Vivere a volte può diventare abitudine, una lunga assuefazione che si rinnova ogni qual volta accade un mutamento; certo la questione non è poi così negativa se esposta in questo modo, d’altra parte l’uomo è riuscito in qualche modo a sopravvivere proprio perché riesce comunque ad adattarsi.
Ma questo assuefarsi alle situazioni, alle cose, all’ambiente, può diventare un problema?
Viviamo in un quotidiano molto simile ad uno scenario di guerra, e anche se non piovono bombe ma sollecitazioni neurali, il risultato non cambia poi di molto.
Siamo costretti a sacrificare parte dei nostri impulsi, della nostra creatività, delle emozioni, per far fronte ad un presente sempre più aggressivo; ogni giorno siamo costretti a scegliere, volontariamente o meno, se interessarci del futuro di questo mondo, oppure inventarci una soluzione per arrivare all’indomani, costretti nella morsa di una crisi che non è più soltanto economica ma anche personale.
Vi chiederete come potremmo fare qualcosa per il mondo…semplicemente costruendo un futuro più vivibile per i nostri figli e coloro che ci stanno accanto; ma, nonostante i buoni propositi, continuiamo ad assuefarci.
Assuefazione è il termine che identifica il passo successivo all’adattarsi…cosa significa?
Significa dimenticare troppo presto un sentimento e lasciarsi sedurre dall’idea che sia del tutto normale; e quando parlo di sentimenti non mi riferisco soltanto all’amore, all’affetto, soprattutto in questo caso mi riferisco ai sentimenti propri del sociale, a tutto ciò che turba la coscienza ma rimane soltanto turbamento, non riesce a tramutarsi in azione.
Il nostro peggior nemico è l’adattarsi allo stato delle cose, quel senso di inerzia che ci assale e che, subito dopo, ci porta a dimenticare.
Pochi mesi fa hanno abbattuto un albero secolare per fare un’area di sosta…oggi quasi nessuno ricorda più cosa c’era al posto di tutte quelle auto parcheggiate…adattarsi…ci adattiamo alle situazioni, e lo facciamo a tal punto che la memoria del passato svanisce del tutto.
Com’era la vostra città prima che abusivismo e cementificazione selvaggia ne corrompessero l’antico disegno? Cosa c’era al posto di quel casermone di cemento con decine di appartamenti simili a piccole prigioni, privo di requisiti di sicurezza?
Chi era quella donna violentata e picchiata nel parco qualche mese addietro? Di che colore erano gli occhi di quel bambino abusato?
Non lo sappiamo…fugacemente abbiamo forse letto le varie notizie e ci siamo adagiati alla situazione…una donna violentata? Viviamo in tempi bui….un ragazzino abusato…che vergogna…l’ambiente deturpato? Perché…cosa c’era prima?
Queste le risposte che ci diamo…il mondo cambia (e cambia in peggio), mentre noi continuiamo ad adattarci al suo peggiorare, incapaci di reagire, impossibilitati, costretti ad occuparci di un quotidiano fin troppo pesante e che continuiamo ad appesantire con la nostra inerzia.
Ricordo sempre una battuta (che poi era una vera frase ascoltata in un distributore di benzina)…è aumentata la benzina? E che me frega…tanto io metto sempre dieci euro…
Inerzia, adattamento, assuefazione…le tre condizioni che ingrassano il sistema e chi lo gestisce traendone profitto.
Sinceramente…è un vero peccato.
di Roberto La Paglia
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