Un debito da 140 milioni di euro, tanto dovrebbe la Regione Sicilia alla “Raffineria di Gela s.p.a.”, società del gruppo Eni, rischia di rafforzare la crisi acqua a Gela.
L'azienda, infatti, fin dagli anni '70, gestisce, proprio per conto della Regione Sicilia, i quattro moduli del dissalatore di Gela, tutti ubicati all'interno del perimetro della fabbrica.
Dal 2006, stando ai vertici della multinazionale lombarda, l'ente guidato da Raffaele Lombardo non paga il servizio di gestione e manutenzione svolto dalla Raffineria gelese.
Venendo meno le fonti economiche dirette a chi, materialmente, si prende cura degli impianti per la dissalazione dell'acqua, il servizio dovrebbe essere bloccato fin dal prossimo dicembre.
Un ultimatum quello lanciato da Eni alla Regione: o il debito verrà sanato oppure i moduli, che assicurano 1.200 mc di acqua all'ora, distribuiti fra Gela, Niscemi e alcuni comuni dell'agrigentino, non saranno più in marcia.
L'unico che non dovrebbe essere spento, invece, è il quinto modulo-bis, gestito dalla “Pietro Di Vincenzo s.p.a.”, società in amministrazione controllata a causa delle inchieste giudiziarie che hanno investito l'imprenditore nisseno Pietro Di Vincenzo, attualmente detenuto.
Si tratterebbe, però, di una fornitura di soli 700 mc all'ora.
Angelo Fasulo, sindaco di Gela, nelle ultime ore ha dichiarato che “al momento non esistono veri e propri rischi per le forniture idriche a Gela, quella dell'Eni è una comunicazione che mira a risolvere rapporti assai tesi con la Regione e con Siciliacque, anche la mia amministrazione, infatti, pensa che queste due entità abbiamo da sempre gestito l'affare acqua in maniera errata, adesso i nodi vengono al pettine”.
“Sono convinto-aggiunge Fasulo-che l'Eni voglia semplicemente spingere la Regione ad intervenire rispetto alla manutenzione di impianti che, alla fin dei conti, appartengono proprio all'ente regionale”.
Le perdite di “Raffineria di Gela s.p.a.”, quindi, già rilevanti nel bilancio dello scorso anno, chiuso con un rosso di 274 milioni di euro, avrebbero spinto i vertici societari a sollecitare pagamenti arretrati per almeno 140 milioni.
Sembrano assai lontane, anche se pronunciate solo tre anni fa, la parole dell'ex sindaco di Gela Rosario Crocetta che annunciava accordi per far arrivare nelle case dei gelesi acqua ventiquattro ore al giorno: aprendo, così, all'uso delle risorse provenienti dalle dighe “Disueri” e “Cimia”, senza parlare di quelle prodotte dall'invaso del “Ragoleto”.
In quei convulsi giorni si parlava di 100 litri di acqua al secondo pronti ad inondare Gela, che, oggi, invece, si scopre sempre più dipendente dal dissalatore regionale.
Fonte: Siciliainformazioni
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