Con decreto ministeriale del 29/03/10 pubblicato sulla G.U. del 20/04/10, la Progress Assicurazioni S.p.A., unica Compagnia assicurativa dell'Italia Meridionale ed unica Compagnia siciliana, è stata posta il Liquidazione Coatta Amministrativa (L.C.A.) per gravi irregolarità nella amministrazione dell’Impresa da parte del management, diretta espressione della Middlesea Insurance Group di Malta, e per indisponibilità da parte dello stesso azionista maltese di ricapitalizzare le perdite .
Il citato decreto, però, non prevede l’assegnazione, in deroga, della gestione e liquidazione dei sinistri al Commissario Liquidatore, contrariamente ad una prassi ormai consolidata nel passato per le compagnie poste in L.C.A., prassi necessaria a far scattare tutte quelle tutele studiate ed approvate nell’ambito del “Fondo di Solidarietà a favore dei dipendenti delle compagnie di assicurazione poste in L.C.A.” .
Tale mancata assegnazione oggi, oltre a mettere a serio rischio il posto di lavoro di circa 40 incolpevoli lavoratori che vedono mortificata la loro più che ventennale esperienza e professionalità, discrimina i lavoratori del settore assicurativo poichè non possono di fatto accedere al predetto “Fondo di Solidarietà” e, quindi, non possono beneficiare degli ammortizzatori sociali, previsti, peraltro, dal Contratto collettivo nazionale di lavoro e già applicati in situazioni analoghe precedenti .
L'ISVAP, intanto, non risponde alle richieste delle Segreterie Sindacali Nazionali che si sono attivate, unitamente all'ANIA (che si è dichiarata totalmente d'accordo), per definire una procedura che crei i presupposti per poter estendere, anche ai dipendenti della Progress Assicurazioni, l’applicazione dell'accordo sul “Fondo di Solidarietà per le compagnie in L.C.A.” .
Ma i dipendenti, tra l’altro, si chiedono :
- perché la Progress Assicurazioni è la prima ed unica Compagnia ad essere stata posta in L.C.A. senza il consueto periodo di commissariamento straordinario, sempre concesso a tutte le Compagnie in gravi difficoltà, ultima la ARFIN con sede in Milano ?
- perché la Progress Assicurazioni è l’unica, tra circa 62 Compagnie poste in L.C.A., a non aver avuto assegnata la gestione dei sinistri senza, peraltro, essere stati rilevati e denunciati gravi illeciti da parte degli uffici liquidativi della Compagnia ?
Di certo c’è che le Compagnie designate per la gestione e la liquidazione dei sinistri (sempre le solite!) potranno lucrare una percentuale sulla base degli importi che andranno a liquidare - e, cioè, più alto sarà l’indennizzo e più alto sarà il loro compenso – e tutto ciò, peraltro, senza neanche dover prendere in carico alcun dipendente della Progress Assicurazioni al fine di garantirne la tutela del posto di lavoro ! Perché tutto ciò ?
In mancanza di risposte o di espresse e concrete manifestazioni, da parte degli Enti preposti, a voler trovare quelle soluzioni eque che restituiscano pari diritti e dignità a questi dipendenti, rispetto agli altri colleghi del settore, gli stessi si attiveranno nelle opportune sedi per conoscere la verità dei fatti ed ottenere tutela, rispetto e giustizia .
martedì 31 agosto 2010
lunedì 30 agosto 2010
E in Parlamento i deputati ed i senatori siciliani non hanno niente da recriminare?
Quattromila posti di lavoro in meno nella fascia intermedia in piena crisi economica in Sicilia, e la storia viene trattata con la stessa attenzione che si concede ad una azienda di una decina di unità lavorative. Non solo, arriva il sottosegretario Pizza da Roma e dopo essersi guardato in giro, che fa? Suggerisce ai siciliani di investire i quattrini “europei” per salvare le quattromila famiglie. Pizza è comprensivo, si immedesima, si guarda in giro, e giudica che, effettivamente, la situazione è disperata e bisogna trovare una soluzione. Ma è in Sicilia che trova l’uscita dal tunnel. La Sicilia dovrebbe fare da sé, a pagare gli stipendi “statali”.
Ricapitoliamo. La riforma Gelmini della scuola taglia più posti di lavoro dell’intera Fiat senza che succeda nulla, anzi spiega che il taglio farà bene alla scuola, ne migliorerà la qualità. E non perché si farà di necessità virtù, ma perché la ristrutturazione è fatta in modo da migliorare le cose. E questa tesi riesce a passare indenne e viene anzi avallata da economisti ed attenti osservatori della crisi in atto. Mentre altrove, come in Germania, si taglia ovunque, ma si investe sull’istruzione, in Sicilia avviene il contrario e si riesce a raccontare panzane incredibili, come l’equazione “meno prof-più scuola”. I soldi risparmiati verrebbero investiti nella scuola.
Quale alternativa hanno i quattromila prof che escono dal mondo del lavoro in Sicilia ed i circa 140 mila del resto del Paese? La scuola privata? O che cosa?
Le riflessioni del sottosegretario Pizza sembrano provocazioni senza esserlo, eppure non hanno provocato alcuna reazione. La Sicilia che paga gli stipendi dei docenti della scuola pubblica è un episodio senza precedenti, provocherà un depauperamento delle risorse, impedirà investimenti idonei a fare partire la macchina dello sviluppo (la ricerca, la modernizzazione ecc.).
La reazione, forte e giustificatissima, è stata affidata al digiuno di qualche prof ed alle manifestazioni di protesta. E in Parlamento i deputati ed i senatori siciliani non hanno niente da recriminare? Sul taglio all’istruzione nelle regioni meridionali nessuno ha nulla da eccepire? Che le classi siano super-affollate e la disabilità “dimenticata”non significa niente?
Se lealisti, finiani, berlusconiani di complemento, popolo degli onesti, delle lenzuola – tanto per dire - cantieri dell’altra storia, democratici ex margherita ed ex Ds si occupassero di una catastrofe sociale ed economica di proporzioni inaudite otterrebbero maggiore attenzione, farebbero il loro dovere e acquisirebbero magari l’abitudine al confronto, e al dialogo, disputa su ciò che interessa la gente.
fonte : SiciliaInformazioni.com
Ricapitoliamo. La riforma Gelmini della scuola taglia più posti di lavoro dell’intera Fiat senza che succeda nulla, anzi spiega che il taglio farà bene alla scuola, ne migliorerà la qualità. E non perché si farà di necessità virtù, ma perché la ristrutturazione è fatta in modo da migliorare le cose. E questa tesi riesce a passare indenne e viene anzi avallata da economisti ed attenti osservatori della crisi in atto. Mentre altrove, come in Germania, si taglia ovunque, ma si investe sull’istruzione, in Sicilia avviene il contrario e si riesce a raccontare panzane incredibili, come l’equazione “meno prof-più scuola”. I soldi risparmiati verrebbero investiti nella scuola.
Quale alternativa hanno i quattromila prof che escono dal mondo del lavoro in Sicilia ed i circa 140 mila del resto del Paese? La scuola privata? O che cosa?
Le riflessioni del sottosegretario Pizza sembrano provocazioni senza esserlo, eppure non hanno provocato alcuna reazione. La Sicilia che paga gli stipendi dei docenti della scuola pubblica è un episodio senza precedenti, provocherà un depauperamento delle risorse, impedirà investimenti idonei a fare partire la macchina dello sviluppo (la ricerca, la modernizzazione ecc.).
La reazione, forte e giustificatissima, è stata affidata al digiuno di qualche prof ed alle manifestazioni di protesta. E in Parlamento i deputati ed i senatori siciliani non hanno niente da recriminare? Sul taglio all’istruzione nelle regioni meridionali nessuno ha nulla da eccepire? Che le classi siano super-affollate e la disabilità “dimenticata”non significa niente?
Se lealisti, finiani, berlusconiani di complemento, popolo degli onesti, delle lenzuola – tanto per dire - cantieri dell’altra storia, democratici ex margherita ed ex Ds si occupassero di una catastrofe sociale ed economica di proporzioni inaudite otterrebbero maggiore attenzione, farebbero il loro dovere e acquisirebbero magari l’abitudine al confronto, e al dialogo, disputa su ciò che interessa la gente.
fonte : SiciliaInformazioni.com
“Grazie alla gente, ma istituzioni assenti”
”Ringrazio i cittadini che sono intervenuti portando simbolicamente un fiore in memoria di Libero, ma noto con rammarico degli assenti illustri: le istituzioni”. Lo ha detto Pina Maisano Grassi, vedova dell’imprenditore ucciso dalla mafia il 29 agosto di 19 anni fa per essersi ribellato al racket del pizzo, durante la cerimonia di commemorazione in via Alfieri a Palermo. ”E’ stata la rabbia per quello che era successo a darmi la forza per continuare ad andare avanti – ha aggiunto – non dimenticare e mantenere viva la memoria di mio marito”. Secondo la donna, ”da allora Palermo e’ cambiata moltissimo e sono cominciate ad arrivare risposte anche dalla societa’ civile”. Alla cerimonia, organizzata dall’associazione antiracket Libero Futuro e dal Comitato Addiopizzo, hanno partecipato un centinaio di cittadini, che simbolicamente hanno deposto fiori nel luogo dove e’ stato assassinato l’imprenditore. Presenti anche i rappresentanti di Confindustria Palermo, Lega delle Coperative e Ance che al termine della cerimonia hanno sottoscritto il decalogo antiracket con nuove regole cui saranno sottoposti i propri associati.
fonte : Livesicilia
fonte : Livesicilia
domenica 29 agosto 2010
L’unità d’Italia secondo Beppe Grillo “La Padania? È una balla. La Sicilia è uno Stato”
“La Padania è una balla, il Piemonte, il Veneto, la Toscana sono invece reali, sono Stati non Regioni, così come lo sono la Sicilia e la Sardegna. Prima se ne prenderà atto, prima ci libereremo dalla Lega e metteremo le basi per una Nuova Italia, finalmente in pace con se stessa”. Con queste parole, Beppe Grillo si scaglia oggi, attraverso il suo blog, contro il Carroccio e Umberto Bossi, rei secondo il fondatore del Movimento 5 Stelle di aver dato luogo a “una invenzione di marketing”, quale, per l’appunto, la Padania. Ma il comico genovese tira le orecchie anche al Mezzogiorno e al Vaticano.
“Se la Padania non esiste (e non esiste) – scrive Grillo – perché la Lega ha consenso? E se il Regno del Sud ha cessato di esistere con Garibaldi, perché (di fatto) è vivo e vegeto suddiviso in quattro mandamenti mafiosi (camorra, sacra corona unita, 'ndrangheta e cosa nostra) che comandano più di quanto abbiano mai fatto sia i Borboni che la Repubblica Italiana? Se il Vaticano fu spossessato nel Risorgimento del Centro Italia, dalla Romagna alle Marche, perché ha decine, forse centinaia, di parlamentari ai suoi ordini?”.
Per Grillo “l'Italia non ha mai fatto la pace con se stessa, non si è mai rassegnata a un'unificazione voluta da una élite e dall'appetito di Casa Savoia, la famiglia reale più indebitata d'Europa. Loro, i lombardi, i laziali, i pugliesi che c'entravano? La Padania – continua – è una invenzione di marketing di Miglio prima e di Bossi poi, l'Italia un'annessione avvenuta con il sangue del Sud e l'occupazione del Nord-Est da parte di politici e imprenditori sabaudi con le pezze al culo. Negare queste evidenti realtà ha permesso la nascita della Lega”.
Il leader del Movimento 5 Stelle sottolinea poi come le differenze tra i diversi popoli della penisola costituiscano “un tabù così forte, che dopo 150 anni non è ancora stato seriamente discusso. La Lega – conclude – non rappresenta un piemontese, così come un emiliano o un trentino. Li accomuna tutti in un racconto di fantasia confutabile da qualunque studente di quinta elementare e radicalizza uno scontro tra due Italie, il Nord e il Sud, su base economica”.
fonte : SiciliaInformazioni.com
“Se la Padania non esiste (e non esiste) – scrive Grillo – perché la Lega ha consenso? E se il Regno del Sud ha cessato di esistere con Garibaldi, perché (di fatto) è vivo e vegeto suddiviso in quattro mandamenti mafiosi (camorra, sacra corona unita, 'ndrangheta e cosa nostra) che comandano più di quanto abbiano mai fatto sia i Borboni che la Repubblica Italiana? Se il Vaticano fu spossessato nel Risorgimento del Centro Italia, dalla Romagna alle Marche, perché ha decine, forse centinaia, di parlamentari ai suoi ordini?”.
Per Grillo “l'Italia non ha mai fatto la pace con se stessa, non si è mai rassegnata a un'unificazione voluta da una élite e dall'appetito di Casa Savoia, la famiglia reale più indebitata d'Europa. Loro, i lombardi, i laziali, i pugliesi che c'entravano? La Padania – continua – è una invenzione di marketing di Miglio prima e di Bossi poi, l'Italia un'annessione avvenuta con il sangue del Sud e l'occupazione del Nord-Est da parte di politici e imprenditori sabaudi con le pezze al culo. Negare queste evidenti realtà ha permesso la nascita della Lega”.
Il leader del Movimento 5 Stelle sottolinea poi come le differenze tra i diversi popoli della penisola costituiscano “un tabù così forte, che dopo 150 anni non è ancora stato seriamente discusso. La Lega – conclude – non rappresenta un piemontese, così come un emiliano o un trentino. Li accomuna tutti in un racconto di fantasia confutabile da qualunque studente di quinta elementare e radicalizza uno scontro tra due Italie, il Nord e il Sud, su base economica”.
fonte : SiciliaInformazioni.com
sabato 28 agosto 2010
Finisce che il partito del Sud lo fa Umberto Bossi. Lo sbarco in Sicilia affidato al Ministro Maroni?
I Normanni strapparono la Sicilia agli arabi con duecento cavalieri, piu’ o meno. Perche’ non ci dovrebbe riuscire Umberto Bossi, affidando lo sbarco nell’Isola al Ministro Maroni, eroe dell’antimafia, apprezzato da amici e nemici?
Gli arabi non avevano alcuna voglia di imbracciare le armi, si occupavano d’altro allora – scienze, agricoltura, matematica, idraulica – cosi’ fecero come i romani con Sagunto, si lasciarono scippare la sedia dal sedere e quando arrivarono i Normanni non se la presero piu’ di tanto, perche’ quei bifolchi, cioe’ i Normanni, avevano tanto bisogno di loro e la nuova storia avrebbe potuto avvantaggiarli: potere senza responsabilita’. Accanto al re, come consiglieri, dettando il da farsi. Che cosa c’e’ di meglio?
L’annuncio dello sbarco in Sicilia della Lega Nord e’ stato dato dall’Espresso: “Arriva la Lega Sud”, titola il “primo piano” nel numero appena arrivato in edicola. La notizia deve avere provocato qualche brivido nelle stanze del potere, ma non piu’ di tanto.
Piuttosto che sentirsi come i romani alle prese con Sagunto, troppo presi da dispute casalinghe, rimuginano sul “cul de sac” in cui si sono cacciati, a cominciare dal partito di maggioranza, il Pdl, per finire agli oppositori, incerti e scontenti.
Rimuginano, sentendosi in colpa, gli annunci della prossima apertura di un nuovo store, il Partito del Sud, annunci ripetuti (e corretti) un giorno si’ ed uno no, e spediti a destinatari disattenti e disamorati, preferibilmente a stomaco vuoto, senza altra ragione che non fosse quello di annunciare e basta. Deterrenza comunicazionale, la chiamano.
Umberto da Cassano Magnago, scrive l’Espresso, ha preparato lo sbarco nel Sud e designato il condottiero che, solitario, conquistera’ il Mezzogiorno partendo dall’Isola, dove verrebbe accolto a braccia aperte perche’e’ uno che ci sa fare e non ha preso a pesci in faccia ne’ i giudici ne’ i poliziotti, come Silvio Berlusconi e i suoi.
E’ lui, dunque, il Ruggero della Padania, che scende dal Nord alla volta di Palermo per conquistare il Regno?
Roberto il sassofonista ha i numeri giusti, secondo Bossi. Sa bene che il lavoro lo fanno le toghe e i poliziotti, i carabinieri, i finanzieri, non Palazzo Chigi, percio’ non gli viene in testa di passare per le armi, (in senso figurato, nell’accezione di Berlusconi a proposito dei tribunali che, come plotoni d’esecuzione, lo aspetterebbero al varco), gli uomini che gli stanno regalando successo, notorieta’ e carisma.
Sul buonsenso di Maroni, Umberto puo’ contare, almeno fino a quando avra’ accanto un uomo di buonsenso come Manganelli, che gli fa sapere le cose come stanno (e non come conviene). Sicche’, oltre alla conquista dell’intero Nord – sospetta l’Espresso – la Lega ha le risorse per realizzare il progetto piu’ ambizioso, una Padania che s’allunga fino a raggiungere Capo Passero, insomma.
Gianfranco Micciche’, che con Raffaele Lombardo, ha discettato sulla questione del partito del Sud con alti e bassi inquietanti, cerca di convincere da tempo immemorabile il Cavaliere sull’opportunita’ strategica di un partito del Sud alleato del Pdl e in grado di bilanciare l’invadenza leghista e rastrellare i voti dei meridionali scontenti della strategie tremontiana. Ma per quanto sforzi abbia fatto, Berlusconi – sconsigliato vivamente dai nemici di Micciche’, che sono tanti, non si e’ persuaso affatto di concedere un altro lasciapassare al suo sottosegretario. Sarebbe stato un azzardo, ha spaccato il Pdl invece che realizzare un soggetto politico fiancheggiatore. Chi puo’ dire quelle che va a combinare con un partito tutto suo?
Raffaele Lombardo, dal canto suo, ha altre gatte da pelare per il momento: il suo nuovo governo, quello che dovrebbe arrivare alla fine del mandato e indicare la coalizione elettorale, e’ ancora virtuale. immerso nella palude dei veti incrociati e nei tatticismi romanocentrici che allungano la loro ombra anche sull’Isola. Piu’ che Raffaele il Temporeggiatore, il governatore si e’ trasformato in un alchimista, un apprendista stregone. Una specie di Levingstone fra gli intrighi siciliani, quell’esploratore europeo che voleva sapere tutto dell’Africa, passato alla storia con la felice espressione di meraviglia di colui che era andato a cercarlo in terre sconosciute: “Levingstone, I suppose”.
Il governatore c’e’, insomma, ma e’ inseguito da se stesso, nelle frenetiche giornate dedicate a ricuciture e strappi fra Rimini, Roma, Catania e Palermo. E ovunque vada trova un cartello con la scritta: Hic sunt leones”.
Saggezza araba o romana?
Normanni alle porte? Ridicolo, commentano in Sicilia, non accadra’ mai. Non sono Normanni, ma celti. Altra pasta.
Normanni o Celti, sempre Maroni e’ il condottiero. E non c’e’ da stare allegri, pensa qualcuno, che pero’ non rappresenta affatto il pensiero prevalente. Se arriva la Lega Sud nell’Isola, non e’ certo la fine del mondo. Mettetevi nei panni di chi deve trovare la quadra e gira a vuoto, e sa – per sentito dire - che la quadra la trova solo Umberto da Cassano Magnago, il senatur. Finisce che a un certo punto che prepara lo sbarco ai celti-normanni, persuaso – come gli arabi – che con i nuovi arrivati, autonomisti e tosti, ci si puo’ perfino guadagnare. Un’alleanza, d’altra parte, fra Mpa e Lega Nord c’e’ stata.
Miraggi d’estate? Leggendo La Padania arriva la conferma: “Dobbiamo dare una casa e un simbolo a un Sud senza riferimenti che non ce la fa piu’.”, scrive il quotidiano leghista. In Via Bellerio, sede della Lega Nord, sostiene l’Espresso, “pianificano anche la mossa piu’ spettacolare: lo sbarco in grande stile al Sud”.
Sara’ necessario che a prepararlo siano i siciliani della Padania, come fecero gli italiani d’America nell’ultimo conflitto mondiale. Una cosa e’ sicura, infatti: senza gli isolani i nuovi normanni restano sul bagnasciuga invece che risalire la Penisola attraverso lo Stretto. Come insegna la storia
fonte : SiciliaInformazioni.com
Gli arabi non avevano alcuna voglia di imbracciare le armi, si occupavano d’altro allora – scienze, agricoltura, matematica, idraulica – cosi’ fecero come i romani con Sagunto, si lasciarono scippare la sedia dal sedere e quando arrivarono i Normanni non se la presero piu’ di tanto, perche’ quei bifolchi, cioe’ i Normanni, avevano tanto bisogno di loro e la nuova storia avrebbe potuto avvantaggiarli: potere senza responsabilita’. Accanto al re, come consiglieri, dettando il da farsi. Che cosa c’e’ di meglio?
L’annuncio dello sbarco in Sicilia della Lega Nord e’ stato dato dall’Espresso: “Arriva la Lega Sud”, titola il “primo piano” nel numero appena arrivato in edicola. La notizia deve avere provocato qualche brivido nelle stanze del potere, ma non piu’ di tanto.
Piuttosto che sentirsi come i romani alle prese con Sagunto, troppo presi da dispute casalinghe, rimuginano sul “cul de sac” in cui si sono cacciati, a cominciare dal partito di maggioranza, il Pdl, per finire agli oppositori, incerti e scontenti.
Rimuginano, sentendosi in colpa, gli annunci della prossima apertura di un nuovo store, il Partito del Sud, annunci ripetuti (e corretti) un giorno si’ ed uno no, e spediti a destinatari disattenti e disamorati, preferibilmente a stomaco vuoto, senza altra ragione che non fosse quello di annunciare e basta. Deterrenza comunicazionale, la chiamano.
Umberto da Cassano Magnago, scrive l’Espresso, ha preparato lo sbarco nel Sud e designato il condottiero che, solitario, conquistera’ il Mezzogiorno partendo dall’Isola, dove verrebbe accolto a braccia aperte perche’e’ uno che ci sa fare e non ha preso a pesci in faccia ne’ i giudici ne’ i poliziotti, come Silvio Berlusconi e i suoi.
E’ lui, dunque, il Ruggero della Padania, che scende dal Nord alla volta di Palermo per conquistare il Regno?
Roberto il sassofonista ha i numeri giusti, secondo Bossi. Sa bene che il lavoro lo fanno le toghe e i poliziotti, i carabinieri, i finanzieri, non Palazzo Chigi, percio’ non gli viene in testa di passare per le armi, (in senso figurato, nell’accezione di Berlusconi a proposito dei tribunali che, come plotoni d’esecuzione, lo aspetterebbero al varco), gli uomini che gli stanno regalando successo, notorieta’ e carisma.
Sul buonsenso di Maroni, Umberto puo’ contare, almeno fino a quando avra’ accanto un uomo di buonsenso come Manganelli, che gli fa sapere le cose come stanno (e non come conviene). Sicche’, oltre alla conquista dell’intero Nord – sospetta l’Espresso – la Lega ha le risorse per realizzare il progetto piu’ ambizioso, una Padania che s’allunga fino a raggiungere Capo Passero, insomma.
Gianfranco Micciche’, che con Raffaele Lombardo, ha discettato sulla questione del partito del Sud con alti e bassi inquietanti, cerca di convincere da tempo immemorabile il Cavaliere sull’opportunita’ strategica di un partito del Sud alleato del Pdl e in grado di bilanciare l’invadenza leghista e rastrellare i voti dei meridionali scontenti della strategie tremontiana. Ma per quanto sforzi abbia fatto, Berlusconi – sconsigliato vivamente dai nemici di Micciche’, che sono tanti, non si e’ persuaso affatto di concedere un altro lasciapassare al suo sottosegretario. Sarebbe stato un azzardo, ha spaccato il Pdl invece che realizzare un soggetto politico fiancheggiatore. Chi puo’ dire quelle che va a combinare con un partito tutto suo?
Raffaele Lombardo, dal canto suo, ha altre gatte da pelare per il momento: il suo nuovo governo, quello che dovrebbe arrivare alla fine del mandato e indicare la coalizione elettorale, e’ ancora virtuale. immerso nella palude dei veti incrociati e nei tatticismi romanocentrici che allungano la loro ombra anche sull’Isola. Piu’ che Raffaele il Temporeggiatore, il governatore si e’ trasformato in un alchimista, un apprendista stregone. Una specie di Levingstone fra gli intrighi siciliani, quell’esploratore europeo che voleva sapere tutto dell’Africa, passato alla storia con la felice espressione di meraviglia di colui che era andato a cercarlo in terre sconosciute: “Levingstone, I suppose”.
Il governatore c’e’, insomma, ma e’ inseguito da se stesso, nelle frenetiche giornate dedicate a ricuciture e strappi fra Rimini, Roma, Catania e Palermo. E ovunque vada trova un cartello con la scritta: Hic sunt leones”.
Saggezza araba o romana?
Normanni alle porte? Ridicolo, commentano in Sicilia, non accadra’ mai. Non sono Normanni, ma celti. Altra pasta.
Normanni o Celti, sempre Maroni e’ il condottiero. E non c’e’ da stare allegri, pensa qualcuno, che pero’ non rappresenta affatto il pensiero prevalente. Se arriva la Lega Sud nell’Isola, non e’ certo la fine del mondo. Mettetevi nei panni di chi deve trovare la quadra e gira a vuoto, e sa – per sentito dire - che la quadra la trova solo Umberto da Cassano Magnago, il senatur. Finisce che a un certo punto che prepara lo sbarco ai celti-normanni, persuaso – come gli arabi – che con i nuovi arrivati, autonomisti e tosti, ci si puo’ perfino guadagnare. Un’alleanza, d’altra parte, fra Mpa e Lega Nord c’e’ stata.
Miraggi d’estate? Leggendo La Padania arriva la conferma: “Dobbiamo dare una casa e un simbolo a un Sud senza riferimenti che non ce la fa piu’.”, scrive il quotidiano leghista. In Via Bellerio, sede della Lega Nord, sostiene l’Espresso, “pianificano anche la mossa piu’ spettacolare: lo sbarco in grande stile al Sud”.
Sara’ necessario che a prepararlo siano i siciliani della Padania, come fecero gli italiani d’America nell’ultimo conflitto mondiale. Una cosa e’ sicura, infatti: senza gli isolani i nuovi normanni restano sul bagnasciuga invece che risalire la Penisola attraverso lo Stretto. Come insegna la storia
fonte : SiciliaInformazioni.com
Sciopero della fame, precario finisce in ospedale e sospende il digiuno
Pietro Di Grusa, uno dei tre precari della scuola in sciopero della fame da due settimane, e’ stato trasportato stamattina nell’ospedale di Villa Sofia per un malore. L’uomo e’ cardiopatico e da quando ha cominciato lo sciopero ha interrotto la terapia farmacologica. In ospedale i medici gli hanno somministrato farmaci attraverso flebo. I figli del precario sono accorsi nel nosocomio, chiedendo al padre di interrompere lo sciopero della fama. ”Mi hanno abbracciato e supplicato – racconta Di Grusa – Mi hanno detto: Non ci serve un padre morto, ma un padre vivo, anche se povero, e dignitoso”. L’uomo e’ stato dimesso nel pomeriggio, adesso si trova a casa e ha sospeso il digiuno, anche su suggerimento dei sanitari. ”I miei figli mi chiedono di non scherzare con la vita – Continuero’ la protesta in altro modo, da stasera riprendero’ ad alimentarmi e a sottopormi alla terapia. Proseguiro’ la lotta sotto altre forme”.
Pietro Di Grusa, collaboratore scolastico precario da 25 anni, ha perso il lavoro un anno e mezzo fa. ”Credo nello Stato e nella Costituzione – aggiunge Di Grusa – ma dubito che il governo di Roma possa fare qualcosa. Mi rivolgo alla Regione siciliana nella speranza che possa aiutarci”. ”Siamo partiti senza bandiere ne’ politiche ne’ sindacati – conclude Di Grusa – per difendere il posto di lavoro, per questo mi auguro che la nostra protesta non venga strumentalizzata”.
fonte : Livesicilia
Pietro Di Grusa, collaboratore scolastico precario da 25 anni, ha perso il lavoro un anno e mezzo fa. ”Credo nello Stato e nella Costituzione – aggiunge Di Grusa – ma dubito che il governo di Roma possa fare qualcosa. Mi rivolgo alla Regione siciliana nella speranza che possa aiutarci”. ”Siamo partiti senza bandiere ne’ politiche ne’ sindacati – conclude Di Grusa – per difendere il posto di lavoro, per questo mi auguro che la nostra protesta non venga strumentalizzata”.
fonte : Livesicilia
giovedì 26 agosto 2010
Due palazzi contro il Ponte "No alle trivelle nelle nostre case"
Due condomìni contro il Ponte sullo Stretto. Cinquanta famiglie che dicono "no" ai lavori per la grande opera più controversa del secolo. Davide torna a sfidare Golia, a Messina. E lo scontro avviene sul mezzo chilometro di lungomare di Torre Faro, il villaggio a nord della città siciliana dove da giugno sono in corso le indagini geognostiche per il progetto definitivo del Ponte, atteso inizialmente per settembre e poi rinviato ad autunno inoltrato.
Per tutta l'estate le trivelle di Eurolink, il consorzio internazionale con capofila Impregilo che s'è aggiudicato l'appalto dell'opera, hanno scavato indisturbate sul lungomare messinese, nel punto in cui dovrebbe sorgere la torre alta 382 metri a sostegno della campata sul versante siciliano. Poi, al momento di procedere negli spazi privati, lo stop, per la resistenza degli abitanti di due complessi che hanno risposto a colpi di carta bollata alla richiesta di Eurolink di accedere alle aree condominiali ai sensi di una legge del 2001 sugli espropri. Una richiesta illegittima, secondo Carmelo Briguglio, legale dei due condomìni interessati, perché inviata agli amministratori dei complessi e non anche a ciascun singolo proprietario, ma soprattutto perché troppo generica: "La lettera di Eurolink - spiega Briguglio che ha segnalato la vicenda anche alla Procura e nella diffida al consorzio parla di tentata usurpazione - allude sommariamente a 'operazioni preparatorie' per il Ponte: potrebbe trattarsi di semplici e rapide misurazioni, e allora non ci sarebbe nulla da eccepire. Ma c'è il rischio che si tratti di interventi ben più invasivi, che però l'impresa non ha messo per iscritto".
Che questa seconda ipotesi sia la più probabile, lo confermano alcuni abitanti del complesso Due Torri, cui un rappresentante di Eurolink avrebbe offerto verbalmente 3500 euro per poter installare una trivella negli spazi condominiali. Al consorzio provano a gettare acqua sul fuoco. "Il nostro obiettivo - ha spiegato al giornale online Tempo Stretto il responsabile dei lavori Gianni Parisi - è trovare un accordo pacifico, come già avvenuto in altri casi. Ma se saremo costretti, chiederemo all'autorità giudiziaria di intervenire e farci entrare con la forza. I sondaggi sono previsti dalla legge e sono indispensabili".
Formalmente, la procedura avviata da Eurolink non è un esproprio, che può partire solo una volta approvato il progetto definitivo. Ma la diffida degli abitanti di Torre Faro si può considerare il primo atto formale di resistenza giudiziaria alla grande opera da parte di comuni cittadini.
Intanto torna a manifestare la Rete No Ponte. Dalle 18 di sabato un corteo sfilerà a Messina, a Torre Faro, proprio davanti alla trivella di Eurolink. Alla protesta, che inizierà con uno spettacolo di teatro civile a cura di giovani compagnie locali, aderiscono associazioni ambientaliste (Wwf, Legambiente, Italia Nostra), partiti politici (Sinistra ecologia e libertà e Federazione della sinistra), sindacalisti e i comitati No Frane dei villaggi colpiti dall'alluvione devastante del 2 ottobre scorso. La richiesta che il corteo farà al governo è di dirottare gli oltre sei miliardi previsti per il Ponte verso la messa in sicurezza di uno dei territori a maggior rischio sismico e idrogeologico d'Italia.
fonte : la Repubblica
Per tutta l'estate le trivelle di Eurolink, il consorzio internazionale con capofila Impregilo che s'è aggiudicato l'appalto dell'opera, hanno scavato indisturbate sul lungomare messinese, nel punto in cui dovrebbe sorgere la torre alta 382 metri a sostegno della campata sul versante siciliano. Poi, al momento di procedere negli spazi privati, lo stop, per la resistenza degli abitanti di due complessi che hanno risposto a colpi di carta bollata alla richiesta di Eurolink di accedere alle aree condominiali ai sensi di una legge del 2001 sugli espropri. Una richiesta illegittima, secondo Carmelo Briguglio, legale dei due condomìni interessati, perché inviata agli amministratori dei complessi e non anche a ciascun singolo proprietario, ma soprattutto perché troppo generica: "La lettera di Eurolink - spiega Briguglio che ha segnalato la vicenda anche alla Procura e nella diffida al consorzio parla di tentata usurpazione - allude sommariamente a 'operazioni preparatorie' per il Ponte: potrebbe trattarsi di semplici e rapide misurazioni, e allora non ci sarebbe nulla da eccepire. Ma c'è il rischio che si tratti di interventi ben più invasivi, che però l'impresa non ha messo per iscritto".
Che questa seconda ipotesi sia la più probabile, lo confermano alcuni abitanti del complesso Due Torri, cui un rappresentante di Eurolink avrebbe offerto verbalmente 3500 euro per poter installare una trivella negli spazi condominiali. Al consorzio provano a gettare acqua sul fuoco. "Il nostro obiettivo - ha spiegato al giornale online Tempo Stretto il responsabile dei lavori Gianni Parisi - è trovare un accordo pacifico, come già avvenuto in altri casi. Ma se saremo costretti, chiederemo all'autorità giudiziaria di intervenire e farci entrare con la forza. I sondaggi sono previsti dalla legge e sono indispensabili".
Formalmente, la procedura avviata da Eurolink non è un esproprio, che può partire solo una volta approvato il progetto definitivo. Ma la diffida degli abitanti di Torre Faro si può considerare il primo atto formale di resistenza giudiziaria alla grande opera da parte di comuni cittadini.
Intanto torna a manifestare la Rete No Ponte. Dalle 18 di sabato un corteo sfilerà a Messina, a Torre Faro, proprio davanti alla trivella di Eurolink. Alla protesta, che inizierà con uno spettacolo di teatro civile a cura di giovani compagnie locali, aderiscono associazioni ambientaliste (Wwf, Legambiente, Italia Nostra), partiti politici (Sinistra ecologia e libertà e Federazione della sinistra), sindacalisti e i comitati No Frane dei villaggi colpiti dall'alluvione devastante del 2 ottobre scorso. La richiesta che il corteo farà al governo è di dirottare gli oltre sei miliardi previsti per il Ponte verso la messa in sicurezza di uno dei territori a maggior rischio sismico e idrogeologico d'Italia.
fonte : la Repubblica
Incursione nella villa di un giudice si è occupata di Messina Denaro
Sono entrati in pieno giorno a casa del giudice Marina Petruzzella, a Pallavicino, quando erano sicuri che all'interno non c'era più nessuno. Hanno divelto una porta finestra e disattivato subito il sistema di allarme. Un lavoro da professionisti, così hanno rilevato gli esperti della Scientifica dei carabinieri. E non erano ladri: perché hanno lasciato gioielli, soldi e computer al loro posto. Hanno soltanto frugato nella borsa del giudice e messo a soqquadro la stanza dei figli.
È accaduto a inizio agosto, ma la notizia trapela adesso. C'è un'inchiesta della Procura di Caltanissetta per fare luce sull'ennesima intimidazione al magistrato che fra giugno e luglio ha inflitto pesanti condanne ai boss del racket che operavano fra la Noce e Porta Nuova. Nelle scorse settimane, il giudice della sezione indagini preliminari ha iniziato ad occuparsi del processo ai favoreggiatori di Matteo Messina Denaro, arrestati nell'ambito dell'operazione "Golem 1". Leonardo Bonafede e Franco Luppino sono stati già rinviati a giudizio. Si attende invece la decisione per Domenico Nardo e Franco Indelicato, accusati di un traffico di cocaina.
Un'altra misteriosa incursione a casa del giudice era avvenuta a febbraio, dopo una sequenza di episodi tutti da chiarire. Prima, il sabotaggio della motocicletta del marito di Marina Petruzzella; poi, il furto dell'auto del magistrato, sotto casa (preceduto da alcuni spari di pistola nel cuore della notte).
Dopo l'ultimo raid, il presidente della giunta distrettuale dell'Anm, Nino Di Matteo, ha inviato una lettera al procuratore Messineo, al procuratore generale Croce, al presidente del tribunale e al presidente dell'ufficio gip. Viene chiesto di rivedere il sistema di protezione attorno a Marina Petruzzella. Le intimidazioni nei suoi confronti erano state all'ordine del giorno di un comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza, convocato a maggio in prefettura. All'epoca, era stata confermata la vigilanza saltuaria dell'abitazione del magistrato da parte delle forze dell'ordine, ma niente di più.
fonte : la Repubblica
È accaduto a inizio agosto, ma la notizia trapela adesso. C'è un'inchiesta della Procura di Caltanissetta per fare luce sull'ennesima intimidazione al magistrato che fra giugno e luglio ha inflitto pesanti condanne ai boss del racket che operavano fra la Noce e Porta Nuova. Nelle scorse settimane, il giudice della sezione indagini preliminari ha iniziato ad occuparsi del processo ai favoreggiatori di Matteo Messina Denaro, arrestati nell'ambito dell'operazione "Golem 1". Leonardo Bonafede e Franco Luppino sono stati già rinviati a giudizio. Si attende invece la decisione per Domenico Nardo e Franco Indelicato, accusati di un traffico di cocaina.
Un'altra misteriosa incursione a casa del giudice era avvenuta a febbraio, dopo una sequenza di episodi tutti da chiarire. Prima, il sabotaggio della motocicletta del marito di Marina Petruzzella; poi, il furto dell'auto del magistrato, sotto casa (preceduto da alcuni spari di pistola nel cuore della notte).
Dopo l'ultimo raid, il presidente della giunta distrettuale dell'Anm, Nino Di Matteo, ha inviato una lettera al procuratore Messineo, al procuratore generale Croce, al presidente del tribunale e al presidente dell'ufficio gip. Viene chiesto di rivedere il sistema di protezione attorno a Marina Petruzzella. Le intimidazioni nei suoi confronti erano state all'ordine del giorno di un comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza, convocato a maggio in prefettura. All'epoca, era stata confermata la vigilanza saltuaria dell'abitazione del magistrato da parte delle forze dell'ordine, ma niente di più.
fonte : la Repubblica
No raccomandazione, no ricovero
Senza raccomandazione niente ricovero. E tutto per colpa della riforma sanitaria siciliana. Si tratta di quanto accaduto a un malato di osteogenesi imperfetta di Caltanissetta che ha raccontato la sua storia a una televisione locale dove ha denunciato un ortopedico del presidio ospedaliero di Caltagirone di omissione di soccorso.
Secondo la sua versione, il malato, su sedia a rotelle, si è recato al pronto soccorso dell’ospedale Gravina dopo un incidente che gli ha procurato una frattura composta metafisi ad entrambe le tibie e al malleolo peronale destro, e diverse lesioni.”A seguito di quanto rilevato – ha spiegato l’utente in una lettera inviata al direttore generale dell’Asp di Catania – mi viene precisato di ripresentarmi il successivo lunedì (l’incidente è avvenuto sabato, ndr) per verificare le modalità di intervento terapeutico. Nel comunicare l’impossibilità di ricoverarmi il medico ha sostenuto, a voce alta, che la responsabilità è da addebitarsi alle norme regionali poste in essere in nome del risparmio sanitario, il quale non prevede ricovero per situazioni come la mia. Aggiungendo che il ricovero sarebbe potuto avvenire soltanto dietro telefonata di raccomandazione”.
“L’episodio raccontato è un fatto gravissimo, non di malasanità, ma di malaumanità. Ci sarà un’inchiesta interna e se emergeranno responsabilità trasferiremo gli atti alla magistratura”. Ha replicato il direttore generale dell’Asp di Catania, Giuseppe Calaciura. “Se i fatti denunciati, che stiamo verificando con tempestività e severità, dovessero rispondere al vero – ha aggiunto Calaciura – prenderemo opportuni provvedimenti per azioni e comportamenti di negligenza che, seppur isolati, rischiano di compromettere l’efficienza e l’efficacia del nostro sistema sanitario”.
Dalla Asp di Catania spiegano che il caso è già al vaglio dell’assessore regionale alla Salute Massimo Russo e che sarà verificato sia sotto il profilo deontologico che sotto quello prettamente sanitario.
fonte . Livesicilia
Secondo la sua versione, il malato, su sedia a rotelle, si è recato al pronto soccorso dell’ospedale Gravina dopo un incidente che gli ha procurato una frattura composta metafisi ad entrambe le tibie e al malleolo peronale destro, e diverse lesioni.”A seguito di quanto rilevato – ha spiegato l’utente in una lettera inviata al direttore generale dell’Asp di Catania – mi viene precisato di ripresentarmi il successivo lunedì (l’incidente è avvenuto sabato, ndr) per verificare le modalità di intervento terapeutico. Nel comunicare l’impossibilità di ricoverarmi il medico ha sostenuto, a voce alta, che la responsabilità è da addebitarsi alle norme regionali poste in essere in nome del risparmio sanitario, il quale non prevede ricovero per situazioni come la mia. Aggiungendo che il ricovero sarebbe potuto avvenire soltanto dietro telefonata di raccomandazione”.
“L’episodio raccontato è un fatto gravissimo, non di malasanità, ma di malaumanità. Ci sarà un’inchiesta interna e se emergeranno responsabilità trasferiremo gli atti alla magistratura”. Ha replicato il direttore generale dell’Asp di Catania, Giuseppe Calaciura. “Se i fatti denunciati, che stiamo verificando con tempestività e severità, dovessero rispondere al vero – ha aggiunto Calaciura – prenderemo opportuni provvedimenti per azioni e comportamenti di negligenza che, seppur isolati, rischiano di compromettere l’efficienza e l’efficacia del nostro sistema sanitario”.
Dalla Asp di Catania spiegano che il caso è già al vaglio dell’assessore regionale alla Salute Massimo Russo e che sarà verificato sia sotto il profilo deontologico che sotto quello prettamente sanitario.
fonte . Livesicilia
“Schifani mise in contatto i Graviano con Berlusconi”
Si torna a parlare del presidente del Senato, Renato Schifani, e delle presunte “ombre” nel suo passato. Dopo i servizi de “Il Fatto quotidiano”, ora è “L’Espresso” ad affondare un altro colpo. Partendo dalle dichiarazioni di Gaspare Spatuzza ai magistrati di Firenze, ai quali lo scorso ottobre ha rivelato come secondo il suo capo famiglia, Giuseppe Graviano, Schifani avrebbe messo in contatto i terribili fratelli di Brancaccio, quartiere di Palermo, con Silvio Berlusconi e Marcello Dell’Utri. L’episodio, secondo quanto riporta “L’Espresso”, sarebbe inquadrato nella ricerca da parte di Cosa nostra di nuovi referenti politici all’indomani del crollo della “prima repubblica”.
Ma i magistrati fiorentini si sono dichiarati non competenti e hanno girato il verbale, coperto da segreto, ai colleghi palermitani che hanno rispolverato un vecchio fascicolo. Si tratta dell’archiviazione della posizione di Renato Schifani in un procedimento per concorso esterno, aperto in seguito alle dichiarazione dell’imprenditore-pentito Salvatore Lanzalaco su un appalto pilotato dalla mafia a Palermo. Inchiesta archiviata nel 2002 e che potrebbe essere riaperta dai pm Ingroia, De Francisci, Di Matteo e Guido, a cui il procuratore capo, Francesco Messineo, ha affidato le indagini.
Quindi presto sarà risentito Spatuzza sull’argomento ma anche Francesco Campanella, l’ex presidente del consiglio comunale di Villabate, alle porte di Palermo, che ha svolto spesso il ruolo di cerniera fra la famiglie mafiose e i palazzi. Potrebbe essere chiamato anche un ex cliente di Schifani condannato per riciclaggio che aveva nominato il presidente del Senato nel cda della sua società anche se l’esponente del Pdl ha sempre sostenuto di non saperne nulla.
fonte : Livesicilia
Ma i magistrati fiorentini si sono dichiarati non competenti e hanno girato il verbale, coperto da segreto, ai colleghi palermitani che hanno rispolverato un vecchio fascicolo. Si tratta dell’archiviazione della posizione di Renato Schifani in un procedimento per concorso esterno, aperto in seguito alle dichiarazione dell’imprenditore-pentito Salvatore Lanzalaco su un appalto pilotato dalla mafia a Palermo. Inchiesta archiviata nel 2002 e che potrebbe essere riaperta dai pm Ingroia, De Francisci, Di Matteo e Guido, a cui il procuratore capo, Francesco Messineo, ha affidato le indagini.
Quindi presto sarà risentito Spatuzza sull’argomento ma anche Francesco Campanella, l’ex presidente del consiglio comunale di Villabate, alle porte di Palermo, che ha svolto spesso il ruolo di cerniera fra la famiglie mafiose e i palazzi. Potrebbe essere chiamato anche un ex cliente di Schifani condannato per riciclaggio che aveva nominato il presidente del Senato nel cda della sua società anche se l’esponente del Pdl ha sempre sostenuto di non saperne nulla.
fonte : Livesicilia
mercoledì 25 agosto 2010
I precari della scuola contestano Lombardo. Soccorso manifestante in sciopero della fame
Il presidente della Regione fa visita ai precari della scuola ma deve subire la loro contestazione. Poi promette: "Chiederemo al Consiglio dei ministri di rivedere la scelta" che riguarda i tagli al personale. In mattinata, si è nuovamente sentito male Pietro Di Grusa, il precario della scuola cardiopatico che, come altri due suoi colleghi, fa lo sciopero della fame. Lumia del Pd attacca: "Non possiamo accettare che la scuola venga rasa al suolo". Domani arriva il sottosegretario all'Istruzione Giuseppe Pizza e, nel pomeriggio, i precari manifesteranno in piazza Politeama
martedì 24 agosto 2010
Minacce a tre agenti della Catturandi c'è l'ombra di Messina Denaro
Hanno fermato la moglie di un ispettore della squadra Catturandi con una scusa: "Signora, può darci un'informazione?". Erano in tre, su un'auto. Uno è sceso. In mano teneva delle fotografie. "Che bei mariti avete - ha esordito - che belle famiglie". E intanto, scorreva le immagini. Era l'inizio di agosto. In quelle foto non c'erano soltanto il marito della donna e i suoi familiari, ma anche altri tre poliziotti della sezione Catturandi della squadra mobile di Palermo.
Come anticipato da Repubblica nei giorni scorsi, l'ispettore e la sua famiglia sono stati già trasferiti d'urgenza in una località segreta. Adesso, si apprende che ci sono anche altri investigatori nel mirino. Tutti fanno parte dello storico gruppo che ha arrestato il gotha di Cosa nostra: da Salvatore Lo Piccolo a Mimmo Raccuglia e Gianni Nicchi. Da gennaio, la Catturandi di Palermo ha ormai un solo obiettivo: il boss trapanese Matteo Messina Denaro, latitante dal 1994.
Alcune di quelle fotografie mostrate alla moglie dell'ispettore sono state scattate davanti alla squadra mobile, probabilmente proprio dopo gli ultimi arresti, quello di Raccuglia o di Nicchi, avvenuti fra il 15 novembre e il 5 dicembre dell'anno scorso. Si vedono i poliziotti mentre ritornano dal blitz. Evidentemente, qualcuno li spiava già da tempo. E non ha esitato a confondersi fra i giovani che esultavano davanti alla Mobile.
La telecamera di un negozio ha ripreso l'auto con i tre misteriosi uomini che si allontanano a velocità. Purtroppo, le immagini hanno una risoluzione scadente, non è stato dunque possibile risalire al numero di targa. Gli investigatori della Mobile continuano a cercare. Le indagini sono coordinate dal procuratore aggiunto Ignazio De Francisci e dal sostituto Francesca Mazzocco.
In questi giorni, si riesaminano anche le dichiarazioni del confidente che a luglio aveva svelato ai carabinieri del Ros di alcuni progetti di attentato proposti dagli "emergenti" dei clan palermitani: nel mirino erano stati indicati la squadra mobile e il palazzo di giustizia di Palermo. Dopo quelle rivelazioni era partito un fonogramma di allerta dal Viminale. La fonte riferiva che di quei progetti di attentato si sarebbe discusso durante un summit alla stadio della Favorita. Presente anche Matteo Messina Denaro: la fonte sostiene che il boss trapanese si oppose al ritorno degli attentati. Di più non sappiamo. Sull'attendibilità della fonte l'intelligence antimafia si è divisa. Anche in Procura ci sono valutazioni diverse. Di certo, però, all'inizio di agosto, i poliziotti della Mobile di Palermo sono finiti nel mirino con un'azione a sorpresa. Una coincidenza inquietante.
Qualcuno ha pedinato e fotografato l'ispettore della Catturandi mentre usciva dalla squadra mobile, mentre faceva la spesa con i suoi familiari. Lui adesso è lontano da Palermo: "Non mi lascerò intimidire - ha detto a un amico prima di partire - nessun poliziotto di Palermo farà mai un passo indietro". Per i ragazzi e le ragazze della Catturandi l'ultima indagine - quella su Messina Denaro - è già da tempo molto di più che la solita caccia al superlatitante. Da gennaio - da quando il capo della Catturandi, Mario Bignone, ha scoperto di avere un tumore - questa indagine è stata una lotta per la vita. In un letto d'ospedale, all'indomani dell'operazione di Bignone, è nato il gruppo speciale "Messina Denaro", di cui fanno parte anche gli investigatori della squadra mobile di Trapani, della sezione Criminalità organizzata di Palermo e del servizio centrale operativo. Mario Bignone non ce l'ha fatta, è morto il 21 luglio. Adesso, i suoi ragazzi vogliono portare a termine la sua indagine.
fonte : la Repubblica
Come anticipato da Repubblica nei giorni scorsi, l'ispettore e la sua famiglia sono stati già trasferiti d'urgenza in una località segreta. Adesso, si apprende che ci sono anche altri investigatori nel mirino. Tutti fanno parte dello storico gruppo che ha arrestato il gotha di Cosa nostra: da Salvatore Lo Piccolo a Mimmo Raccuglia e Gianni Nicchi. Da gennaio, la Catturandi di Palermo ha ormai un solo obiettivo: il boss trapanese Matteo Messina Denaro, latitante dal 1994.
Alcune di quelle fotografie mostrate alla moglie dell'ispettore sono state scattate davanti alla squadra mobile, probabilmente proprio dopo gli ultimi arresti, quello di Raccuglia o di Nicchi, avvenuti fra il 15 novembre e il 5 dicembre dell'anno scorso. Si vedono i poliziotti mentre ritornano dal blitz. Evidentemente, qualcuno li spiava già da tempo. E non ha esitato a confondersi fra i giovani che esultavano davanti alla Mobile.
La telecamera di un negozio ha ripreso l'auto con i tre misteriosi uomini che si allontanano a velocità. Purtroppo, le immagini hanno una risoluzione scadente, non è stato dunque possibile risalire al numero di targa. Gli investigatori della Mobile continuano a cercare. Le indagini sono coordinate dal procuratore aggiunto Ignazio De Francisci e dal sostituto Francesca Mazzocco.
In questi giorni, si riesaminano anche le dichiarazioni del confidente che a luglio aveva svelato ai carabinieri del Ros di alcuni progetti di attentato proposti dagli "emergenti" dei clan palermitani: nel mirino erano stati indicati la squadra mobile e il palazzo di giustizia di Palermo. Dopo quelle rivelazioni era partito un fonogramma di allerta dal Viminale. La fonte riferiva che di quei progetti di attentato si sarebbe discusso durante un summit alla stadio della Favorita. Presente anche Matteo Messina Denaro: la fonte sostiene che il boss trapanese si oppose al ritorno degli attentati. Di più non sappiamo. Sull'attendibilità della fonte l'intelligence antimafia si è divisa. Anche in Procura ci sono valutazioni diverse. Di certo, però, all'inizio di agosto, i poliziotti della Mobile di Palermo sono finiti nel mirino con un'azione a sorpresa. Una coincidenza inquietante.
Qualcuno ha pedinato e fotografato l'ispettore della Catturandi mentre usciva dalla squadra mobile, mentre faceva la spesa con i suoi familiari. Lui adesso è lontano da Palermo: "Non mi lascerò intimidire - ha detto a un amico prima di partire - nessun poliziotto di Palermo farà mai un passo indietro". Per i ragazzi e le ragazze della Catturandi l'ultima indagine - quella su Messina Denaro - è già da tempo molto di più che la solita caccia al superlatitante. Da gennaio - da quando il capo della Catturandi, Mario Bignone, ha scoperto di avere un tumore - questa indagine è stata una lotta per la vita. In un letto d'ospedale, all'indomani dell'operazione di Bignone, è nato il gruppo speciale "Messina Denaro", di cui fanno parte anche gli investigatori della squadra mobile di Trapani, della sezione Criminalità organizzata di Palermo e del servizio centrale operativo. Mario Bignone non ce l'ha fatta, è morto il 21 luglio. Adesso, i suoi ragazzi vogliono portare a termine la sua indagine.
fonte : la Repubblica
lunedì 23 agosto 2010
Le spese ‘pazze’ del Comune
La macchina comunale di Palermo costa 8 milioni di euro. Amministratori, esperti, assessori, consiglieri comunali e di circoscrizione fanno la parte del leone mentre ai servizi – scuole, assistenza sociale – spettano solo le briciole.
Spese. E’ quanto viene fuori dai piani esecutivi di gestione approvati dalla giunta comunale analizzati in un articolo pubblicato dall’edizione cittadina di Repubblica. La giunta comunale costa ogni anno 1 milione 600 mila euro di stipendi a cui si aggiungono altri 200 mila euro per gli esperti nominati direttamente dal sindaco.
Il consiglio comunale – che ha approvato una decina di delibere dall’inizio dell’anno – costa oltre 2 milioni più altri 950 mila euro pagati ai datori di lavoro dei consiglieri per i giorni di assenza dovuti all’attività istituzionale. Ancora 117 mila 180 euro di rimborsi benzina per chi non è residente a Palermo e altri 45 mila per i viaggi istituzionali.
I consiglieri di circoscrizione costano un milione 710 mila euro oltre gli 850 mila euro destinati ai loro datori di lavoro per le assenze. Altri 355 mila euro vanno invece agli otto presidenti di circoscrizione.
Il comune paga, poi, 91 mila euro per il video controllo e 20 mila euro per le bollette delle telecamere installate per le Ztl, praticamente mai entrate in funzione. Altri 366 mila 300 euro vanno all’Amat per il trasporto allo stadio dei tifosi avversari.
Servizi. Il capitolo delle spese per i servizi è quello che desta maggiore stupore se confrontato con i costi dell’apparato comunale. Le scuole, infatti, possono contare su un migliaio di euro per la manutenzione ordinario e 70 euro al mese per gli acquisti di materiale di consumo, come quaderni e gessetti.
Alla polizia municipale possono contare su 50 mila euro per la manutenzione di auto e moto di servizio. Quanto ai vigili, hanno a disposizione 0,92 centesimi a testa per l’aggiornamento professionale. Dati che stridono con i 50 mila euro assegnati alla Dipas, l’associazione degli ex vigilantes, che si occupa degli ausiliari del traffico.
In ambito sociale sono 40 mila gli euro stanziati per l’assistenza straordinaria agli indigenti e 30 per i senza casa mentre nulla è previsto per l’assistenza domicialiare agli anziani.
La biblioteca comunale ha 273 euro a disposizione per comprare nuovi volumi mentre i musei possono contare su 693 euro per l’allestimento di mostre. Dati che, ancora una volta, cozzano con i 216 mila euro spesi per la vigilanza alla Gam, la galleria d’arte moderna di piazza Sant’Anna.
fonte : Livesicilia
Spese. E’ quanto viene fuori dai piani esecutivi di gestione approvati dalla giunta comunale analizzati in un articolo pubblicato dall’edizione cittadina di Repubblica. La giunta comunale costa ogni anno 1 milione 600 mila euro di stipendi a cui si aggiungono altri 200 mila euro per gli esperti nominati direttamente dal sindaco.
Il consiglio comunale – che ha approvato una decina di delibere dall’inizio dell’anno – costa oltre 2 milioni più altri 950 mila euro pagati ai datori di lavoro dei consiglieri per i giorni di assenza dovuti all’attività istituzionale. Ancora 117 mila 180 euro di rimborsi benzina per chi non è residente a Palermo e altri 45 mila per i viaggi istituzionali.
I consiglieri di circoscrizione costano un milione 710 mila euro oltre gli 850 mila euro destinati ai loro datori di lavoro per le assenze. Altri 355 mila euro vanno invece agli otto presidenti di circoscrizione.
Il comune paga, poi, 91 mila euro per il video controllo e 20 mila euro per le bollette delle telecamere installate per le Ztl, praticamente mai entrate in funzione. Altri 366 mila 300 euro vanno all’Amat per il trasporto allo stadio dei tifosi avversari.
Servizi. Il capitolo delle spese per i servizi è quello che desta maggiore stupore se confrontato con i costi dell’apparato comunale. Le scuole, infatti, possono contare su un migliaio di euro per la manutenzione ordinario e 70 euro al mese per gli acquisti di materiale di consumo, come quaderni e gessetti.
Alla polizia municipale possono contare su 50 mila euro per la manutenzione di auto e moto di servizio. Quanto ai vigili, hanno a disposizione 0,92 centesimi a testa per l’aggiornamento professionale. Dati che stridono con i 50 mila euro assegnati alla Dipas, l’associazione degli ex vigilantes, che si occupa degli ausiliari del traffico.
In ambito sociale sono 40 mila gli euro stanziati per l’assistenza straordinaria agli indigenti e 30 per i senza casa mentre nulla è previsto per l’assistenza domicialiare agli anziani.
La biblioteca comunale ha 273 euro a disposizione per comprare nuovi volumi mentre i musei possono contare su 693 euro per l’allestimento di mostre. Dati che, ancora una volta, cozzano con i 216 mila euro spesi per la vigilanza alla Gam, la galleria d’arte moderna di piazza Sant’Anna.
fonte : Livesicilia
sabato 21 agosto 2010
Quando il bue dà del cornuto all'asino
Alla notizia che la Fininvest ha intrapreso una causa civile contro il giudice Luca Tescaroli, “reo” di aver scritto insieme al collega Ferruccio Pinotti il libro “Colletti Sporchi”, si resta basiti. Viene in mente la parabola del bue che dà del cornuto all'asino. Ma qui siamo di fronte ad un attacco indegno, vile. Contro un magistrato che si è distinto per aver sempre applicato il principio sacrosanto della legge uguale per tutti.
Un giudice che ha sacrificato parte della sua vita e dei suoi affetti per istruire uno dei processi più complessi che la storia giudiziaria ricordi, quello per la strage di Capaci. Ed è questo che non gli viene perdonato.
A cavallo tra gli anni '90 e gli anni 2000 Luca Tescaroli stava indagando sui cosiddetti “mandanti esterni” a Cosa Nostra. Quei soggetti che d'accordo con la mafia avevano collaborato alla realizzazione della strage contro Giovanni Falcone, Francesca Morvillo e i 3 agenti di scorta assassinati il 23 maggio del '92 (e che avrebbero partecipato ancora più attivamente nella strage di via d'Amelio e in quelle del '93). Ma dal capo del suo stesso Ufficio di Caltanissetta gli venne impedito di poter proseguire. A tal punto che il pm di origine veneta chiese di essere trasferito alla procura di Roma.
A distanza di 10 anni le nuove indagini sui “mandanti esterni” nelle stragi del '92 e del '93 confermano che una delle piste intraprese da Tescaroli andava perseguita.
Anche oggi nei confronti dei nuovi magistrati che conducono queste indagini delicatissime si profilano attacchi delegittimanti, meramente politici, finalizzati a impedire che si faccia luce su quelle stragi.
Quello che ora stupisce è indubbiamente il “ritardo” della Fininvest nell'intraprendere la causa civile contro Tescaroli. Ma non certamente le finalità di un simile gesto. Degno di un “regolamento di conti” di chi non intende accettare l'autorità giudiziaria.
La Fininvest intende forse far dimenticare quei contatti “non meramente episodici” tra Dell'Utri, Berlusconi e “i soggetti criminali cui è riferibile il il programma stragista realizzato”, di cui si accenna nella richiesta di archiviazione della procura di Firenze del 1998 nei confronti degli stessi Dell'Utri e Berlusconi?
Non sarà certo un'archiviazione a cancellare il giudizio storico su questi due personaggi.
Per non parlare di quei “contatti” tra la Fininvest e ambienti mafiosi debitamente citati nella sentenza Dell'Utri di I° grado che lo ha visto condannato a 9 anni per concorso esterno in associazione mafiosa.
Usare il collaboratore di giustizia Salvatore Cancemi per attaccare un magistrato integerrimo è un atto che si commenta da solo.
Negli anni della sua collaborazione diverse procure hanno applicato a Cancemi il c.d. Articolo 8 (L. 203/91) che prevede attenuanti speciali in virtù della sua attendibilità.
Nella stessa requisitoria di Luca Tescaroli al processo di I° grado per la strage di Capaci (la cui sentenza è stata emessa il 26 settembre 1997 dal presidente dott. Carmelo Zuccaro) vengono riportati i riscontri alle dichiarazioni rese da Salvatore Cancemi (la disponibilità da parte del boss Raffaele Ganci di un'autovettura Audi80, il coinvolgimento nell'attentato del mafioso Giusto Sciarabba ecc.).
Lo squallore quindi di un simile attacco rientra nella politica di chi è oggi al potere e che sferra gli ultimi colpi perchè sente il terreno franare sotto i piedi.
A Luca Tescaroli la solidarietà di tutta la redazione di Antimafia Duemila insieme al profondo ringraziamento per il suo incondizionato servizio a favore della giustizia. Che non sarà minimamente scalfito da chi è destinato unicamente all'oblio.
Giorgio Bongiovanni
e tutta la redazione di Antimafia Duemila
fonte : antimafiaduemila.com
Un giudice che ha sacrificato parte della sua vita e dei suoi affetti per istruire uno dei processi più complessi che la storia giudiziaria ricordi, quello per la strage di Capaci. Ed è questo che non gli viene perdonato.
A cavallo tra gli anni '90 e gli anni 2000 Luca Tescaroli stava indagando sui cosiddetti “mandanti esterni” a Cosa Nostra. Quei soggetti che d'accordo con la mafia avevano collaborato alla realizzazione della strage contro Giovanni Falcone, Francesca Morvillo e i 3 agenti di scorta assassinati il 23 maggio del '92 (e che avrebbero partecipato ancora più attivamente nella strage di via d'Amelio e in quelle del '93). Ma dal capo del suo stesso Ufficio di Caltanissetta gli venne impedito di poter proseguire. A tal punto che il pm di origine veneta chiese di essere trasferito alla procura di Roma.
A distanza di 10 anni le nuove indagini sui “mandanti esterni” nelle stragi del '92 e del '93 confermano che una delle piste intraprese da Tescaroli andava perseguita.
Anche oggi nei confronti dei nuovi magistrati che conducono queste indagini delicatissime si profilano attacchi delegittimanti, meramente politici, finalizzati a impedire che si faccia luce su quelle stragi.
Quello che ora stupisce è indubbiamente il “ritardo” della Fininvest nell'intraprendere la causa civile contro Tescaroli. Ma non certamente le finalità di un simile gesto. Degno di un “regolamento di conti” di chi non intende accettare l'autorità giudiziaria.
La Fininvest intende forse far dimenticare quei contatti “non meramente episodici” tra Dell'Utri, Berlusconi e “i soggetti criminali cui è riferibile il il programma stragista realizzato”, di cui si accenna nella richiesta di archiviazione della procura di Firenze del 1998 nei confronti degli stessi Dell'Utri e Berlusconi?
Non sarà certo un'archiviazione a cancellare il giudizio storico su questi due personaggi.
Per non parlare di quei “contatti” tra la Fininvest e ambienti mafiosi debitamente citati nella sentenza Dell'Utri di I° grado che lo ha visto condannato a 9 anni per concorso esterno in associazione mafiosa.
Usare il collaboratore di giustizia Salvatore Cancemi per attaccare un magistrato integerrimo è un atto che si commenta da solo.
Negli anni della sua collaborazione diverse procure hanno applicato a Cancemi il c.d. Articolo 8 (L. 203/91) che prevede attenuanti speciali in virtù della sua attendibilità.
Nella stessa requisitoria di Luca Tescaroli al processo di I° grado per la strage di Capaci (la cui sentenza è stata emessa il 26 settembre 1997 dal presidente dott. Carmelo Zuccaro) vengono riportati i riscontri alle dichiarazioni rese da Salvatore Cancemi (la disponibilità da parte del boss Raffaele Ganci di un'autovettura Audi80, il coinvolgimento nell'attentato del mafioso Giusto Sciarabba ecc.).
Lo squallore quindi di un simile attacco rientra nella politica di chi è oggi al potere e che sferra gli ultimi colpi perchè sente il terreno franare sotto i piedi.
A Luca Tescaroli la solidarietà di tutta la redazione di Antimafia Duemila insieme al profondo ringraziamento per il suo incondizionato servizio a favore della giustizia. Che non sarà minimamente scalfito da chi è destinato unicamente all'oblio.
Giorgio Bongiovanni
e tutta la redazione di Antimafia Duemila
fonte : antimafiaduemila.com
Zichichi: "Il segreto scientifico è il primo nemico della pace"
Emergenze planetarie: a Erice l'illustre professore si è scagliato contro i potenti della Terra "che non divulgano quanto viene scoperto nei laboratori"
ERICE (TRAPANI) - "Il nemico numero uno della pace nel mondo è il segreto tecnico-scientifico". Ha parlato chiaro Antonino Zichichi, presidente della Federazione mondiale degli scienziati, nel corso dell'odierna sessione della 43/a edizione dei Seminari internazionali sulle emergenze planetarie, dedicata alla crisi energetica globale.
"Per questa ragione - ha aggiunto il professore - esistono già le mini bombe H, ma da cinquant'anni si discute su come realizzare un reattore a fusione nucleare per far fronte alla fame di energia del pianeta. Finché esisteranno laboratori i cui risultati sono mantenuti in gran segreto, la corsa agli armamenti non sarà bloccata".
Secondo Zichichi "c'è una componente segreta della ricerca sulla fusione nucleare che rallenta la realizzazione di una candela a fusione, come il sole".
Ventotto anni fa ad Erice, Zichichi, insieme a due tra i maggiori esponenti della fisica del XX secolo, Paul Dirac e Piotr Kapitza, firmarono un appello, sottoscritto da più di 90 mila scienziati di tutto il mondo, rivolto ai potenti della terra per la diffusione di una scienza senza barriere ideologiche, politiche e razziali.
"Reagan e Gorbaciov, nel loro primo incontro a Ginevra, avevano proposto l'apertura dei laboratori segreti, accettando l'invito degli scienziati di Erice - ha spiegato Zichichi -. A più di vent'anni da quel giorno il segreto imperversa ancora, come ai tempi della guerra fredda. Oggi lo spirito di solidarietà, sviluppo e libertà insito nel manifesto di Erice è più che mai attuale e dev'essere recuperato con urgenza".
fonte : lasiciliaweb.it
ERICE (TRAPANI) - "Il nemico numero uno della pace nel mondo è il segreto tecnico-scientifico". Ha parlato chiaro Antonino Zichichi, presidente della Federazione mondiale degli scienziati, nel corso dell'odierna sessione della 43/a edizione dei Seminari internazionali sulle emergenze planetarie, dedicata alla crisi energetica globale.
"Per questa ragione - ha aggiunto il professore - esistono già le mini bombe H, ma da cinquant'anni si discute su come realizzare un reattore a fusione nucleare per far fronte alla fame di energia del pianeta. Finché esisteranno laboratori i cui risultati sono mantenuti in gran segreto, la corsa agli armamenti non sarà bloccata".
Secondo Zichichi "c'è una componente segreta della ricerca sulla fusione nucleare che rallenta la realizzazione di una candela a fusione, come il sole".
Ventotto anni fa ad Erice, Zichichi, insieme a due tra i maggiori esponenti della fisica del XX secolo, Paul Dirac e Piotr Kapitza, firmarono un appello, sottoscritto da più di 90 mila scienziati di tutto il mondo, rivolto ai potenti della terra per la diffusione di una scienza senza barriere ideologiche, politiche e razziali.
"Reagan e Gorbaciov, nel loro primo incontro a Ginevra, avevano proposto l'apertura dei laboratori segreti, accettando l'invito degli scienziati di Erice - ha spiegato Zichichi -. A più di vent'anni da quel giorno il segreto imperversa ancora, come ai tempi della guerra fredda. Oggi lo spirito di solidarietà, sviluppo e libertà insito nel manifesto di Erice è più che mai attuale e dev'essere recuperato con urgenza".
fonte : lasiciliaweb.it
venerdì 20 agosto 2010
“Lo scandalo è Schifani”
“Altro che Fini, lo scandalo è Schifani”, così titola oggi Il Fatto Quotidiano lanciando un attacco a testa bassa nei confronti della seconda carica dello Stato. Nel pezzo a firma di Marco Lillo, il giornale diretto da Antonio Padellaro rilancia le dichiarazioni del pentito Francesco Campanella, un tempo fedelissimo di Provenzano, e le sue rivelazioni su quando Schifani, ancora semplice avvocato, suggerì al capofamiglia Nino Mandalà “le soluzioni tecniche per modificare il piano regolatore in modo da aderire agli interessi imprenditoriali” del boss.
Non è la prima volta a dire il vero che Campanella fa il nome di Schifani associandolo a quello di Mandalà. Già alcuni anni fa, infatti, i due si erano incrociati di fronte ai magistrati di Firenze, in una sorta di “scontro” in cui adesso si staglia il ruolo della Procura di Palermo che starebbe vagliando con attenzione i nuovi verbali.
Secondo Campanella nel ‘94 Schifani, all’epoca consulente del Comune di Villabate, si adoperò per conto del boss Mandalà, per modificare “un piano regolatore figlio della vecchia mafia”. Andava aggiornato dunque, e per farlo, la cosca scelse proprio il nome dell’allora cassazionista palermitano.
Ad informare Campanella di questa scelta e dell’avvenuta intercessione sarebbe stato lo stesso capofamiglia. Una certezza che ha spinto il collaboratore di giustizia a chiedere ai magistrati di “riscontrare le sue parole – si legge nel pezzo – acquisendo le delibere del consiglio comunale e della commissione urbanistica del Comune di Villabate relative alle varianti presentate dalla Regione Siciliana”.
La tesi di Campanella, naturalmente, è sempre stata confutata dal presidente del Senato il quale, rispondendo ai giudici fiorentini, sottolineò come al contrario non si fosse mai interessato a quel piano regolatore. “Non mi sono occupato di nessuna variante – disse allora la seconda carica dello Stato -, nei primi mesi del ‘96 non mi viene compulsata l’ipotesi di assistere qualcuno su varianti, quindi con me non ha mai parlato nessuno”.
fonte : Livesicilia
Non è la prima volta a dire il vero che Campanella fa il nome di Schifani associandolo a quello di Mandalà. Già alcuni anni fa, infatti, i due si erano incrociati di fronte ai magistrati di Firenze, in una sorta di “scontro” in cui adesso si staglia il ruolo della Procura di Palermo che starebbe vagliando con attenzione i nuovi verbali.
Secondo Campanella nel ‘94 Schifani, all’epoca consulente del Comune di Villabate, si adoperò per conto del boss Mandalà, per modificare “un piano regolatore figlio della vecchia mafia”. Andava aggiornato dunque, e per farlo, la cosca scelse proprio il nome dell’allora cassazionista palermitano.
Ad informare Campanella di questa scelta e dell’avvenuta intercessione sarebbe stato lo stesso capofamiglia. Una certezza che ha spinto il collaboratore di giustizia a chiedere ai magistrati di “riscontrare le sue parole – si legge nel pezzo – acquisendo le delibere del consiglio comunale e della commissione urbanistica del Comune di Villabate relative alle varianti presentate dalla Regione Siciliana”.
La tesi di Campanella, naturalmente, è sempre stata confutata dal presidente del Senato il quale, rispondendo ai giudici fiorentini, sottolineò come al contrario non si fosse mai interessato a quel piano regolatore. “Non mi sono occupato di nessuna variante – disse allora la seconda carica dello Stato -, nei primi mesi del ‘96 non mi viene compulsata l’ipotesi di assistere qualcuno su varianti, quindi con me non ha mai parlato nessuno”.
fonte : Livesicilia
giovedì 19 agosto 2010
“Non toccate le Province” L’Udc in rotta con l’Mpa
La marcia di allontanamento prosegue. Spedita. Perché “il Lombardo quater non potrà che essere la fotocopia del Lombardo-ter”, con “effetti disastrosi”. E, postilla neanche troppo velata, senza l’Udc, che – dopo un flirt estivo breve come solo gli amori ferragostani sanno essere – sembra aver già abbandonato il tavolo delle trattative con Raffaele Lombardo. Perché, stando al segretario regionale dei centristi, Saverio Romano, “il nuovo collante al potere regionale non ha nemmeno il pudore e la decenza di chiamarsi lotta alla disoccupazione, aiuto alla famiglia, sostegno alle imprese, ma in modo infinitamente più modesto e strumentale ‘abolizione delle Province’”. Un feudo dell’Udc, che grazie a Giovanni Avanti (Palermo), Mimmo Turano (Trapani) e Franco Antoci (Ragusa) è seconda solo al Pdl per numero di presidenti in carica in Sicilia.
Saverio Romano, nella sua requisitoria contro l’asse Pd-miccicheiani-Lombardo, parte da elementi di programma. Ma non tralascia una vecchia questione politica, che resta sul fondo e dà la linea: “Qualche mese fa – attacca Romano – al grido di riforme e decuffarizzazione alla Regione si materializzò una maggioranza che diede vita ad una insolita alleanza tra guardie e ladri. Sappiamo come è andata: la decuffarizzazione è stata la coperta sotto la quale si è realizzata la più ignobile occupazione del potere regionale da parte di Lombardo e soci”.
La decuffarizzazione, interpretata secondo Romano come occupazione del potere, è il peccato originale. Da collegare alle riforme. Che, in realtà, secondo leader centrista non sono nient’altro che fumo negli occhi: “Sono uno spot per giustificare agli occhi dell’intero Pd la presenza in giunta di una sola parte di esso – spiega il segretario dell’Udc –. Oggi potremmo dire che dopo la sentenza Dell’Utri e l’indagine su Lombardo, elementi questi sui quali una parte del Pd ha ritenuto di dover moderare la prospettiva politica di un intero gruppo dirigente, siamo, come nel gioco dell’oca, tornati indietro”.
Romano, però, non ci sta a passare per il nume tutelare degli enti inutili. “Non che noi non condividiamo la riduzione delle spese e il taglio degli sprechi – prosegue – ma abbiamo già detto che prima di togliere funzioni alle Province che oggi risultano essere importanti, considerata l’asfitticità dei bilanci dei Comuni, bisognerebbe tagliare quegli sprechi che si annidano nelle consulenze inutili, nelle società regionali che fungono da discarica per professionisti-amici del proprio partito, eliminare quei privilegi della classe politica e della burocrazia non più sopportabili”. L’ascia di guerra è disseppellita.
fonte : Livesicilia
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Saverio Romano, non ha nemmeno la decenza e alcun pudore nel rigettare apertamente lo Statuto Speciale per l ' Autonomia della Regione Siciliana, che nell' articolo 15 così recita:
- " Le circoscrizioni provinciali e gli organi ed enti pubblici che ne derivano sono soppressi nell' ambito della Regione Siciliana."
Saverio Romano, nella sua requisitoria contro l’asse Pd-miccicheiani-Lombardo, parte da elementi di programma. Ma non tralascia una vecchia questione politica, che resta sul fondo e dà la linea: “Qualche mese fa – attacca Romano – al grido di riforme e decuffarizzazione alla Regione si materializzò una maggioranza che diede vita ad una insolita alleanza tra guardie e ladri. Sappiamo come è andata: la decuffarizzazione è stata la coperta sotto la quale si è realizzata la più ignobile occupazione del potere regionale da parte di Lombardo e soci”.
La decuffarizzazione, interpretata secondo Romano come occupazione del potere, è il peccato originale. Da collegare alle riforme. Che, in realtà, secondo leader centrista non sono nient’altro che fumo negli occhi: “Sono uno spot per giustificare agli occhi dell’intero Pd la presenza in giunta di una sola parte di esso – spiega il segretario dell’Udc –. Oggi potremmo dire che dopo la sentenza Dell’Utri e l’indagine su Lombardo, elementi questi sui quali una parte del Pd ha ritenuto di dover moderare la prospettiva politica di un intero gruppo dirigente, siamo, come nel gioco dell’oca, tornati indietro”.
Romano, però, non ci sta a passare per il nume tutelare degli enti inutili. “Non che noi non condividiamo la riduzione delle spese e il taglio degli sprechi – prosegue – ma abbiamo già detto che prima di togliere funzioni alle Province che oggi risultano essere importanti, considerata l’asfitticità dei bilanci dei Comuni, bisognerebbe tagliare quegli sprechi che si annidano nelle consulenze inutili, nelle società regionali che fungono da discarica per professionisti-amici del proprio partito, eliminare quei privilegi della classe politica e della burocrazia non più sopportabili”. L’ascia di guerra è disseppellita.
fonte : Livesicilia
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Saverio Romano, non ha nemmeno la decenza e alcun pudore nel rigettare apertamente lo Statuto Speciale per l ' Autonomia della Regione Siciliana, che nell' articolo 15 così recita:
- " Le circoscrizioni provinciali e gli organi ed enti pubblici che ne derivano sono soppressi nell' ambito della Regione Siciliana."
mercoledì 18 agosto 2010
E I LUMBARD CI FREGANO ALTRI 250 MILIONI DI EURO ALL' ANNO ! LOMBARDO, SE CI SEI BATTI UN COLPO ...
Pochi mesi e del Banco di Sicilia non sentiremo nemmeno l’odore. Rimarrà in piedi la Fondazione del Banco di Sicilia, a testimoniare che il Banco c’è stato ed ha fatto la sua parte, nel bene e nel male. La Regione perderà 250 milioni di euro, come mancato introito di imposte che il Banco, con sede a Palermo, conferiva alla Regione come sostituto d’imposta. Queste risorse verranno trasferite al Nord, dove ha sede Unicredit, che ha costituito la grande banca unica, smantellando le altre sigle. E il Banco di Sicilia, totalmente nelle mani di Unicredit, era diventato nient’altro che una sigla.
La sorte del Banco fu decisa dodici anni or sono circa. Prima sparì la cassa di Risparmio, affidata al Bds, poi il Bds passò di mano in mano da un padrone all’altro fino ad approdare ad Unicredit. Nel frattempo le risorse regionali sono diventate pressocché simboliche. Non solo una sconfitta, ma uno scippo decretato da coloro che hanno fatto le carte all’inizio degli anni novanta, in concomitanza con Tangentopoli, le stragi e i funerali della Prima repubblica, a riprova che la rivoluzione – quella vera- non è stata la scomparsa dei partiti tradizionali (che hanno riciclato tanti leaders della Prima repubblica), ma quella finanziaria e bancaria, che ha modificato totalmente la mappa del potere economico. Muoiono le banche meridionali, diventa marginale il ruolo del “padronato industriale” e, di conseguenza, quello del sindacato.
La sorte del Bds, dunque, è segnata già dieci anni or sono. Il trasferimento delle risorse dalla Sicilia alla Lombardia costituisce la sua coda velenosa, un “insulto” verso la Sicilia depredata dei suoi istituti di credito.
I games della finanza italiana non sono conclusi. Alcuni mesi or sono furono annunciate iniziative che avrebbero dovuto decollare nell’Isola da lì a poco, il banchiere siciliano Micciché annunciò l’iniziativa della Banca Intesa San Paolo, la nascita di Intesa Sicilia.
In concomitanza con questo annuncio, arrivò il progetto del ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, della Banca del Sud, sulla quale furono in molti ad interrogarsi come fosse un oggetto misterioso. Una nuova idea di finanza creativa? Una Cassa per il Mezzogiorno in forma riveduta e corretta? A che cosa sarebbe servita e fino a che punto avrebbe aiutato l’impresa?
Ora tutto tace. La crisi economica? La crisi di governo latente?
È possibile che ne risentiremo parlare presto se si andrà al voto in tempi brevi, come appare probabile. Avremo l’ennesimo annuncio di un piano per il Mezzogiorno, della Banca del Sud e tanto altro.
Carburante per il consenso.
Per intanto incassiamo la nuova sconfitta, subita in silenzio, dell’Unicredit che tratta il Bds come una qualsiasi altra bancarella di sua proprietà e porta in Lombardia i soldi delle tasse finora conferiti alla Regione siciliana.
fonte : SiciliaInformazioni.com
La sorte del Banco fu decisa dodici anni or sono circa. Prima sparì la cassa di Risparmio, affidata al Bds, poi il Bds passò di mano in mano da un padrone all’altro fino ad approdare ad Unicredit. Nel frattempo le risorse regionali sono diventate pressocché simboliche. Non solo una sconfitta, ma uno scippo decretato da coloro che hanno fatto le carte all’inizio degli anni novanta, in concomitanza con Tangentopoli, le stragi e i funerali della Prima repubblica, a riprova che la rivoluzione – quella vera- non è stata la scomparsa dei partiti tradizionali (che hanno riciclato tanti leaders della Prima repubblica), ma quella finanziaria e bancaria, che ha modificato totalmente la mappa del potere economico. Muoiono le banche meridionali, diventa marginale il ruolo del “padronato industriale” e, di conseguenza, quello del sindacato.
La sorte del Bds, dunque, è segnata già dieci anni or sono. Il trasferimento delle risorse dalla Sicilia alla Lombardia costituisce la sua coda velenosa, un “insulto” verso la Sicilia depredata dei suoi istituti di credito.
I games della finanza italiana non sono conclusi. Alcuni mesi or sono furono annunciate iniziative che avrebbero dovuto decollare nell’Isola da lì a poco, il banchiere siciliano Micciché annunciò l’iniziativa della Banca Intesa San Paolo, la nascita di Intesa Sicilia.
In concomitanza con questo annuncio, arrivò il progetto del ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, della Banca del Sud, sulla quale furono in molti ad interrogarsi come fosse un oggetto misterioso. Una nuova idea di finanza creativa? Una Cassa per il Mezzogiorno in forma riveduta e corretta? A che cosa sarebbe servita e fino a che punto avrebbe aiutato l’impresa?
Ora tutto tace. La crisi economica? La crisi di governo latente?
È possibile che ne risentiremo parlare presto se si andrà al voto in tempi brevi, come appare probabile. Avremo l’ennesimo annuncio di un piano per il Mezzogiorno, della Banca del Sud e tanto altro.
Carburante per il consenso.
Per intanto incassiamo la nuova sconfitta, subita in silenzio, dell’Unicredit che tratta il Bds come una qualsiasi altra bancarella di sua proprietà e porta in Lombardia i soldi delle tasse finora conferiti alla Regione siciliana.
fonte : SiciliaInformazioni.com
L'ira del Pdl Sicilia "Litfiba risarcite i biglietti"
I giovani del Pdl Sicilia chiedono ai Litfiba le scuse ufficiali e il rimborso del biglietto per gli spettatori che hanno assistito allo show del 13 agosto scorso a Campofelice di Roccella. Sul palco, Piero Pelù, il cantante della rockband toscana, aveva ironizzato sulla P3, aveva dato del "Papi" a Silvio Berlusconi e aveva affermato che il senatore Marcello Dell'Utri "ci ha rotto il c...". Dell'Utri è stato da poco condannato in appello a sette anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa.
Costanza Castello, giovane coordinatrice dei club del Pdl-Sicilia, attacca: "La libertà di espressione quando diventa libero sfogo dei sentimenti più squallidi, offensivi e di incitamento all'odio non può essere difesa ad oltranza ma si espone necessariamente alla critica e al biasimo. E noi ci sentiamo profondamente toccati dalla mancanza assoluta di rispetto dei Litfiba nei confronti di quei siciliani che pur amando la loro musica e le loro canzoni non tollerano questi comportamenti di violenza verbale".
Da qui la richiesta alla band di rimborsare il biglietto: "I Litfiba hanno trasformato l'unico concerto siciliano in un comizio - continua la Castello - un vero e proprio incitamento all'odio, venendo meno moralmente ai loro obblighi contrattuali con il pubblico. Per questo chiediamo ancora una volta le loro scuse al popolo siciliano e il rimborso del biglietto a tutti i giovani che hanno seguito il concerto di Campofelice di Roccella e non hanno affatto gradito le invettive di Piero Pelù contro tutto e tutti. Ci faremo promotori di questa iniziativa e andremo avanti finché la nostra libertà di critica sia tutelata al pari della loro libertà di offesa".
Alla rockband è invece arrivata la solidarietà di Italia dei valori. "Esprimo a nome mio e del partito piena solidarietà ai componenti del gruppo musicale dei Litfiba accusati ingiustamente e diffidati dall'assessore provinciale del Pdl alle politiche giovanili, Eusebio Dalì, per aver espresso una critica nei confronti di Berlusconi e Dell'Utri", ha detto il portavoce dell'Italia dei Valori, Leoluca Orlando che aggiunge: "Quello che dovrebbe essere un diritto di tutti, come sancito dall'articolo 21 della Costituzione, e cioè di manifestare liberamente il proprio pensiero viene, ancora una volta, mortificato e calpestato dai sodali di questo governo".
Va avanti, intanto, l'iniziativa di Mario Azzolini, sindaco di San Mauro Castelverde, che vuole dare la cittadinanza onoraria delle Madonie ai Litfiba. L'idea è già piaciuta a Magda Gulotta, sindaco di Pollina dove potrebbe svolgersi tra qualche settimana un dibattito con la band
fonte : la Repubblica
Caro Pelù, se attacchi Dell'Utri non canti più
Costanza Castello, giovane coordinatrice dei club del Pdl-Sicilia, attacca: "La libertà di espressione quando diventa libero sfogo dei sentimenti più squallidi, offensivi e di incitamento all'odio non può essere difesa ad oltranza ma si espone necessariamente alla critica e al biasimo. E noi ci sentiamo profondamente toccati dalla mancanza assoluta di rispetto dei Litfiba nei confronti di quei siciliani che pur amando la loro musica e le loro canzoni non tollerano questi comportamenti di violenza verbale".
Da qui la richiesta alla band di rimborsare il biglietto: "I Litfiba hanno trasformato l'unico concerto siciliano in un comizio - continua la Castello - un vero e proprio incitamento all'odio, venendo meno moralmente ai loro obblighi contrattuali con il pubblico. Per questo chiediamo ancora una volta le loro scuse al popolo siciliano e il rimborso del biglietto a tutti i giovani che hanno seguito il concerto di Campofelice di Roccella e non hanno affatto gradito le invettive di Piero Pelù contro tutto e tutti. Ci faremo promotori di questa iniziativa e andremo avanti finché la nostra libertà di critica sia tutelata al pari della loro libertà di offesa".
Alla rockband è invece arrivata la solidarietà di Italia dei valori. "Esprimo a nome mio e del partito piena solidarietà ai componenti del gruppo musicale dei Litfiba accusati ingiustamente e diffidati dall'assessore provinciale del Pdl alle politiche giovanili, Eusebio Dalì, per aver espresso una critica nei confronti di Berlusconi e Dell'Utri", ha detto il portavoce dell'Italia dei Valori, Leoluca Orlando che aggiunge: "Quello che dovrebbe essere un diritto di tutti, come sancito dall'articolo 21 della Costituzione, e cioè di manifestare liberamente il proprio pensiero viene, ancora una volta, mortificato e calpestato dai sodali di questo governo".
Va avanti, intanto, l'iniziativa di Mario Azzolini, sindaco di San Mauro Castelverde, che vuole dare la cittadinanza onoraria delle Madonie ai Litfiba. L'idea è già piaciuta a Magda Gulotta, sindaco di Pollina dove potrebbe svolgersi tra qualche settimana un dibattito con la band
fonte : la Repubblica
Caro Pelù, se attacchi Dell'Utri non canti più
martedì 17 agosto 2010
“Un funzionario dei Servizi è indagato per strage di mafia”
“Le rivelo che nei servizi opera un alto funzionario indagato per strage di mafia. Per la strage di via d’Amelio, per capirci. Non una strage colposa perché ha provocato un incidente ferroviario, ma per l’assassinio di Paolo Borsellino e degli uomini della sua scorta. E mi riferisco ad un alto funzionario che è ancora in servizio nella nostra intelligence”. Carmelo Briguglio, componente del Copasir, il Comitato di controllo sui servizi segreti, nel corso del suo intervento a KlausCondicio, ha rivelato che un dirigente dei servizi segreti è indagato per Via D’Amelio e che rimane al suo posto. “Ho chiesto che venisse sospeso in attesa di un proscioglimento, ma è ancora in piena attività”, ha aggiunto il deputato finiano. “Come se negli Stati Uniti d’America un funzionario che fosse in qualche modo sospettato di essere stato coinvolto nella vicenda terroristica delle Torri gemelle potesse stare anche per un minuto dentro la struttura dei servizi di intelligence”, ha spiegato. “Connessioni tra servizi e mafia nella storia della Repubblica ci sono già state quindi sottovalutarle può essere fatale. La Magistratura faccia luce”, ha detto infine Briguglio.
Il dirigente dei servizi segreti indagato per concorso nella strage di Via D’Amelio a cui si riferisce Briguglio è Lorenzo Narracci, ex funzionario del Sisde tuttora in servizio all’Agenzia per la sicurezza interna (Aisi),indagato dalla procura di Caltanissetta nell’ambito dell’inchiesta sulle stragi di mafia del ‘92-’93. Narracci sarebbe stato allontanato dal suo precedente incarico e destinato ad altri compiti all’interno dell’Aisi. Il particolare è emerso nel corso dell’audizione del direttore del Dis, Gianni De Gennaro, davanti al Copasir lo scorso 7 luglio. All’interno del Sisde (l’ex servizio di sicurezza interna, ora Aisi), Narracci collaborò a Palermo con Bruno Contrada
fonte : Livesicilia
Il dirigente dei servizi segreti indagato per concorso nella strage di Via D’Amelio a cui si riferisce Briguglio è Lorenzo Narracci, ex funzionario del Sisde tuttora in servizio all’Agenzia per la sicurezza interna (Aisi),indagato dalla procura di Caltanissetta nell’ambito dell’inchiesta sulle stragi di mafia del ‘92-’93. Narracci sarebbe stato allontanato dal suo precedente incarico e destinato ad altri compiti all’interno dell’Aisi. Il particolare è emerso nel corso dell’audizione del direttore del Dis, Gianni De Gennaro, davanti al Copasir lo scorso 7 luglio. All’interno del Sisde (l’ex servizio di sicurezza interna, ora Aisi), Narracci collaborò a Palermo con Bruno Contrada
fonte : Livesicilia
Litfiba dal palco attaccano Dell'Utri L'assessore: "Mai più in Sicilia"
BENVENUTI nello Stato libero di Litfiba. Il Reunion Tour della band di Piero Pelù e Ghigo Renzulli è arrivato alle ultime battute (stasera l'ultima data a Catanzaro) facendo la gioia di vecchi e nuovi fan che hanno affollato i loro concerti, felici di riascoltare dal vivo il repertorio "d'altri tempi" dei rockers toscani. Una tournée estiva potente e provocatoria che ha girato l'Italia su un palco senza scenografie o effetti speciali, che ha sprigionato energia ed entusiasmo puntando su pezzi storici come Proibito, Paname, Bambino, Tex, Cuore di vetro, Ci sei solo tu, Lacio drom, Cangaceiro, Maudit, Ritmo #2, Sparami, Lulù e Marlene, oltre alle recenti Sole nero e Barcollo.
Tutti contenti e soddisfatti, come dimostrano i video "rubati" e i commenti apparsi su Youtube. Tutti tranne uno. "I Litfiba hanno offeso l'intelligenza dei giovani siciliani, almeno di quelli, e sono proprio tanti, che sanno ascoltare buona musica senza farsi fuorviare da squallidi messaggi populisti e demagogici. Parafrasando una loro canzone, li invito a non alimentare quell'ignoranza che uccide più della fame". Sono parole dell'assessore alla Cultura e alle politiche giovanili della Provincia di Palermo, Eusebio Dalì, 34 anni, esponente del Pdl-Sicilia di Micciché, che non ha gradito l'esibizione della band nell'unica data siciliana, lo scorso 13 agosto, a Campofelice di Roccella (Palermo). L'assessore, che era tra il pubblico, accusa in particolare Pelù di aver "lanciato delle invettive contro il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, accusando lui e i suoi più stretti collaboratori di collusione con la mafia, denigrando il popolo siciliano".
LE PAROLE DI PIERO PELU'
Dalì fa riferimento ad alcuni dei momenti più acclamati della serata, come dimostrano i video già apparsi su internet. Come in apertura di ogni loro concerto, i Litfiba hanno salutato il popolo del rock con una serie di dediche, accolte ogni volta con urla e applausi. A Campofelice Pelù ha iniziato salutando il "popolo di Trinacria" dando poi il benvenuto al concerto "per gli spiriti liberi, a chi crede che Dell'Utri ci ha rotto il c..., giusto per mettere in chiaro subito le cose". Ha poi proseguito "per chi è contro i mezzi di distrazione di massa" concludendo con "benvenuti nello stato libero di Litfiba" per lasciare spazio alla musica con Proibito. Poi, durante la serata, mentre sul palco sfilava una finta bara con la scritta "Gelli", Pelù ha "commemorato" la "morte della P2": "Partecipano al suo dolore la mafia siciliana, la 'ndrangheta calabrese, la camorra napoletana, il vostro conterraneo Marcello Dell'Utri, e naturalmente papi-Silvio Berlusconi. La P2 è morta. Viva la P3!" ha detto Pelù .
I fan siciliani hanno già messo online brani e spezzoni del concerto, comprese le frasi "incriminate" (ma riferimenti simili sono presenti anche in altri video tratti dalle altre date del tour), commentando con entusiasmo la performance dei Litfiba senza alcun riferimento ai contenuti. Diversa la reazione dell'assessore Dalì che ha affidato alle agenzie di stampa la sua delusione. "Renzulli e Pelù - scrive Dalì - sono venuti in Sicilia a fare propaganda politica, con la tipica presunzione di chi crede di essere depositario di verità assolute e per questo poter inveire contro tutto e tutti, senza alcun freno inibitorio. L'essere acclamati ogni volta che si apre bocca non giustifica gli eccessi verbali violenti che creano odio e divisioni. A Campofelice di Roccella io c'ero e non mi sembrava di stare a un concerto, bensì a un processo di piazza sommario, a un pubblico linciaggio: è stato sconcertante assistere ai reiterati strali di Pelù, sconfortante vedere tanti giovani lasciarsi passivamente inglobare in una cultura dell'anti, senza senso e senza costrutto".
La rabbia è tanta e l'assessore non si limita a criticare ma chiede che gruppi come i Litfiba non si esibiscano più nell'isola. "Invito l'incolpevole sindaco Vasta - scrive ancora Dalì, facendo riferimento al Comune di Campofelice che ha patrocinato la serata - e tutti i primi cittadini della Sicilia a non ospitare più artisti che hanno come unico scopo il pontificare, predicare e fare lotta politica, servendosi di quella potentissima arma che è la musica e la sua capacità di penetrare le giovani sensibilità, di formarle o di plagiarle a seconda dei casi". Infine, conclude rivolgendosi ai Litfiba invitandoli "a chiedere scusa alla Sicilia, ai siciliani che sono per la stragrande maggioranza persone oneste e libere, a fare solo e semplicemente musica, lasciando stare la volgare propaganda, che tocca temi e concetti che di fatto disconoscono".
(16 agosto 2010)
fonte : la Repubblica
Tutti contenti e soddisfatti, come dimostrano i video "rubati" e i commenti apparsi su Youtube. Tutti tranne uno. "I Litfiba hanno offeso l'intelligenza dei giovani siciliani, almeno di quelli, e sono proprio tanti, che sanno ascoltare buona musica senza farsi fuorviare da squallidi messaggi populisti e demagogici. Parafrasando una loro canzone, li invito a non alimentare quell'ignoranza che uccide più della fame". Sono parole dell'assessore alla Cultura e alle politiche giovanili della Provincia di Palermo, Eusebio Dalì, 34 anni, esponente del Pdl-Sicilia di Micciché, che non ha gradito l'esibizione della band nell'unica data siciliana, lo scorso 13 agosto, a Campofelice di Roccella (Palermo). L'assessore, che era tra il pubblico, accusa in particolare Pelù di aver "lanciato delle invettive contro il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, accusando lui e i suoi più stretti collaboratori di collusione con la mafia, denigrando il popolo siciliano".
LE PAROLE DI PIERO PELU'
Dalì fa riferimento ad alcuni dei momenti più acclamati della serata, come dimostrano i video già apparsi su internet. Come in apertura di ogni loro concerto, i Litfiba hanno salutato il popolo del rock con una serie di dediche, accolte ogni volta con urla e applausi. A Campofelice Pelù ha iniziato salutando il "popolo di Trinacria" dando poi il benvenuto al concerto "per gli spiriti liberi, a chi crede che Dell'Utri ci ha rotto il c..., giusto per mettere in chiaro subito le cose". Ha poi proseguito "per chi è contro i mezzi di distrazione di massa" concludendo con "benvenuti nello stato libero di Litfiba" per lasciare spazio alla musica con Proibito. Poi, durante la serata, mentre sul palco sfilava una finta bara con la scritta "Gelli", Pelù ha "commemorato" la "morte della P2": "Partecipano al suo dolore la mafia siciliana, la 'ndrangheta calabrese, la camorra napoletana, il vostro conterraneo Marcello Dell'Utri, e naturalmente papi-Silvio Berlusconi. La P2 è morta. Viva la P3!" ha detto Pelù .
I fan siciliani hanno già messo online brani e spezzoni del concerto, comprese le frasi "incriminate" (ma riferimenti simili sono presenti anche in altri video tratti dalle altre date del tour), commentando con entusiasmo la performance dei Litfiba senza alcun riferimento ai contenuti. Diversa la reazione dell'assessore Dalì che ha affidato alle agenzie di stampa la sua delusione. "Renzulli e Pelù - scrive Dalì - sono venuti in Sicilia a fare propaganda politica, con la tipica presunzione di chi crede di essere depositario di verità assolute e per questo poter inveire contro tutto e tutti, senza alcun freno inibitorio. L'essere acclamati ogni volta che si apre bocca non giustifica gli eccessi verbali violenti che creano odio e divisioni. A Campofelice di Roccella io c'ero e non mi sembrava di stare a un concerto, bensì a un processo di piazza sommario, a un pubblico linciaggio: è stato sconcertante assistere ai reiterati strali di Pelù, sconfortante vedere tanti giovani lasciarsi passivamente inglobare in una cultura dell'anti, senza senso e senza costrutto".
La rabbia è tanta e l'assessore non si limita a criticare ma chiede che gruppi come i Litfiba non si esibiscano più nell'isola. "Invito l'incolpevole sindaco Vasta - scrive ancora Dalì, facendo riferimento al Comune di Campofelice che ha patrocinato la serata - e tutti i primi cittadini della Sicilia a non ospitare più artisti che hanno come unico scopo il pontificare, predicare e fare lotta politica, servendosi di quella potentissima arma che è la musica e la sua capacità di penetrare le giovani sensibilità, di formarle o di plagiarle a seconda dei casi". Infine, conclude rivolgendosi ai Litfiba invitandoli "a chiedere scusa alla Sicilia, ai siciliani che sono per la stragrande maggioranza persone oneste e libere, a fare solo e semplicemente musica, lasciando stare la volgare propaganda, che tocca temi e concetti che di fatto disconoscono".
(16 agosto 2010)
fonte : la Repubblica
venerdì 13 agosto 2010
...come Titti con Gatto Silvestro...
Il presidente del Senato, Renato Schifani, è “un politico schierato che non ha i titoli per obiettare alcunché al ruolo politico di Gianfranco Fini”. Lo sostiene il deputato di Futuro e Libertà per l’Italia, Carmelo Briguglio, sottolineando però che “non per questo ci sogniamo di chiederne le dimissioni”.
“In un momento così delicato – aggiunge il parlamentare finiano – avrebbe fatto meglio a chiudersi in un dignitoso silenzio. Vediamo invece che preferisce dare prova di fedeltà politica, censurando la condotta di Fini con interventi marcatamente di parte”.
Secondo Briguglio, infatti, “il presidente Schifani è politicamente schierato, leader attivissimo di una corrente interna al Pdl insieme ad Angelino Alfano”. Senza contare, prosegue l’esponente di Fli, che “partecipa a vertici di partito a supporto del presidente del Consiglio e si occupa anche delle minuzie compreso arruolamento e collocazione di parlamentari, amministratori locali, manager di aziende sanitarie, uomini del sottogoverno, con un dinamismo da fare invidia a qualunque esponente politico nel Pdl e fuori”.
“Basta chiedere al povero Gianfranco Micciché – conclude
Briguglio – che in questi anni ha dovuto fare salti mortali,
come Titti con Gatto Silvestro, per sfuggire alla caccia
all’uomo nei confronti suoi e dei suoi amici messa in campo, con
ampia disponibilità di mezzi, dalla seconda carica dello Stato
soprattutto in Sicilia”.
fonte : Livesicilia
“In un momento così delicato – aggiunge il parlamentare finiano – avrebbe fatto meglio a chiudersi in un dignitoso silenzio. Vediamo invece che preferisce dare prova di fedeltà politica, censurando la condotta di Fini con interventi marcatamente di parte”.
Secondo Briguglio, infatti, “il presidente Schifani è politicamente schierato, leader attivissimo di una corrente interna al Pdl insieme ad Angelino Alfano”. Senza contare, prosegue l’esponente di Fli, che “partecipa a vertici di partito a supporto del presidente del Consiglio e si occupa anche delle minuzie compreso arruolamento e collocazione di parlamentari, amministratori locali, manager di aziende sanitarie, uomini del sottogoverno, con un dinamismo da fare invidia a qualunque esponente politico nel Pdl e fuori”.
“Basta chiedere al povero Gianfranco Micciché – conclude
Briguglio – che in questi anni ha dovuto fare salti mortali,
come Titti con Gatto Silvestro, per sfuggire alla caccia
all’uomo nei confronti suoi e dei suoi amici messa in campo, con
ampia disponibilità di mezzi, dalla seconda carica dello Stato
soprattutto in Sicilia”.
fonte : Livesicilia
Sindaco di Messina e membro dell’assemblea regionale. Quando l’incompatibilità non conta
Dopo il rettore, il sindaco: a Messina nessuno ha intenzione di mollare la propria poltrona. Se Francesco Tomasello, magnifico rettore dell’ateneo peloritano, si è fatto approvare dal Senato Accademico una norma che prolunga di un anno il suo mandato, il sindaco Pdl Giuseppe Buzzanca resta al suo posto contro tutto e tutti. Contro persino una sentenza della Corte Costituzionale. Perché Buzzanca, dietologo di Barcellona Pozzo di Gotto e fedelissimo del senatore Pdl Domenico Nania, è anche deputato all’Assemblea regionale siciliana (Ars). Una carica incompatibile con quella di amministratore di un comune con oltre 20 mila abitanti. Funziona così da Torino a Bari. In Sicilia no, almeno fino allo scorso aprile, quando la Consulta ha bocciato una norma approvata dall’Ars per Buzzanca e una manciata di onorevoli-amministratori locali.
Dura legge, ma legge: il vicesindaco di Messina Giovanni Ardizzone (Udc) e l’assessore alla Protezione Civile Fortunato Romano (Mpa) si sono subito dimessi dalla Giunta scegliendo il loro incarico di onorevoli all’ARS. Buzzanca non ci ha pensato nemmeno un secondo: “Io resterò al mio posto e non mi dimetterò né da primo cittadino, né da deputato regionale”, dice spavaldo. Convinto il governo amico prima o poi troverà una soluzione anche per lui, una legge ad Buzzancam. Cosa già capitata nel 2004, dopo una condanna per peculato d’uso continuato. Buzzanca, al tempo in cui era presidente della Provincia di Messina, aveva usato l’auto blu per farsi trasportare da Messina fino a Bari per imbarcarsi in crociera con la moglie. Aveva provato a scaricare le responsabilità sui dirigenti ma s’era beccato lo stesso una pena che lo rendeva incompatibile con un incarico pubblico. Questo, almeno, fino a quando il governo Berlusconi, proprio per sanare la sua posizione che lo avrebbe costretto alle dimissioni da sindaco di Messina (carica alla quale, intanto, era stato eletto), votò un decreto legge per eliminare il peculato d’uso dalle cause di ineleggibilità.
“Qualcuno vorrebbe che io lasciassi il posto di deputato regionale, dove sto facendo tanto per Messina, e non credo che gli elettori vogliano questo”, dice Buzzanca, che se la prende con i poteri forti, difendendo la sua scelta di rimanere seduto su due poltrone e percepire un maxi-gettone da quasi 20 mila euro al mese, cumulando i redditi da consigliere all’Assemblea regionale a Palermo e primo cittadino a Messina. Intanto, uno degli elettori ha portato il “caso Buzzanca” in Tribunale e il 22 settembre si attende la decisione dei giudici: dentro o fuori, sindaco o deputato. “È chiaro che io opterei per la carica di sindaco perché amo la mia città, ma devo tenere conto di quanto mi dicono gli avvocati e al momento attendo che si svolga tutto l’iter giudiziario e non opterò per nessuno dei due ruoli”. Buzzanca sceglie di non scegliere. E l’unica cosa che appare chiara è il contrario di quel che dice: avrebbe già dovuto dimettersi per esser certo di rimanere sindaco di Messina. Cosa che non deve interessargli affatto: meglio un posto ben remunerato all’Ars.
L’esito del ricorso elettorale appare scontato, anche alla luce della decisione del Tribunale di Catania che ha dichiarato decaduto dalla carica di sindaco di Acicatena Raffaele Pippo Nicotra, pure lui del Pdl, eletto prima all’Ars e poi diventato primo cittadino del comune etneo. Nicotra, manco a dirlo, annuncia battaglia: alla fine potrà sempre dire che è tutta colpa dei giudici se ha dovuto lasciare la città nelle mani di un commissario prefettizio. Lo stesso farà Buzzanca a Messina, ottava città d’Italia con i suoi 250mila abitanti: sarà la terza volta negli ultimi sette anni, la seconda con Buzzanca sindaco.
Anche a Reggio Calabria sta per arrivarne uno, perché il neo-governatore Giuseppe Scopelliti, seguendo la strada tracciata da Antonio Bassolino a Napoli nel 2000, non si è dimesso da sindaco, lasciando la città nelle mani del suo vice, una volta eletto presidente della Regione Calabria. Ma pretendeva che il sindaco facente funzioni continuasse a fare il suo vice a distanza e a Giuseppe Raffa non è rimasto che prenderne atto e rassegnare le dimissioni. Così, ora le due città sullo Stretto sono più vicine, accomunate da uno stesso insolito destino: quel che non è ancora riuscito a Berlusconi con il progetto del Ponte, è riuscito al duo Scopelliti-Buzzanca.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2010/08/12/sindaco-di-messina-e-membro-dellassemblea-regionale-quando-lincompatibilita-non-conta/49677/
Dura legge, ma legge: il vicesindaco di Messina Giovanni Ardizzone (Udc) e l’assessore alla Protezione Civile Fortunato Romano (Mpa) si sono subito dimessi dalla Giunta scegliendo il loro incarico di onorevoli all’ARS. Buzzanca non ci ha pensato nemmeno un secondo: “Io resterò al mio posto e non mi dimetterò né da primo cittadino, né da deputato regionale”, dice spavaldo. Convinto il governo amico prima o poi troverà una soluzione anche per lui, una legge ad Buzzancam. Cosa già capitata nel 2004, dopo una condanna per peculato d’uso continuato. Buzzanca, al tempo in cui era presidente della Provincia di Messina, aveva usato l’auto blu per farsi trasportare da Messina fino a Bari per imbarcarsi in crociera con la moglie. Aveva provato a scaricare le responsabilità sui dirigenti ma s’era beccato lo stesso una pena che lo rendeva incompatibile con un incarico pubblico. Questo, almeno, fino a quando il governo Berlusconi, proprio per sanare la sua posizione che lo avrebbe costretto alle dimissioni da sindaco di Messina (carica alla quale, intanto, era stato eletto), votò un decreto legge per eliminare il peculato d’uso dalle cause di ineleggibilità.
“Qualcuno vorrebbe che io lasciassi il posto di deputato regionale, dove sto facendo tanto per Messina, e non credo che gli elettori vogliano questo”, dice Buzzanca, che se la prende con i poteri forti, difendendo la sua scelta di rimanere seduto su due poltrone e percepire un maxi-gettone da quasi 20 mila euro al mese, cumulando i redditi da consigliere all’Assemblea regionale a Palermo e primo cittadino a Messina. Intanto, uno degli elettori ha portato il “caso Buzzanca” in Tribunale e il 22 settembre si attende la decisione dei giudici: dentro o fuori, sindaco o deputato. “È chiaro che io opterei per la carica di sindaco perché amo la mia città, ma devo tenere conto di quanto mi dicono gli avvocati e al momento attendo che si svolga tutto l’iter giudiziario e non opterò per nessuno dei due ruoli”. Buzzanca sceglie di non scegliere. E l’unica cosa che appare chiara è il contrario di quel che dice: avrebbe già dovuto dimettersi per esser certo di rimanere sindaco di Messina. Cosa che non deve interessargli affatto: meglio un posto ben remunerato all’Ars.
L’esito del ricorso elettorale appare scontato, anche alla luce della decisione del Tribunale di Catania che ha dichiarato decaduto dalla carica di sindaco di Acicatena Raffaele Pippo Nicotra, pure lui del Pdl, eletto prima all’Ars e poi diventato primo cittadino del comune etneo. Nicotra, manco a dirlo, annuncia battaglia: alla fine potrà sempre dire che è tutta colpa dei giudici se ha dovuto lasciare la città nelle mani di un commissario prefettizio. Lo stesso farà Buzzanca a Messina, ottava città d’Italia con i suoi 250mila abitanti: sarà la terza volta negli ultimi sette anni, la seconda con Buzzanca sindaco.
Anche a Reggio Calabria sta per arrivarne uno, perché il neo-governatore Giuseppe Scopelliti, seguendo la strada tracciata da Antonio Bassolino a Napoli nel 2000, non si è dimesso da sindaco, lasciando la città nelle mani del suo vice, una volta eletto presidente della Regione Calabria. Ma pretendeva che il sindaco facente funzioni continuasse a fare il suo vice a distanza e a Giuseppe Raffa non è rimasto che prenderne atto e rassegnare le dimissioni. Così, ora le due città sullo Stretto sono più vicine, accomunate da uno stesso insolito destino: quel che non è ancora riuscito a Berlusconi con il progetto del Ponte, è riuscito al duo Scopelliti-Buzzanca.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2010/08/12/sindaco-di-messina-e-membro-dellassemblea-regionale-quando-lincompatibilita-non-conta/49677/
giovedì 12 agosto 2010
E per ora, sulu ammuina
Tutti chilli che stanno a prora vann' a poppa e chilli che stann' a poppa vann' a prora: chilli che stann' a dritta vann' a sinistra e chilli che stanno a sinistra vann' a dritta: tutti chilli che stanno abbascio vann' ncoppa e chilli che stanno ncoppa vann' bascio passann' tutti p'o stesso pertuso: chi nun tiene nient' a ffà, s' aremeni a 'cca e a 'll à"
Le arcinote regole della Real Marina del Regno delle due Sicilie del 1841, da usare in occasione di visite a bordo delle Alte Autorità, si stagliano come stelle polari (sì, al plurale) nel firmamento variopinto della politica siciliana all’alba dell’attesissimo parto del nuovo governo regionale.
I politici diventano tecnici, i tecnici fanno finta di essere politici; gli uomini di partito si travestono da ribelli, i ribelli si fanno uomini di partito. “E chi nun tiene nient' a ffà, s' aremeni a 'cca e a 'll à”.
Le ultime dalla Sicilia danno il quater di Raffaele Lombardo “congelato”, ma solo per un mese, per ragioni di buona creanza (“Non sta bene decidere a Ferragosto perché avrebbe il sapore di un blitz”, ha spiegato il governatore), un pudore verginale che Monsignor della Casa avrebbe fatto suo immantinente. Ve l’immaginate i capintesta che si scambiano cortesie, invece che le consuete manganellate? Grazie, prego, scusi, tornerò alla Celentano, in luoghi di tattiche, astruserie, fumose e ridondanti spiegazioni sul perché e sul percome?
Famiglia cristiana, che si è arresa davanti all’evidenza ed ha negato l’assoluzione alla classe plitica italiana, avrebbe le stesse perplessità.
Ma Lombardo merita le attenuanti generiche, forse qualcosa di più, per il solo fatto che esercita la sua azione – o inazione – in quel di Sicilia, l’Isola più astrusa del mondo civile.
Non c’è tribunale che non considererebbe il contesto se non un alibi, una circostanza da tenete in grande contestazione, al punto da giudicarla un motivo di intralcio, quindi un’attenuante.
Abbiamo provato a metterci nei suoi panni, ma l’esperimento è durato soltanto alcuni minuti, il tempo di tracciare una scaletta delle difficoltà, un’agenda delle priorità, un elenco delle cose da fare, come e perché farle. Pochi minuti, un’eternità. Alla fine ci siamo arresi all’evidenza. La matassa è troppo complicata e non c’è abitudine alla complessità che tenga. Per capirci, un solo esempio: che grado di difficoltà credete che abbia il Pdl Sicilia, che alcuni danno per morto ed altri no (come nel giochetto dei bambini con il ditino al centro della palma di mano): c’è, non c’è, vivo, morto.
E l’Udc, come fate a capire: c’è quello che sta vicino al governatore, quello che lo vuole sostenere a tempo, e l’altro, quello romano, interessato a mettere insieme un’area politica che già oggi, ma soprattutto domani, resusciti il terzo forno con la scusa che i primi due hanno fallito.
Si potrebbe proseguire, ma è meglio fermarsi qui con gli esempi.
Lombardo ha bisogno di tempo e ne ha bisogno perché deve giocare una partita a scacchi che nemmeno i campioni russi saprebbero come vincere. Ognuno vuole una cosa e il suo contrario, pone veti e chiede corsie privilegiati. C’è una prospettiva, ed è chiaro come la luce del sole che Lombardo la persegue (il governo di responsabilità istituzionale con i democratici a valle) ma c’è anche il carico da novanta di Gianfranco Miccichè, che deve mettere insieme i pezzi della sua vita politica, la quale attraversa come una scimitarra la Sicilia da diciotto anni circa. Fino a qualche mese fa aveva il vento in poppa, ma fece ammuina, oggi a causa degli incendi romani i privilegi concessi dal Premier sono svaniti e deve fare i conti con una realtà che espelle l’ammuina come fosse la manna del demonio. Il talismano è sparito, la golden share non c’è più. E chi ci va di mezzo? Un nome a caso: Titti Bufardeci che ha fatto la sua parte con dignità. Come fa a districarsi fra Lombardo, la Ministra di casa, Stefania Prestigiacomo, il Pdl Sicilia finiano, i democratici e l’ingorgo degli eredi della DC?
Il sottosegretario ribelle-ma-non-troppo ha le sue gatte da pelare: deve salvare dal disarcionamento i suoi uomini in prima linea (Cimino e Bufardeci), magari spogliandoli della divisa berlusconiana (per il momento) e, insieme, impedire l’ingresso nel governo, mimetizzato o meno, dei democratici, che sarebbero un suggello di “tradimento” agli occhi dei nemici del Pdl.
E una volta, invece, ribadito il suo anema e core con il Cavaliere, tornare a casa, dove non l’aspettano davvero con le braccia aperte, anzi gli hanno fatto sapere che deve tornare alla prima casella, come nel gioco dell’oca.
September more, dunque, canta il governatore con il cuore contento, perché in definitiva il piacere di fare cuocere nel loro brodo quelli che gli rendono la vita difficile, è innegabile. Il senatore Pistorio (ideologo sottoutilizzato del Mpa), qualche giorno fa, proprio in concomitanza con il rinvio di cortesia concesso agli alleati della prima ora ed agli alleati presunti, ha affermato che l’intenzione è quella di dare vita ad una maggioranza che riproponga l’area di responsabilità istituzionale nata per ragioni contingenti alla Camera in occasione della mozione di sfiducia al sottosegretario Caliendo. Musica per le orecchie di casini, ma ancora oggi un ritornello affatto divertente per Saverio Romano, segretario regionale dell’Udc siciliana.
A Ferragosto, dunque, non succede niente, tranquilli. Per intanto si fanno nomi di new entry, sulla cui attendibilità è lecito dubitare: Rudy Maira e Antonino Recca di fonte etnea, Manlio Mele di fonte panormita.
fonte : SiciliaInformazioni.com
Le arcinote regole della Real Marina del Regno delle due Sicilie del 1841, da usare in occasione di visite a bordo delle Alte Autorità, si stagliano come stelle polari (sì, al plurale) nel firmamento variopinto della politica siciliana all’alba dell’attesissimo parto del nuovo governo regionale.
I politici diventano tecnici, i tecnici fanno finta di essere politici; gli uomini di partito si travestono da ribelli, i ribelli si fanno uomini di partito. “E chi nun tiene nient' a ffà, s' aremeni a 'cca e a 'll à”.
Le ultime dalla Sicilia danno il quater di Raffaele Lombardo “congelato”, ma solo per un mese, per ragioni di buona creanza (“Non sta bene decidere a Ferragosto perché avrebbe il sapore di un blitz”, ha spiegato il governatore), un pudore verginale che Monsignor della Casa avrebbe fatto suo immantinente. Ve l’immaginate i capintesta che si scambiano cortesie, invece che le consuete manganellate? Grazie, prego, scusi, tornerò alla Celentano, in luoghi di tattiche, astruserie, fumose e ridondanti spiegazioni sul perché e sul percome?
Famiglia cristiana, che si è arresa davanti all’evidenza ed ha negato l’assoluzione alla classe plitica italiana, avrebbe le stesse perplessità.
Ma Lombardo merita le attenuanti generiche, forse qualcosa di più, per il solo fatto che esercita la sua azione – o inazione – in quel di Sicilia, l’Isola più astrusa del mondo civile.
Non c’è tribunale che non considererebbe il contesto se non un alibi, una circostanza da tenete in grande contestazione, al punto da giudicarla un motivo di intralcio, quindi un’attenuante.
Abbiamo provato a metterci nei suoi panni, ma l’esperimento è durato soltanto alcuni minuti, il tempo di tracciare una scaletta delle difficoltà, un’agenda delle priorità, un elenco delle cose da fare, come e perché farle. Pochi minuti, un’eternità. Alla fine ci siamo arresi all’evidenza. La matassa è troppo complicata e non c’è abitudine alla complessità che tenga. Per capirci, un solo esempio: che grado di difficoltà credete che abbia il Pdl Sicilia, che alcuni danno per morto ed altri no (come nel giochetto dei bambini con il ditino al centro della palma di mano): c’è, non c’è, vivo, morto.
E l’Udc, come fate a capire: c’è quello che sta vicino al governatore, quello che lo vuole sostenere a tempo, e l’altro, quello romano, interessato a mettere insieme un’area politica che già oggi, ma soprattutto domani, resusciti il terzo forno con la scusa che i primi due hanno fallito.
Si potrebbe proseguire, ma è meglio fermarsi qui con gli esempi.
Lombardo ha bisogno di tempo e ne ha bisogno perché deve giocare una partita a scacchi che nemmeno i campioni russi saprebbero come vincere. Ognuno vuole una cosa e il suo contrario, pone veti e chiede corsie privilegiati. C’è una prospettiva, ed è chiaro come la luce del sole che Lombardo la persegue (il governo di responsabilità istituzionale con i democratici a valle) ma c’è anche il carico da novanta di Gianfranco Miccichè, che deve mettere insieme i pezzi della sua vita politica, la quale attraversa come una scimitarra la Sicilia da diciotto anni circa. Fino a qualche mese fa aveva il vento in poppa, ma fece ammuina, oggi a causa degli incendi romani i privilegi concessi dal Premier sono svaniti e deve fare i conti con una realtà che espelle l’ammuina come fosse la manna del demonio. Il talismano è sparito, la golden share non c’è più. E chi ci va di mezzo? Un nome a caso: Titti Bufardeci che ha fatto la sua parte con dignità. Come fa a districarsi fra Lombardo, la Ministra di casa, Stefania Prestigiacomo, il Pdl Sicilia finiano, i democratici e l’ingorgo degli eredi della DC?
Il sottosegretario ribelle-ma-non-troppo ha le sue gatte da pelare: deve salvare dal disarcionamento i suoi uomini in prima linea (Cimino e Bufardeci), magari spogliandoli della divisa berlusconiana (per il momento) e, insieme, impedire l’ingresso nel governo, mimetizzato o meno, dei democratici, che sarebbero un suggello di “tradimento” agli occhi dei nemici del Pdl.
E una volta, invece, ribadito il suo anema e core con il Cavaliere, tornare a casa, dove non l’aspettano davvero con le braccia aperte, anzi gli hanno fatto sapere che deve tornare alla prima casella, come nel gioco dell’oca.
September more, dunque, canta il governatore con il cuore contento, perché in definitiva il piacere di fare cuocere nel loro brodo quelli che gli rendono la vita difficile, è innegabile. Il senatore Pistorio (ideologo sottoutilizzato del Mpa), qualche giorno fa, proprio in concomitanza con il rinvio di cortesia concesso agli alleati della prima ora ed agli alleati presunti, ha affermato che l’intenzione è quella di dare vita ad una maggioranza che riproponga l’area di responsabilità istituzionale nata per ragioni contingenti alla Camera in occasione della mozione di sfiducia al sottosegretario Caliendo. Musica per le orecchie di casini, ma ancora oggi un ritornello affatto divertente per Saverio Romano, segretario regionale dell’Udc siciliana.
A Ferragosto, dunque, non succede niente, tranquilli. Per intanto si fanno nomi di new entry, sulla cui attendibilità è lecito dubitare: Rudy Maira e Antonino Recca di fonte etnea, Manlio Mele di fonte panormita.
fonte : SiciliaInformazioni.com
mercoledì 11 agosto 2010
“Berlusconi è come Saddam Va (metaforicamente) bombardato”
Onorevole Cracolici, ha letto la Repubblica stamattina? Cosa ne pensa delle dichiarazioni di Lupo e delle intenzioni di Lombardo?
“Non so che intenzioni abbia Lombardo, so che siamo al Big Bang del berlusconismo e che non è più possibile continuare con i galleggiamenti. Anch’io, come Lupo, penso che Lombardo debba essere netto nel prendere le distanze da Berlusconi. Anche perché ormai è chiaro il contrario: per i berlusconiani Raffaele Lombardo, al pari di Gianfranco Fini, è un nemico da abbattere”.
Sì, ma nonostante tutto Lombardo mantiene la linea dei proverbiali colpi sia al cerchio che alla botte.
“Non mi pare che sia così. Al contrario, siete voi giornalisti che, non avendo molto di cui scrivere in estate, tendete a inventare e romanzare. Niente di personale, ma il giornalismo estivo è una delle cose più bugiarde che esistano. Lombardo sta facendo le sue valutazioni anche rispetto alla prospettiva non ignorabile delle elezioni politiche anticipate”.
Quindi secondo lei Lombardo fa bene a temporeggiare ancora?
“Vede, la Sicilia è sempre stata il granaio dei voti del centrodestra nazionale. Valutare anche a partire dai numeri e dai voti persi dal centrodestra non mi pare una cosa così sbagliata. È chiaro che siamo alla resa dei conti per mettere fine al regime berlusconista e lo spettacolo a cui stiamo assistendo in questi giorni ne è la prova. Tutto mi sarei potuto aspettare nella vita, tranne vedere Berlusconi che attacca Fini sul terreno della moralità”.
La sua linea è sempre stata decisa, anche all’inizio di questa intervista ha ribadito il suo no ai galleggiamenti. Però adesso da ragione a Lombardo. Allora delle due, l’una: chi ha ragione? Cracolici o Lombardo?
“Io dico sempre che la politica è l’arte del dubbio, chi ha tutte le certezze mi fa paura. Bisogna valutare i diversi contesti. Fino a qualche mese fa si parlava di elezioni anticipate in Sicilia, oggi lo scenario è quello delle elezioni anticipate a livello nazionale, anche grazie al contributo che la Sicilia ha dato nella spaccatura del Pdl. Io sono per l’autonomia, non per la separatezza, non si può prescindere da quello che succede a livello nazionale”.
Anche perché in Sicilia le due fazioni belligeranti del Pdl siedono allo stesso tavolo.
“Sì, ma quelli sono localismi che non intaccano il quadro nazionale. Guardando al Pdl Sicilia bisogna considerare un solo elemento: il Pdl Sicilia si rivede in Berlusconi e quindi non può in alcun modo essere un nostro interlocutore. Berlusconi è come Saddam, che prima di ritirarsi dal Kuwait bruciò i pozzi di petrolio. Ecco, il premier sta facendo la stessa cosa e per questo va metaforicamente bombardato”.
In questo quadro, il suo Pd cosa farà? Continuerà a farsi scegliere o finalmente sceglierà?
“Io sono un dirigente che ha svolto la sua azione politica in Sicilia. Sono stato contrastato, criticato, insultato. E aspetto ancora che qualcuno mi chieda scusa, anche se so che le scuse non arriveranno mai, in politica le scuse non eststono. Io non giudico la dirigenza nazionale, anche se riconosco che la sua azione è insicura. Di certo bisogna fare di tutto per evitare le elezioni anticipate e cambiare prima la legge elettorale, con chiunque si vorrà alleare. Poi si tornerà al voto. Ormai lo capisce anche un bambino: o si sta con Berlusconi o si sta contro di lui”.
fonte : Livesicilia
“Non so che intenzioni abbia Lombardo, so che siamo al Big Bang del berlusconismo e che non è più possibile continuare con i galleggiamenti. Anch’io, come Lupo, penso che Lombardo debba essere netto nel prendere le distanze da Berlusconi. Anche perché ormai è chiaro il contrario: per i berlusconiani Raffaele Lombardo, al pari di Gianfranco Fini, è un nemico da abbattere”.
Sì, ma nonostante tutto Lombardo mantiene la linea dei proverbiali colpi sia al cerchio che alla botte.
“Non mi pare che sia così. Al contrario, siete voi giornalisti che, non avendo molto di cui scrivere in estate, tendete a inventare e romanzare. Niente di personale, ma il giornalismo estivo è una delle cose più bugiarde che esistano. Lombardo sta facendo le sue valutazioni anche rispetto alla prospettiva non ignorabile delle elezioni politiche anticipate”.
Quindi secondo lei Lombardo fa bene a temporeggiare ancora?
“Vede, la Sicilia è sempre stata il granaio dei voti del centrodestra nazionale. Valutare anche a partire dai numeri e dai voti persi dal centrodestra non mi pare una cosa così sbagliata. È chiaro che siamo alla resa dei conti per mettere fine al regime berlusconista e lo spettacolo a cui stiamo assistendo in questi giorni ne è la prova. Tutto mi sarei potuto aspettare nella vita, tranne vedere Berlusconi che attacca Fini sul terreno della moralità”.
La sua linea è sempre stata decisa, anche all’inizio di questa intervista ha ribadito il suo no ai galleggiamenti. Però adesso da ragione a Lombardo. Allora delle due, l’una: chi ha ragione? Cracolici o Lombardo?
“Io dico sempre che la politica è l’arte del dubbio, chi ha tutte le certezze mi fa paura. Bisogna valutare i diversi contesti. Fino a qualche mese fa si parlava di elezioni anticipate in Sicilia, oggi lo scenario è quello delle elezioni anticipate a livello nazionale, anche grazie al contributo che la Sicilia ha dato nella spaccatura del Pdl. Io sono per l’autonomia, non per la separatezza, non si può prescindere da quello che succede a livello nazionale”.
Anche perché in Sicilia le due fazioni belligeranti del Pdl siedono allo stesso tavolo.
“Sì, ma quelli sono localismi che non intaccano il quadro nazionale. Guardando al Pdl Sicilia bisogna considerare un solo elemento: il Pdl Sicilia si rivede in Berlusconi e quindi non può in alcun modo essere un nostro interlocutore. Berlusconi è come Saddam, che prima di ritirarsi dal Kuwait bruciò i pozzi di petrolio. Ecco, il premier sta facendo la stessa cosa e per questo va metaforicamente bombardato”.
In questo quadro, il suo Pd cosa farà? Continuerà a farsi scegliere o finalmente sceglierà?
“Io sono un dirigente che ha svolto la sua azione politica in Sicilia. Sono stato contrastato, criticato, insultato. E aspetto ancora che qualcuno mi chieda scusa, anche se so che le scuse non arriveranno mai, in politica le scuse non eststono. Io non giudico la dirigenza nazionale, anche se riconosco che la sua azione è insicura. Di certo bisogna fare di tutto per evitare le elezioni anticipate e cambiare prima la legge elettorale, con chiunque si vorrà alleare. Poi si tornerà al voto. Ormai lo capisce anche un bambino: o si sta con Berlusconi o si sta contro di lui”.
fonte : Livesicilia
Silvio e il pizzino tra don Vito e Binnu
Una notizia scoop. E il Corrierone, forse un po’ impaurito, la relega a pagina 25 con un “richiamino” in prima. Titolo: “Mafia, Ciancimino jr tira in ballo il premier”. Articolo dell’inviato Felice Cavallaro: “Dopo le minacce al figlio di cinque anni dice di non volere più parlare, Massimo Ciancimino. Ma lo ha fatto negli ultimi giorni. Come la madre Epifania Scardino per la prima volta loquace con i magistrati di Palermo ai quali ha confermato il contenuto di un “pizzino” indirizzato nel 2001 dal marito “Don Vito” a Bernardo Provenzano chiamato ‘Caro Rag’ e con riferimenti espliciti a Silvio Berlusconi”.
“Un invito a distribuire – scrive Cavallaro – i cento milioni di lire incassati da una trattativa che coincide con le elezioni del 2001. Il testo è top secret, ma chi lo ha letto così sintetizza evocando conteggi in vecchie lire: ‘Dei cento milioni ricevuti da Berlusconi, 75 a Benedetto Spera e 25 a mio figlio Massimo’. E poi: ‘Caro Rag. bisogna dire ai nostri amici di non continuare a fare minchiate… E di risolvere i problemi giudiziari’ . Sarebbe davvero inquietante – scrive Cavallaro – questo appunto, soprattutto se fosse confermata la data del 2001, quando si votò per le Politiche il 13 maggio e per le Regionali in Sicilia il 24 giugno”.
fonte Livesicilia
“Un invito a distribuire – scrive Cavallaro – i cento milioni di lire incassati da una trattativa che coincide con le elezioni del 2001. Il testo è top secret, ma chi lo ha letto così sintetizza evocando conteggi in vecchie lire: ‘Dei cento milioni ricevuti da Berlusconi, 75 a Benedetto Spera e 25 a mio figlio Massimo’. E poi: ‘Caro Rag. bisogna dire ai nostri amici di non continuare a fare minchiate… E di risolvere i problemi giudiziari’ . Sarebbe davvero inquietante – scrive Cavallaro – questo appunto, soprattutto se fosse confermata la data del 2001, quando si votò per le Politiche il 13 maggio e per le Regionali in Sicilia il 24 giugno”.
fonte Livesicilia
CAMMARATA SPERA NELL' ELEZIONI ANTICIPATE PER TROVARE UN POSTICINO DI ON. A ROMA !
Diego Cammarata vuole andare via da Palermo. Ai suoi intimi ha confessato di sperare nelle elezioni anticipate, un posticino da onorevole a Roma e via. Diego Cammarata è convinto di avere un credito con i palermitani. Pensa davvero che ci sia una campagna d’odio nei suoi confronti. Per il dieci per cento, in effetti c’è. Per il novanta per cento, l’antipatia che lo circonda è dovuta alla sua incapacità di rivestire il ruolo di sindaco. Cammarata e Palermo non si sono mai amati. Uno dei giorni dopo l’elezione, chi scrive fu testimone della passeggiata del neo-sindaco in via Libertà. La gente lo salutava, lo chiamava, gli sorrideva. E lui? Rispondeva con gesti cordiali, ma affettati e a malapena, quasi con spavento. Agitava la manina con ritrosia, come uno che sappia quale peso lo aspetti. Ci vuole stomaco per ricoprire la dannata poltrona di Palazzo delle Aquile. Bisogna possedere la sapienza di un contatto umano su vasta scala. Diego non si è mai dato, non si è mai concesso. Non ha compreso che il sindaco di Palermo non può nascondersi. Deve “strusciarsi” con la sua gente ogni giorno, nel bene e nel male. Orlando, sotto questo aspetto, era un genio.
Diego Cammarata non ha mai saputo, né glielo hanno detto, che il sindaco di Palermo – luogo e contesto eticamente fragile – deve necessariamente rappresentarsi alla stregua una figura moralmente fulgida e inattaccabile, una guida al di sopra di ogni sospetto. La vicenda della barca con skipper annesso è un boomerag, non solo per la cosa in sé. Le successive e malandate giustificazioni del sindaco hanno mostrato la sua mancata dimestichezza col principio di cui si diceva. Se agli errori di immagine e di prospettiva aggiungiamo una condotta amministrativa che è quella che è…
Diego Cammarata vuole andare via da Palermo. Volentieri lo sosterremmo nel proposito e, fin da adesso, gli auguriamo buona fortuna. Questi anni lo avranno scavato dentro procurandogli sofferenza e dolore. Sia felice, ex sindaco, ovunque vada.
Ma anche noi abbiamo il diritto, da palermitani, alla felicità. E dovremo costruircela tra non molto, quando saremo chiamati ad eleggere il nuovo sindaco di Palermo. Riusciremo a sbagliare ancora una volta?
fonte: Livesicilia
Diego Cammarata non ha mai saputo, né glielo hanno detto, che il sindaco di Palermo – luogo e contesto eticamente fragile – deve necessariamente rappresentarsi alla stregua una figura moralmente fulgida e inattaccabile, una guida al di sopra di ogni sospetto. La vicenda della barca con skipper annesso è un boomerag, non solo per la cosa in sé. Le successive e malandate giustificazioni del sindaco hanno mostrato la sua mancata dimestichezza col principio di cui si diceva. Se agli errori di immagine e di prospettiva aggiungiamo una condotta amministrativa che è quella che è…
Diego Cammarata vuole andare via da Palermo. Volentieri lo sosterremmo nel proposito e, fin da adesso, gli auguriamo buona fortuna. Questi anni lo avranno scavato dentro procurandogli sofferenza e dolore. Sia felice, ex sindaco, ovunque vada.
Ma anche noi abbiamo il diritto, da palermitani, alla felicità. E dovremo costruircela tra non molto, quando saremo chiamati ad eleggere il nuovo sindaco di Palermo. Riusciremo a sbagliare ancora una volta?
fonte: Livesicilia
martedì 10 agosto 2010
Cammarata e lo skipper,chiesto il rinvio a giudizio
La vicenda dello skipper assunto e pagato dalla società di servizi Gesip, ma utilizzato per l’imbarcazione privata del sindaco, potrebbe costare un processo al primo cittadino di Palermo, Diego Cammarata. I pm Laura Vaccaro e Leonardo Agueci hanno infatti chiesto il rinvio a giudizio dello stesso esponente del Pdl, dell’operaio Franco Alioto e di Giacomo Palazzolo, direttore generale della Gesip, azienda a totale partecipazione pubblica, anche se ha la veste privata della società per azioni. Truffa e abuso d’ufficio sono le imputazioni mosse nei confronti dei tre imputati, perché Cammarata avrebbe utilizzato Alioto come proprio skipper personale e Palazzolo glielo avrebbe consentito, facendo in modo che l’effettiva presenza in servizio del marinaio non venisse controllata. Cammarata, che non ha voluto rendere l’interrogatorio davanti ai pm, ha sostenuto che la Gesip non è azienda pubblica, ma totalmente privata, e dunque non le si possono applicare le regole che valgono per i reati contro la pubblica amministrazione. L’inchiesta è stata condotta dalla sezione specializzata in questo tipo di delitti, della Squadra mobile di Palermo.
fonte :Livesicilia
fonte :Livesicilia
lunedì 9 agosto 2010
Lettera con proiettile di kalashnikov al figlio di Ciancimino, di 5 anni
- Una lettera di minacce con un proiettile di kalashnikov indirizzata al figlio di Massimo Ciancimino, Vito Andrea, di 5 anni, è stata recapitata questa mattina nell'abitazione palermitana di via Torrearsa, dove risiede la famiglia Ciancimino. Nella lettera si legge: "Le colpe dei padri infami e traditori ricadranno sui figli".
L'intestazione sulla busta è scritta a mano in stampatello, e come destinatario è indicato Vito Andrea Ciancimino, il figlio di Massimo, nipote del ex sindaco di Palermo, Vito. Non è la prima volta che vengono rivolte intimidazioni contro Massimo Ciancimino, ma il padre definisce una "vigliaccata" la lettera contro il figlio.
"Perché prendersela con un bambino di appena cinque anni? Che senso ha inviare un proiettile di kalashnikov a mio figlio Vito Andrea? Basta, sono stanco. Non voglio più parlare con i magistrati. Sono questi i vantaggi di cui godrei?"
La busta è arrivata questa mattina, senza affrancatura, nell'abitazione palermitana di Massimo Ciancimino che da tempo vive a Bologna. Nella lettera il nome del bambino è scritto a caratteri cubitali. All'interno si vede in bella mostra il proiettile di kalashnikov e la scritta: "Le colpe dei padri infami e traditori ricadranno sui figli. Lei e i suoi complici siete stati avvisati da troppo tempo. Lei e i suoi amici magistrati sarete la causa di tutto".
Massimo Ciancimino vuole, inoltre, chiedere alla Feltrinelli di ritirare dal commercio il suo libro Don Vito, pubblicato tre mesi fa, in cui il figlio dell'ex sindaco racconta la sua vicenda personale e i particolari inediti sulla cosiddetta trattativa tra lo Stato e la mafia nel 1992. "Basta - conclude - non voglio più saperne. Mio figlio deve restare fuori da tutto. E' mio figlio. E ha cinque anni'
Ciancimino jr scosso dalla notizia ha anche dichiarato di non voler più essere ascoltato dai magistrati in merito alla "trattativa" tra Cosa nostra e lo Stato e si è presentato in Procura con la lettera di minacce e il proiettile.
fonte : la Repubblica
L'intestazione sulla busta è scritta a mano in stampatello, e come destinatario è indicato Vito Andrea Ciancimino, il figlio di Massimo, nipote del ex sindaco di Palermo, Vito. Non è la prima volta che vengono rivolte intimidazioni contro Massimo Ciancimino, ma il padre definisce una "vigliaccata" la lettera contro il figlio.
"Perché prendersela con un bambino di appena cinque anni? Che senso ha inviare un proiettile di kalashnikov a mio figlio Vito Andrea? Basta, sono stanco. Non voglio più parlare con i magistrati. Sono questi i vantaggi di cui godrei?"
La busta è arrivata questa mattina, senza affrancatura, nell'abitazione palermitana di Massimo Ciancimino che da tempo vive a Bologna. Nella lettera il nome del bambino è scritto a caratteri cubitali. All'interno si vede in bella mostra il proiettile di kalashnikov e la scritta: "Le colpe dei padri infami e traditori ricadranno sui figli. Lei e i suoi complici siete stati avvisati da troppo tempo. Lei e i suoi amici magistrati sarete la causa di tutto".
Massimo Ciancimino vuole, inoltre, chiedere alla Feltrinelli di ritirare dal commercio il suo libro Don Vito, pubblicato tre mesi fa, in cui il figlio dell'ex sindaco racconta la sua vicenda personale e i particolari inediti sulla cosiddetta trattativa tra lo Stato e la mafia nel 1992. "Basta - conclude - non voglio più saperne. Mio figlio deve restare fuori da tutto. E' mio figlio. E ha cinque anni'
Ciancimino jr scosso dalla notizia ha anche dichiarato di non voler più essere ascoltato dai magistrati in merito alla "trattativa" tra Cosa nostra e lo Stato e si è presentato in Procura con la lettera di minacce e il proiettile.
fonte : la Repubblica
...E TRA POCO BALLERA' DA SOLO...
Caro Presidente, chi le scrive è un piccolo cronista politico. Scusi innanzitutto la volgarità di quel vezzeggiativo “Raf Lombardo” che le procurerà sommo orrore, vista la sua ben nota e arcigna concezione dei rapporti umani. E’ che lei ci è in un certo senso familiare come un affettuoso incubo. E in fondo le vogliamo bene. Ogni volta che pensiamo di avere afferrato il nesso, lei volteggia un po’ più in là. Non è solo un nostro problema, ci risulta che anche i suoi parlamentari-portavoce abbiano lo stesso dilemma increscioso. Escono, perché devono uscire, con tremebonde note stampa, magari dopo avere parlato con lei. E si chiedono: avrò scritto giusto? Ma lui al telefono così mi ha detto. E se poi cambia idea?
Ecco, Presidente, con tutto il rispetto e la (sincera) simpatia, lei è uno che volteggia un po’ troppo. Blandisce Miccichè, concupisce il povero Lupo, fa il pontiere con l’Udc. Nel frattempo, strizza l’occhio a Castiglione per vampirizzarlo meglio, prende il caffè con Granata. E noi, poveri e annichiliti amanuensi della politica, non riusciamo a seguirla più. Ci ritiriamo a casa, di sera, con la testa dolorante e i crampi alle mani. Per fortuna condividiamo il tetto con donne caritatevoli e abbiamo una lunga scorta di film di Walt Disney per consolarci.
Capiamo benissimo, lei fa così, Caro Presidente, perchè altra scelta non ha. Lei sa benissimo di essere un vaso di coccio. La danza frenetica è la sua unità di misura per il mantenimento del potere. Lei balla precitevolissime… insomma si dà da fare (vede, la sera, dopo averla seguita, neanche riusciamo a scrivere più). Però vedrà che tra poco ballerà da solo. Miccichè tornerà da Berlusconi, Lupo staccherà il telefono, Romano la abbandonerà al suo destino, Castiglione si ricorderà che siete nemici e Granata negherà perfino di avere mai preso un caffè con lei.
Mica ne facciamo un discorso etico, Caro Raf (scusi), non siamo tanto ingenui. E’ pure divertente ballare con lei e con le sue sette vite. E’ meno divertente vedere la speranza delle persone coinvolta in questo passo doppio – la speranza della brava gente che a lei si affida – e preghiamo che abbia una risposta all’altezza, prima o poi. Non ci speriamo molto, eppure saremmo lieti di venire smentiti.
E adesso che fa, ricomincia a ballare?
fonte : Livesicilia
Ecco, Presidente, con tutto il rispetto e la (sincera) simpatia, lei è uno che volteggia un po’ troppo. Blandisce Miccichè, concupisce il povero Lupo, fa il pontiere con l’Udc. Nel frattempo, strizza l’occhio a Castiglione per vampirizzarlo meglio, prende il caffè con Granata. E noi, poveri e annichiliti amanuensi della politica, non riusciamo a seguirla più. Ci ritiriamo a casa, di sera, con la testa dolorante e i crampi alle mani. Per fortuna condividiamo il tetto con donne caritatevoli e abbiamo una lunga scorta di film di Walt Disney per consolarci.
Capiamo benissimo, lei fa così, Caro Presidente, perchè altra scelta non ha. Lei sa benissimo di essere un vaso di coccio. La danza frenetica è la sua unità di misura per il mantenimento del potere. Lei balla precitevolissime… insomma si dà da fare (vede, la sera, dopo averla seguita, neanche riusciamo a scrivere più). Però vedrà che tra poco ballerà da solo. Miccichè tornerà da Berlusconi, Lupo staccherà il telefono, Romano la abbandonerà al suo destino, Castiglione si ricorderà che siete nemici e Granata negherà perfino di avere mai preso un caffè con lei.
Mica ne facciamo un discorso etico, Caro Raf (scusi), non siamo tanto ingenui. E’ pure divertente ballare con lei e con le sue sette vite. E’ meno divertente vedere la speranza delle persone coinvolta in questo passo doppio – la speranza della brava gente che a lei si affida – e preghiamo che abbia una risposta all’altezza, prima o poi. Non ci speriamo molto, eppure saremmo lieti di venire smentiti.
E adesso che fa, ricomincia a ballare?
fonte : Livesicilia
Arciprete siciliano lancia la tassa di 5 euro "Salviamo Telemistretta o vedremo solo il Gf"
Mille persone al mese che offrono ciascuna cinque euro: è l'appello lanciato dall'arciprete Michele Giordano per salvare TeleMistretta, l'emittente che da venti anni serve il territorio dei Nebrodi con un articolato notiziario quotidiano, programmi sul patrimonio ambientale e culturale dell'area e dirette quotidiane.
Monsignor Giordano lancia il suo appello in occasione della ricorrenza della Madonna dei Miracoli, un evento che si ripete soltanto una volta ogni dieci anni, quando la cinquecentesca statua di marmo della Madonna custodita nel duomo viene fatta scendere dall'altare con un antico meccanismo a spirale per essere portata in processione.
"TeleMistretta rischia di spegnere le sue telecamere e mandare al macero la sua antenna - afferma il prelato - sono a rischio i posti di lavoro di giornalisti e tecnici: l'emittente non deve morire, a onta di ogni cattiva legge che ha tagliato i fondi per le piccole emittenti e per la stampa locale periodica". L'Arciprete si è soffermato anche sul rischio di chiusura dell'ospedale di Mistretta, che "non può chiudere, a onta invece dei cattivi progetti di risparmio nella spesa sanitaria regionale", ha aggiunto ricordando che la processione della Madonna dei Miracoli oggi vi sosterà davanti con supplica per il mantenimento della struttura sanitaria e di una settantina di posti di lavoro.
"Se chiude anche TeleMistretta, come chiuderanno il Tribunale, la Compagnia dei carabinieri, il carcere o il liceo Manzoni - afferma - chiude anche la città: televisori spenti, a vedere solo il Grande Fratello".
"La soluzione è la seguente: mille persone al mese che offrono appena cinque euro, quanto un pacchetto di sigarette - conclude - 50 euro l'anno, metà dell'abbonamento per la televisione di Stato, non sono una grande cifra per continuare a raccontare la nostra identità e le nostre tradizioni
fonte : la Repubblica
Monsignor Giordano lancia il suo appello in occasione della ricorrenza della Madonna dei Miracoli, un evento che si ripete soltanto una volta ogni dieci anni, quando la cinquecentesca statua di marmo della Madonna custodita nel duomo viene fatta scendere dall'altare con un antico meccanismo a spirale per essere portata in processione.
"TeleMistretta rischia di spegnere le sue telecamere e mandare al macero la sua antenna - afferma il prelato - sono a rischio i posti di lavoro di giornalisti e tecnici: l'emittente non deve morire, a onta di ogni cattiva legge che ha tagliato i fondi per le piccole emittenti e per la stampa locale periodica". L'Arciprete si è soffermato anche sul rischio di chiusura dell'ospedale di Mistretta, che "non può chiudere, a onta invece dei cattivi progetti di risparmio nella spesa sanitaria regionale", ha aggiunto ricordando che la processione della Madonna dei Miracoli oggi vi sosterà davanti con supplica per il mantenimento della struttura sanitaria e di una settantina di posti di lavoro.
"Se chiude anche TeleMistretta, come chiuderanno il Tribunale, la Compagnia dei carabinieri, il carcere o il liceo Manzoni - afferma - chiude anche la città: televisori spenti, a vedere solo il Grande Fratello".
"La soluzione è la seguente: mille persone al mese che offrono appena cinque euro, quanto un pacchetto di sigarette - conclude - 50 euro l'anno, metà dell'abbonamento per la televisione di Stato, non sono una grande cifra per continuare a raccontare la nostra identità e le nostre tradizioni
fonte : la Repubblica
domenica 8 agosto 2010
Lombardo bloccato da Micciché Il Pdl-Sicilia "boccia" i tecnici
Lombardo vuole stringere sui tempi, per varare il nuovo esecutivo prima di ferragosto, ma inciampa sul nodo Micciché. Nel nuovo governo del presidente dovrebbero uscire sei assessori politici per lasciare spazio a una squadra di 12 tecnici. Lombardo sogna di proporre anche in Sicilia, a chi ci sta, la novità nazionale dell'alleanza Udc, Mpa, Fini, Api con l'appoggio del Pd, con in più la presenza del Pdl Sicilia, che lo ha finora garantito.
Ma è pressato tra due fuochi: mentre i finiani sono pronti a far dimettere gli assessori Gentile e Strano, non altrettanto è disposto a fare Gianfranco Micciché. Perdendo i due politici in giunta, Bufardeci e Cimino, il gruppo del Pdl Sicilia si avvierebbe verso la linea del tramonto. D'altro canto, con i "berlusconiani" del Pdl Sicilia dentro, dopo la lealtà ribadita da Micciché al premier, il Pd ha ribadito che ritirerebbe il sostegno. "Lombardo aspetta una mossa da Micciché, mai metterebbe fuori dalla porta il Pdl Sicilia per fare un ribaltone - confidano fonti a lui vicine - E mai rinuncerebbe ai 27 deputati del Pd, determinanti".
Molti nell'Mpa spingono per fare in fretta, addirittura mercoledì sarebbe la data per il blitz del varo del "monocolore presidenziale". Tanti altri consigliano a Lombardo di prendere tempo fino a settembre, in attesa delle alleanze romane e dell'incontro chiarificatore sul caso-Sicilia tra Micciché e Berlusconi. Nel suo percorso accidentato, Lombardo ha nel frattempo dovuto cancellare il viaggio in Cina del 13 agosto: un incidente, che ha coinvolto la moglie, per qualche giorno gli impedirà di allontanarsi da Catania. Tra le indiscrezioni inattese dell'ultima ora, in vista di un rimpasto istituzionale, quella del cambio di delega per l'assessore Massimo Russo, che potrebbe lasciare la Sanità. In questo caso Russo prenderebbe la delega di Michele Cimino alla vice presidenza. "Ipotesi impensabile - frena il senatore Giovanni Pistorio - Russo finirà alla Sanità il suo mandato. Lombardo, invece, si appresta a varare un governo del presidente per gestire la novità dell'anomalia siciliana".
Nel frattempo le sortite di Lombardo contro il governo sui casi Tirrenia, il consorzio autostrade e l'aeroporto di Comiso, sono state lette come una guerra aperta al premier. Una novità, per Lombardo, finora rimasto in bilico, per esibire il peso dei voti siciliani dell'Mpa in vista di possibili elezioni in autunno o in primavera. "Berlusconi ha distrutto le politiche del Mezzogiorno. Lombardo si renda conto che il vento è cambiato: serve un governo che dia la scossa alla Sicilia - dichiara il capogruppo del Pd Antonello Cracolici - Attendiamo la sua proposta. Ma non ci sono vie di mezzo: o propone un governo di tecnici o un governo politico, o rosso o nero. Un governo tecnico con i politici del Pdl Sicilia non esiste". Per il senatore del Pd Nino Papania "a noi interessano le riforme da sostenere. Se restano in giunta bravi politici-tecnici, come Cimino e come Bufardeci, poco importa. Ma le condizioni per un accordo politico non le vediamo".
Non è disponibile a sostenere il Lombardo quater con la scelta da parte del governatore di un assessore-tecnico "calato" nei panni del gruppo misto Cateno de Luca, portavoce del gruppo confederato per la Sicilia: "Nessun governo avrà il nostro appoggio se Lombardo non si assume le sue responsabilità per risanare il buco da 5 miliardi". Replica ironica di Francesco Musotto, coordinatore dell'Mpa: "Invito Lombardo a sospendere le trattative politiche e ad ascoltare De Luca. Del resto è un autorevole interlocutore, essendo stato per due volte eletto con l'Mpa". Secondo il senatore Pistorio, finora l'esperienza siciliana sta in asse con i processi in corso a Roma. "Anzi l'abbiamo anticipata. Per questo Lombardo intende proseguire, non arretrare, con il suo programma di riforme, scegliendo da solo la squadra che lo seguirà. Il Pdl è spaccato e magari non tutto il Pd o l'Udc lo seguiranno. Ma lui confida nella forza della sua azione".
fonte : la Repubblica
Ma è pressato tra due fuochi: mentre i finiani sono pronti a far dimettere gli assessori Gentile e Strano, non altrettanto è disposto a fare Gianfranco Micciché. Perdendo i due politici in giunta, Bufardeci e Cimino, il gruppo del Pdl Sicilia si avvierebbe verso la linea del tramonto. D'altro canto, con i "berlusconiani" del Pdl Sicilia dentro, dopo la lealtà ribadita da Micciché al premier, il Pd ha ribadito che ritirerebbe il sostegno. "Lombardo aspetta una mossa da Micciché, mai metterebbe fuori dalla porta il Pdl Sicilia per fare un ribaltone - confidano fonti a lui vicine - E mai rinuncerebbe ai 27 deputati del Pd, determinanti".
Molti nell'Mpa spingono per fare in fretta, addirittura mercoledì sarebbe la data per il blitz del varo del "monocolore presidenziale". Tanti altri consigliano a Lombardo di prendere tempo fino a settembre, in attesa delle alleanze romane e dell'incontro chiarificatore sul caso-Sicilia tra Micciché e Berlusconi. Nel suo percorso accidentato, Lombardo ha nel frattempo dovuto cancellare il viaggio in Cina del 13 agosto: un incidente, che ha coinvolto la moglie, per qualche giorno gli impedirà di allontanarsi da Catania. Tra le indiscrezioni inattese dell'ultima ora, in vista di un rimpasto istituzionale, quella del cambio di delega per l'assessore Massimo Russo, che potrebbe lasciare la Sanità. In questo caso Russo prenderebbe la delega di Michele Cimino alla vice presidenza. "Ipotesi impensabile - frena il senatore Giovanni Pistorio - Russo finirà alla Sanità il suo mandato. Lombardo, invece, si appresta a varare un governo del presidente per gestire la novità dell'anomalia siciliana".
Nel frattempo le sortite di Lombardo contro il governo sui casi Tirrenia, il consorzio autostrade e l'aeroporto di Comiso, sono state lette come una guerra aperta al premier. Una novità, per Lombardo, finora rimasto in bilico, per esibire il peso dei voti siciliani dell'Mpa in vista di possibili elezioni in autunno o in primavera. "Berlusconi ha distrutto le politiche del Mezzogiorno. Lombardo si renda conto che il vento è cambiato: serve un governo che dia la scossa alla Sicilia - dichiara il capogruppo del Pd Antonello Cracolici - Attendiamo la sua proposta. Ma non ci sono vie di mezzo: o propone un governo di tecnici o un governo politico, o rosso o nero. Un governo tecnico con i politici del Pdl Sicilia non esiste". Per il senatore del Pd Nino Papania "a noi interessano le riforme da sostenere. Se restano in giunta bravi politici-tecnici, come Cimino e come Bufardeci, poco importa. Ma le condizioni per un accordo politico non le vediamo".
Non è disponibile a sostenere il Lombardo quater con la scelta da parte del governatore di un assessore-tecnico "calato" nei panni del gruppo misto Cateno de Luca, portavoce del gruppo confederato per la Sicilia: "Nessun governo avrà il nostro appoggio se Lombardo non si assume le sue responsabilità per risanare il buco da 5 miliardi". Replica ironica di Francesco Musotto, coordinatore dell'Mpa: "Invito Lombardo a sospendere le trattative politiche e ad ascoltare De Luca. Del resto è un autorevole interlocutore, essendo stato per due volte eletto con l'Mpa". Secondo il senatore Pistorio, finora l'esperienza siciliana sta in asse con i processi in corso a Roma. "Anzi l'abbiamo anticipata. Per questo Lombardo intende proseguire, non arretrare, con il suo programma di riforme, scegliendo da solo la squadra che lo seguirà. Il Pdl è spaccato e magari non tutto il Pd o l'Udc lo seguiranno. Ma lui confida nella forza della sua azione".
fonte : la Repubblica
L’inutile favola della mafia sconfitta
Ogni tanto qualcuno ci ricasca, per ragioni di retorica e di propaganda, e annuncia l’imminente dipartita della mafia. E’ un esercizio inutile come la previsione della fine del mondo. Il giorno dopo ti risvegli, apri gli occhi: il mondo e la mafia sono sempre lì.
Sia chiaro, mica siamo affezionati a Cosa nostra. Mica ci manca Totò Riina che sta benone dove sta. Anche a noi – e come potrebbe essere diversamente – piacerebbe scrivere il titolone: “C’era una volta la mafia”. Tuttavia, non si può. Problema tecnico, innanzitutto. Questa non è una partita di calcio che finisce con un risultato certo al massimo dopo i calci di rigore. Questa non è una battaglia tradizionale. Nessuno degli avversari, dal suo accampamento, alzerà mai bandiera bianca. Nessuno ci dirà mai – e non avremo modo di saperlo chiaramente – che la mafia è sconfitta.
Problema sostanziale. La mafia si alimenta di condizioni sociali e culturali specifiche, l’elenco è superfluo perché l’abbiamo imparato alle elementari. Le vittorie militari vanno benissimo. Tuttavia, se non si rimuovono le condizioni di cui sopra, in ogni momento la malapianta potrà nutrirsi e rialzare la testa. Magari, per nascondersi meglio, non si chiamerà mafia; si chiamerà “Pia confraternita di estorsioni, stragi e omicidi”. Ma sarà la stessa cosa.
fonte : Livesicilia
Sia chiaro, mica siamo affezionati a Cosa nostra. Mica ci manca Totò Riina che sta benone dove sta. Anche a noi – e come potrebbe essere diversamente – piacerebbe scrivere il titolone: “C’era una volta la mafia”. Tuttavia, non si può. Problema tecnico, innanzitutto. Questa non è una partita di calcio che finisce con un risultato certo al massimo dopo i calci di rigore. Questa non è una battaglia tradizionale. Nessuno degli avversari, dal suo accampamento, alzerà mai bandiera bianca. Nessuno ci dirà mai – e non avremo modo di saperlo chiaramente – che la mafia è sconfitta.
Problema sostanziale. La mafia si alimenta di condizioni sociali e culturali specifiche, l’elenco è superfluo perché l’abbiamo imparato alle elementari. Le vittorie militari vanno benissimo. Tuttavia, se non si rimuovono le condizioni di cui sopra, in ogni momento la malapianta potrà nutrirsi e rialzare la testa. Magari, per nascondersi meglio, non si chiamerà mafia; si chiamerà “Pia confraternita di estorsioni, stragi e omicidi”. Ma sarà la stessa cosa.
fonte : Livesicilia
sabato 7 agosto 2010
"Più pm a Caltanissetta"
Se il governo non interverrà immediatamente per mandare alla Procura di Caltanissetta più magistrati "non solo si consentirà un nuovo rafforzamento" della mafia, ma si impedirà che venga "fatta definitiva luce" sulle stragi del '92 e '93. È quanto si legge in un'interpellanza bipartisan al presidente del Consiglio e al ministro della Giustizia firmata da deputati del Pd, di Fli, del Pdl, dell'Udc e dell'Idv.
I firmatari si rifanno a quanto detto dal procuratore della Repubblica del Tribunale di Caltanissetta, Sergio Lari, nella sua audizione davanti all'Antimafia del 20 luglio scorso. Ma l'allarme lanciato da Lari è contenuto anche nei dati pubblicati nel Csm: a Caltanissetta, si ricorda, c'è una 'scoperturà media nell'organico dei magistrati del 32,33% a fronte di una media nazionale del 12,82%. La situazione è più drammatica per quanto riguarda i Pm: la loro 'scoperturà arriva al 40,48%, a fronte di una media nazionale del 15,4%.
In sostanza, si legge ancora nell'interpellanza che porta, tra le altre, le firme dei finiani Fabio Granata e Angela Napoli, nel distretto giudiziario di Caltanissetta "manca oltre un magistrato su tre di quelli previsti in organico". Tanto che la procura di Caltanissetta, scrivono, può definirsi "come una delle strutture giudiziarie più disagiate d'Italia".
E a nulla, denunciano i deputati, è valsa la legge per consentire anche ai magistrati di prima nomina di andare nelle sedi disagiate. La procura della Repubblica di Caltanissetta, sottolineano, "si trova attualmente impegnata non solo" nella lotta alle "più efferate compagini mafiose", ma anche <
Non intervenire immediatamente per tentare di sanare la situazione, conclude l'interpellanza, "equivarrà non solo a consentire un nuovo rafforzamento della criminalità organizzata di stampo mafioso, ma anche ad impedire che sia fatta definitiva luce su una delle pagine più delicate della storia criminale, giudiziaria e politica della Repubblica". I deputati del Pdl che hanno firmato il documento sono Salvatore Torrisi e Ida Vitale D'Ippolito.
fonte : lasiciliaweb.it
I firmatari si rifanno a quanto detto dal procuratore della Repubblica del Tribunale di Caltanissetta, Sergio Lari, nella sua audizione davanti all'Antimafia del 20 luglio scorso. Ma l'allarme lanciato da Lari è contenuto anche nei dati pubblicati nel Csm: a Caltanissetta, si ricorda, c'è una 'scoperturà media nell'organico dei magistrati del 32,33% a fronte di una media nazionale del 12,82%. La situazione è più drammatica per quanto riguarda i Pm: la loro 'scoperturà arriva al 40,48%, a fronte di una media nazionale del 15,4%.
In sostanza, si legge ancora nell'interpellanza che porta, tra le altre, le firme dei finiani Fabio Granata e Angela Napoli, nel distretto giudiziario di Caltanissetta "manca oltre un magistrato su tre di quelli previsti in organico". Tanto che la procura di Caltanissetta, scrivono, può definirsi "come una delle strutture giudiziarie più disagiate d'Italia".
E a nulla, denunciano i deputati, è valsa la legge per consentire anche ai magistrati di prima nomina di andare nelle sedi disagiate. La procura della Repubblica di Caltanissetta, sottolineano, "si trova attualmente impegnata non solo" nella lotta alle "più efferate compagini mafiose", ma anche <
Non intervenire immediatamente per tentare di sanare la situazione, conclude l'interpellanza, "equivarrà non solo a consentire un nuovo rafforzamento della criminalità organizzata di stampo mafioso, ma anche ad impedire che sia fatta definitiva luce su una delle pagine più delicate della storia criminale, giudiziaria e politica della Repubblica". I deputati del Pdl che hanno firmato il documento sono Salvatore Torrisi e Ida Vitale D'Ippolito.
fonte : lasiciliaweb.it
giovedì 5 agosto 2010
ACCADE IN SICILIA:
Appena nominato nella giunta provinciale è stato costretto a dimettersi dopo 24 ore perché nessun partito che sostiene la maggioranza lo ha riconosciuto come propria espressione. Succede nella terra di Pirandello, ad Agrigento, dove l'assessore "in cerca d'autore", Settimio Cantone, ha dovuto mandare giù il boccone amaro. Prima l'Udc e poi il Pdl hanno negato di avere inserito Cantone, che intanto aveva già giurato come assessore, nell'elenco dei nominabili della nuova giunta presieduta da Eugenio D'Orsi (Mpa). Cantone è stato disconosciuto sia dal Pdl, che fa riferimento al Guardasigilli Angelino Alfano, sia dall'Udc, partito a cui aveva aderito poche ore prima del rimpasto. Ovvio l'imbarazzo del presidente D'Orsi, costretto a fronteggiare una crisi esplosa pochi minuti dopo la presentazione della nuova giunta, con l'Udc che minacciava di uscire dalla maggioranza. A risolverla ci ha pensato Cantone, dimettendosi. Al suo posto l'Udc ha designato Salvatore Tuzzolino. "Le dimissioni sgomberano il campo da ogni equivoco - dice D'Orsi - in un esecutivo che non consente l'inserimento di indipendenti. Cantone mi era stato presentato come componente Udc, ma, sentito il senatore Salvatore Cuffaro, si è fatta immediatamente chiarezza, e al suo posto è stato designato Tuzzolino".
fonte : SiciliaInformazioni.com
fonte : SiciliaInformazioni.com
Rimandato a settembre
Alla fine resta quel po’ di amaro in bocca. Zanzaronate, iperboli, sogni e attese. E poi? Bè, insomma, poi c’è Berlusconi che accarezza paternamente la zazzera di Miccichè. Gli fa il ganascino sulla guancia, come Calboni con Fantozzi, e gli dice: “Caro, ne riparliamo a settembre”. Ecco, Gianfranco, non è una bocciatura. Però, però… Ma come, partisti a petto in fuori e tornasti senza niente? Magari, bocciato no, dicevamo. Ma rimandato sì. A settembre. Appunto.
E c’era bisogno del viaggio? Non bastava una telefonata, un sms un telegramma. Non bastava che una sera l’annunciatrice di Canale Cinque leggesse il proclama: “Stasera l’ultima puntata di “Torna a casa Lassie”. Scusate (ehm, ehm) messaggio per Gianfranco Miccichè: tu torna a settembre, carino”.
Certo, la giornata di ieri era convulsa. Da Caliendo al calando del governo. Certo, l’agenda di Silvio anche oggi sarà stata pienuccia. Capiamo tutto. Tuttavia, non sappiamo rassegnarci. Siete andati via così tu e Silvio come in una canzone di Baglioni, di schiena? Non c’è stato nemmeno il tempo per una foto col telefonino? Per una schiticchiata con Poldo-Bondi? C’è da rifletterci su quel “torna a settembre”. Gianfranco Miccichè trattato da Berlusconi come un Capezzone qualsiasi. Cioè, come nessuno
fonte : Livesicilia
E c’era bisogno del viaggio? Non bastava una telefonata, un sms un telegramma. Non bastava che una sera l’annunciatrice di Canale Cinque leggesse il proclama: “Stasera l’ultima puntata di “Torna a casa Lassie”. Scusate (ehm, ehm) messaggio per Gianfranco Miccichè: tu torna a settembre, carino”.
Certo, la giornata di ieri era convulsa. Da Caliendo al calando del governo. Certo, l’agenda di Silvio anche oggi sarà stata pienuccia. Capiamo tutto. Tuttavia, non sappiamo rassegnarci. Siete andati via così tu e Silvio come in una canzone di Baglioni, di schiena? Non c’è stato nemmeno il tempo per una foto col telefonino? Per una schiticchiata con Poldo-Bondi? C’è da rifletterci su quel “torna a settembre”. Gianfranco Miccichè trattato da Berlusconi come un Capezzone qualsiasi. Cioè, come nessuno
fonte : Livesicilia
Incidenza delle patologie tumorali a Gela. Sindacato punta il dito contro la fabbrica Eni
A Gela si ritorna a parlare di prevenzione e salute, questa volta a prendere posizione è la segreteria regionale della Fillea-Cgil, attraverso uno dei suoi componenti, Ignazio Giudice. Il sindacalista, per anni vicino alle vertenze avviate dai lavoratori edili attivi all'interno del petrolchimico gelese, elenca una serie di dati a dir poco preoccupanti.
“E' possibile - si chiede - che a Gela, tra il 1992 ed il 2002, su 13 mila bambini nati vivi quasi 700 abbiano presentato malformazioni cardiovascolari, dell'apparato digerente, degli arti e dei genitali?”. Stando al sindacato, la causa non è difficile da individuare: la fabbrica dell'Eni e l'inosservanza delle misure atte a limitare l'immissione in atmosfera di sostanze tossiche.
Con una delibera emanata dal Consiglio dei ministri nel 1990, Gela venne ufficialmente dichiarata “area ad elevato rischio di crisi ambientale”, in quanto “territorio caratterizzato da gravi alterazioni degli equilibri ecologici nei corpi idrici, nell'atmosfera o nel suolo”. Giudice, ancora, lancia l'allarme sull'incidenza in città delle patologie tumorali “superiore del 50% rispetto alla media regionale”.
Una delle soluzioni idonee ad attenuare la piaga, secondo la Fillea-Cgil, è sicuramente “un serio sistema di prevenzione sanitario, con al centro le malattie oncologiche, quelle professionali, ed ancora da impatto industriale”. Altro fattore preso in esame, l'attuale sproporzione tra la condizione di tutela dei lavoratori del diretto Eni, coperti, per quanto concerne i periodici controlli, da specifiche convenzioni stipulate fra la società e l'Asp di Caltanissetta, e quelli dell'indotto, da questo punto di vista poco garantiti, con in testa gli operai del settore edile.
“A Gela - aggiunge Giudice - deve al più presto avviarsi un progetto di prevenzione oncologica secondaria, esteso anche alle malattie cardiovascolari, aperto a tutti i lavoratori della fabbrica, senza distinzione di sorta”. Le critiche del componente della segreteria regionale del sindacato edile, inoltre, si dirigono anche in direzione dell'assoluto “disinteresse mostrato dai vertici dell'Eni a Gela rispetto alla nascente unità avanzata di radioterapia, testimoniato dall'assenza di rappresentanti della multinazionale all'inaugurazione del cantiere, svoltasi proprio ieri”.
fonte : SiciliaInformazioni.com
“E' possibile - si chiede - che a Gela, tra il 1992 ed il 2002, su 13 mila bambini nati vivi quasi 700 abbiano presentato malformazioni cardiovascolari, dell'apparato digerente, degli arti e dei genitali?”. Stando al sindacato, la causa non è difficile da individuare: la fabbrica dell'Eni e l'inosservanza delle misure atte a limitare l'immissione in atmosfera di sostanze tossiche.
Con una delibera emanata dal Consiglio dei ministri nel 1990, Gela venne ufficialmente dichiarata “area ad elevato rischio di crisi ambientale”, in quanto “territorio caratterizzato da gravi alterazioni degli equilibri ecologici nei corpi idrici, nell'atmosfera o nel suolo”. Giudice, ancora, lancia l'allarme sull'incidenza in città delle patologie tumorali “superiore del 50% rispetto alla media regionale”.
Una delle soluzioni idonee ad attenuare la piaga, secondo la Fillea-Cgil, è sicuramente “un serio sistema di prevenzione sanitario, con al centro le malattie oncologiche, quelle professionali, ed ancora da impatto industriale”. Altro fattore preso in esame, l'attuale sproporzione tra la condizione di tutela dei lavoratori del diretto Eni, coperti, per quanto concerne i periodici controlli, da specifiche convenzioni stipulate fra la società e l'Asp di Caltanissetta, e quelli dell'indotto, da questo punto di vista poco garantiti, con in testa gli operai del settore edile.
“A Gela - aggiunge Giudice - deve al più presto avviarsi un progetto di prevenzione oncologica secondaria, esteso anche alle malattie cardiovascolari, aperto a tutti i lavoratori della fabbrica, senza distinzione di sorta”. Le critiche del componente della segreteria regionale del sindacato edile, inoltre, si dirigono anche in direzione dell'assoluto “disinteresse mostrato dai vertici dell'Eni a Gela rispetto alla nascente unità avanzata di radioterapia, testimoniato dall'assenza di rappresentanti della multinazionale all'inaugurazione del cantiere, svoltasi proprio ieri”.
fonte : SiciliaInformazioni.com
mercoledì 4 agosto 2010
Parte la corsa all'oro nero sotto il mare della Sicilia
Texani, canadesi, irlandesi, yemeniti. Tutti a caccia dell'oro nero nel Canale di Sicilia. Un vero e proprio assalto al mare delle coste dell'Isola da parte di piccole e mega compagnie internazionali di petrolio. Sono ben 20 le domande per trivellazioni al vaglio del ministero dello Sviluppo economico, sulle quali la Regione non ha alcun potere. Tutto ciò che riguarda le con piattaforme off-shore transita dalle stanze del ministero, mentre il governo di Raffaele Lombardo ha già approvato una delibera che dice "no" alle trivellazioni. "Siamo di fronte a un assalto che rischia di stravolgere l'economia della nostra regione, mettendo in grandi difficoltà le marinerie ma anche gli imprenditori che hanno investito nel turismo, come i Rocco Forte che adesso a Sciacca davanti al loro golf resort potrebbero vedersi installate tre mega piattaforme petrolifere", dice l'assessore al Territorio Roberto Di Mauro, che ha già dato mandato al rappresentante della Regione nel nucleo di Valutazione d'impatto ambientale del ministero, la soprintendente di Ragusa Vera Greco, di opporsi chiedendo relazioni su relazioni per il rischio d'inquinamento del mare e delle coste, "a oggi mai arrivate".
L'assessore Di Mauro ha sul suo tavolo un dossier di 40 pagine che da un lato mette nero su bianco i rischi per l'economia e l'ambiente siciliano, e dall'altro chi sono le imprese che vogliono trivellare nel Canale di Sicilia. Oltre alle 6 piattaforme al momento installate al largo di Ragusa e del golfo di Gela, e oltre alle 20 istanze già approvate, al ministero ci sono ben 20 richieste di autorizzazione a nuovi permessi di ricerca nel Canale di Sicilia. Cinque fanno capo alla Northern Petroleum, colosso londinese che con la Shell ha già avviato ricerche in tutto il Mediterraneo. La società inglese chiede di poter installare tre piattaforme nel mare delle Isole Egadi per avviare ricerche in una superficie complessiva di 1.600 chilometri quadrati. La Northern Petroleum chiede di poter avviare ricerche anche nel golfo di Gela, nella zona di Capo Rossello ad Agrigento e, insieme agli irlandesi della Petrolcelitc Elsa, nel mare tra Siculiana e Porto Empedocle. La Petrolceltic è controllata al 100 per cento dall'omonima società irlandese, e in Italia ha stretto collaborazioni con Vega Oil ed Eni, con la quale chiede di trivellare anche nel golfo di Gela.
I canadesi della Hunt oil company, invece, hanno messo nel mirino tre siti: il primo tra Sciacca e Agrigento, il secondo tra Sciacca e Siculiana Marina, e il terzo tra Mazara del Vallo e Menfi. E se la Puma petroleum, società anche questa londinese, chiede di poter avviare ricerche tra Lampedusa e Linosa, un consorzio composto dalla British gas e della italiane Eni ed Edison chiede di poter avviare ricerche tra Licata e Punta Bianca. Anche i texani, dopo il tentativo della Panther Oil nel Val di Noto, vogliono cercare petrolio nel mar siciliano. Precisamente tra Scoglitti e Pozzallo, attraverso la Sviluppo risorse naturali (Srn), società controllata dalla Mediterranean Resources con sede ad Austin in Texas. Ultima istanza presentata al ministero è quella dei canadesi della Nautical petroleum, che chiedono di avviare ricerche tra la foce del fiume Dirillo e punta D'Aliga.
Ma perché tutto questo interesse a trivellare nel mare siciliano? Semplice: secondo i dati del ministero nel Canale di Sicilia giace una riserva di petrolio apri a 2,3 milioni di tonnellate certamente estraibili, un terzo di quello che risiede nel resto del mare che bagna le coste d'Italia.
L'assessore Di Mauro ha già commissionato un primo studio sui rischi per l'economia in caso d'incidenti come quello avvenuto nel golfo del Messico causato dalla British petroleum. "La gran parte dei richieste di estrazione insiste su riserve naturali protette e siti di importanza comunitaria - dice Di Mauro - Ci sono intere marinerie, come quelle di Trapani, Mazara del Vallo o Sciacca, che non solo non potrebbero avvicinarsi in un raggio di 500 metri attorno alle piattaforme, ma che soltanto per il traffico di petroliere che ci sarà nel Canale di Sicilia vedrebbero ridotto il loro raggio d'azione". Per la sovrintendete di Ragusa, Greco, i rischi sono elevati: "Al ministero ci hanno fatto vedere delle simulazione in caso d'incidenti, spiegandoci che le correnti marine sono quasi sempre dalla terraferma verso il largo - dice la Greco - Ma quel "quasi" significa pure che le correnti potrebbero a volte spingere eventuali chiazze di petrolio verso le nostre coste".
(03 agosto 2010
Fonte : la Repubblica
L'assessore Di Mauro ha sul suo tavolo un dossier di 40 pagine che da un lato mette nero su bianco i rischi per l'economia e l'ambiente siciliano, e dall'altro chi sono le imprese che vogliono trivellare nel Canale di Sicilia. Oltre alle 6 piattaforme al momento installate al largo di Ragusa e del golfo di Gela, e oltre alle 20 istanze già approvate, al ministero ci sono ben 20 richieste di autorizzazione a nuovi permessi di ricerca nel Canale di Sicilia. Cinque fanno capo alla Northern Petroleum, colosso londinese che con la Shell ha già avviato ricerche in tutto il Mediterraneo. La società inglese chiede di poter installare tre piattaforme nel mare delle Isole Egadi per avviare ricerche in una superficie complessiva di 1.600 chilometri quadrati. La Northern Petroleum chiede di poter avviare ricerche anche nel golfo di Gela, nella zona di Capo Rossello ad Agrigento e, insieme agli irlandesi della Petrolcelitc Elsa, nel mare tra Siculiana e Porto Empedocle. La Petrolceltic è controllata al 100 per cento dall'omonima società irlandese, e in Italia ha stretto collaborazioni con Vega Oil ed Eni, con la quale chiede di trivellare anche nel golfo di Gela.
I canadesi della Hunt oil company, invece, hanno messo nel mirino tre siti: il primo tra Sciacca e Agrigento, il secondo tra Sciacca e Siculiana Marina, e il terzo tra Mazara del Vallo e Menfi. E se la Puma petroleum, società anche questa londinese, chiede di poter avviare ricerche tra Lampedusa e Linosa, un consorzio composto dalla British gas e della italiane Eni ed Edison chiede di poter avviare ricerche tra Licata e Punta Bianca. Anche i texani, dopo il tentativo della Panther Oil nel Val di Noto, vogliono cercare petrolio nel mar siciliano. Precisamente tra Scoglitti e Pozzallo, attraverso la Sviluppo risorse naturali (Srn), società controllata dalla Mediterranean Resources con sede ad Austin in Texas. Ultima istanza presentata al ministero è quella dei canadesi della Nautical petroleum, che chiedono di avviare ricerche tra la foce del fiume Dirillo e punta D'Aliga.
Ma perché tutto questo interesse a trivellare nel mare siciliano? Semplice: secondo i dati del ministero nel Canale di Sicilia giace una riserva di petrolio apri a 2,3 milioni di tonnellate certamente estraibili, un terzo di quello che risiede nel resto del mare che bagna le coste d'Italia.
L'assessore Di Mauro ha già commissionato un primo studio sui rischi per l'economia in caso d'incidenti come quello avvenuto nel golfo del Messico causato dalla British petroleum. "La gran parte dei richieste di estrazione insiste su riserve naturali protette e siti di importanza comunitaria - dice Di Mauro - Ci sono intere marinerie, come quelle di Trapani, Mazara del Vallo o Sciacca, che non solo non potrebbero avvicinarsi in un raggio di 500 metri attorno alle piattaforme, ma che soltanto per il traffico di petroliere che ci sarà nel Canale di Sicilia vedrebbero ridotto il loro raggio d'azione". Per la sovrintendete di Ragusa, Greco, i rischi sono elevati: "Al ministero ci hanno fatto vedere delle simulazione in caso d'incidenti, spiegandoci che le correnti marine sono quasi sempre dalla terraferma verso il largo - dice la Greco - Ma quel "quasi" significa pure che le correnti potrebbero a volte spingere eventuali chiazze di petrolio verso le nostre coste".
(03 agosto 2010
Fonte : la Repubblica
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