Salvatore Cardinale, ex ministro della Comunicazione e oggi esponente di spicco del Pd, e il deputato regionale Rudy Maria, presidente del neonato gruppo dei Popolari per l'Italia domani all'Ars, sono indagati nell'inchiesta su mafia e appalti che è stata avviata dalla procura di Caltanissetta. Un'inchiesta che si è animata grazie alle dichiarazioni dell'ex presidente dell'Ance (l'associazione dei costruttori edili) Pietro Di Vincenzo al quale è stato confiscato, seppure in via non definitiva, il patrimonio che ammonta a circa 280 milioni. La procura avrebbe iscritto nel registro degli indagati una ventina tra politici e burocrati.
Il procuratore generale di Caltanissetta, Roberto Scarpinato, nel procedimento d'appello legato alla confisca dei beni, ha citato alcune presunte movimentazioni di danaro proprio in favore di Cardinale e Maira. Le somme, a dire di Scarpinato, sarebbero state utili "ad oliare la macchina amministrativa". Al momento della confisca dei beni sono stati trovati pizzini con nomi accanto ai quali erano apposte delle cifre.
«Andrò dai magistrati con la serenità di chi ha la coscienza a posto e la consapevolezza di essere assolutamente estraneo a tale vicenda. Sono certo di potere dimostrare non solo la mia distanza da quel mondo, ma di avere sempre operato per impedire che la pubblica amministrazione venisse permeata dal malaffare». Così si difende Cardinale. L’esponete del Pd afferma che l’avviso di garanzia notificatogli dalla Procura contiene «la contestazione di una presunta partecipazione del sottoscritto a una associazione semplice avente per scopo, dalla metà degli anni Ottanta ad oggi, la gestione di appalti pubblici. Nessuna contestazione di reati specifici mi viene addebitata».
fonte la Repubblica
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