capisce, infine, perché uccidere Piazza dieci mesi dopo l’Addaura con il rischio che in questo lasso di tempo potesse rivelare qualcosa. Le morti deidue giovani agenti sono davvero legate alla mancata uccisione di Giovanni Falcone? Domande che potrebbero trovare una risposta tra poche settimane quando i risultati delle analisi sulla borsa con l’esplosivo e su altri reperti lasciati dagli attentatori all’Addaura arriveranno sul tavolo degli inquirenti.
Una scia di morti e segreti
L’Addaura, le morti di Agostino e Piazza, i depistaggi sulle indagini, gli uomini senza volto che compaiono nella strage di via D’Amelio. È una lunga scia di morte quella che gli investigatori stanno provando a ricomporre. Per farlo bisogna «ripulire i fatti» dai tanti luoghi comuni, vere leggende metropolitane, fiorite nel corso degli anni. Comequella che mette in bocca al giudice Falcone una frase precisa il giorno dei funerali di Agostino e della moglie: «Devo la vita a questi ragazzi». Legando così la morte del poliziotto con la mancata strage. Esclamazione che secondo un testimone al di sopra di ogni sospetto, non sarebbe mai stata pronunciata. Tutti elementi che fanno emergere un terribile dubbio: le voci di mafia, anche in buona fede, fatte filtrare fino ai giornali e finite in atti giudiziari che legano Agostino e Piazza all’Addaura potrebbero essere l’ennesimo depistaggio. Tirare in ballo i morti, Agostino e Piazza, per lasciare in pace i vivi. Il tutto per non fare emergere il vero movente.
La confessione del pentito Lo Forte che trascina nel gorgodue uomini dello Stato e un pezzo da novanta come Gaetano Scotto apre scenari imprevedibili. Segreti non solo di mafia, visto che più volte i Servizi hanno negato ai magistrati documenti importanti sugli omicidi dei due agenti...
E siamo ad oggi. Le indagini diranno se Aiello e il suo referente abbiano siano dentro questo puzzle in cui i confini tra mafia e Stato si assottigliano fino a scomparire. Se dietro quelle carriere insospettabili si nascondano davvero “Faccia da mostro” e “Lo zoppo”, due 007 pronti a tutto.
fonte: LALTRANOTIZIA.net
martedì 28 dicembre 2010
Palermo sempre più città di poveri
PALERMO. Sempre di più i poveri a Palermo. Sono i dati della Caritas diocesana che stima un aumento del 10 per cento.
“Numeri allarmanti - ha detto a Ditelo a Rgs padre Benedetto Genualdi, direttore della Caritas - soprattutto se si considera che gli altri comuni d'Italia sono maggiormente impegnati economicamente nel contrasto alla povertà”. Raddoppiato, nell’ultimo periodo, il numero dei pasti serviti ogni giorno in nelle mense dei Cappuccini, quella diocesana o del Boccone del povero
Fonte:GIORNALE DISICILIA.it
“Numeri allarmanti - ha detto a Ditelo a Rgs padre Benedetto Genualdi, direttore della Caritas - soprattutto se si considera che gli altri comuni d'Italia sono maggiormente impegnati economicamente nel contrasto alla povertà”. Raddoppiato, nell’ultimo periodo, il numero dei pasti serviti ogni giorno in nelle mense dei Cappuccini, quella diocesana o del Boccone del povero
Fonte:GIORNALE DISICILIA.it
lunedì 27 dicembre 2010
Alluvione, il sindaco di Messina: "Lombardo specula sulle vittime"
MESSINA. "Farebbe bene il presidente della Regione Raffaele Lombardo a non speculare sulla pelle dei familiari delle vittime dell'alluvione di Messina". Lo ha detto il sindaco di Messina Giuseppe Buzzanca.
"Il presidente Lombardo - aggiunge Buzzanca - continua nel suo delirio, come ha fatto per i precari, facendo manifesti elettorali e promettendo stabilizzazioni o posti di lavoro". "Sa Lombardo - prosegue Buzzanca - che la norma, primo firmatario il sottoscritto, con la quale si sarebbe dovuto procedere all'assunzione dei familiari delle vittime dell'alluvione, è stata discussa in Parlamento, con la sua totale indifferenza. Gli uffici regionali, poi sentito il Commissrio dello Stato, hanno sconsigliato la definizione dell'iter parlamentare che rischiava la bocciatura da parte dello stesso commissario".
"Dovrebbe sapere ancora il presidente Lombardo -continua - che l'unica strada percorribile per aiutare i familiari delle vittime è quella del contributo straordinario che giace sulla sua scrivania da parecchi mesi e che lui continua ad ignorare".
fonte: GIORNALEDISICILIA.IT
"Il presidente Lombardo - aggiunge Buzzanca - continua nel suo delirio, come ha fatto per i precari, facendo manifesti elettorali e promettendo stabilizzazioni o posti di lavoro". "Sa Lombardo - prosegue Buzzanca - che la norma, primo firmatario il sottoscritto, con la quale si sarebbe dovuto procedere all'assunzione dei familiari delle vittime dell'alluvione, è stata discussa in Parlamento, con la sua totale indifferenza. Gli uffici regionali, poi sentito il Commissrio dello Stato, hanno sconsigliato la definizione dell'iter parlamentare che rischiava la bocciatura da parte dello stesso commissario".
"Dovrebbe sapere ancora il presidente Lombardo -continua - che l'unica strada percorribile per aiutare i familiari delle vittime è quella del contributo straordinario che giace sulla sua scrivania da parecchi mesi e che lui continua ad ignorare".
fonte: GIORNALEDISICILIA.IT
Col federalismo fiscale bilanci dimezzati a Palermo e Messina
La cifra è di quelle “pesanti”: 185.727.330 euro in meno. Si tratterebbe della perdita di fondi (-55%) da parte della città di Palermo con l’applicazione del federalismo fiscale. Peggio ancora va a Messina che perderebbe il 59 per cento delle sue risorse. La riforma voluta a tutti costi dalla Lega si rivela una “mazzata” nei confronti dei comuni del Sud Italia. I dati emergono da una ricerca del Partito democratico realizzata dal senatore Marco Stradiotto sui dati della Commissione tecnica paritetica per l’attuazione del federalismo fiscale (Copaff).
fonte: Livesicilia
fonte: Livesicilia
sabato 25 dicembre 2010
Notte di festa col sacco a pelo In due occupano anche a Natale
Notte di Natale a scuola, senza riscaldamento. L'hanno trascorsa Teo e Francesco, due studenti del liceo Cannizzaro di Palermo, occupato dal 14 dicembre. I due, di 18 e 17 anni, hanno deciso di mantenere il presidio di protesta contro la Riforma dormendo sui banchi nei sacchi a pelo anche nei giorni di festa. E hanno intenzione di andare avanti almeno sino alla fine delle vacanze.
Dopo l'approvazione della legge Gelmini, e in vista del periodo natalizio, la quasi totalità delle scuole ha deciso di interrompere la protesta. Dei circa 40 istituti occupati da metà novembre, a fasi alterne, soltanto tre hanno deciso di andare avanti: il Cannizzaro, appunto, la succursale del classico Garibaldi e lo scientifico Benedetto Croce.
"Resistiamo - dice Teo, appena svegliato dallo squillo del telefono - per dimostrare che la nostra occupazione non è stata decisa per fare vacanza. Siamo qui per tenere accesa la fiammella della speranza. E' vero, il ddl Gelmini è stato approvato, ma questo non fa che aggravare il disagio degli studenti italiani; è un motivo in più per continuare la protesta".
Durante il giorno a scuola si radunano un po' di ragazzi, una cinquantina, "ma la notte - aggiunge Teo - restiamo soli. Ieri sera sono venuti alcuni genitori a portarci da mangiare, mia madre ha cucinato lasagne e anelletti al forno, carne lessa con le patate. Tutto molto buono. Poi sono andati via, ma più tardi qualcuno tornerà. Il pasto è assicurato".
Domani al Cannizzaro ci sarà un'assemblea dei ragazzi che costituiscono il servizio d'ordine: "decideremo le iniziative per i prossimi giorni, ma è nostra intenzione non mollare, su questo punto abbiamo le idee chiare", spiega Teo.
(25 dicembre 2010)
fonte: la Repubblica
Dopo l'approvazione della legge Gelmini, e in vista del periodo natalizio, la quasi totalità delle scuole ha deciso di interrompere la protesta. Dei circa 40 istituti occupati da metà novembre, a fasi alterne, soltanto tre hanno deciso di andare avanti: il Cannizzaro, appunto, la succursale del classico Garibaldi e lo scientifico Benedetto Croce.
"Resistiamo - dice Teo, appena svegliato dallo squillo del telefono - per dimostrare che la nostra occupazione non è stata decisa per fare vacanza. Siamo qui per tenere accesa la fiammella della speranza. E' vero, il ddl Gelmini è stato approvato, ma questo non fa che aggravare il disagio degli studenti italiani; è un motivo in più per continuare la protesta".
Durante il giorno a scuola si radunano un po' di ragazzi, una cinquantina, "ma la notte - aggiunge Teo - restiamo soli. Ieri sera sono venuti alcuni genitori a portarci da mangiare, mia madre ha cucinato lasagne e anelletti al forno, carne lessa con le patate. Tutto molto buono. Poi sono andati via, ma più tardi qualcuno tornerà. Il pasto è assicurato".
Domani al Cannizzaro ci sarà un'assemblea dei ragazzi che costituiscono il servizio d'ordine: "decideremo le iniziative per i prossimi giorni, ma è nostra intenzione non mollare, su questo punto abbiamo le idee chiare", spiega Teo.
(25 dicembre 2010)
fonte: la Repubblica
venerdì 24 dicembre 2010
giovedì 23 dicembre 2010
La rabbia meridionale è più forte di quella del resto d’Italia.
I tafferugli provocati dalle manifestazioni studentesche a Palermo non hanno niente a che vedere né con la riforma Gelmini né con il governo nazionale che l’ha proposta e perorata con convinzione. Un folto gruppo di giovani – il corteo di protesta non aveva provocato alcun problema in città – ha scelto come bersaglio Palazzo d’Orleans, sede della Presidenza della Regione, luogo simbolo delle istituzioni siciliane con il Palazzo dei Normanni, sede dell’Assemblea regionale siciliana. Un bersaglio non prevedibile perché la Regione non ha partecipato in alcun modo alle decisioni del governo nazionale, e nell’Isola è governata da un esecutivo politicamente diverso da quello romana.
La rabbia studentesca si è sfogata contro il “simbolo” del potere, senza andare per il sottile? Il folto drappello di “violenti” caricato dalla polizia in Piazza Indipendenza a Palermo voleva dare, consapevolmente o meno, un contenuto diverso alla protesta? Non più la riforma Gelmini, origine del forte dissenso, ma il potere come tale? O il potere rappresentato dal governo regionale presieduto da Lombardo?
Gli interrogativi sono tanti e ad essi si tenta di dare una risposta perché appare di grande importanza comprendere quel che sta avvenendo, se c’è da aspettarsi un altro ’68, seppure in versione flash mob, oppure è stato compiuto un consapevole tentativo di spostare il bersaglio dal governo nazionale e la sua riforma universitario, al governo siciliano.
Comunque sia, è il disagio sociale che “arma” le volontà degli studenti e suggerisce ad alcuni di loro, la consueta avanguardia estrema, di fare notizia usando i metodi forti. Per farsi sentire, infatti, bisogna fare qualcosa di eclatante, sempre e comunque.
Il disagio sociale in Sicilia è più forte che a Roma, come in qualunque altra regione meridionale. La disoccupazione giovanile siciliana è di gran lunga maggiore di quella nazionale, dove tre giovani su quattro sono senza lavoro e senza prospettiva.
La Sicilia rappresenta, inoltre, la parte d’Italia “povera”, fuori pressoché totalmente da quel dieci per cento di cittadini che detiene, secondo i recenti dati della Banca d’Italia, il 45 per cento della ricchezza nazionale. Appartiene, dunque, a quel 55 per cento che vive peggio.
La Sicilia è una dette tante micce capaci di innescare l’esplosione di proteste incontrollabili, finora trattate come problema d’ordine pubblico. Il monito lanciato dal capo della polizia, Manganelli, all’indomani dei tafferugli del 14 dicembre, appare profetico: “Siamo stati lasciati soli a lottare contro il disagio sociale”. Monito ripreso anche da studenti nel corso di alcune interviste, che denunciano il tentativo di spostare l’attenzione dalle questioni di fondo – la riforma universitaria, i tagli alla cultura, la crisi pagata dalle fasce più deboli, l’assenza di prospettive ecc. – a mero problema di ordine pubblico, la presenza di teppisti e potenziali terroristi fra i manifestanti.
Gli studenti in piazza a Roma protestano ballando e cantando, e a Palermo sfidano la polizia davanti al Palazzo della Regione. Questa diversità appare una risposta eloquente agli interrogativi che i tafferugli siciliani pongono. La rabbia meridionale è più forte di quella del resto d’Italia.
Potrebbe esserci dell’altro, è vero, in considerazione della peculiarità del bersaglio scelto in Sicilia, bersaglio estraneo alla protesta nazionale, ma qualunque cosa ci stia dietro, è ininfluente rispetto al disagio sociale che “arma” i giovani e suggerisce loro pericolosi ed inaccettabili strumenti di lotta
fonte:SiciliaInformazioni.com
La rabbia studentesca si è sfogata contro il “simbolo” del potere, senza andare per il sottile? Il folto drappello di “violenti” caricato dalla polizia in Piazza Indipendenza a Palermo voleva dare, consapevolmente o meno, un contenuto diverso alla protesta? Non più la riforma Gelmini, origine del forte dissenso, ma il potere come tale? O il potere rappresentato dal governo regionale presieduto da Lombardo?
Gli interrogativi sono tanti e ad essi si tenta di dare una risposta perché appare di grande importanza comprendere quel che sta avvenendo, se c’è da aspettarsi un altro ’68, seppure in versione flash mob, oppure è stato compiuto un consapevole tentativo di spostare il bersaglio dal governo nazionale e la sua riforma universitario, al governo siciliano.
Comunque sia, è il disagio sociale che “arma” le volontà degli studenti e suggerisce ad alcuni di loro, la consueta avanguardia estrema, di fare notizia usando i metodi forti. Per farsi sentire, infatti, bisogna fare qualcosa di eclatante, sempre e comunque.
Il disagio sociale in Sicilia è più forte che a Roma, come in qualunque altra regione meridionale. La disoccupazione giovanile siciliana è di gran lunga maggiore di quella nazionale, dove tre giovani su quattro sono senza lavoro e senza prospettiva.
La Sicilia rappresenta, inoltre, la parte d’Italia “povera”, fuori pressoché totalmente da quel dieci per cento di cittadini che detiene, secondo i recenti dati della Banca d’Italia, il 45 per cento della ricchezza nazionale. Appartiene, dunque, a quel 55 per cento che vive peggio.
La Sicilia è una dette tante micce capaci di innescare l’esplosione di proteste incontrollabili, finora trattate come problema d’ordine pubblico. Il monito lanciato dal capo della polizia, Manganelli, all’indomani dei tafferugli del 14 dicembre, appare profetico: “Siamo stati lasciati soli a lottare contro il disagio sociale”. Monito ripreso anche da studenti nel corso di alcune interviste, che denunciano il tentativo di spostare l’attenzione dalle questioni di fondo – la riforma universitaria, i tagli alla cultura, la crisi pagata dalle fasce più deboli, l’assenza di prospettive ecc. – a mero problema di ordine pubblico, la presenza di teppisti e potenziali terroristi fra i manifestanti.
Gli studenti in piazza a Roma protestano ballando e cantando, e a Palermo sfidano la polizia davanti al Palazzo della Regione. Questa diversità appare una risposta eloquente agli interrogativi che i tafferugli siciliani pongono. La rabbia meridionale è più forte di quella del resto d’Italia.
Potrebbe esserci dell’altro, è vero, in considerazione della peculiarità del bersaglio scelto in Sicilia, bersaglio estraneo alla protesta nazionale, ma qualunque cosa ci stia dietro, è ininfluente rispetto al disagio sociale che “arma” i giovani e suggerisce loro pericolosi ed inaccettabili strumenti di lotta
fonte:SiciliaInformazioni.com
mercoledì 22 dicembre 2010
Studenti ancora in piazza Oggi “assalto” alla Regione
Assalto alle sedi della Regione: è la ricetta del quarto “Blocchiamo tutto day”, organizzato dagli universitari e dal movimento “Studenti medi” delle superiori, che ogi paralizzerà la città. Mentre il ddl sulla riforma dell’università sarà in discussione al Senato, i ragazzi scenderanno in piazza per manifestare il loro dissenso non solo contro la legge Gelmini ma anche contro il governo. Tre i concentramenti, tutti alle 9: gli universitari si incontreranno in parte alla facoltà di Lettere e in parte in via Archirafi, davanti la facoltà di Scienze matematiche, mentre i ragazzi delle scuole superiori si riuniranno a piazza Politeama. I cortei si dirigeranno verso Palazzo dei Normanni e Palazzo d’Orleans, sedi rispettivamente del parlamento siciliano e del governo regionale, ma non si escludono blitz agli altri “palazzi del potere” e cioé alle sedi degli assessorati, della Provincia e di Confindustria.
“Sarà – dicono gli studenti – una protesta pacifica. I nostri scudi saranno i libri e faremo quindi dei book block. Non abbiamo bisogno della violenza per far valere le nostre ragioni”. “Anche noi, come gli universitari – ha detto Federico Guzzo del movimento Studenti medi – vogliamo che questo movimento e questo periodo di lotta e di rivendicazioni duri fino a quando se ne andranno tutti da questo governo. Que se vajan todos: è proprio questo il nostro motto”.
fonte: Livesicilia
“Sarà – dicono gli studenti – una protesta pacifica. I nostri scudi saranno i libri e faremo quindi dei book block. Non abbiamo bisogno della violenza per far valere le nostre ragioni”. “Anche noi, come gli universitari – ha detto Federico Guzzo del movimento Studenti medi – vogliamo che questo movimento e questo periodo di lotta e di rivendicazioni duri fino a quando se ne andranno tutti da questo governo. Que se vajan todos: è proprio questo il nostro motto”.
fonte: Livesicilia
domenica 19 dicembre 2010
Cari Amici e Compatrioti
Sta per terminare un anno che per la Sicilia e per il Suo Popolo è stato duro e difficile; mai la disoccupazione ha raggiunto tali livelli, mai tanti lavoratori hanno perso il posto di lavoro, mai tanti cassintegrati, mai tanti lavoratori in nero, mai la forbice tra i ricchi e i poveri è stata così larga, e mai, come adesso, ai nostri giovani è apparso un futuro che non c 'è !
Sugli scranni del Parlamento e del governo siciliano seggono degli “ onorevoli che si dividono e si uniscono “ in base ad una esclusiva lotta di potere; una caratteristica li accomuna :
-L ‘ ascarismo ed il servilismo nei confronti dei palazzi romani e dei partiti italioti !
Sempre più siciliani prendono coscienza della loro SICILIANITA’, della loro Storia, di essere una Nazione sottoposta ad un regime coloniale sfruttatore che preclude al Popolo siciliano il PRIMO ED INALIENABILE dei diritti :
-IL DIRITTO ALL ' AUTODETERMINAZIONE !
Consapevoli di questa presa di coscienza, gli ascari, ed i politicanti italioti, stanno cercando di " cavalcare la tigre " dell' autonomismo; nascono così ( quasi quotidianamente ) partiti, movimenti, gruppi e groppuscoli " fulminati sulla via di Damasco del sicilianismo ", si costituiscono dichiarando che si adopereranno per il bene della Sicilia e di tutto il Sud ! Peccato che a dirlo sono gli stessi che siedono da molti anni sugli scranni del governo e del Parlamento italiano, e MAI hanno mosso un dito per impedire che lo stato italiano continuasse a depredare la Sicilia e il Sud !
Cari Compatrioti, è necessario essere vigili, pronti a denunciare tutti gli Ascari ed i loro graduati Sciumbasci, che si arrogano il diritto di parlare e decidere per " noi ", ma in realtà intendono perpetuare quel colonialismo...necessario ai loro profitti personali leciti ed illeciti !
Stiamo vivendo un periodo di instabilità politica, tutto è in movimento, da questa instabiltà può nascere di tutto, tutto il male e tutto il bene. Sta a noi non perdere questa occasione, tocca a noi adoperarci per costruire una barriera invalicabile agli interessi di uno stato che da 150 ci depreda, e che sta togliendo il futuro ai nostri figli.
Possiamo farcela, possiamo farcela se tutti i veri sicilianisti, autonomisti e indipendentisti, abbandonando la cura " del proprio orticello " sapranno unirsi per portare avanti gli Ideali di Andrea Finocchiaro Aprile e del Comandante Antonio Canepa !
Questa è la via maestra che indica e che perseguirà l ' EVIS.
Amici e Compatrioti, auguro a tutti Voi un sereno Natale nel rispetto delle nostre più vere tradizioni, e un 2011 foriero di salute, pace e serenità.
Vi saluto con l’ esortazione dei nostri combattenti del Vespro “«ANimus TUus DOminus»
Che il coraggio sia il tuo Signore !
An.Tu.Do !
Neva Allegra, Segretaria Nazionale dell ‘EVIS Partito per l ‘Indipendenza della Sicilia
Sugli scranni del Parlamento e del governo siciliano seggono degli “ onorevoli che si dividono e si uniscono “ in base ad una esclusiva lotta di potere; una caratteristica li accomuna :
-L ‘ ascarismo ed il servilismo nei confronti dei palazzi romani e dei partiti italioti !
Sempre più siciliani prendono coscienza della loro SICILIANITA’, della loro Storia, di essere una Nazione sottoposta ad un regime coloniale sfruttatore che preclude al Popolo siciliano il PRIMO ED INALIENABILE dei diritti :
-IL DIRITTO ALL ' AUTODETERMINAZIONE !
Consapevoli di questa presa di coscienza, gli ascari, ed i politicanti italioti, stanno cercando di " cavalcare la tigre " dell' autonomismo; nascono così ( quasi quotidianamente ) partiti, movimenti, gruppi e groppuscoli " fulminati sulla via di Damasco del sicilianismo ", si costituiscono dichiarando che si adopereranno per il bene della Sicilia e di tutto il Sud ! Peccato che a dirlo sono gli stessi che siedono da molti anni sugli scranni del governo e del Parlamento italiano, e MAI hanno mosso un dito per impedire che lo stato italiano continuasse a depredare la Sicilia e il Sud !
Cari Compatrioti, è necessario essere vigili, pronti a denunciare tutti gli Ascari ed i loro graduati Sciumbasci, che si arrogano il diritto di parlare e decidere per " noi ", ma in realtà intendono perpetuare quel colonialismo...necessario ai loro profitti personali leciti ed illeciti !
Stiamo vivendo un periodo di instabilità politica, tutto è in movimento, da questa instabiltà può nascere di tutto, tutto il male e tutto il bene. Sta a noi non perdere questa occasione, tocca a noi adoperarci per costruire una barriera invalicabile agli interessi di uno stato che da 150 ci depreda, e che sta togliendo il futuro ai nostri figli.
Possiamo farcela, possiamo farcela se tutti i veri sicilianisti, autonomisti e indipendentisti, abbandonando la cura " del proprio orticello " sapranno unirsi per portare avanti gli Ideali di Andrea Finocchiaro Aprile e del Comandante Antonio Canepa !
Questa è la via maestra che indica e che perseguirà l ' EVIS.
Amici e Compatrioti, auguro a tutti Voi un sereno Natale nel rispetto delle nostre più vere tradizioni, e un 2011 foriero di salute, pace e serenità.
Vi saluto con l’ esortazione dei nostri combattenti del Vespro “«ANimus TUus DOminus»
Che il coraggio sia il tuo Signore !
An.Tu.Do !
Neva Allegra, Segretaria Nazionale dell ‘EVIS Partito per l ‘Indipendenza della Sicilia
sabato 18 dicembre 2010
Salemi : Assessorato all' Ebbrezza, alla Visioni, alla Creatività !!!
SALEMI (TRAPANI) - Morgan ha accettato la proposta di Vittorio Sgarbi di ricoprire la carica di assessore a Salemi. Il cantautore ha sciolto la riserva con una telefonata al critico d'arte e sindaco di Salemi che si trovava a Praga per presentare una mostra alla Nardoni Galerie. E Sgarbi annuncia: "Gli darò le deleghe all'Ebbrezza, alla Creatività, ai Diritti umani e alle Visioni".
Morgan, che si è detto intrigato dalla vitalità di Sgarbi e dalle originali iniziative che si promuovono a Salemi, sarà in città con molta probabilità sabato 18 e domenica 19 per partecipare alla seconda edizione di Benedivino (la festa per promuovere le eccellenze del vino siciliano) e all'inaugurazione domenica al Palazzo dei Musei dell'esposizione al pubblico dell'opera Femme au chat assise dans un fauteuil (Donna con gatto) di Pablo Picasso.
fonte: lasiciliaweb
Morgan, che si è detto intrigato dalla vitalità di Sgarbi e dalle originali iniziative che si promuovono a Salemi, sarà in città con molta probabilità sabato 18 e domenica 19 per partecipare alla seconda edizione di Benedivino (la festa per promuovere le eccellenze del vino siciliano) e all'inaugurazione domenica al Palazzo dei Musei dell'esposizione al pubblico dell'opera Femme au chat assise dans un fauteuil (Donna con gatto) di Pablo Picasso.
fonte: lasiciliaweb
Scuole palermitane senza riscaldamenti. E i bambini costretti ad andare in classe coi plaid
CondividiPalermo registra temperature basse inedite ed è circondata da monti e alte colline innevate ma in 158 scuole, tra asili nido, elementari e medie mancano i riscaldamenti. I termosifoni, infatti, non sono mai stati accesi perché il Comune di Palermo lo scorso luglio, per mancanza di risorse, ha sospeso il servizio, gestito dall'Amg, di manutenzione e accensione delle caldaie. Unico rimedio per i bambini è stare in classe con cappotti, piumini, sciarpe, guanti e cappelli e con le gambe coperte da plaid distribuiti dagli insegnanti.
Nonostante ciò non mancano casi di bronchite e polmonite sia tra gli scolari che tra i docenti, con il risultato di classi decimate. "Stiamo letteralmente morendo dal freddo - dice Francesca Vella, dirigente scolastico dell'Istituto comprensivo Pier Santi Mattarella - la palestra è stata chiusa perché non si può chiedere ai bambini di mettersi in tuta, c'é troppo freddo e umidità. Nelle classi tutti stanno con le sciarpe e i piumini: per questo ho preso la decisione, sotto mia responsabilità per la sicurezza, di comprare delle stufe e distribuirle nelle classi". Nei corridoi dell'Istituto non si superano gli 8 gradi "raggiungendo il paradosso - continua il dirigente scolastico - che si sta molto meglio fuori che nelle classi".
Stessa situazione anche in altri complessi di Palermo come la scuola "Valverde" e il "Ferrara", nella zona Kalsa, dove mancano del tutto gli impianti di riscaldamento. "Entrambi sono edifici storici dei primi del '900 - dice il dirigente scolastico Rosa Rizzo - e sono sprovvisti di termosifoni. Inoltre hanno tetti particolarmente alti e muri molto spessi. Questo fa si' che ci sia più freddo e umidità. Nella scuola Ferrara non possiamo mettere neanche delle stufe perché va in tilt il contatore". Intanto dall'Amg fanno sapere che "sono già ventidue le scuole dove le squadre di Amg Energia hanno provveduto a riaccendere gli impianti di riscaldamento".
Da ieri mattina i tecnici della società "stanno lavorando per assicurare la manutenzione - continua - e l'accensione delle caldaie nel maggior numero di strutture, in tempi, quanto più sarà possibile, brevi". Solo ieri, infatti, è arrivato il via libera da parte del Comune alla ripresa del "Servizio energia" che era stato sospeso a luglio scorso impedendo l'esecuzione della manutenzione di solito effettuata d'estate. Ora bisognerà aspettare gennaio per riaccendere i riscaldamenti in tutte le scuole. In tutto le centrali termiche gestite da Amg sono 180, tra asili nido, scuole materne, elementari e medie.
fonte: SiciliaInformazioni.com
Nonostante ciò non mancano casi di bronchite e polmonite sia tra gli scolari che tra i docenti, con il risultato di classi decimate. "Stiamo letteralmente morendo dal freddo - dice Francesca Vella, dirigente scolastico dell'Istituto comprensivo Pier Santi Mattarella - la palestra è stata chiusa perché non si può chiedere ai bambini di mettersi in tuta, c'é troppo freddo e umidità. Nelle classi tutti stanno con le sciarpe e i piumini: per questo ho preso la decisione, sotto mia responsabilità per la sicurezza, di comprare delle stufe e distribuirle nelle classi". Nei corridoi dell'Istituto non si superano gli 8 gradi "raggiungendo il paradosso - continua il dirigente scolastico - che si sta molto meglio fuori che nelle classi".
Stessa situazione anche in altri complessi di Palermo come la scuola "Valverde" e il "Ferrara", nella zona Kalsa, dove mancano del tutto gli impianti di riscaldamento. "Entrambi sono edifici storici dei primi del '900 - dice il dirigente scolastico Rosa Rizzo - e sono sprovvisti di termosifoni. Inoltre hanno tetti particolarmente alti e muri molto spessi. Questo fa si' che ci sia più freddo e umidità. Nella scuola Ferrara non possiamo mettere neanche delle stufe perché va in tilt il contatore". Intanto dall'Amg fanno sapere che "sono già ventidue le scuole dove le squadre di Amg Energia hanno provveduto a riaccendere gli impianti di riscaldamento".
Da ieri mattina i tecnici della società "stanno lavorando per assicurare la manutenzione - continua - e l'accensione delle caldaie nel maggior numero di strutture, in tempi, quanto più sarà possibile, brevi". Solo ieri, infatti, è arrivato il via libera da parte del Comune alla ripresa del "Servizio energia" che era stato sospeso a luglio scorso impedendo l'esecuzione della manutenzione di solito effettuata d'estate. Ora bisognerà aspettare gennaio per riaccendere i riscaldamenti in tutte le scuole. In tutto le centrali termiche gestite da Amg sono 180, tra asili nido, scuole materne, elementari e medie.
fonte: SiciliaInformazioni.com
mercoledì 15 dicembre 2010
Il Comune senza soldi compra mobili extra-lusso
C'è il divano Lc3 progettato nientemeno che da Le Corbusier: prezzo di listino 5.500 euro. Della Cassina, una delle più prestigiose aziende di design, c'è anche il divano Aspen, noto per la sua forma asimmetrica e per il prezzo, a partire da 3.251 euro. Ma ci sono anche i tavoli e le sedie della Alias - la ditta che di sedie ha fornito anche La Scala di Milano e il Tennis club di Wimbledon - e i tavolini bassi di Cappellini. Ecco gli uffici "d'oro" del Comune. Che per arredare Palazzo Galletti, in piazza Marina, ha scelto alcuni tra i migliori arredi offerti dall'olimpo del design per una spesa di 110 mila euro. I nuovi mobili sono arrivati a metà del 2010 nel palazzo - dimora ottocentesca rimessa a nuovo tra il 2002 e il 2006 - che ospita uffici, da quelli del capo di gabinetto di Cammarata, Sergio Pollicita, e della sua vice Magda Di Liberto, che è anche capo del cerimoniale, a quello del neo vice-sindaco Marianna Caronia, arrivata al Comune nemmeno due mesi fa.
Il bando per l'acquisto di mobili per Palazzo Galletti è datato 2009. Ma il progetto per arredare gli uffici era stato stilato dall'ufficio Centro storico già nel 2008. Alla gara parteciparono otto ditte: e alla fine, nel marzo di quest'anno, è stato firmato il contratto con la Cir di Misterbianco. Del resto le aziende in grado di fornire prodotti di così alto livello non sono moltissime in Sicilia. E il Comune aveva le idee chiare su quello che voleva acquistare per arredare il palazzo appena restaurato. Basta guardare il capitolato d'appalto, dove gli oggetti vengono descritti con assoluta precisione di dettagli: dettagli che si ritrovano identici nella descrizione dei mobili fatta da chi li produce. Nel bando, per esempio, si richiede un divano "con schienale orizzontale a elica che si sviluppa verso sinistra" con "una struttura interna in acciaio e imbottitura in poliuretano espanso". Le stesse frasi che Cassina usa per descrivere il divano asimmetrico Aspen. Un meccanismo che si ripete uguale per la maggior parte degli arredi richiesti con il bando.
Così il consigliere comunale di Italia dei valori Salvatore Orlando - che sugli arredi di Palazzo Galletti, dopo un'ispezione negli uffici, ha presentato un'interrogazione - chiede di sapere anche "se la modalità descrittiva possa individuare non una fattispecie generale ma identificare in modo inequivocabile un preciso prodotto". E di sapere se i mobili, che il Comune evidentemente desiderava tanto, sono stati scelti in base "a una relazione tecnica" che li ha ritenuti gli unici arredi possibili per i nuovi uffici.
I mobili, arrivati a Palazzo Galletti in primavera, sono sparsi nei vari ambienti. Davanti a due ascensori, per esempio, c'è un divano della Alias, il Tt2 Low, che costa circa 2.200 euro. Nella grande sala in cui si riunisce la giunta, sala che è stata assegnata al vice sindaco e che viene usata praticamente solo per le riunioni dell'esecutivo, c'è un grande tavolo con sedici sedie, una per ciascun assessore: sono sedie della ditta Alias, modello Meetingframe, disegnate dal designer Alberto Meda, da 600 euro l'una. Nella stanza ci sono tre divani di pelle bianca: l'Aspen, l'Lc3 progettato da Le Corbuiser e il Blox, anche questo di Cassina, che ha un prezzo di listino di poco meno di tremila euro. Fra due dei tre divani c'è anche un tavolino basso di design, l'Altavilla di Cappellini, che costa 1.650 euro.
Nelle altre stanze del palazzo si trovano tutti i rimanenti arredi acquistati dal Comune: le sedie modello Fly di Alias, da 150 euro l'una, i tavoli Frametable, ancora della Alias, con prezzi a partire da 1.400 euro. E ancora mobili bassi, librerie e cassettiere.
Il consigliere Orlando, nella sua interrogazione, chiede al sindaco se "non ritiene inopportuna la spesa per l'acquisto di questi mobili, considerato che molte scuole e molti asili sono sprovvisti di arredi". Scuole nelle quali - come ha ricordato ieri il capogruppo di Italia dei valori, Fabrizio Ferrandelli - non ci sono nemmeno i riscaldamenti per mancanza di fondi. "Non penso che il Comune avesse la necessità di acquistare prodotti così cari - dice Orlando - arredare un ufficio non è certo un delitto, ma perché trasformarlo in una sorta di museo del design in un momento di crisi economica come quella che lo stesso sindaco denuncia ogni giorno?".
Non è la prima volta che al Comune scoppia uno "caso arredi": nel 2009 il consigliere del Pd Vincenzo Tanania denunciò che l'amministrazione aveva acquistato scrivanie da 900 euro e poltrone da 500. Ma quelle, di certo, non erano di design.
(15 dicembre 2010)
fonte: la Repubblica
Il bando per l'acquisto di mobili per Palazzo Galletti è datato 2009. Ma il progetto per arredare gli uffici era stato stilato dall'ufficio Centro storico già nel 2008. Alla gara parteciparono otto ditte: e alla fine, nel marzo di quest'anno, è stato firmato il contratto con la Cir di Misterbianco. Del resto le aziende in grado di fornire prodotti di così alto livello non sono moltissime in Sicilia. E il Comune aveva le idee chiare su quello che voleva acquistare per arredare il palazzo appena restaurato. Basta guardare il capitolato d'appalto, dove gli oggetti vengono descritti con assoluta precisione di dettagli: dettagli che si ritrovano identici nella descrizione dei mobili fatta da chi li produce. Nel bando, per esempio, si richiede un divano "con schienale orizzontale a elica che si sviluppa verso sinistra" con "una struttura interna in acciaio e imbottitura in poliuretano espanso". Le stesse frasi che Cassina usa per descrivere il divano asimmetrico Aspen. Un meccanismo che si ripete uguale per la maggior parte degli arredi richiesti con il bando.
Così il consigliere comunale di Italia dei valori Salvatore Orlando - che sugli arredi di Palazzo Galletti, dopo un'ispezione negli uffici, ha presentato un'interrogazione - chiede di sapere anche "se la modalità descrittiva possa individuare non una fattispecie generale ma identificare in modo inequivocabile un preciso prodotto". E di sapere se i mobili, che il Comune evidentemente desiderava tanto, sono stati scelti in base "a una relazione tecnica" che li ha ritenuti gli unici arredi possibili per i nuovi uffici.
I mobili, arrivati a Palazzo Galletti in primavera, sono sparsi nei vari ambienti. Davanti a due ascensori, per esempio, c'è un divano della Alias, il Tt2 Low, che costa circa 2.200 euro. Nella grande sala in cui si riunisce la giunta, sala che è stata assegnata al vice sindaco e che viene usata praticamente solo per le riunioni dell'esecutivo, c'è un grande tavolo con sedici sedie, una per ciascun assessore: sono sedie della ditta Alias, modello Meetingframe, disegnate dal designer Alberto Meda, da 600 euro l'una. Nella stanza ci sono tre divani di pelle bianca: l'Aspen, l'Lc3 progettato da Le Corbuiser e il Blox, anche questo di Cassina, che ha un prezzo di listino di poco meno di tremila euro. Fra due dei tre divani c'è anche un tavolino basso di design, l'Altavilla di Cappellini, che costa 1.650 euro.
Nelle altre stanze del palazzo si trovano tutti i rimanenti arredi acquistati dal Comune: le sedie modello Fly di Alias, da 150 euro l'una, i tavoli Frametable, ancora della Alias, con prezzi a partire da 1.400 euro. E ancora mobili bassi, librerie e cassettiere.
Il consigliere Orlando, nella sua interrogazione, chiede al sindaco se "non ritiene inopportuna la spesa per l'acquisto di questi mobili, considerato che molte scuole e molti asili sono sprovvisti di arredi". Scuole nelle quali - come ha ricordato ieri il capogruppo di Italia dei valori, Fabrizio Ferrandelli - non ci sono nemmeno i riscaldamenti per mancanza di fondi. "Non penso che il Comune avesse la necessità di acquistare prodotti così cari - dice Orlando - arredare un ufficio non è certo un delitto, ma perché trasformarlo in una sorta di museo del design in un momento di crisi economica come quella che lo stesso sindaco denuncia ogni giorno?".
Non è la prima volta che al Comune scoppia uno "caso arredi": nel 2009 il consigliere del Pd Vincenzo Tanania denunciò che l'amministrazione aveva acquistato scrivanie da 900 euro e poltrone da 500. Ma quelle, di certo, non erano di design.
(15 dicembre 2010)
fonte: la Repubblica
Pensiero stupendo
Dicono che in questo momento, Raffaele Lombardo sia attraversato da un pensiero stupendo. Ora torno con Berlusconi, mollo il Pd e la storia ricomincia dal principio, fino alla prossima rottura. Appare alla stregua di una bestemmia, d’accordo. Ed è una strada difficilmente praticabile, d’accordissimo. Tuttavia il futuro riposa nella mente di Giove. Raffaele Lombardo – dicono – sta cominciando a pensarci. E non è uomo da impensierirsi per l’asprezza della salita o per una giravolta di troppo.
Sicuramente c’è una domanda politica. E potrebbe esserci un’offerta. Silvio Berlusconi ha vinto, ma il futuro è nebuloso. Il premier di Arcore ha bisogno urgente di una trasfusione di sangue fresco, di una donazione, di un sostegno. E’ il mestiere di Raffaele Lombardo appoggiare chi si trova in guai transitori. Il governatore agisce così per ovvia carità cristiana e perché poi presenta conti salatissimi ai suoi beneficiati. E’ la teoria del vaso di coccio che deve sopravvivere tra vasi armati di ferro: sfruttare le debolezze, insinuarsi negli interstizi, sorreggere i colossi per poi accasarsi in redditizi matrimoni di interesse.
Berlusconi vuole una mano? L’Mpa potrebbe dargliela. In cambio – si intende – di una rinnovata politica per il rilancio del Sud, con abbondanti annessi e connessi nei posti che contano e con una garanzia per Palazzo d’Orleans. Il presidente non avrebbe nemmeno un accenno di rossore, spiegando un eventuale ri-cambio di collocazione. Lui ama la Sicilia, no? E la Sicilia amatissima vale centomila ribaltoni, specialmente se c’è la possibilità di inserirsi nelle stanze di comando, accanto alla Lega, per incidere sul cammino politico del Federalismo. Perché devo subire il Federalismo da oppositore – ragionerebbe così Lombardo – quando posso accedere alla pulsantiera del manovratore? Raffaele, poi, non è uno che sta con i perdenti. Il terzo polo, al momento, se la passa male, soprattutto se l’Udc opererà l’ennesimo salto della quaglia. Il Pd sconta una inarrivabile e masochista vocazione alla sconfitta. Dunque?
Impossibile? No, al massimo complicatissimo. Ma se c’è una lezione che possiamo trarre dalla politica di oggi è questa: non esistono montagne che non si possano spianare, a dispetto perfino di incrostature, liti e duelli. Le guerre di ieri diventeranno sempre la concordia di domani se c’è un interesse comune. E l’interesse, nel caso in specie, c’è. Certo che spettacolo sarebbe vedere Raffaele Lombardo e Innocenzo Leontini di nuovo a braccetto. Chi potrebbe mai lamentarsi del costo del biglietto?
fonte :Livesicilia
Sicuramente c’è una domanda politica. E potrebbe esserci un’offerta. Silvio Berlusconi ha vinto, ma il futuro è nebuloso. Il premier di Arcore ha bisogno urgente di una trasfusione di sangue fresco, di una donazione, di un sostegno. E’ il mestiere di Raffaele Lombardo appoggiare chi si trova in guai transitori. Il governatore agisce così per ovvia carità cristiana e perché poi presenta conti salatissimi ai suoi beneficiati. E’ la teoria del vaso di coccio che deve sopravvivere tra vasi armati di ferro: sfruttare le debolezze, insinuarsi negli interstizi, sorreggere i colossi per poi accasarsi in redditizi matrimoni di interesse.
Berlusconi vuole una mano? L’Mpa potrebbe dargliela. In cambio – si intende – di una rinnovata politica per il rilancio del Sud, con abbondanti annessi e connessi nei posti che contano e con una garanzia per Palazzo d’Orleans. Il presidente non avrebbe nemmeno un accenno di rossore, spiegando un eventuale ri-cambio di collocazione. Lui ama la Sicilia, no? E la Sicilia amatissima vale centomila ribaltoni, specialmente se c’è la possibilità di inserirsi nelle stanze di comando, accanto alla Lega, per incidere sul cammino politico del Federalismo. Perché devo subire il Federalismo da oppositore – ragionerebbe così Lombardo – quando posso accedere alla pulsantiera del manovratore? Raffaele, poi, non è uno che sta con i perdenti. Il terzo polo, al momento, se la passa male, soprattutto se l’Udc opererà l’ennesimo salto della quaglia. Il Pd sconta una inarrivabile e masochista vocazione alla sconfitta. Dunque?
Impossibile? No, al massimo complicatissimo. Ma se c’è una lezione che possiamo trarre dalla politica di oggi è questa: non esistono montagne che non si possano spianare, a dispetto perfino di incrostature, liti e duelli. Le guerre di ieri diventeranno sempre la concordia di domani se c’è un interesse comune. E l’interesse, nel caso in specie, c’è. Certo che spettacolo sarebbe vedere Raffaele Lombardo e Innocenzo Leontini di nuovo a braccetto. Chi potrebbe mai lamentarsi del costo del biglietto?
fonte :Livesicilia
Comune, mozione di sfiducia contro il sindaco Cammarata
L'atto è stato presentato dai consiglieri Ferrandelli (Idv), D'Arrigo e Oliveri, entrambi dell'Mpa.
Per essere approvato serve il voto di 33 consiglieri comunali su cinquanta
"Cammarata vada a casa per il bene della città". Così dicono tre consiglieri comunali che hanno deciso di presentare una mozione di sfiducia contro il sindaco del Pdl. L'atto consiliare in poco tempo ha raggiunto le venti adesioni necessarie per poter essere presentato. La mozione è stata così depositata questa mattina in segreteria generale. Per sfiduciare il primo cittadino occorre che il Consiglio comunale si esprima con una maggioranza di 33 voti su 50.
"Faccio un appello - dice il capogruppo di Idv Ferrandelli, promotore dell'iniziativa con Leonardo D'Arrigo e Sandro Oliveri, entrambi dell'Mpa - a tutte le forze politiche affinché votino a favore della mozione per il bene della città. Cammarata deve andare a casa e ora ne abbiamo concretamente la possibilità".
(18 giugno 2010)
fonte: la Repubblica
Per essere approvato serve il voto di 33 consiglieri comunali su cinquanta
"Cammarata vada a casa per il bene della città". Così dicono tre consiglieri comunali che hanno deciso di presentare una mozione di sfiducia contro il sindaco del Pdl. L'atto consiliare in poco tempo ha raggiunto le venti adesioni necessarie per poter essere presentato. La mozione è stata così depositata questa mattina in segreteria generale. Per sfiduciare il primo cittadino occorre che il Consiglio comunale si esprima con una maggioranza di 33 voti su 50.
"Faccio un appello - dice il capogruppo di Idv Ferrandelli, promotore dell'iniziativa con Leonardo D'Arrigo e Sandro Oliveri, entrambi dell'Mpa - a tutte le forze politiche affinché votino a favore della mozione per il bene della città. Cammarata deve andare a casa e ora ne abbiamo concretamente la possibilità".
(18 giugno 2010)
fonte: la Repubblica
martedì 14 dicembre 2010
" L 'ASCARO' MICCICHE' ! "
“Adesso è necessario moltiplicare gli sforzi a favore del Sud. Il successo registrato dal Governo e dal Premier Silvio Berlusconi sono certo che rappresenterà il viatico per una nuova fase politica nella quale l’Esecutivo, libero da polemiche sterili che nulla hanno a che vedere con i problemi reali del Paese, potrà e dovrà impegnarsi per il rilancio economico delle regioni del sud Italia”. Lo afferma il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Gianfranco Micciché, dopo il voto la fiducia ottenuta dal Governo in Parlamento. “Forza del Sud – aggiunge Micciché – è pronta ad affrontare questa sfida e sosterrà fattivamente ogni azione del Governo volta a promuovere la crescita e lo sviluppo del Sud”.
fonte: Livesicilia
fonte: Livesicilia
Arrestato l'ex sindaco di Siderno ( Mpa )
REGGIO CALABRIA - Un duro colpo alla cosca Commisso di Siderno, fra le più ramificate della 'ndrangheta, è stato inferto questa mattina da carabinieri e polizia di Reggio Calabria che, nel corso di un'operazione congiunta, hanno arrestato 53 persone accusate di associazione mafiosa. La cosca, attiva nella Locride, aveva filiazioni anche in altre regioni e all'estero, in particolare in Canada. Tra i fermati c'è anche l'ex sindaco di Siderno, Alessandro Figliomeni, accusato di essere inserito a pieno titolo nella cosca.
L'ex primo cittadino "contribuiva a dirigere e coordinare il sodalizio prendendo le decisioni più rilevanti, impartendo ruoli e disposizioni agli altri associati", hanno spiegato i carabinieri. Sindaco di Siderno fino allo scorso marzo, prima esponente del Pdl, poi dell'Epa, Figliomeni aveva aderito all'Mpa e alle ultime elezioni in Calabria aveva appoggiato, candidandosi, l'ex governatore Agazio Loiero. In seguito alla sua decisione di candidarsi alle regionali, la maggioranza dei consiglieri comunali di Siderno si era dimessa provocando lo scioglimento dell'Ente che è adesso gestito da un commissario prefettizio.
La posizione dell'ex sindaco si sarebbe appesantita al punto che il fermo è stato richiesto d'urgenza dalla Procura di Reggio Calabria che chiederà al gip la convalida nei prossimi giorni. Figliomeni è fratello di Antonio, già arrestato la scorsa estate nell'ambito dell'operazione "Crimine" in quanto considerato uno dei promotori
e dirigente della cosca Commisso.
fonte: la Repubblica
L'ex primo cittadino "contribuiva a dirigere e coordinare il sodalizio prendendo le decisioni più rilevanti, impartendo ruoli e disposizioni agli altri associati", hanno spiegato i carabinieri. Sindaco di Siderno fino allo scorso marzo, prima esponente del Pdl, poi dell'Epa, Figliomeni aveva aderito all'Mpa e alle ultime elezioni in Calabria aveva appoggiato, candidandosi, l'ex governatore Agazio Loiero. In seguito alla sua decisione di candidarsi alle regionali, la maggioranza dei consiglieri comunali di Siderno si era dimessa provocando lo scioglimento dell'Ente che è adesso gestito da un commissario prefettizio.
La posizione dell'ex sindaco si sarebbe appesantita al punto che il fermo è stato richiesto d'urgenza dalla Procura di Reggio Calabria che chiederà al gip la convalida nei prossimi giorni. Figliomeni è fratello di Antonio, già arrestato la scorsa estate nell'ambito dell'operazione "Crimine" in quanto considerato uno dei promotori
e dirigente della cosca Commisso.
fonte: la Repubblica
lunedì 13 dicembre 2010
Conferenza stampa collettiva per presentare le prossime elezioni venete
I Ministri del Governo del Popolo Veneto, i Parlamentari dell’Assemblea del Popolo Veneto e i rappresentanti delle libere magistrature venete – al loro completo – terranno sabato 18 dicembre, alle ore 11.30, una conferenza ...stampa collettiva per presentare le prossime elezioni venete. L’incontro con la stampa avverrà in Piazza San Marco, sotto la scultura del Doge inginocchiato davanti al Leone di San Marco, scultura che campeggia sulla Porta della Carta del Palazzo Ducale.
Le elezioni venete, concepite secondo criteri nuovi e confacenti alla situazione di occupazione dei nostri territori, sono convocate per l'elezione di un nuovo Parlamento più rappresentativo della società veneta.
Il Parlamento Veneto sarà costituito a Venezia il 25 aprile 2011 e nascerà dalla confluenza della vigente e operativa Assemblea del Popolo Veneto e dai nuovi deputati eletti con le prossime elezioni (dal 1 gennaio al 25 aprile 2011).
Il Governo del Popolo Veneto è una libera istituzione impegnata nella ricostituzione delle libere magistrature venete, soppresse dalle occupazioni straniere che si sono succedute dal 1797 ad oggi (Francesi, Austriaci e Sabaudi & successori). Per noi Veneti lo Stato Veneto non è mai morto ma solo abusivamente occupato, un'occupazione in palese contrasto con il diritto internazionale.
Il Governo del Popolo Veneto è noto alle cronache per aver costituito due anni fa la "Polisia Veneta", istituzione oggetto di un contenzioso giudiziario acceso dalla Procura della Repubblica italiana a Treviso.
Il diritto all'indipendenza e alla libertà non cade mai in prescrizione e la marcia del Popolo Veneto verso la sua indipendenza è inarrestabile!
Albert Gardin
Presidente del Governo del Popolo Veneto
Governo del Popolo Veneto
via Pio X, 6
Spresian (Treviso)
cell. 338 8167955
governoveneto@gmail.com
Le elezioni venete, concepite secondo criteri nuovi e confacenti alla situazione di occupazione dei nostri territori, sono convocate per l'elezione di un nuovo Parlamento più rappresentativo della società veneta.
Il Parlamento Veneto sarà costituito a Venezia il 25 aprile 2011 e nascerà dalla confluenza della vigente e operativa Assemblea del Popolo Veneto e dai nuovi deputati eletti con le prossime elezioni (dal 1 gennaio al 25 aprile 2011).
Il Governo del Popolo Veneto è una libera istituzione impegnata nella ricostituzione delle libere magistrature venete, soppresse dalle occupazioni straniere che si sono succedute dal 1797 ad oggi (Francesi, Austriaci e Sabaudi & successori). Per noi Veneti lo Stato Veneto non è mai morto ma solo abusivamente occupato, un'occupazione in palese contrasto con il diritto internazionale.
Il Governo del Popolo Veneto è noto alle cronache per aver costituito due anni fa la "Polisia Veneta", istituzione oggetto di un contenzioso giudiziario acceso dalla Procura della Repubblica italiana a Treviso.
Il diritto all'indipendenza e alla libertà non cade mai in prescrizione e la marcia del Popolo Veneto verso la sua indipendenza è inarrestabile!
Albert Gardin
Presidente del Governo del Popolo Veneto
Governo del Popolo Veneto
via Pio X, 6
Spresian (Treviso)
cell. 338 8167955
governoveneto@gmail.com
Sicilia, riserve in ginocchio - La Regione ha ridotto i fondi del 70%
DALLE Saline di Trapani, sottratte al bracconaggio e a ogni genere di speculazione, a Torre Salsa, la spiaggia nell'Agrigentino salvata dal progetto di un villaggio turistico, passando per Monte Pellegrino e Capo Rama, nel Palermitano, e Vendicari, a Siracusa. Rischiano di chiudere i battenti, le riserve naturali siciliane. Un taglio netto ai contributi della Regione per 73 siti naturalistici di rara bellezza mette in ginocchio aree uniche al mondo. E apre al rischio di nuovi assalti a porzioni di territorio che sembravano ormai al riparo dall'abusivismo e dai cacciatori di frodo.
"È il contributo della Sicilia all'anno mondiale della biodiversità" accusano, con sarcasmo, Angelo Dimarca di Legambiente e Giacinto Milazzo, coordinatore dei novanta lavoratori delle riserve che prestano servizio per conto di associazioni ambientaliste. A rischiare di più sono proprio le ventisei riserve gestite per la Regione da sigle storiche come Legambiente, Wwf, Italia Nostra, Lipu, Cai, Gruppo ricerca ecologica, Rangers... Tutte associazioni che si sono già viste ridurre il contributo regionale del 40% e che, nel 2011, lo vedranno diminuire di un altro 30%.
"Tra un anno - punta il dito Dimarca - saremo passati dai 5 milioni e mezzo di euro del 2009 a un milione e mezzo scarso. Una somma che non basta neanche lontanamente a tenere in vita le riserve, a respingere le azioni 'di disturbo' o a fronteggiare il vandalismo". Ma già oggi l'attività di gestione è alla paralisi: "Le visite guidate come la
sorveglianza - spiega Dimarca- le iniziative di sensibilizzazione e di educazione ambientale e la valorizzazione dei territori, la conservazione degli ambienti naturali e la divulgazione naturalistica. Eppure, la Regione potrebbe attingere a 140 milioni di fondi europei previsti per questi scopi, ma nessuno, negli uffici competente, lavora a progetti specifici".
I primi a fare le spese dei tagli, varati dalla giunta del presidente autonomista Raffaele Lombardo, sono stati i novanta dipendenti delle associazioni, che non percepiscono gli stipendi da luglio. E che domani protesteranno, per la quinta volta nel giro di un mese, davanti alla sede dell'Assemblea regionale, chiedendo una serie di emendamenti per salvare le oasi e i posti di lavoro. Dalla loro parte, una ventina di esperti e accademici di tutte le discipline naturalistiche, autori di un appello alle istituzioni locali: "Le riserve naturali gestite dalle associazioni ambientaliste sono già a un passo dalla chiusura per mancanza di fondi; eppure hanno garantito in questi anni importanti risultati in diversi settori, e costituiscono spesso fondamentali presidi di legalità in contesti difficili", scrivono.
Nella vicenda non mancano i paradossi. "Per esempio - fa notare il presidente di Legambiente Sicilia Mimmo Fontana - quello della società regionale Biosphera, cui l'assessorato Territorio e ambiente assegna ogni anno 2,5 milioni per effettuare lavori nelle stesse aree protette che rischiano la chiusura. Per salvare le ventisei riserve basterebbero 1,7 milioni, meno del contributo per Biosphera".
"Quasi sempre, dietro alla nascita di una riserva - aggiunge Anna Giordano del Wwf, Goldman Environmental Prize (il "Nobel" dell'ambiente) nel '98 - c'è una storia di contrasto alla criminalità. Dalle Saline di Trapani, preda di bracconieri e speculazioni varie, a Capo Rama, dove il riconoscimento regionale ha bloccato lottizzazioni e discariche. Un passo indietro della Regione significherebbe far tornare in pista mafie e abusi".
(13 dicembre 2010)
fonte: la Repubblica
"È il contributo della Sicilia all'anno mondiale della biodiversità" accusano, con sarcasmo, Angelo Dimarca di Legambiente e Giacinto Milazzo, coordinatore dei novanta lavoratori delle riserve che prestano servizio per conto di associazioni ambientaliste. A rischiare di più sono proprio le ventisei riserve gestite per la Regione da sigle storiche come Legambiente, Wwf, Italia Nostra, Lipu, Cai, Gruppo ricerca ecologica, Rangers... Tutte associazioni che si sono già viste ridurre il contributo regionale del 40% e che, nel 2011, lo vedranno diminuire di un altro 30%.
"Tra un anno - punta il dito Dimarca - saremo passati dai 5 milioni e mezzo di euro del 2009 a un milione e mezzo scarso. Una somma che non basta neanche lontanamente a tenere in vita le riserve, a respingere le azioni 'di disturbo' o a fronteggiare il vandalismo". Ma già oggi l'attività di gestione è alla paralisi: "Le visite guidate come la
sorveglianza - spiega Dimarca- le iniziative di sensibilizzazione e di educazione ambientale e la valorizzazione dei territori, la conservazione degli ambienti naturali e la divulgazione naturalistica. Eppure, la Regione potrebbe attingere a 140 milioni di fondi europei previsti per questi scopi, ma nessuno, negli uffici competente, lavora a progetti specifici".
I primi a fare le spese dei tagli, varati dalla giunta del presidente autonomista Raffaele Lombardo, sono stati i novanta dipendenti delle associazioni, che non percepiscono gli stipendi da luglio. E che domani protesteranno, per la quinta volta nel giro di un mese, davanti alla sede dell'Assemblea regionale, chiedendo una serie di emendamenti per salvare le oasi e i posti di lavoro. Dalla loro parte, una ventina di esperti e accademici di tutte le discipline naturalistiche, autori di un appello alle istituzioni locali: "Le riserve naturali gestite dalle associazioni ambientaliste sono già a un passo dalla chiusura per mancanza di fondi; eppure hanno garantito in questi anni importanti risultati in diversi settori, e costituiscono spesso fondamentali presidi di legalità in contesti difficili", scrivono.
Nella vicenda non mancano i paradossi. "Per esempio - fa notare il presidente di Legambiente Sicilia Mimmo Fontana - quello della società regionale Biosphera, cui l'assessorato Territorio e ambiente assegna ogni anno 2,5 milioni per effettuare lavori nelle stesse aree protette che rischiano la chiusura. Per salvare le ventisei riserve basterebbero 1,7 milioni, meno del contributo per Biosphera".
"Quasi sempre, dietro alla nascita di una riserva - aggiunge Anna Giordano del Wwf, Goldman Environmental Prize (il "Nobel" dell'ambiente) nel '98 - c'è una storia di contrasto alla criminalità. Dalle Saline di Trapani, preda di bracconieri e speculazioni varie, a Capo Rama, dove il riconoscimento regionale ha bloccato lottizzazioni e discariche. Un passo indietro della Regione significherebbe far tornare in pista mafie e abusi".
(13 dicembre 2010)
fonte: la Repubblica
“Ad Agrigento appoggiavamo l’Mpa”
La mafia agrigentina avrebbe abbandonato l’Udc per puntare sull’Mpa del presidente Raffaele Lombardo. Le clamorose rivelazioni proverrebbero dal pentito Maurizio Di Gati, già capo del mandamento di Agrigento, secondo le indiscrezioni trapelate da Grandagolo.
Di Gati, interrogato dai magistrati della Dda di Palermo, ha spiegato come dopo i guai giudiziari di Totò Cuffaro e, quindi, del suo partito, la mafia avrebbe deciso di appoggiare alle elezioni il movimento autonomista. “L’interesse di Cosa nostra rispetto a questo partito – ha detto Di Gati – è per avere maggiori finanziamenti pubblici per la Sicilia e per favori per Cosa Nostra”. Lo stesso pentito avrebbe, poi, voluto sistemare sua moglie all’Asl di Agrigento, grazie all’aiuto di un alto funzionario della struttura sanitaria. Poi il pentito punta il dito contro Armando Savarino, ex dirigente amministrativo dell’Usl, oggi sindaco di Ravanusa, e su sua figlia Giusy, già deputato regionale dell’Udc.
fonte: Livesicilia
Di Gati, interrogato dai magistrati della Dda di Palermo, ha spiegato come dopo i guai giudiziari di Totò Cuffaro e, quindi, del suo partito, la mafia avrebbe deciso di appoggiare alle elezioni il movimento autonomista. “L’interesse di Cosa nostra rispetto a questo partito – ha detto Di Gati – è per avere maggiori finanziamenti pubblici per la Sicilia e per favori per Cosa Nostra”. Lo stesso pentito avrebbe, poi, voluto sistemare sua moglie all’Asl di Agrigento, grazie all’aiuto di un alto funzionario della struttura sanitaria. Poi il pentito punta il dito contro Armando Savarino, ex dirigente amministrativo dell’Usl, oggi sindaco di Ravanusa, e su sua figlia Giusy, già deputato regionale dell’Udc.
fonte: Livesicilia
In manette gli ultimi uomini dei Lo Piccolo
Le ultime cellule impazzite, ultime metastasi di un cancro chiamato Lo Piccolo, erano loro. L’inchiesta denominata “Addiopizzo 5″, che nella notte ha portato in cella 62 persone, 26 delle quali già detenute, ha inferto sicuramente il colpo più duro agli assetti di potere rimasti in piedi anche dopo la cattura del “barone”. Una maxi-operazione messa a segno dalla Squadra mobile di Palermo, coordinata dall’aggiunto Antonio Ingroia e dai pm Francesco Del Bene, Marcello Viola, Anna Maria Picozzi, Lia Sava, Gaetano Paci, nata sia dalla collaborazione dei commercianti vessati dalla pressione estorsiva, che dal grande lavoro d’intelligence effettuato sui pizzini recuperati nel covo di Giardinello dove Salvatore e Sandro Lo Piccolo furono sorpresi il 5 novembre 2007.
L’impianto accusatorio nei confronti degli arrestati è complesso, e racchiude tutto il “bouquet” relativo alle indagini su Cosa nostra. Dall’associazione a delinquere di stampo mafioso, all’estorsione, all’associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti; e ancora al porto e detenzione illegale d’armi da fuoco, intestazione fittizia di beni. Il quadro di indagine ha consentito di far luce sul sistema d’affari che portava nelle casse delle cosche legate al “feudo” di Lo Piccolo.
Le forze dell’ordine hanno dunque accertato il pagamento del pizzo da parte di imprenditori impegnati in lavori di ristrutturazione dell’aeroporto Falcone e Borsellino, nella realizzazione della caserma Bighelli dell’esercito, in viale Strasburgo, e di un asilo materno a Cinisi (Palermo). Ma l’attenzione dei boss si erano anche concentrate su nuovi tipi di business del nuovo millennio, come nel caso di “O sole mio”, il centro benessere in via Libertà, all’angolo con piazza Castelnuovo, di Filippo Catania, finita anche nelle indagini dei carabinieri che, il 15 dicembre 2005, hanno intercettato il reggente della famiglia di Resuttana, Maurizio Spataro, poi divenuto collaboratore di giustizia. Dietro quel centro benessere, infatti, ci sarebbero stati i soldi del boss di Resuttana Giovanni Bonanno. Spataro aveva chiamato il fratello dell’allora governatore, Totò Cuffaro, per invitarlo all’inaugurazione insieme al presidente della Regione. Sempre Filippo Catania, poi, è titolare di una parruccheria, il “Loca club” di viale del Fante, dove si sarebbero tenuti alcuni summit di mafia.
“Sassate” pesanti nei confronti dell’organizzazione, insomma, scagliate anche grazie agli esami, effettuati dalla scientifica, sul nastro di una macchina da scrivere utilizzata dai Lo Piccolo, e recuperato dalla spazzatura del covo di Giardinello. In manette sono finiti alcuni dei luogotenenti del “barone”, come il nuovo capo della famiglia di Capaci e Isola delle femmine, Pietro Bruno, o Salvatore D’Anna a Torretta. E ancora insospettabili prestanome come gli imprenditori edili Michele Acquisto, Mario Biondo, Giuseppe e Isidoro Lo Cascio, che avrebbero consentito il riciclaggio di denaro accumulati dalla cosca.
”Si è rotto il muro di omertà dietro al quale si trincerano normalmente le vittime delle estorsioni” ha detto il procuratore di Palermo Francesco Messineo. ”Imprenditori e commercianti ha aggiunto -, seppure non autonomamente, ma dopo essere stato messi di fronte alle contestazioni degli investigatori hanno ammesso di avere subito le pressioni del racket, contribuendo alle indagini. Solo quando un commerciante potrà fare il suo lavoro senza il timore del racket Palermo potrà dirsi una città normale”.
Parole, quelle di Messineo, che fanno da assist al procuratore aggiunto Antonio Ingroia, il quale, ricordando come già Falcone sposò la teoria di “un’indagine unica ed omogenea su Cosa nostra”, a pochi giorni dall’operazione di Partinico in cui, al contrario, i commercianti preferirono seguire la via del silenzio, rivolge nuovamente il suo appello agli imprenditori vittime del racket affinchè collaborino con le forze dell’ordine: “Voglio rivolgere un appello – ha detto Ingroia – agli imprenditori e ai commercianti che oprattutto nel periodo natalizio sono tartassati dal racket delle estorsioni: denunciate, basta solo un pizzico di coraggio, visto che lo Stato, ormai da tempo fa la sua parte”. Grazie alla collaborazione di 14 commercianti, l’inchiesta “Addiopizzo5″ ha portato alla luce 19 casi di estorsione.
fonte: Livesicilia
L’impianto accusatorio nei confronti degli arrestati è complesso, e racchiude tutto il “bouquet” relativo alle indagini su Cosa nostra. Dall’associazione a delinquere di stampo mafioso, all’estorsione, all’associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti; e ancora al porto e detenzione illegale d’armi da fuoco, intestazione fittizia di beni. Il quadro di indagine ha consentito di far luce sul sistema d’affari che portava nelle casse delle cosche legate al “feudo” di Lo Piccolo.
Le forze dell’ordine hanno dunque accertato il pagamento del pizzo da parte di imprenditori impegnati in lavori di ristrutturazione dell’aeroporto Falcone e Borsellino, nella realizzazione della caserma Bighelli dell’esercito, in viale Strasburgo, e di un asilo materno a Cinisi (Palermo). Ma l’attenzione dei boss si erano anche concentrate su nuovi tipi di business del nuovo millennio, come nel caso di “O sole mio”, il centro benessere in via Libertà, all’angolo con piazza Castelnuovo, di Filippo Catania, finita anche nelle indagini dei carabinieri che, il 15 dicembre 2005, hanno intercettato il reggente della famiglia di Resuttana, Maurizio Spataro, poi divenuto collaboratore di giustizia. Dietro quel centro benessere, infatti, ci sarebbero stati i soldi del boss di Resuttana Giovanni Bonanno. Spataro aveva chiamato il fratello dell’allora governatore, Totò Cuffaro, per invitarlo all’inaugurazione insieme al presidente della Regione. Sempre Filippo Catania, poi, è titolare di una parruccheria, il “Loca club” di viale del Fante, dove si sarebbero tenuti alcuni summit di mafia.
“Sassate” pesanti nei confronti dell’organizzazione, insomma, scagliate anche grazie agli esami, effettuati dalla scientifica, sul nastro di una macchina da scrivere utilizzata dai Lo Piccolo, e recuperato dalla spazzatura del covo di Giardinello. In manette sono finiti alcuni dei luogotenenti del “barone”, come il nuovo capo della famiglia di Capaci e Isola delle femmine, Pietro Bruno, o Salvatore D’Anna a Torretta. E ancora insospettabili prestanome come gli imprenditori edili Michele Acquisto, Mario Biondo, Giuseppe e Isidoro Lo Cascio, che avrebbero consentito il riciclaggio di denaro accumulati dalla cosca.
”Si è rotto il muro di omertà dietro al quale si trincerano normalmente le vittime delle estorsioni” ha detto il procuratore di Palermo Francesco Messineo. ”Imprenditori e commercianti ha aggiunto -, seppure non autonomamente, ma dopo essere stato messi di fronte alle contestazioni degli investigatori hanno ammesso di avere subito le pressioni del racket, contribuendo alle indagini. Solo quando un commerciante potrà fare il suo lavoro senza il timore del racket Palermo potrà dirsi una città normale”.
Parole, quelle di Messineo, che fanno da assist al procuratore aggiunto Antonio Ingroia, il quale, ricordando come già Falcone sposò la teoria di “un’indagine unica ed omogenea su Cosa nostra”, a pochi giorni dall’operazione di Partinico in cui, al contrario, i commercianti preferirono seguire la via del silenzio, rivolge nuovamente il suo appello agli imprenditori vittime del racket affinchè collaborino con le forze dell’ordine: “Voglio rivolgere un appello – ha detto Ingroia – agli imprenditori e ai commercianti che oprattutto nel periodo natalizio sono tartassati dal racket delle estorsioni: denunciate, basta solo un pizzico di coraggio, visto che lo Stato, ormai da tempo fa la sua parte”. Grazie alla collaborazione di 14 commercianti, l’inchiesta “Addiopizzo5″ ha portato alla luce 19 casi di estorsione.
fonte: Livesicilia
“Borsellino sapeva della trattativa”
Paolo Borsellino era informato della ”trattativa” dell’estate del 1992 tra uomini dei servizi segreti ed esponenti di Cosa nostra. Lo ha confermato in un’intervista al Tgr Sicilia della Rai il procuratore di Caltanissetta, Sergio Lari, il quale ha puntualizzato: ”Le nostre indagini hanno accertato inconfutabilmente che Borsellino fu informato della trattativa il 28 giugno. Ma da qui a dire che sia stato ucciso per questo il passo è lungo. Può darsi che la strage, decisa da tempo, sia stata accelerata. La trattativa può quindi avere avuto un ruolo”.
Ad informare il giudice poi assassinato era stata, il 28 giugno 1992, Liliana Ferraro capo di gabinetto del ministro Claudio Martelli e collaboratrice di Giovanni Falcone alla direzione Affari penali del Ministero della Giustizia. La stessa Ferraro ha confermato il colloquio con Borsellino durante il processo al generale Mario Mori. Lari ha anche fatto un riferimento ad altri elementi dell’indagine condotta dalla Procura di Caltanissetta che, a suo giudizio, rappresentano solo ”luoghi comuni”. Per il procuratore sarebbe un ”luogo comune” la traccia che porta al castello Utveggio, un edificio che da monte Pellegrino domina la scena della strage di via D’Amelio.
Il castello ospitava una cellula dei servizi segreti che, secondo alcune ipotesi investigative, avrebbe dato un appoggio operativo agli organizzatori dell’attentato. Nell’intervista al Tgr Sicilia il procuratore Lari ha chiaramente detto che non si tratta di elementi investigativi attendibili. Più interessante, a suo giudizio, il contributo dato dal pentito Gaspare Spatuzza: con le sue rivelazioni ha fatto riaprire l’inchiesta che a gennaio potrebbe provocare la richiesta di revisione dei tre processi conclusi con numerose condanne definitive.
fonte: Livesicilia
Ad informare il giudice poi assassinato era stata, il 28 giugno 1992, Liliana Ferraro capo di gabinetto del ministro Claudio Martelli e collaboratrice di Giovanni Falcone alla direzione Affari penali del Ministero della Giustizia. La stessa Ferraro ha confermato il colloquio con Borsellino durante il processo al generale Mario Mori. Lari ha anche fatto un riferimento ad altri elementi dell’indagine condotta dalla Procura di Caltanissetta che, a suo giudizio, rappresentano solo ”luoghi comuni”. Per il procuratore sarebbe un ”luogo comune” la traccia che porta al castello Utveggio, un edificio che da monte Pellegrino domina la scena della strage di via D’Amelio.
Il castello ospitava una cellula dei servizi segreti che, secondo alcune ipotesi investigative, avrebbe dato un appoggio operativo agli organizzatori dell’attentato. Nell’intervista al Tgr Sicilia il procuratore Lari ha chiaramente detto che non si tratta di elementi investigativi attendibili. Più interessante, a suo giudizio, il contributo dato dal pentito Gaspare Spatuzza: con le sue rivelazioni ha fatto riaprire l’inchiesta che a gennaio potrebbe provocare la richiesta di revisione dei tre processi conclusi con numerose condanne definitive.
fonte: Livesicilia
domenica 12 dicembre 2010
LOMBARDO TRATTA SOTTOBANCO CON BERLUSCONI
“A meno di sorprese, il Governo Berlusconi avrà la fiducia. Ad oggi sono avanti di 1 o 2 deputati”. Qualificate fonti finiane in Sicilia parlano in esclusiva a SUD di un Raffaele Lombardo “in attesa degli sviluppi romani, impegnato in trattative sottobanco”. “E’ uno dei motivi -spiegano- per cui il presidente della Regione non ha ancora nominato gli ultimi direttori generali”. LEGGI TUTTO
“Siamo pronti a tutto”. Secondo qualificate fonti dei finiani in Sicilia, il presidente della Regione Raffaele Lombardo starebbe trattando su due fronti. La partita è questa: Lombardo è pronto a votare il “no” alla fiducia.
Il problema è il giorno dopo: chi tradirebbe il “Terzo polo”?. Il primo -secondo i finiani siciliani- potrebbe essere proprio Lombardo. “Berlusconi farà un Governo preelettorale con il PID e con La Destra. Un esecutivo di 6 mesi, giusto per preparare le elezioni anticipate. Gli uomini di Cuffaro interverebbero sul bacino elettorale dell’UDC, che è al Senato proprio grazie ai voti dell’ex governatore siciliano. A “La Destra” di Musumeci e Storace il compito di erodere il nostro consenso in Sicilia (Musumeci diventerà Sottosegretario)”.
Qui interviene la trattativa “sottobanco”: Lombardo starebbe preparando un “salvacondotto politico” per il suo governo, grazie al dialogo con ambienti berlusconiani. Al Governatore autonomista andrebbe un ministero nel prossimo Governo Berlusconi. In cambio potrebbero rientrare in Giunta gli uomini di Gianfranco Miccichè e anche i vertici regionali del PdL, a quel punto sotto scacco. In un sol colpo Lombardo, con l’intesa nazionale, fregherebbe Pino Firrarello, il Partito Democratico siciliano e i finiani”.
A dispetto dell’autonomismo, Lombardo è pronto a bypassare il quadro politico siciliano per conservare il potere.
“Siamo dei futuristi no? Guardiamo anche a chi, nel futuro, potrebbe fare a meno di noi”.
Enrico Sciuto
fonte : SUD
“Siamo pronti a tutto”. Secondo qualificate fonti dei finiani in Sicilia, il presidente della Regione Raffaele Lombardo starebbe trattando su due fronti. La partita è questa: Lombardo è pronto a votare il “no” alla fiducia.
Il problema è il giorno dopo: chi tradirebbe il “Terzo polo”?. Il primo -secondo i finiani siciliani- potrebbe essere proprio Lombardo. “Berlusconi farà un Governo preelettorale con il PID e con La Destra. Un esecutivo di 6 mesi, giusto per preparare le elezioni anticipate. Gli uomini di Cuffaro interverebbero sul bacino elettorale dell’UDC, che è al Senato proprio grazie ai voti dell’ex governatore siciliano. A “La Destra” di Musumeci e Storace il compito di erodere il nostro consenso in Sicilia (Musumeci diventerà Sottosegretario)”.
Qui interviene la trattativa “sottobanco”: Lombardo starebbe preparando un “salvacondotto politico” per il suo governo, grazie al dialogo con ambienti berlusconiani. Al Governatore autonomista andrebbe un ministero nel prossimo Governo Berlusconi. In cambio potrebbero rientrare in Giunta gli uomini di Gianfranco Miccichè e anche i vertici regionali del PdL, a quel punto sotto scacco. In un sol colpo Lombardo, con l’intesa nazionale, fregherebbe Pino Firrarello, il Partito Democratico siciliano e i finiani”.
A dispetto dell’autonomismo, Lombardo è pronto a bypassare il quadro politico siciliano per conservare il potere.
“Siamo dei futuristi no? Guardiamo anche a chi, nel futuro, potrebbe fare a meno di noi”.
Enrico Sciuto
fonte : SUD
sabato 11 dicembre 2010
L ' ULTIMO E DEFINITIVO SCIPPO !
Pubblichiamo un commento del prof. Massimo Costa sulla notizia apparsa su questa pagina di Live Sicilia http://www.livesicilia.it/2010/12/09/armao-per-le-regioni-del-sudun-federalismo-insostenibile/ e relativa a quanto dichiarato dall'assessore all'Economia della Regione Siciliana, Gaetano Armao, a proposito di come il Governo italiano intende attuare il federalismo fiscale e del piano per il Sud (ossia come si vuole assestare definitivamente il colpo mortale all'economia e all'intera società siciliana; la situazione è drammatica e, quel che è peggio, i cittadini sono all'oscuro di quello che sta accadendo):
La Sicilia sul piede di guerra? Sì, quella delle istituzioni. Il Popolo è sempre tenuto fuori da queste cose. Nessuno ha mai spiegato ai Siciliani l’importanza e la sostanza del loro Statuto. Non abbiamo né giornali stampati (tranne il QdS) né televisioni siciliane ma ripetitori di interessi esterni. Non abbiamo una scuola siciliana. Come pretendiamo che oggi il Popolo reagisca contro questa rapina?
Affidiamoci a internet dunque.
E cominciamo a informare la gente.
Con una minima parte dello Statuto applicata (quella che la Lega oggi ci vuole persino togliere) la Regione è già quasi autosufficiente.
Su 15 miliardi di incassi (rendiconto 2009) lo Stato ne ha dati solo 3! Di questi il Fondo di Solidarietà Nazionale, un tempo pari al 40 % dell’intero bilancio della Regione, si è ridotto a 80 milioni di euro, cioè meno dello 0,5 %!!
Se pensiamo che di sola IVA maturata in Sicilia e incassata altrove lo Stato si prende ogni anno più di 4 miliardi dalla Sicilia, per non parlare di circa 7 miliardi di imposte dirette maturate in Sicilia e più di 20 miliardi di accise petrolifere, il conto è presto fatto. Ora non si accontentano più di questo, vogliono toglierci un’altra metà delle nostre risorse, così poi fronteggeranno la “loro” crisi e si prenderanno pure i complimenti della Banca Centrale Europea (sul nostro massacro).
LA SICILIA OGGI E’ SISTEMATICAMENTE RAPINATA DALL’ITALIA. Se, per ipotesi di scuola, la facessimo indipendente, potremmo mantenere tutti i precari e l’organico sproporzionato che abbiamo oggi nei pubblici uffici, migliorare i nostri servizi pubblici, dai trasporti alla scuola, e persino diminuire la pressione fiscale. Ma non si può. Dobbiamo mantenere la Penisola, a quanto pare è questo il nostro destino.
E se un assessore all’economia pretende almeno il rispetto dello Statuto lo lasciamo solo a causa della nostra beata ignoranza.
Ci vorrebbe un Popolo che assediasse inferocito le segreterie regionali dei partiti italiani, chiedendo in che cavolo di senso sono “per la Sicilia”, “per il Sud”, etc. se al momento del dunque si girano tutti dall’altra parte.
Ci vorrebbe una “marcia su Roma” di almeno 100.000 siciliani che mettessero a ferro e fuoco la capitale per far capire che i Siciliani lo Statuto non lo vogliono toccato.
Si prega tutti coloro che leggono questo post, di diffonderlo in rete, in tutti i siti da loro frequentati; non abbiamo altri mezzi per informare il Popolo siciliano dell' ulteriore e definitiva rapina che sta per subire dal nord.
Se questo federalismo verrà applicato, l ' alternativa alla morte per fame sarà prendere d 'assalto " i bastimenti per andare in terre assai lontane "
La Sicilia sul piede di guerra? Sì, quella delle istituzioni. Il Popolo è sempre tenuto fuori da queste cose. Nessuno ha mai spiegato ai Siciliani l’importanza e la sostanza del loro Statuto. Non abbiamo né giornali stampati (tranne il QdS) né televisioni siciliane ma ripetitori di interessi esterni. Non abbiamo una scuola siciliana. Come pretendiamo che oggi il Popolo reagisca contro questa rapina?
Affidiamoci a internet dunque.
E cominciamo a informare la gente.
Con una minima parte dello Statuto applicata (quella che la Lega oggi ci vuole persino togliere) la Regione è già quasi autosufficiente.
Su 15 miliardi di incassi (rendiconto 2009) lo Stato ne ha dati solo 3! Di questi il Fondo di Solidarietà Nazionale, un tempo pari al 40 % dell’intero bilancio della Regione, si è ridotto a 80 milioni di euro, cioè meno dello 0,5 %!!
Se pensiamo che di sola IVA maturata in Sicilia e incassata altrove lo Stato si prende ogni anno più di 4 miliardi dalla Sicilia, per non parlare di circa 7 miliardi di imposte dirette maturate in Sicilia e più di 20 miliardi di accise petrolifere, il conto è presto fatto. Ora non si accontentano più di questo, vogliono toglierci un’altra metà delle nostre risorse, così poi fronteggeranno la “loro” crisi e si prenderanno pure i complimenti della Banca Centrale Europea (sul nostro massacro).
LA SICILIA OGGI E’ SISTEMATICAMENTE RAPINATA DALL’ITALIA. Se, per ipotesi di scuola, la facessimo indipendente, potremmo mantenere tutti i precari e l’organico sproporzionato che abbiamo oggi nei pubblici uffici, migliorare i nostri servizi pubblici, dai trasporti alla scuola, e persino diminuire la pressione fiscale. Ma non si può. Dobbiamo mantenere la Penisola, a quanto pare è questo il nostro destino.
E se un assessore all’economia pretende almeno il rispetto dello Statuto lo lasciamo solo a causa della nostra beata ignoranza.
Ci vorrebbe un Popolo che assediasse inferocito le segreterie regionali dei partiti italiani, chiedendo in che cavolo di senso sono “per la Sicilia”, “per il Sud”, etc. se al momento del dunque si girano tutti dall’altra parte.
Ci vorrebbe una “marcia su Roma” di almeno 100.000 siciliani che mettessero a ferro e fuoco la capitale per far capire che i Siciliani lo Statuto non lo vogliono toccato.
Si prega tutti coloro che leggono questo post, di diffonderlo in rete, in tutti i siti da loro frequentati; non abbiamo altri mezzi per informare il Popolo siciliano dell' ulteriore e definitiva rapina che sta per subire dal nord.
Se questo federalismo verrà applicato, l ' alternativa alla morte per fame sarà prendere d 'assalto " i bastimenti per andare in terre assai lontane "
venerdì 10 dicembre 2010
L’attacco del cardinale Romeo “Stallo politico attanaglia la città”
Il cardinale attacca l’amministrazione cittadina accusandola di immobilità. Paolo Romeo ne ha parlato durante l’omelia pronunciata in piazza San Domenico, in occasione della solennità dell’Immacolata.
«E’ certamente evidente - ha detto - lo stallo politico-amministrativo che attanaglia questa ‘Palermo felicissima’. Risentiamo senza dubbio di un effetto a cascata a partire dalla situazione regionale e nazionale. Ma lo stallo sembra essere anche quello delle tante coscienze che non credono più nel cambiamento e che non si impegnano in una vera responsabilità condivisa».
«So bene - ha sottolineato il cardinale - che è più facile scorgere le brutture della nostra Palermo, specie quelle che saltano subito all’occhio, i disagi nei quali da sempre sembra immobilizzata. Ad uno sguardo più attento si riconosce che c’è troppo poco senso di responsabilità che soggiace a tante di queste brutture. E questo ad ogni livello, specie quando il disinteresse e l’egoismo diventano sostrato culturale che impoverisce le straordinarie potenzialità di questa nostra città».
Romeo ha aggiunto: «Ci addolora sapere delle tante famiglie che hanno grosse difficoltà ad arrivare a fine mese. Ne condividiamo la sofferenza nel bisogno. La povertà è attorno a noi, è vicina a noi. Ne avvertiamo l’abbrutimento in cui pian piano fa decadere l’uomo. La comunità ecclesiale auspica che nella nostra città strumenti socio-assistenziali sempre più efficaci possano provvedere ad interventi puntuali che rispettino la dignità dei poveri. Ma non è questa — si è domandato il cardinale — una grande occasione per fare appello alla responsabilità di tutti? Per scoprire o riscoprire la solidarietà reciproca e il senso della comunione fra tutti i figli di Dio? Non è l’occasione per passare dalla risposta della sobrietà alla risposta della carità?».
(08 dicembre 2010)
fonte: la Repubblica
«E’ certamente evidente - ha detto - lo stallo politico-amministrativo che attanaglia questa ‘Palermo felicissima’. Risentiamo senza dubbio di un effetto a cascata a partire dalla situazione regionale e nazionale. Ma lo stallo sembra essere anche quello delle tante coscienze che non credono più nel cambiamento e che non si impegnano in una vera responsabilità condivisa».
«So bene - ha sottolineato il cardinale - che è più facile scorgere le brutture della nostra Palermo, specie quelle che saltano subito all’occhio, i disagi nei quali da sempre sembra immobilizzata. Ad uno sguardo più attento si riconosce che c’è troppo poco senso di responsabilità che soggiace a tante di queste brutture. E questo ad ogni livello, specie quando il disinteresse e l’egoismo diventano sostrato culturale che impoverisce le straordinarie potenzialità di questa nostra città».
Romeo ha aggiunto: «Ci addolora sapere delle tante famiglie che hanno grosse difficoltà ad arrivare a fine mese. Ne condividiamo la sofferenza nel bisogno. La povertà è attorno a noi, è vicina a noi. Ne avvertiamo l’abbrutimento in cui pian piano fa decadere l’uomo. La comunità ecclesiale auspica che nella nostra città strumenti socio-assistenziali sempre più efficaci possano provvedere ad interventi puntuali che rispettino la dignità dei poveri. Ma non è questa — si è domandato il cardinale — una grande occasione per fare appello alla responsabilità di tutti? Per scoprire o riscoprire la solidarietà reciproca e il senso della comunione fra tutti i figli di Dio? Non è l’occasione per passare dalla risposta della sobrietà alla risposta della carità?».
(08 dicembre 2010)
fonte: la Repubblica
giovedì 9 dicembre 2010
Referendum del Pd a Enna : No all'accordo con Lombardo
I sostenitori del Partito democratico di Enna bocciano l'alleanza con Raffaele Lombardo. Lo hanno detto con i numeri, partecipando al referendum consultivo che si è svolto nel giorno dell'Immacolata, dalle 8 alle 22. Nel comune capoluogo hanno partecipato alla consultazione 2.945 persone che hanno risposto a un quesito che pressappoco recitava così: "Ritenete che debba essere mantenuto l'impegno del Pd a sostegno del governo Lombardo?". I no sono stati 2.825, i sì appena 107.
Ma si è votato anche in altri cinque comuni della provincia e cioè Valguarnera Caropepe, Regalbuto, Pietraperzia, Barrafranca e Nissoria. Complessivamente, sommando i risultati di questi comuni con quello del capoluogo sono andate a votare 5.048 persone. I sì sono stati 141, i no 4.876. Il 18 andranno a votare gli altri comuni della provincia. Ma i numeri già acquisiti fanno cantare vittoria al senatore Vladimiro Crisafulli, irriducibile oppositore all'accordo con Lombardo, che prima di ogni cosa parte proprio dai numeri: "Alle primarie per eleggere i segretari nazionale e regionale a Enna sono andate a votare 2.600 perone circa, decisamente meno di ora".
Ma che valore ha questo voto? "E' prima di tutto una speranza - afferma Crisafulli - La speranza che i nostri dirigenti riflettano su cosa pensa la base dell'accordo con Lombardo e si decidano a indire le primarie in tutte le province. A meno che non abbiamo paura dei loro stessi elettori e preferiscano restare rintanati nel palazzo". I cittadini che sono andati a votare si sono registrati con un documento d'identità e hanno dovuto firmare una lettera nella quale affermano di essere elettori del Pd.
(08 dicembre 2010)
fonte: la Repubblica
Ma si è votato anche in altri cinque comuni della provincia e cioè Valguarnera Caropepe, Regalbuto, Pietraperzia, Barrafranca e Nissoria. Complessivamente, sommando i risultati di questi comuni con quello del capoluogo sono andate a votare 5.048 persone. I sì sono stati 141, i no 4.876. Il 18 andranno a votare gli altri comuni della provincia. Ma i numeri già acquisiti fanno cantare vittoria al senatore Vladimiro Crisafulli, irriducibile oppositore all'accordo con Lombardo, che prima di ogni cosa parte proprio dai numeri: "Alle primarie per eleggere i segretari nazionale e regionale a Enna sono andate a votare 2.600 perone circa, decisamente meno di ora".
Ma che valore ha questo voto? "E' prima di tutto una speranza - afferma Crisafulli - La speranza che i nostri dirigenti riflettano su cosa pensa la base dell'accordo con Lombardo e si decidano a indire le primarie in tutte le province. A meno che non abbiamo paura dei loro stessi elettori e preferiscano restare rintanati nel palazzo". I cittadini che sono andati a votare si sono registrati con un documento d'identità e hanno dovuto firmare una lettera nella quale affermano di essere elettori del Pd.
(08 dicembre 2010)
fonte: la Repubblica
poteri PARANORMALI?no, NORMALI sistemi di POTERE
Una settimana addietro SUD aveva lanciato una “profezia” sull’esito del concorso di primario nella cardio-chirugia per adulti al Ferrarotto. Avevamo azzardato che avrebbe vinto uno specialista di chiara fama nella cardio-chirurgia però per bambini. La profezia si è avverata e conoscendo il sistema di potere Russo-Poli non sono stati necessari i poteri paranormali. Leggi l’articolo di oggi de LA SICILIA.
Facendo i dovuti scongiuri, l’infarto può capitare a tutti. Anche un magistrato o un politico di chiara fama possono finire tra i bisturi di un grande specialista che da sempre opera bambini con risultati eccellenti. Qualcuno potrebbe asserire che c’è una certa differenza tra il cuore di un neonato e quello di un sessantenne. Sono dettagli irrilevanti per la sanità targata Massimo Russo. In ogni caso la profezia l’abbiamo indovinata. E sulla sanità sicula andremo avanti.
fonte: sudpress.it
Facendo i dovuti scongiuri, l’infarto può capitare a tutti. Anche un magistrato o un politico di chiara fama possono finire tra i bisturi di un grande specialista che da sempre opera bambini con risultati eccellenti. Qualcuno potrebbe asserire che c’è una certa differenza tra il cuore di un neonato e quello di un sessantenne. Sono dettagli irrilevanti per la sanità targata Massimo Russo. In ogni caso la profezia l’abbiamo indovinata. E sulla sanità sicula andremo avanti.
fonte: sudpress.it
martedì 7 dicembre 2010
Caso Gesip, consiglieri comunali sequestrati a Palazzo delle Aquile
Tensione alle stelle in Consiglio comunale dov'è approdata la delibera per salvare la Gesip, società municipale nata per stabilizzare i precari e da anni in crisi profonda. Circa venti operai hanno fatto irruzione a Palazzo delle Aquile e hanno "sequestrato" una quarantina di consiglieri comunali nella sala del presidente del Consiglio Alberto Campagna. I lavoratori hanno detto minacciosamente ai consiglieri di votare subito l'atto che autorizza l'utilizzo dei fondi del Cipe da destinare a progetti per le aziende partecipate. Un provvedimento che porterebbe nella casse della Gesip circa 20 milioni di euro. I progetti con i quali giustificare la spesa riguardano la ripiantumazione delle palme abbattute e la bonifica del parco della Favorita. Per liberare i consiglieri, è stato necessario l'intervento della polizia. In serata il documento è stato approvato.
Gli operai hanno presidiato il palazzo comunale sin dalle prime ore del mattino, in attesa che il provvedimento fosse esaminato dalle commissioni e poi passasse al voto di Sala delle Lapidi. Il loro timore è che la società, ormai sull'orlo del crack economico e con perdite mensili superiori a 800 mila euro, già dal mese prossimo non paghi più gli stipendi. Con l'approvazione della delibera sull'uso dei fondi Cipe potrebbero aprirsi invece spiragli per la firma del contratto di servizio, in assenza del quale il Comune non può più pagare le somme mensili alla Gesip.
fonte:la Repubblica
Gli operai hanno presidiato il palazzo comunale sin dalle prime ore del mattino, in attesa che il provvedimento fosse esaminato dalle commissioni e poi passasse al voto di Sala delle Lapidi. Il loro timore è che la società, ormai sull'orlo del crack economico e con perdite mensili superiori a 800 mila euro, già dal mese prossimo non paghi più gli stipendi. Con l'approvazione della delibera sull'uso dei fondi Cipe potrebbero aprirsi invece spiragli per la firma del contratto di servizio, in assenza del quale il Comune non può più pagare le somme mensili alla Gesip.
fonte:la Repubblica
domenica 5 dicembre 2010
Agli iscritti e ai simpatizzanti dell ' EVIS - Partito per l 'Indipendenza della Sicilia:
La Segreteria dell'EVIS ritiene necessario informare i singoli iscritti e simpatizzanti del Partito sulle vicende che hanno caratterizzato i contatti intercorsi fra il nostro Partito ed il nascente Movimento denominato "Identità Mediterranea ", contatti finalizzati alla creazione di un nuovo e più organico Organismo che potesse recitare un ruolo non secondario per la rinascita del Sud e della Sicilia.
Esaminati i singoli articoli del nuovo proponendo Statuto, abbiamo ritenuto lo stesso, tuttavia, inidoneo a soddisfare le esigenze e le aspirazioni dei Popoli Meridionali, lontano dagli insegnamenti dei Padri Siciliani ai quali l'EVIS continua ad ispirarsi, nella sua quotidiana lotta di denuncia contro i soprusi e le ingiustizie che opprimono la Società dell'Isola e del Sud in generale.
Gli insegnamenti di Canepa, la sua azione che lo condusse all'eroica morte, unitamente agli insegnamenti di Finocchiaro Aprile e di Nicola Zitara, ci hanno convinto della scarsa bontà del nuovo Statuto, inidoneo alla risoluzione della questione dei Popoli del Sud Italia.
Abbiamo da sempre ritenuto, e lo ribadiamo ancora, che la Sicilia aspira al legittimo ed irrinunciabile ruolo di Nazione Libera, Sovrana ed Indipendente, seppure consideriamo i cittadini di tutte le Regioni del Sud nostri confratelli, ai quali ci sentiamo legati da vincoli storici, climatici, culturali, topografici, umanitari ed identitari. Con questi ultimi potrà essere possibile, in osservanza all'insegnamento di Finocchiaro Aprile, una confederazione di Stati, ciascuno libero, confederato e, soprattutto, INDIPENDENTE.
Riteniamo di condividere il pensiero dei più, quando pensiamo di sentirci diversi, per storia, cultura, tradizioni, dai popoli del Nord Italia, legati agli stessi da un risorgimento che, seppure difeso dai forti poteri massonici, scricchiola alle mazzate giornaliere della Storia e della Storiografia vera ed autentica, facendo apparire le popolazioni del Sud nel loro atavico sfruttamento da parte degli eredi dei nuovi nordisti-Savoiardi.
Riteniamo, pertanto, di dover rinunciare alla partecipazione e costituzione del nuovo Organismo, denominato " Identità Mediterranea " perchè lo Statuto proposto non è stato convenientemente discusso e modificato nei postulati irrinunciabili che furono di Canepa, di Finocchiaro Aprile, di Nicola Zitara; nè si può ancora tacere il mancato rapporto di pari dignità fra l'EVIS ed il nascente Movimento, che avrebbe dovuto caratterizzare, invece, l' inizio di una fattiva e proficua collaborazione dei partecipanti, per il raggiungimento dei risultati prefissati; semmai abbiamo assistito all'impossibilità contingente di consentire a tutti i dirigenti dell'EVIS, eccezione fatta per qualcuno, di visionare con la necessaria attenzione, quasi con un'imposizione frettolosa, i singoli articoli statutari del nuovo Movimento, per un doveroso confronto con i propri iscritti e simpatizzanti EVIS.
X la Segreteria dell'EVIS - Partito per l 'indipendenza della Sicilia:
Neva Allegra, Segretaria Naziole
Lucio Paladino, Vice Segretario Nazionale
Pietro Di Caro, Segretario Giovanile
Esaminati i singoli articoli del nuovo proponendo Statuto, abbiamo ritenuto lo stesso, tuttavia, inidoneo a soddisfare le esigenze e le aspirazioni dei Popoli Meridionali, lontano dagli insegnamenti dei Padri Siciliani ai quali l'EVIS continua ad ispirarsi, nella sua quotidiana lotta di denuncia contro i soprusi e le ingiustizie che opprimono la Società dell'Isola e del Sud in generale.
Gli insegnamenti di Canepa, la sua azione che lo condusse all'eroica morte, unitamente agli insegnamenti di Finocchiaro Aprile e di Nicola Zitara, ci hanno convinto della scarsa bontà del nuovo Statuto, inidoneo alla risoluzione della questione dei Popoli del Sud Italia.
Abbiamo da sempre ritenuto, e lo ribadiamo ancora, che la Sicilia aspira al legittimo ed irrinunciabile ruolo di Nazione Libera, Sovrana ed Indipendente, seppure consideriamo i cittadini di tutte le Regioni del Sud nostri confratelli, ai quali ci sentiamo legati da vincoli storici, climatici, culturali, topografici, umanitari ed identitari. Con questi ultimi potrà essere possibile, in osservanza all'insegnamento di Finocchiaro Aprile, una confederazione di Stati, ciascuno libero, confederato e, soprattutto, INDIPENDENTE.
Riteniamo di condividere il pensiero dei più, quando pensiamo di sentirci diversi, per storia, cultura, tradizioni, dai popoli del Nord Italia, legati agli stessi da un risorgimento che, seppure difeso dai forti poteri massonici, scricchiola alle mazzate giornaliere della Storia e della Storiografia vera ed autentica, facendo apparire le popolazioni del Sud nel loro atavico sfruttamento da parte degli eredi dei nuovi nordisti-Savoiardi.
Riteniamo, pertanto, di dover rinunciare alla partecipazione e costituzione del nuovo Organismo, denominato " Identità Mediterranea " perchè lo Statuto proposto non è stato convenientemente discusso e modificato nei postulati irrinunciabili che furono di Canepa, di Finocchiaro Aprile, di Nicola Zitara; nè si può ancora tacere il mancato rapporto di pari dignità fra l'EVIS ed il nascente Movimento, che avrebbe dovuto caratterizzare, invece, l' inizio di una fattiva e proficua collaborazione dei partecipanti, per il raggiungimento dei risultati prefissati; semmai abbiamo assistito all'impossibilità contingente di consentire a tutti i dirigenti dell'EVIS, eccezione fatta per qualcuno, di visionare con la necessaria attenzione, quasi con un'imposizione frettolosa, i singoli articoli statutari del nuovo Movimento, per un doveroso confronto con i propri iscritti e simpatizzanti EVIS.
X la Segreteria dell'EVIS - Partito per l 'indipendenza della Sicilia:
Neva Allegra, Segretaria Naziole
Lucio Paladino, Vice Segretario Nazionale
Pietro Di Caro, Segretario Giovanile
giovedì 2 dicembre 2010
La moglie di Cesare e il marito di Anna
Mettiamo da parte i nomi e facciamo finta che l'incarico non sia stato assegnato dal manager che guida la Asp di Catania (uomo politicamente riferibile a Lombardo), alla Solsamb, una società privata il cui amministratore unico si chiama Melchiorre Fidelbo ed è il marito della capogruppo del Pd al Senato Anna Finocchiaro.
Dimentichiamoci pure che quel finanziamento venne inizialmente attribuito dal ministero della Sanità guidato - a quel tempo - da Livia Turco. Che appena due anni fa la Finocchiaro aveva sfidato proprio Raffaele Lombardo nella corsa alla presidenza della Regione. E che, oggi, il suo partito sostiene la giunta guidata dal leader Mpa. Esaminiamo il fatto nudo e crudo, senza aggettivi.
Dunque, la celebratissima riforma della sanità muove i primi passi e, tra le prime cose da mettere in piedi, ci sono proprio i Pta, i presidi territoriali di assistenza che dovrebbero rimpiazzare gli ospedali laddove questi verranno chiusi o declassati.
Si tratta di strutture comunque pubbliche e gestite dal pubblico, nelle quali - casomai - il privato può avere il compito di fornire servizi. Esattamente quello che avviene al Pta di Giarre dove ad una società privata viene affidato l'incarico di mettere in piedi il software per la gestione informatica del presidio e di formare il personale.
Il tutto per una cifra che, ad oggi, ammonta a 350 mila euro ma che - a seconda delle disponibilità finanziarie - negli anni a venire potrà arrivare a un milione 200 mila euro. Tutto deciso con una delibera firmata dal direttore generale della Asp che assegna una quota del finanziamento ministeriale ad una società privata che aveva presentato un progetto.
La prima domanda urge già a questo punto della storia: può un ente pubblico affidare un servizio attraverso una trattativa privata con l'unica azienda che si era fatta avanti? Non è, invece, in questi casi richiesta una gara pubblica a garanzia della trasparenza sulla corretta gestione del denaro dei cittadini? La domanda non è oziosa.
Da qui a qualche mese dovranno essere istituiti 45 Pta in tutta la Sicilia, dunque tutti i manager delle aziende sanitarie dovranno decidere come avviarli e a chi affidare servizi come la realizzazione dei software, la logistica, la formazione del personale. Saranno in ballo cifre ben più rilevanti, immaginiamo, di quelle necessarie in un comune di provincia come Giarre. Come sarà gestita questa massa di denaro? Con convenzioni firmate face to face o con procedure di evidenza pubblica?
L'assessore alla Sanità Massimo Russo, che è un ex magistrato, ha già detto che per l'avvio di queste strutture dovranno essere fatte delle gare. Se ne deduce che la strada seguita per l'assegnazione dei servizi di supporto al Pta di Giarre non è quella giusta. Se, in quel caso, ci sono stati profili di illegittimità lo stabiliranno gli ispettori che lo stesso Russo ha già deciso di inviare nel paese etneo.
Ma, intanto, davanti a questo scenario le parole pronunciate dal capogruppo del Pd all'Ars Antonello Cracolici - che ha evocato complotti e manovre - appaiono stonate e, di certo, non fanno premio al passato dello stesso Cracolici e alla storia dalla quale egli proviene. Un passato e una storia fatti anche di battaglie per la trasparenza nell'utilizzo del denaro pubblico.
Proprio partendo da quello di Cracolici è necessario, a questo punto, far rientrare in gioco i nomi che colorano questa vicenda e interrogarsi sul silenzio che su di essa ha fatto calare la politica. E' ovvio che nessuno può negare al dottor Melchiorre Fidelbo di svolgere la sua attività imprenditoriale per il solo fatto di essere marito di Anna Finocchiaro. Ma è altrettanto scontato che - in ossequio alla lezione sulla moglie di Cesare - proprio ai parenti di chi svolge un ruolo pubblico si chieda un supplemento di attenzione nel rispetto dell'etica pubblica.
C'è da stupirsi, infatti, se qualcuno storce il naso davanti a una procedura "anomala" che ha premiato proprio un congiunto di un esponente di rilievo del partito il quale - contravvenendo al mandato degli elettori - ha stretto un patto con chi governa e, dunque, decide l'andamento della macchina amministrativa?
Per i democratici la vicenda dell'appalto per il servizio sanitario territoriale di un paese della provincia di Catania rischia di diventare imbarazzante quanto l'inchiesta su mafia e politica che vede coinvolto il governatore al quale gli ex avversari oggi offrono sostegno politico e tecnici per la giunta.
Il caso dei presunti rapporti con i mafiosi riguarda pur sempre un alleato, Lombardo appunto, e la sua attività di raccolta del consenso. In questo caso, invece, siamo di fronte ad un concreto atto di governo amministrativo che sembra ripercorrere tristemente la storia della cattiva gestione della sanità in Sicilia: nessuna garanzia per la trasparenza e trattative privatissime per l'assegnazione di denaro pubblico.
Cose sulle quali toccherebbe al Pd chiedere chiarezza. Nonostante i nomi. Anzi, a prescindere dai nomi.
(01 dicembre 2010)
fonte:la Repubblica
Dimentichiamoci pure che quel finanziamento venne inizialmente attribuito dal ministero della Sanità guidato - a quel tempo - da Livia Turco. Che appena due anni fa la Finocchiaro aveva sfidato proprio Raffaele Lombardo nella corsa alla presidenza della Regione. E che, oggi, il suo partito sostiene la giunta guidata dal leader Mpa. Esaminiamo il fatto nudo e crudo, senza aggettivi.
Dunque, la celebratissima riforma della sanità muove i primi passi e, tra le prime cose da mettere in piedi, ci sono proprio i Pta, i presidi territoriali di assistenza che dovrebbero rimpiazzare gli ospedali laddove questi verranno chiusi o declassati.
Si tratta di strutture comunque pubbliche e gestite dal pubblico, nelle quali - casomai - il privato può avere il compito di fornire servizi. Esattamente quello che avviene al Pta di Giarre dove ad una società privata viene affidato l'incarico di mettere in piedi il software per la gestione informatica del presidio e di formare il personale.
Il tutto per una cifra che, ad oggi, ammonta a 350 mila euro ma che - a seconda delle disponibilità finanziarie - negli anni a venire potrà arrivare a un milione 200 mila euro. Tutto deciso con una delibera firmata dal direttore generale della Asp che assegna una quota del finanziamento ministeriale ad una società privata che aveva presentato un progetto.
La prima domanda urge già a questo punto della storia: può un ente pubblico affidare un servizio attraverso una trattativa privata con l'unica azienda che si era fatta avanti? Non è, invece, in questi casi richiesta una gara pubblica a garanzia della trasparenza sulla corretta gestione del denaro dei cittadini? La domanda non è oziosa.
Da qui a qualche mese dovranno essere istituiti 45 Pta in tutta la Sicilia, dunque tutti i manager delle aziende sanitarie dovranno decidere come avviarli e a chi affidare servizi come la realizzazione dei software, la logistica, la formazione del personale. Saranno in ballo cifre ben più rilevanti, immaginiamo, di quelle necessarie in un comune di provincia come Giarre. Come sarà gestita questa massa di denaro? Con convenzioni firmate face to face o con procedure di evidenza pubblica?
L'assessore alla Sanità Massimo Russo, che è un ex magistrato, ha già detto che per l'avvio di queste strutture dovranno essere fatte delle gare. Se ne deduce che la strada seguita per l'assegnazione dei servizi di supporto al Pta di Giarre non è quella giusta. Se, in quel caso, ci sono stati profili di illegittimità lo stabiliranno gli ispettori che lo stesso Russo ha già deciso di inviare nel paese etneo.
Ma, intanto, davanti a questo scenario le parole pronunciate dal capogruppo del Pd all'Ars Antonello Cracolici - che ha evocato complotti e manovre - appaiono stonate e, di certo, non fanno premio al passato dello stesso Cracolici e alla storia dalla quale egli proviene. Un passato e una storia fatti anche di battaglie per la trasparenza nell'utilizzo del denaro pubblico.
Proprio partendo da quello di Cracolici è necessario, a questo punto, far rientrare in gioco i nomi che colorano questa vicenda e interrogarsi sul silenzio che su di essa ha fatto calare la politica. E' ovvio che nessuno può negare al dottor Melchiorre Fidelbo di svolgere la sua attività imprenditoriale per il solo fatto di essere marito di Anna Finocchiaro. Ma è altrettanto scontato che - in ossequio alla lezione sulla moglie di Cesare - proprio ai parenti di chi svolge un ruolo pubblico si chieda un supplemento di attenzione nel rispetto dell'etica pubblica.
C'è da stupirsi, infatti, se qualcuno storce il naso davanti a una procedura "anomala" che ha premiato proprio un congiunto di un esponente di rilievo del partito il quale - contravvenendo al mandato degli elettori - ha stretto un patto con chi governa e, dunque, decide l'andamento della macchina amministrativa?
Per i democratici la vicenda dell'appalto per il servizio sanitario territoriale di un paese della provincia di Catania rischia di diventare imbarazzante quanto l'inchiesta su mafia e politica che vede coinvolto il governatore al quale gli ex avversari oggi offrono sostegno politico e tecnici per la giunta.
Il caso dei presunti rapporti con i mafiosi riguarda pur sempre un alleato, Lombardo appunto, e la sua attività di raccolta del consenso. In questo caso, invece, siamo di fronte ad un concreto atto di governo amministrativo che sembra ripercorrere tristemente la storia della cattiva gestione della sanità in Sicilia: nessuna garanzia per la trasparenza e trattative privatissime per l'assegnazione di denaro pubblico.
Cose sulle quali toccherebbe al Pd chiedere chiarezza. Nonostante i nomi. Anzi, a prescindere dai nomi.
(01 dicembre 2010)
fonte:la Repubblica
I figli dei politici in coda per entrare nella spa regionale
Oltre centoventi assunzioni alle porte: la new economy alla siciliana sta per produrre una maxi-stabilizzazione senza concorso. Questo, almeno, è il rischio segnalato a più riprese da chi controlla i conti e la correttezza delle procedure di Sicilia e-servizi. Il ponte levatoio fra i soci privati che detengono la quota di minoranza dell'azienda e i malfermi organici di Mamma Regione è già stato calato. Ed è pronta ad approfittarne una pletora di dipendenti che hanno cognomi noti o parentele influenti, cui i partner della società - sensibili alle richieste della politica - negli ultimi anni non hanno negato un contratto a tempo determinato.
L'operazione si chiama "ripopolamento" ed è prevista negli accordi del 2005 fra la Regione e i soci di minoranza, che oggi sono la multinazionale Accenture ed Engineering, capeggiata dall'agrigentino Rosario Amodeo: si tratta, in pratica, del graduale trasferimento di personale alla Sicilia e-servizi, in vista di un'uscita degli stessi privati dal capitale azionario entro il 2013.
Una delibera adottata il 3 marzo dal cda della società (presidente è Emanuele Spampinato, fedelissimo di Raffaele Lombardo e candidato alle Regionali in una lista collegata all'Mpa) prevede l'ingresso in pianta definitiva nella spa di 124 dipendenti entro la fine dell'anno. Già in quell'occasione il collegio sindacale presieduto da Maria Sole Vizzini fece alcuni rilievi: per procedere all'assunzione di un numero così alto di impiegati in una società pubblica - osservarono i revisori dei conti - serve un piano industriale e "un organigramma dettagliato in cui vengano individuati i profili delle unità da reclutare".
Ma, soprattutto, bisogna fare pubbliche selezioni, così come ribadito dalla legge Brunetta per le assunzioni da effettuare in qualsiasi tipo di società partecipate da enti pubblici. Osservazioni ribadite più volte, che pongono un ostacolo alla semplice stabilizzazione di tecnici e amministrativi ingaggiati a tempo determinato, per chiamata diretta, da Sicilia e-servizi e dai soci privati. La lista nella quale si dovrebbe pescare conta 350 nomi. Quelli di ingegneri, tecnici specializzati e addetti a vario titolo: non mancano i solidi curriculum, abbondano amicizie e parentele politiche.
L'elenco, dal 2006 a oggi, si è gonfiato con uomini vicini all'Udc e Forza Italia prima, all'Mpa poi. E non mancano riferimenti del Pd. Nel foglio presenze di Sicilia e-servizi venture (società di scopo collegata all'azienda madre) c'è Giuseppe D'Orsi, figlio del presidente (autonomista) della Provincia di Agrigento, e Giuseppe Storniolo, figlio della responsabile del cerimoniale della presidenza della Regione. Entrambi risultano in attività "fuori sede".
La spa regionale, in questi anni, ha stipulato contratti a progetto con Giovanni Di Stefano, ex segretario dei giovani dell'Mpa, ma anche con Vincenzo Lo Monte, fratello di Carmelo, deputato della Colomba. Ma pure con Nicola Barbalace, consigliere comunale del Pd a Messina, con Deborah Civello, cognata del parlamentare del Pdl Francesco Scoma, con Nicola Calderone, ex collaboratore di Alemanno, e con Mario Parlavecchio, già dipendente regionale e cugino dell'omonimo deputato dell'Udc.
Nella lista c'è pure Urania Papatheu, ex commissario della Fiera di Messina. Ancora per la collegata Venture sono in organico Maria D'Aì, figlia del sindaco di Misilmeri (Pid) e Filippo Fraccone, consigliere comunale a Palermo passato dall'Udc all'Mpa. In Sicilia e-servizi lavora pure Pietro Cammarata, figlio del sindaco di Palermo, che però ha già un contratto a tempo indeterminato.
Non solo parenti di politici figurano, attualmente, nel foglio paga della spa e dei privati che ne fanno parte: non mancano parenti e amici di burocrati del dipartimento Bilancio e stretti congiunti di magistrati della Corte dei conti. Tutti, o quasi, in lista d'attesa per la grande infornata di fine anno. Giuseppe Sajeva, ad della società, frena: "Non abbiamo fatto ancora alcuna assunzione, osserveremo le indicazioni del collegio sindacale, di certo non violeremo la legge. Ma dovremo tenere conto anche delle esigenze di funzionalità della società. I legali sono al lavoro per trovare una soluzione. Una cosa è certa: ci rivolgeremo anche al mercato per il reclutamento delle figure necessarie. E non tutti i 350 attuali dipendenti transiteranno negli organici della spa regionale quando andranno via i partner privati. Se ciò avverrà - conclude Sajeva - io mi sarò già dimesso".
(01 dicembre 2010)
fonte: la Repubblica
L'operazione si chiama "ripopolamento" ed è prevista negli accordi del 2005 fra la Regione e i soci di minoranza, che oggi sono la multinazionale Accenture ed Engineering, capeggiata dall'agrigentino Rosario Amodeo: si tratta, in pratica, del graduale trasferimento di personale alla Sicilia e-servizi, in vista di un'uscita degli stessi privati dal capitale azionario entro il 2013.
Una delibera adottata il 3 marzo dal cda della società (presidente è Emanuele Spampinato, fedelissimo di Raffaele Lombardo e candidato alle Regionali in una lista collegata all'Mpa) prevede l'ingresso in pianta definitiva nella spa di 124 dipendenti entro la fine dell'anno. Già in quell'occasione il collegio sindacale presieduto da Maria Sole Vizzini fece alcuni rilievi: per procedere all'assunzione di un numero così alto di impiegati in una società pubblica - osservarono i revisori dei conti - serve un piano industriale e "un organigramma dettagliato in cui vengano individuati i profili delle unità da reclutare".
Ma, soprattutto, bisogna fare pubbliche selezioni, così come ribadito dalla legge Brunetta per le assunzioni da effettuare in qualsiasi tipo di società partecipate da enti pubblici. Osservazioni ribadite più volte, che pongono un ostacolo alla semplice stabilizzazione di tecnici e amministrativi ingaggiati a tempo determinato, per chiamata diretta, da Sicilia e-servizi e dai soci privati. La lista nella quale si dovrebbe pescare conta 350 nomi. Quelli di ingegneri, tecnici specializzati e addetti a vario titolo: non mancano i solidi curriculum, abbondano amicizie e parentele politiche.
L'elenco, dal 2006 a oggi, si è gonfiato con uomini vicini all'Udc e Forza Italia prima, all'Mpa poi. E non mancano riferimenti del Pd. Nel foglio presenze di Sicilia e-servizi venture (società di scopo collegata all'azienda madre) c'è Giuseppe D'Orsi, figlio del presidente (autonomista) della Provincia di Agrigento, e Giuseppe Storniolo, figlio della responsabile del cerimoniale della presidenza della Regione. Entrambi risultano in attività "fuori sede".
La spa regionale, in questi anni, ha stipulato contratti a progetto con Giovanni Di Stefano, ex segretario dei giovani dell'Mpa, ma anche con Vincenzo Lo Monte, fratello di Carmelo, deputato della Colomba. Ma pure con Nicola Barbalace, consigliere comunale del Pd a Messina, con Deborah Civello, cognata del parlamentare del Pdl Francesco Scoma, con Nicola Calderone, ex collaboratore di Alemanno, e con Mario Parlavecchio, già dipendente regionale e cugino dell'omonimo deputato dell'Udc.
Nella lista c'è pure Urania Papatheu, ex commissario della Fiera di Messina. Ancora per la collegata Venture sono in organico Maria D'Aì, figlia del sindaco di Misilmeri (Pid) e Filippo Fraccone, consigliere comunale a Palermo passato dall'Udc all'Mpa. In Sicilia e-servizi lavora pure Pietro Cammarata, figlio del sindaco di Palermo, che però ha già un contratto a tempo indeterminato.
Non solo parenti di politici figurano, attualmente, nel foglio paga della spa e dei privati che ne fanno parte: non mancano parenti e amici di burocrati del dipartimento Bilancio e stretti congiunti di magistrati della Corte dei conti. Tutti, o quasi, in lista d'attesa per la grande infornata di fine anno. Giuseppe Sajeva, ad della società, frena: "Non abbiamo fatto ancora alcuna assunzione, osserveremo le indicazioni del collegio sindacale, di certo non violeremo la legge. Ma dovremo tenere conto anche delle esigenze di funzionalità della società. I legali sono al lavoro per trovare una soluzione. Una cosa è certa: ci rivolgeremo anche al mercato per il reclutamento delle figure necessarie. E non tutti i 350 attuali dipendenti transiteranno negli organici della spa regionale quando andranno via i partner privati. Se ciò avverrà - conclude Sajeva - io mi sarò già dimesso".
(01 dicembre 2010)
fonte: la Repubblica
mercoledì 1 dicembre 2010
Ciancimino, una talpa accanto a Falcone "Così portammo in Svizzera 2 miliardi"
Il personaggio chiave della trattativa fra Stato e mafia continua ad avere solo un soprannome, "il signor Franco": Massimo Ciancimino ha detto ai magistrati di Palermo di non conoscere la sua vera identità, però nelle ultime settimane ha messo a verbale tutte le volte che il misterioso personaggio avrebbe anticipato al padre notizie riservate sulle indagini in corso. La rivelazione più eclatante sarebbe stata nell'estate 1984, mentre il giudice istruttore Giovanni Falcone raccoglieva ancora in gran segreto le dichiarazioni di Tommaso Buscetta. Una talpa tradì Falcone.
Racconta Massimo Ciancimino che il padre seppe quasi in diretta che il primo grande pentito di mafia stava facendo il suo nome. "Venne il conte Romolo Vaselli ad avvertirci - ha ricordato Ciancimino junior ai pm Di Matteo, Guido e Ingroia - ma mio padre sapeva già, grazie al signor Franco". E partirono subito le contromisure di Vito Ciancimino per salvare una parte del suo patrimonio. "Mio padre simulò la vendita della Etna costruzioni a Vaselli - così prosegue il racconto di Massimo Ciancimino - due miliardi e quattrocento milioni delle vecchie lire che si trovavano in alcuni libretti al portatore gestiti dallo stesso Vaselli furono svincolati e messi al sicuro in Svizzera".
I magistrati hanno chiesto riscontri al racconto. Ciancimino ha dato una pista d'indagine: "Andate a controllare nel registro dell'hotel Billia a Saint Vincent. Ci restammo quasi un mese in quell'estate 1984. Con la scusa di dover fare delle cure particolari in Svizzera, due volte alla settimana attraversavamo il confine. E i soldi viaggiavano assieme a noi".
Il supertestimone della Procura ha invitato i magistrati a guardare anche nelle carte di Falcone. Il giudice aveva capito. Appena otto giorni prima del sequestro dei beni per Ciancimino (firmato l'8 ottobre 1984) le quote della Etna costruzioni erano state trasferite a Vaselli. Falcone fece di tutto per ripercorrere a ritroso la strada fatta dai due miliardi. Il giudice interrogò anche il conte Romolo Vaselli, che all'inizio provò a sostenere "l'effettività" di quella cessione del pacchetto azionario, poi ammise che già il primo settembre Ciancimino gli aveva chiesto la "cortesia" di intestarsi fittiziamente il capitale della società: "Mi riferì che erano possibili indagini patrimoniali su uomini politici e che, pertanto, aveva la necessità di disfarsi della titolarità di tali azioni, gestite fiduciariamente dalla Figeroma".
I soldi erano ormai al sicuro in una banca Svizzera. Falcone non scoprì mai chi l'aveva tradito. Vito Ciancimino finì invece in manette, il 3 novembre 1984.
Per i magistrati di Palermo, l'ultimo racconto di Massimo Ciancimino è un altro tassello per cercare di dare un volto e un nome al misterioso "signor Franco". Il suo numero di cellulare, un 337, svelato ai magistrati dal figlio dell'ex sindaco, è risultato alla Tim come "inesistente". Davvero strano, perché i dieci numeri prima e dopo sono invece in funzione. Quel numero inesistente sa tanto di utenza riservata.
(01 dicembre 2010)
fonte: la Repubblica
Racconta Massimo Ciancimino che il padre seppe quasi in diretta che il primo grande pentito di mafia stava facendo il suo nome. "Venne il conte Romolo Vaselli ad avvertirci - ha ricordato Ciancimino junior ai pm Di Matteo, Guido e Ingroia - ma mio padre sapeva già, grazie al signor Franco". E partirono subito le contromisure di Vito Ciancimino per salvare una parte del suo patrimonio. "Mio padre simulò la vendita della Etna costruzioni a Vaselli - così prosegue il racconto di Massimo Ciancimino - due miliardi e quattrocento milioni delle vecchie lire che si trovavano in alcuni libretti al portatore gestiti dallo stesso Vaselli furono svincolati e messi al sicuro in Svizzera".
I magistrati hanno chiesto riscontri al racconto. Ciancimino ha dato una pista d'indagine: "Andate a controllare nel registro dell'hotel Billia a Saint Vincent. Ci restammo quasi un mese in quell'estate 1984. Con la scusa di dover fare delle cure particolari in Svizzera, due volte alla settimana attraversavamo il confine. E i soldi viaggiavano assieme a noi".
Il supertestimone della Procura ha invitato i magistrati a guardare anche nelle carte di Falcone. Il giudice aveva capito. Appena otto giorni prima del sequestro dei beni per Ciancimino (firmato l'8 ottobre 1984) le quote della Etna costruzioni erano state trasferite a Vaselli. Falcone fece di tutto per ripercorrere a ritroso la strada fatta dai due miliardi. Il giudice interrogò anche il conte Romolo Vaselli, che all'inizio provò a sostenere "l'effettività" di quella cessione del pacchetto azionario, poi ammise che già il primo settembre Ciancimino gli aveva chiesto la "cortesia" di intestarsi fittiziamente il capitale della società: "Mi riferì che erano possibili indagini patrimoniali su uomini politici e che, pertanto, aveva la necessità di disfarsi della titolarità di tali azioni, gestite fiduciariamente dalla Figeroma".
I soldi erano ormai al sicuro in una banca Svizzera. Falcone non scoprì mai chi l'aveva tradito. Vito Ciancimino finì invece in manette, il 3 novembre 1984.
Per i magistrati di Palermo, l'ultimo racconto di Massimo Ciancimino è un altro tassello per cercare di dare un volto e un nome al misterioso "signor Franco". Il suo numero di cellulare, un 337, svelato ai magistrati dal figlio dell'ex sindaco, è risultato alla Tim come "inesistente". Davvero strano, perché i dieci numeri prima e dopo sono invece in funzione. Quel numero inesistente sa tanto di utenza riservata.
(01 dicembre 2010)
fonte: la Repubblica
lunedì 29 novembre 2010
La “nuova” Forza del Sud dell’on. Miccichè sta nella fregatura dei Fondi FAS
Non ci ha colto certamente di sorpresa la nascita del “nuovo” (si fa per dire) partito “Forza del Sud” ideato dal sottosegretario on. Gianfranco Miccichè.
Ci chiediamo cosa ci sia di nuovo in un partito fondato da chi, già al governo di questo Paese, avrebbe potuto solo con il buon senso indirizzare la politica in modo appropriato .
Ma è un nuovo partito, un partito già schierato con il centrodestra, che ha confermato fedeltà al premier, che continua a far parte del gruppo PDL?
E ancora: quale credibilità può avere un politico che per essere eletto ha orientato il proprio elettorato giurando e spergiurando sulla bontà di questo federalismo fiscale previsto dal programma e che ora ne disconosce i contenuti?
Appare quanto meno strano, per non dire sospetto, questa “gettata” di nuovi partiti e partitini che si dichiarano meridionalisti mentre il Sud, questo maledettissimo Sud, peggiora le proprie condizioni di giorno in giorno.
Dalle prime dichiarazioni di stampa in ordine a quella che si dichiara essere la “Forza del Sud” non traspare nulla di propositivo e di rivoluzionario. I fondi Fas sono diventati la base o la scusa per creare un nuovo partito. Dei fondi fas “Forza del Sud” ne chiede, come tutti, lo sblocco come se questo rappresentasse la soluzione definitiva di tutti i problemi della nostra Terra. Abbiamo il fondato sospetto che lo sblocco dei fas sia utile solo a gestire… la propria clientela elettorale.
Ma dove erano i parlamentari di Forza del Sud quando si sono utilizzati i Fas dirottandoli per un miliardo e mezzo in spese che nulla avevano a che fare con il Sud? Come possono aver dimenticato i 100 milioni per il G8 in Sardegna marchiato dagli scandali, i 50 milioni per l’alluvione in Piemonte e Valle d’Aosta, la copertura degli oneri del decreto anticrisi 2008 e gli accantonamenti della legge finanziaria, i 50 milioni per gli interventi per la banda larga e per il finanziamento dell’abolizione dell’Ici ?
Primo di Nicola sull’Espresso del 10 maggio affermò “La ‘rivoluzione’ del 2008 è costituita dalla trovata di Berlusconi e Tremonti di riprogrammare e concentrare le risorse del Fas (ridotto nel frattempo a 52 miliardi 400 milioni) su obiettivi considerati “prioritari per il rilancio dell’economia nazionale”. Come? Anzitutto, attraverso la suddivisione dei soldi tra amministrazioni centrali (25 miliardi 409 milioni) e Regioni (27 miliardi). Poi con la costituzione di tre fondi settoriali: uno per l’occupazione e la formazione; un altro a sostegno dell’economia reale istituito presso la presidenza del Consiglio; un terzo denominato Infrastrutture e che dovrebbe curare il potenziamento della rete infrastrutturale a livello nazionale, comprese le reti di telecomunicazioni e energetiche, la messa in sicurezza delle scuole, le infrastrutture museali, archeologiche e carcerarie. Denominazioni pompose ma che in realtà nascondono un unico disegno: dare il via al saccheggio finale.
Ma il vero colpo al Sud viene dall’interno del fondo Infrastrutture per 12 miliardi 356 milioni e il Sud vede poco o niente. Le sue dotazioni spariscono per coprire i più svariati provvedimenti governativi: 900 milioni per l’adeguamento dei prezzi del materiale da costruzione (cemento e ferro) necessario per riequilibrare i rapporti contrattuali tra stazioni appaltanti e imprese esecutrici dopo i pesanti aumenti dei costi; 390 per la privatizzazione della società Tirrenia; 960 per finanziare gli investimenti del gruppo Ferrovie dello Stato; un altro miliardo 440 milioni per i contratti di servizio di Trenitalia; 15 milioni per gli interventi in favore delle fiere di Bari, Verona, Foggia, Padova.
Ancora: 330 milioni vanno a garantire la media-lunga percorrenza di Trenitalia; 200 l’edilizia carceraria (penitenziari in Emilia Romagna, Veneto e Liguria) e per mettere in sicurezza quella scolastica; 12 milioni al trasporto nei laghi Maggiore, Garda e Como. Pesano poi sul fondo Infrastrutture l’alta velocità Milano-Verona e Milano-Genova; la metro di Bologna; il tunnel del Frejus e la Pedemontana Lecco-Bergamo. E poi le opere dell’Expo 2015 che comprendono il prolungamento di due linee della metropolitana milanese per 451 milioni; i 58 milioni della linea C di quella di Roma; i 50 per la laguna di Venezia; l’adeguamento degli edifici dei carabinieri di Parma (5); quello dei sistemi metropolitani di Parma, Brescia, Bologna e Torino (110); la metrotranvia di Bologna (54 milioni); 408 milioni per la ricostruzione all’Aquila; un miliardo 300 milioni a favore della società Stretto di Messina. E non per le spese di costruzione della grande opera più discussa degli ultimi 20 anni, ma solo per consentire alla società di cominciare a funzionare.”
Bene, se in tutto questo Miccichè e accoliti hanno avuto un ruolo o comunque semplicemente per aver zittito consentendo al governo di saccheggiare i Fas destinati al meridione, stiamo proprio freschi su questa Forza del Sud prona agli interessi del Nord.
di Francesco Romano
fonte: Onda del Sud
Ci chiediamo cosa ci sia di nuovo in un partito fondato da chi, già al governo di questo Paese, avrebbe potuto solo con il buon senso indirizzare la politica in modo appropriato .
Ma è un nuovo partito, un partito già schierato con il centrodestra, che ha confermato fedeltà al premier, che continua a far parte del gruppo PDL?
E ancora: quale credibilità può avere un politico che per essere eletto ha orientato il proprio elettorato giurando e spergiurando sulla bontà di questo federalismo fiscale previsto dal programma e che ora ne disconosce i contenuti?
Appare quanto meno strano, per non dire sospetto, questa “gettata” di nuovi partiti e partitini che si dichiarano meridionalisti mentre il Sud, questo maledettissimo Sud, peggiora le proprie condizioni di giorno in giorno.
Dalle prime dichiarazioni di stampa in ordine a quella che si dichiara essere la “Forza del Sud” non traspare nulla di propositivo e di rivoluzionario. I fondi Fas sono diventati la base o la scusa per creare un nuovo partito. Dei fondi fas “Forza del Sud” ne chiede, come tutti, lo sblocco come se questo rappresentasse la soluzione definitiva di tutti i problemi della nostra Terra. Abbiamo il fondato sospetto che lo sblocco dei fas sia utile solo a gestire… la propria clientela elettorale.
Ma dove erano i parlamentari di Forza del Sud quando si sono utilizzati i Fas dirottandoli per un miliardo e mezzo in spese che nulla avevano a che fare con il Sud? Come possono aver dimenticato i 100 milioni per il G8 in Sardegna marchiato dagli scandali, i 50 milioni per l’alluvione in Piemonte e Valle d’Aosta, la copertura degli oneri del decreto anticrisi 2008 e gli accantonamenti della legge finanziaria, i 50 milioni per gli interventi per la banda larga e per il finanziamento dell’abolizione dell’Ici ?
Primo di Nicola sull’Espresso del 10 maggio affermò “La ‘rivoluzione’ del 2008 è costituita dalla trovata di Berlusconi e Tremonti di riprogrammare e concentrare le risorse del Fas (ridotto nel frattempo a 52 miliardi 400 milioni) su obiettivi considerati “prioritari per il rilancio dell’economia nazionale”. Come? Anzitutto, attraverso la suddivisione dei soldi tra amministrazioni centrali (25 miliardi 409 milioni) e Regioni (27 miliardi). Poi con la costituzione di tre fondi settoriali: uno per l’occupazione e la formazione; un altro a sostegno dell’economia reale istituito presso la presidenza del Consiglio; un terzo denominato Infrastrutture e che dovrebbe curare il potenziamento della rete infrastrutturale a livello nazionale, comprese le reti di telecomunicazioni e energetiche, la messa in sicurezza delle scuole, le infrastrutture museali, archeologiche e carcerarie. Denominazioni pompose ma che in realtà nascondono un unico disegno: dare il via al saccheggio finale.
Ma il vero colpo al Sud viene dall’interno del fondo Infrastrutture per 12 miliardi 356 milioni e il Sud vede poco o niente. Le sue dotazioni spariscono per coprire i più svariati provvedimenti governativi: 900 milioni per l’adeguamento dei prezzi del materiale da costruzione (cemento e ferro) necessario per riequilibrare i rapporti contrattuali tra stazioni appaltanti e imprese esecutrici dopo i pesanti aumenti dei costi; 390 per la privatizzazione della società Tirrenia; 960 per finanziare gli investimenti del gruppo Ferrovie dello Stato; un altro miliardo 440 milioni per i contratti di servizio di Trenitalia; 15 milioni per gli interventi in favore delle fiere di Bari, Verona, Foggia, Padova.
Ancora: 330 milioni vanno a garantire la media-lunga percorrenza di Trenitalia; 200 l’edilizia carceraria (penitenziari in Emilia Romagna, Veneto e Liguria) e per mettere in sicurezza quella scolastica; 12 milioni al trasporto nei laghi Maggiore, Garda e Como. Pesano poi sul fondo Infrastrutture l’alta velocità Milano-Verona e Milano-Genova; la metro di Bologna; il tunnel del Frejus e la Pedemontana Lecco-Bergamo. E poi le opere dell’Expo 2015 che comprendono il prolungamento di due linee della metropolitana milanese per 451 milioni; i 58 milioni della linea C di quella di Roma; i 50 per la laguna di Venezia; l’adeguamento degli edifici dei carabinieri di Parma (5); quello dei sistemi metropolitani di Parma, Brescia, Bologna e Torino (110); la metrotranvia di Bologna (54 milioni); 408 milioni per la ricostruzione all’Aquila; un miliardo 300 milioni a favore della società Stretto di Messina. E non per le spese di costruzione della grande opera più discussa degli ultimi 20 anni, ma solo per consentire alla società di cominciare a funzionare.”
Bene, se in tutto questo Miccichè e accoliti hanno avuto un ruolo o comunque semplicemente per aver zittito consentendo al governo di saccheggiare i Fas destinati al meridione, stiamo proprio freschi su questa Forza del Sud prona agli interessi del Nord.
di Francesco Romano
fonte: Onda del Sud
domenica 28 novembre 2010
Dopo 150 anni di menzogne la Banca d’Italia conferma: l’Unità d’Italia ha creato il sottosviluppo del Mezzogiorno.
Il processo di verità storica che da tempo sta squarciando il muro di oblìo eretto a difesa di una mistificata interpretazione delle vicende unitarie e post unitarie della nostra nazione, ha trovato nuovo e solidissimo impulso per merito di una pubblicazione scientifica edita da un’istituzione dall’indiscussa affidabilità quale la Banca d’Italia. Se fino ad oggi si è potuto confutare, su basi storiografiche peraltro tutte da verificare, quanto asserito da chi, carte alla mano, mira a dimostrare come il presunto processo unitario si sia risolto nei fatti in una feroce e avvilente colonizzazione del Mezzogiorno, oggi scende in campo la Banca d’Italia, con il suo indiscusso prestigio, a sancire, sulla base di incontestabili analisi e dati statistici, la verità di fatti troppo a lungo vergognosamente manipolati.
Ebbene, a contraddire definitivamente un’ideologia mistificatrice della realtà di episodi che hanno costretto il Mezzogiorno ad una immeritata situazione d’inferiorità, irrompono con l’autorevolezza che gli deriva dalla reputazione di studiosi il Prof. Stefano Fenoaltea, docente di Economia Applicata all’Università di Tor Vergata (Roma), insieme al collega Carlo Ciccarelli, Dottore di Ricerca in Teoria economica ed Istituzioni nella stessa Università.
Nel loro accuratissimo saggio, il cui alto valore scientifico ha meritato per i due economisti l’onore della pubblicazione da parte della Banca d’Italia, gli studiosi dell’Università di Tor Vergata hanno non solo reso manifesto, potremmo dire, ma bensì confermato come all’origine dell’attuale sottosviluppo del Sud ci sia una bugiarda unificazione nazionale. Sin dalle prime pagine del loro lavoro di ricerca, apparso peraltro solo in lingua inglese nei “Quaderni di Storia Economica di Bankitalia”, n. 4, luglio 2010 (domanda: perché non in italiano e con adeguato resoconto pubblico?), Stefano Fenoaltea e Carlo Ciccarelli affermano così esplicitamente: “L’arretratezza industriale del Sud, evidente già all’inizio della prima guerra mondiale non è un’eredità dell’Italia pre-unitaria» (Through the Magnifying Glass: Provincial Aspects of industrial Growth in Post-Unification Italy, pag.22).
A scrupoloso fondamento del loro studio, corredato da minuziose tabelle statistiche, gli economisti di Tor Vergata prendono in esame i censimenti ufficiali del neonato Stato italiano, precisamente negli anni 1871, 1881, 1901 e 1911. La disponibilità di una notevole massa di dati nazionali e regionali ha offerto l’opportunità a Fenoaltea e Ciccarelli di comprendere a fondo, come sostanzia loro ricerca, lo sviluppo dell’Italia nei primi decenni dopo l’unificazione. Orbene, il meticoloso lavoro eseguito aggiunge, ai dati già disponibili, un’analisi dei dati disaggregati relativi alla produzione industriale in 69 province tra il 1871 e il 1911, determinando gli studiosi a svelare che: «Il loro esame disaggregato rafforza le principali ipotesi revisioniste suggerite dai dati regionali». Più eloquente di così…e, si sottolinea ancora, qui sono i numeri che parlano esplicitamente!
La tabelle pubblicate da Fenoaltea e Ciccarelli mostrano che nel 1871 il tasso di industrializzazione del Piemonte era del l’1.13%, quello della Lombardia 1.37%, quello della Liguria 1.48%. Da evidenziare come, a questo punto, fossero già trascorsi dieci anni di smantellamento dell’apparato industriale dell’ex Regno delle Due Sicilie, con il ridimensionamento di importanti stabilimenti come le officine metallurgiche di Pietrarsa, a Portici (Napoli) (oltre 1000 addetti prima dell’unificazione ridotti a 100 nel 1875), nonché quelle di Mongiana in Calabria (950 addetti nel 1850 ridotti a poche decine di guardiani nel 1873): ebbene, nonostante l’opera devastatrice dei presunti liberatori scesi dal Settentrione, l’indice di industrializzazione della Campania era ancora dello 1.01%, con Napoli, nel dato provinciale, all’1.44% e quindi più di Torino che era solo all’1.41%.
L’indice di industrializzazione della Sicilia era allo 0.98%, quindi agli stessi livelli del Veneto che era al 0.99%, la Puglia era allo 0.78% con la provincia di Foggia allo 0.82%: molto più di province lombarde come Sondrio, allo 0.56%, e vicinissima ai livelli di industrializzazione dell’Emilia, lo 0.85%. La Calabria era allo 0.69%, con la provincia di Catanzaro allo 0.78% e perciò allo stesso livello di Reggio Emilia e più di Piacenza, che era allo 0.76%, ma anche di Ferrara allo 0.74%.
Il tasso di industrializzazione della Basilicata era allo 0.67%, un indice che per quanto a prima vista basso era comunque più alto di aree liguri come Porto Maurizio che era allo 0.61%. L’Abruzzo era invece allo 0.58%, con L’Aquila a 0.63%.
Detto questo, appare drammatico come, quarant’anni dopo, nel 1911, l’indice di industrializzazione del Piemonte fosse salito all’1.30% mentre quello della Campania era sceso a 0.93%, con Napoli all’1.32%. La Lombardia era arrivata all’1.67%, la Liguria all’1.62%, mentre la Sicilia era crollata allo 0.65%, la Puglia allo 0.62%, la Calabria allo 0.58%, la Basilicata allo 0.51%.
Questo resoconto piuttosto tragico ma fondato su incontrovertibili riscontri scientifici, perché i numeri si possono occultare ma se resi noti non possono certamente ingannare, rende chiaro come la Banca d’Italia, pubblicando il qualificato studio di Stefano Fenoaltea e Carlo Ciccarelli, abbia certificato ufficialmente con la sua autorevolezza come l’arretratezza industriale del Sud non sia un’eredità dell’Italia pre-unitaria ma bensì un sottosviluppo voluto da una unificazione nazionale strumentalizzata in modo scellerato ai danni del Mezzogiorno.
Fonte: Ondadelsud
Ebbene, a contraddire definitivamente un’ideologia mistificatrice della realtà di episodi che hanno costretto il Mezzogiorno ad una immeritata situazione d’inferiorità, irrompono con l’autorevolezza che gli deriva dalla reputazione di studiosi il Prof. Stefano Fenoaltea, docente di Economia Applicata all’Università di Tor Vergata (Roma), insieme al collega Carlo Ciccarelli, Dottore di Ricerca in Teoria economica ed Istituzioni nella stessa Università.
Nel loro accuratissimo saggio, il cui alto valore scientifico ha meritato per i due economisti l’onore della pubblicazione da parte della Banca d’Italia, gli studiosi dell’Università di Tor Vergata hanno non solo reso manifesto, potremmo dire, ma bensì confermato come all’origine dell’attuale sottosviluppo del Sud ci sia una bugiarda unificazione nazionale. Sin dalle prime pagine del loro lavoro di ricerca, apparso peraltro solo in lingua inglese nei “Quaderni di Storia Economica di Bankitalia”, n. 4, luglio 2010 (domanda: perché non in italiano e con adeguato resoconto pubblico?), Stefano Fenoaltea e Carlo Ciccarelli affermano così esplicitamente: “L’arretratezza industriale del Sud, evidente già all’inizio della prima guerra mondiale non è un’eredità dell’Italia pre-unitaria» (Through the Magnifying Glass: Provincial Aspects of industrial Growth in Post-Unification Italy, pag.22).
A scrupoloso fondamento del loro studio, corredato da minuziose tabelle statistiche, gli economisti di Tor Vergata prendono in esame i censimenti ufficiali del neonato Stato italiano, precisamente negli anni 1871, 1881, 1901 e 1911. La disponibilità di una notevole massa di dati nazionali e regionali ha offerto l’opportunità a Fenoaltea e Ciccarelli di comprendere a fondo, come sostanzia loro ricerca, lo sviluppo dell’Italia nei primi decenni dopo l’unificazione. Orbene, il meticoloso lavoro eseguito aggiunge, ai dati già disponibili, un’analisi dei dati disaggregati relativi alla produzione industriale in 69 province tra il 1871 e il 1911, determinando gli studiosi a svelare che: «Il loro esame disaggregato rafforza le principali ipotesi revisioniste suggerite dai dati regionali». Più eloquente di così…e, si sottolinea ancora, qui sono i numeri che parlano esplicitamente!
La tabelle pubblicate da Fenoaltea e Ciccarelli mostrano che nel 1871 il tasso di industrializzazione del Piemonte era del l’1.13%, quello della Lombardia 1.37%, quello della Liguria 1.48%. Da evidenziare come, a questo punto, fossero già trascorsi dieci anni di smantellamento dell’apparato industriale dell’ex Regno delle Due Sicilie, con il ridimensionamento di importanti stabilimenti come le officine metallurgiche di Pietrarsa, a Portici (Napoli) (oltre 1000 addetti prima dell’unificazione ridotti a 100 nel 1875), nonché quelle di Mongiana in Calabria (950 addetti nel 1850 ridotti a poche decine di guardiani nel 1873): ebbene, nonostante l’opera devastatrice dei presunti liberatori scesi dal Settentrione, l’indice di industrializzazione della Campania era ancora dello 1.01%, con Napoli, nel dato provinciale, all’1.44% e quindi più di Torino che era solo all’1.41%.
L’indice di industrializzazione della Sicilia era allo 0.98%, quindi agli stessi livelli del Veneto che era al 0.99%, la Puglia era allo 0.78% con la provincia di Foggia allo 0.82%: molto più di province lombarde come Sondrio, allo 0.56%, e vicinissima ai livelli di industrializzazione dell’Emilia, lo 0.85%. La Calabria era allo 0.69%, con la provincia di Catanzaro allo 0.78% e perciò allo stesso livello di Reggio Emilia e più di Piacenza, che era allo 0.76%, ma anche di Ferrara allo 0.74%.
Il tasso di industrializzazione della Basilicata era allo 0.67%, un indice che per quanto a prima vista basso era comunque più alto di aree liguri come Porto Maurizio che era allo 0.61%. L’Abruzzo era invece allo 0.58%, con L’Aquila a 0.63%.
Detto questo, appare drammatico come, quarant’anni dopo, nel 1911, l’indice di industrializzazione del Piemonte fosse salito all’1.30% mentre quello della Campania era sceso a 0.93%, con Napoli all’1.32%. La Lombardia era arrivata all’1.67%, la Liguria all’1.62%, mentre la Sicilia era crollata allo 0.65%, la Puglia allo 0.62%, la Calabria allo 0.58%, la Basilicata allo 0.51%.
Questo resoconto piuttosto tragico ma fondato su incontrovertibili riscontri scientifici, perché i numeri si possono occultare ma se resi noti non possono certamente ingannare, rende chiaro come la Banca d’Italia, pubblicando il qualificato studio di Stefano Fenoaltea e Carlo Ciccarelli, abbia certificato ufficialmente con la sua autorevolezza come l’arretratezza industriale del Sud non sia un’eredità dell’Italia pre-unitaria ma bensì un sottosviluppo voluto da una unificazione nazionale strumentalizzata in modo scellerato ai danni del Mezzogiorno.
Fonte: Ondadelsud
sabato 27 novembre 2010
Armao: "Un miliardo di euro in meno alla Sicilia"
PALERMO - "Il piano per il Sud, approvato dal Cipe stamattina, comporta un taglio del 10% ai fondi Fas, cosa che per la Sicilia determina un miliardo di euro in meno", dice l'assessore regionale all' Economia, Gaetano Armao.
"Il Piano per il Sud - aggiunge - è un documento politico che non contiene numeri e le specificazioni che abbiamo chiesto e che avvia un percorso che ci lascia perplessi in quanto non riesce a definire quelle opportunità di cui hanno bisogno la Sicilia e il Mezzogiorno". Armao ha partecipato ai lavori in del Cdm e del Cipe a Roma in rappresentanza della Regione siciliana, su delega del presidente Lombardo.
"In questo Piano - prosegue - non si vede quella perequazione infrastrutturale che abbiamo chiesto affinchè il federalismo sia equo e solidale. La Regione siciliana ha formulato la richiesta per una perequazione dettagliata, con risorse vere e disponibili e non un libro dei sogni che non indica come risolvere il problema del divario nord - sud e, soprattutto non offre alcuna indicazione su come rendere competitivo il Mezzogiorno".
"È inaccettabile il taglio del 10% del Fas alle Regioni - conclude - che si ripercuote prevalentemente sulle quelle del Sud, e che alla Sicilia costa oltre 400 milioni di euro che, se uniti ai circa 400 milioni di minori trasferimenti agli enti locali siciliani da parte dello Stato e ai 200 milioni di tagli operati nei confronti della Regione, determina una diminuzione di risorse disponibili per la Sicilia di quasi un miliardo di euro nel 2011. Né è possibile che il Fas della Sicilia rimanga bloccato mentre il governo pensa a come attuare il Piano per il Sud. Noi un piano lo abbiamo e su questo andiamo avanti".
26/11/2010
fonte:lasiciliaweb:it
"Il Piano per il Sud - aggiunge - è un documento politico che non contiene numeri e le specificazioni che abbiamo chiesto e che avvia un percorso che ci lascia perplessi in quanto non riesce a definire quelle opportunità di cui hanno bisogno la Sicilia e il Mezzogiorno". Armao ha partecipato ai lavori in del Cdm e del Cipe a Roma in rappresentanza della Regione siciliana, su delega del presidente Lombardo.
"In questo Piano - prosegue - non si vede quella perequazione infrastrutturale che abbiamo chiesto affinchè il federalismo sia equo e solidale. La Regione siciliana ha formulato la richiesta per una perequazione dettagliata, con risorse vere e disponibili e non un libro dei sogni che non indica come risolvere il problema del divario nord - sud e, soprattutto non offre alcuna indicazione su come rendere competitivo il Mezzogiorno".
"È inaccettabile il taglio del 10% del Fas alle Regioni - conclude - che si ripercuote prevalentemente sulle quelle del Sud, e che alla Sicilia costa oltre 400 milioni di euro che, se uniti ai circa 400 milioni di minori trasferimenti agli enti locali siciliani da parte dello Stato e ai 200 milioni di tagli operati nei confronti della Regione, determina una diminuzione di risorse disponibili per la Sicilia di quasi un miliardo di euro nel 2011. Né è possibile che il Fas della Sicilia rimanga bloccato mentre il governo pensa a come attuare il Piano per il Sud. Noi un piano lo abbiamo e su questo andiamo avanti".
26/11/2010
fonte:lasiciliaweb:it
Forza Sud imita la Lega: deputati con la cravatta arancione
E’ stato lo stesso fondatore di Forza del Sud, Gianfranco Miccichè, ad indossare per primo la cravatta “sociale”. Nei giorni scorsi, durante la presentazione della nuova formazione politica made in Sicilia, il sottosegretario, infatti, ha sfoggiato una cravatta arancio acceso, il colore di Forza del Sud, che riporta alla mente il verde della Lega Nord. Del resto, Miccichè non ha mai fatto mistero di apprezzare quanto fatto dal carroccio per le regioni settentrionali e che vorrebbe replicare il successo di Bossi al Mezzogiorno.
E così oggi anche in Parlamento ha fatto il suo ingresso la prima cravatta arancione. L’onorevole Ugo Maria Grimaldi, infatti, passeggiava alla Camera, in transatlantico, mostrando con disinvoltura il simbolo del partito. Il deputato siciliano ha precisato, però, che non si tratta di una cravatta griffata, tipo marinella, e che a breve sarà indossata da tutti i sette parlamentari che hanno aderito a Forza del Sud. Strategie di marketing politico. In programma anche la realizzazione di fazzoletti da taschino (anche questi in perfetto stile leghista) e foulard per le donne.
Fin la nota di colore. Bisognerà ora vedere quali saranno i programmi di Forza del Sud per il Meridione, se – in particolare – il partito di Miccichè riuscirà a smentire le critiche sollevate a destra e a manca e le accuse di essere un partito costola del Pdl. Proprio oggi il leader dell’Mpa, il governatore siciliano Raffaele Lombardo, ha affermato che il nuovo partito sarà contro il Sud perché non è nato in maniera autonoma e spontanea come la Lega Nord.
E così oggi anche in Parlamento ha fatto il suo ingresso la prima cravatta arancione. L’onorevole Ugo Maria Grimaldi, infatti, passeggiava alla Camera, in transatlantico, mostrando con disinvoltura il simbolo del partito. Il deputato siciliano ha precisato, però, che non si tratta di una cravatta griffata, tipo marinella, e che a breve sarà indossata da tutti i sette parlamentari che hanno aderito a Forza del Sud. Strategie di marketing politico. In programma anche la realizzazione di fazzoletti da taschino (anche questi in perfetto stile leghista) e foulard per le donne.
Fin la nota di colore. Bisognerà ora vedere quali saranno i programmi di Forza del Sud per il Meridione, se – in particolare – il partito di Miccichè riuscirà a smentire le critiche sollevate a destra e a manca e le accuse di essere un partito costola del Pdl. Proprio oggi il leader dell’Mpa, il governatore siciliano Raffaele Lombardo, ha affermato che il nuovo partito sarà contro il Sud perché non è nato in maniera autonoma e spontanea come la Lega Nord.
La Sicilia affitta i Beni Culturali alla Germania?
26 novembre 2010 - Gentile professoressa Alessandra Rosciglione, il 21 novembre scorso mi sono imbattuto in questo suo degnissimo e totalmente condivisibile articolo.
Spero di essere stato male informato ma mi risulta che sia in corso una trattativa tra l’Assessorato dei Beni Culturali e dell’Identità siciliana e l’equivalente Assessorato del Sachsen (Land della Sassonia). Una trattativa finalizzata all’intervento gestionale nei siti archeologici e museali siciliani da parte, appunto, dei tedeschi.
La proposta tedesca, così come mi è arrivata, pare molto interessante: cessione in locazione dei Beni culturali siciliani al Consorzio pubblico-privato tedesco “Betriebsmanagement Italienische Kulturelles Erbe“ (Gestione operativa del patrimonio culturale italiano, nome provvisorio) per 99 anni. E’ una notizia, caso unico nell’Italia degli spioni e della fuga di notizie, che non è trapelata nel corso della lunga trattativa.
Il Consorzio s’impegnerà nella gestione, manutenzione e restauro dei Beni oggetto della locazione provvedendo anche alla promozione e alle iniziative connesse al turismo culturale.
Farebbero tutto loro, investirebbero soldi dei contribuenti tedeschi per gestire e manutenere (pflegen, come dicono sempre loro) il patrimonio artistico siciliano, incassando i ricavi derivanti dalla vendita dei biglietti e dalla cessione dei diritti di immagine e riconoscendo all’Assessorato siciliano una cifra annuale da concordare, comunque non inferiore all’attuale quota raggiunta nel computo del Pil regionale.
Un po’ di ordine e pulizia, messa in sicurezza dei monumenti feriti, la Carta del Rischio del patrimonio culturale regionale consultata come una Bibbia e grande interesse per la promozione del turismo culturale.
In fondo il loro business gira intorno a questo.
Si ha già notizia di alcuni interventi strutturali e organizzativi:
collocazione di cartelli stradali e turistici (recentissima innovazione made in Germany) in tutti gli incroci e in prossimità dei siti e monumenti
installazione di bacheche informative-didattiche (in 4 lingue!) in tutti i siti, perchè è buona cosa che il turista sappia se sta ammirando ruderi fenici o macerie dell’ultima guerra
risanamento delle aree comuni e ripristino dei servizi di sorveglianza, pulizia, pronto soccorso, bigletteria e accoglienza
apertura di siti e musei tutti i giorni comandati
capitolato per le aree di parcheggio: terreno pianeggiante, pavimentazione acqua assorbente, copertura naturale anti-solleone (no all’uso di ondulx ed altri materiali da forno), eco-navetta di collegamento per non paciugare nel fango, arrostirsi sotto il sole o strinarsi le terga risalendo su auto e pullman
protezione delle aree e monumenti in restauro o a rischio con transenne e protezioni invalicabili, presidiate ed esteticamente decorose. Indicazione della data di fine lavori
istituzione di kinderheim in ogni sito e museo
test d’idoneità per archeologi, geologi, curatori, sopraintendenti e altri specialisti scientifici ed artistici, da sostenere di fronte ad una Commissione internazionale (italiani esclusi)
adeguamento degli stipendi degli operatori agli standard europei con controllo di orari, assenze e parentele.
nuove procedure per l’assegnazione dei lavori e abolizione del termine bando assimilabile a banditen
lancio di una campagna di formazione e buona educazione rivolta alle popolazioni residenti in prossimità dei siti.
conferma a vita di Tremonti e consegna senza condizioni di Bondi
Opereranno con propri corpi speciali per il controllo dei territori interessati e dei movimenti di danaro. I processi si terranno in Germania, così come lo sconto della pena. La bandiera tedesca sventolerà su tutti i monumenti ed i siti. Per informazioni ci si dovrà rivolgere alle sedi italiane del Goethe Institut o alla direzione della ThyssenKrupp di Terni.
E se accadesse veramente?
Spero di essere stato male informato ma mi risulta che sia in corso una trattativa tra l’Assessorato dei Beni Culturali e dell’Identità siciliana e l’equivalente Assessorato del Sachsen (Land della Sassonia). Una trattativa finalizzata all’intervento gestionale nei siti archeologici e museali siciliani da parte, appunto, dei tedeschi.
La proposta tedesca, così come mi è arrivata, pare molto interessante: cessione in locazione dei Beni culturali siciliani al Consorzio pubblico-privato tedesco “Betriebsmanagement Italienische Kulturelles Erbe“ (Gestione operativa del patrimonio culturale italiano, nome provvisorio) per 99 anni. E’ una notizia, caso unico nell’Italia degli spioni e della fuga di notizie, che non è trapelata nel corso della lunga trattativa.
Il Consorzio s’impegnerà nella gestione, manutenzione e restauro dei Beni oggetto della locazione provvedendo anche alla promozione e alle iniziative connesse al turismo culturale.
Farebbero tutto loro, investirebbero soldi dei contribuenti tedeschi per gestire e manutenere (pflegen, come dicono sempre loro) il patrimonio artistico siciliano, incassando i ricavi derivanti dalla vendita dei biglietti e dalla cessione dei diritti di immagine e riconoscendo all’Assessorato siciliano una cifra annuale da concordare, comunque non inferiore all’attuale quota raggiunta nel computo del Pil regionale.
Un po’ di ordine e pulizia, messa in sicurezza dei monumenti feriti, la Carta del Rischio del patrimonio culturale regionale consultata come una Bibbia e grande interesse per la promozione del turismo culturale.
In fondo il loro business gira intorno a questo.
Si ha già notizia di alcuni interventi strutturali e organizzativi:
collocazione di cartelli stradali e turistici (recentissima innovazione made in Germany) in tutti gli incroci e in prossimità dei siti e monumenti
installazione di bacheche informative-didattiche (in 4 lingue!) in tutti i siti, perchè è buona cosa che il turista sappia se sta ammirando ruderi fenici o macerie dell’ultima guerra
risanamento delle aree comuni e ripristino dei servizi di sorveglianza, pulizia, pronto soccorso, bigletteria e accoglienza
apertura di siti e musei tutti i giorni comandati
capitolato per le aree di parcheggio: terreno pianeggiante, pavimentazione acqua assorbente, copertura naturale anti-solleone (no all’uso di ondulx ed altri materiali da forno), eco-navetta di collegamento per non paciugare nel fango, arrostirsi sotto il sole o strinarsi le terga risalendo su auto e pullman
protezione delle aree e monumenti in restauro o a rischio con transenne e protezioni invalicabili, presidiate ed esteticamente decorose. Indicazione della data di fine lavori
istituzione di kinderheim in ogni sito e museo
test d’idoneità per archeologi, geologi, curatori, sopraintendenti e altri specialisti scientifici ed artistici, da sostenere di fronte ad una Commissione internazionale (italiani esclusi)
adeguamento degli stipendi degli operatori agli standard europei con controllo di orari, assenze e parentele.
nuove procedure per l’assegnazione dei lavori e abolizione del termine bando assimilabile a banditen
lancio di una campagna di formazione e buona educazione rivolta alle popolazioni residenti in prossimità dei siti.
conferma a vita di Tremonti e consegna senza condizioni di Bondi
Opereranno con propri corpi speciali per il controllo dei territori interessati e dei movimenti di danaro. I processi si terranno in Germania, così come lo sconto della pena. La bandiera tedesca sventolerà su tutti i monumenti ed i siti. Per informazioni ci si dovrà rivolgere alle sedi italiane del Goethe Institut o alla direzione della ThyssenKrupp di Terni.
E se accadesse veramente?
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