Sono entrati in pieno giorno a casa del giudice Marina Petruzzella, a Pallavicino, quando erano sicuri che all'interno non c'era più nessuno. Hanno divelto una porta finestra e disattivato subito il sistema di allarme. Un lavoro da professionisti, così hanno rilevato gli esperti della Scientifica dei carabinieri. E non erano ladri: perché hanno lasciato gioielli, soldi e computer al loro posto. Hanno soltanto frugato nella borsa del giudice e messo a soqquadro la stanza dei figli.
È accaduto a inizio agosto, ma la notizia trapela adesso. C'è un'inchiesta della Procura di Caltanissetta per fare luce sull'ennesima intimidazione al magistrato che fra giugno e luglio ha inflitto pesanti condanne ai boss del racket che operavano fra la Noce e Porta Nuova. Nelle scorse settimane, il giudice della sezione indagini preliminari ha iniziato ad occuparsi del processo ai favoreggiatori di Matteo Messina Denaro, arrestati nell'ambito dell'operazione "Golem 1". Leonardo Bonafede e Franco Luppino sono stati già rinviati a giudizio. Si attende invece la decisione per Domenico Nardo e Franco Indelicato, accusati di un traffico di cocaina.
Un'altra misteriosa incursione a casa del giudice era avvenuta a febbraio, dopo una sequenza di episodi tutti da chiarire. Prima, il sabotaggio della motocicletta del marito di Marina Petruzzella; poi, il furto dell'auto del magistrato, sotto casa (preceduto da alcuni spari di pistola nel cuore della notte).
Dopo l'ultimo raid, il presidente della giunta distrettuale dell'Anm, Nino Di Matteo, ha inviato una lettera al procuratore Messineo, al procuratore generale Croce, al presidente del tribunale e al presidente dell'ufficio gip. Viene chiesto di rivedere il sistema di protezione attorno a Marina Petruzzella. Le intimidazioni nei suoi confronti erano state all'ordine del giorno di un comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza, convocato a maggio in prefettura. All'epoca, era stata confermata la vigilanza saltuaria dell'abitazione del magistrato da parte delle forze dell'ordine, ma niente di più.
fonte : la Repubblica
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