E’ stata scelta l’aula bunker del carcere Pagliarelli di Palermo per celebrare l’ultima udienza del processo d’Appello a Marcello Dell’Utri, senatore del Pdl e fra i fondatori di Forza Italia. Spazio allora alla replica del pg e alla controreplica della difesa e, forse, anche alle dichiarazioni spontanee dell’imputato in un processo che non ha lesinato sorprese e colpi di scena proprio quando si avviava alla conclusione. Eventi che Livesicilia vi ha documentato con aggiornamenti in diretta. Così sarà anche per l’ultima puntata.
Ecco le tappe fondamentali del processo a Dell’Utri.
Era il 30 giugno 2006 quando ha preso le mosse il processo d’Appello a Marcello Dell’Utri. La sentenza di primo grado che condannava il senatore del Pdl per concorso esterno in associazione mafiosa a 9 anni e Gaetano Cinà (intanto deceduto) per 416 bis a 7 anni è stata emessa l’11 dicembre 2004 dalla seconda sezione penale del tribunale di Palermo presieduta da Leonardo Guarnotta, a latere Gabriella Di Marco e Giuseppe Sgadari. Per la corte Dell’Utri ha dato “un concreto, volontario, consapevole, specifico e prezioso contributo al mantenimento, consolidamento e rafforzamento di Cosa nostra, alla quale è stata, tra l’altro offerta l’opportunità, sempre con la mediazione di Dell’Utri, di entrare in contatto con importanti ambienti dell’economia e della finanza, così agevolandola nel perseguimento dei suoi fini illeciti, sia meramente economici che politici”.
Sulla traccia della sentenza di primo grado, oltre 1.700 pagine, si è svolto il processo d’Appello fino a quando non è irrotto nella scena Massimo Ciancimino. Nello stesso periodo il figlio del sindaco mafioso di Palermo ha cominciato a collaborare con i magistrati della procura di Palermo. Dai sequestri derivanti dalle perquisizioni in casa di Ciancimino jr viene, infatti, rinvenuta una lettera strappata in cui sono contenute minacce indirizzate a Silvio Berlusconi e provenienti dai vertici di Cosa nostra. I pm mostrano il foglio e Ciancimino jr scoppia a piangere: non voleva parlare di queste cose. Ma Massimo parlerà e le sue dichiarazioni, inevitabilmente, finiscono nel giudizio in corso contro Marcello Dell’Utri.
Il 17 settembre 2009 arriva la prima decisione dei giudici sul figlio dell’ex sindaco di Palermo sulla richiesta avanzata dal pg Nino Gatto prima della pausa estiva. “Contraddittorio” scrivono in un’ordinanza di un paio di pagine e non è “di utile rilievo e apprezzamento processuale” al punto da riaprire il dibattimento. Perché il processo, a settembre, era già alla sua conclusione: la requisitoria era già cominciata. Ma da lì a poco ci sarà un altro ciclone che investirà il processo che ha un nome e un cognome: Gaspare Spatuzza.
Il 23 ottobre il pg Nino Gatto chiede la sospensione della discussione del processo e la riapertura dell’istruttoria per interrogare in aula il pentito Gaspare Spatuzza e i boss di Brancaccio Giuseppe e Filippo Graviano. L’istanza è stata sollevata dopo che il pg ha ricevuto dalla procura i verbali con l’interrogatorio reso da Spatuzza il 6 ottobre.
Il 30 ottobre si riapre il processo. La testimonianza di Spatuzza è una “prova nuova” e “assolutamente necessaria” per i giudici. Per sentire il pentito viene fissata un’udienza in trasferta, per motivi di sicurezza, a Torino per il 4 dicembre seguente. Intanto, il 20 novembre, sul processo vengono riversati montagne di verbali. Due faldoni in cui solo l’indice è di due pagine.
Il 4 dicembre, a Torino, viene sentito Gaspare Spatuzza che ribadisce le accuse lanciate contro Dell’Utri contenute nei verbali resi ai pm di Palermo, Caltanissetta e Firenze. Un evento mediatico di livello internazionale.
L’11 dicembre è la volta dei capimafia Giuseppe e Filippo Graviano. Il primo risponde e non conferma le dichiarazioni di Spatuzza, il secondo si rifiuta. La corte nega all’accusa di sentire anche il killer di Brancaccio Salvatore Grigoli a riscontro delle dichiarazioni di Spatuzza. Negata anche l’audizione degli ex camorristi Antonio Cutolo e Luigi D’Andrizza proposta dalla difesa.
Il 12 febbraio 2010 la corte concede due settimane alla difesa per esprimersi sulla nuova richiesta del pg Nino Gatto di sentire Massimo Ciancimino che questi ha deposto al processo Mori e ha tirato in ballo l’imputato, Marcello Dell’Utri.
Il 5 marzo i giudici rigettano nuovamente la richiesta di sentire Massimo Ciancimino ritenendolo “non credibile” nella loro ordinanza (link).
II 19 marzo il pg Nino gatto riprende la sua requisitoria.
Il 16 aprile l’accusa conclude: “Condannate l’imputato a 11 anni”.
Il 30 aprile ancora un colpo di scena, questa volta della difesa, che chiede un’altra riapertura del dibattimento. Per i legali del senatore c’è una intercettazione che rivelerebbe un piano ordito contro il loro assistito ordito da mani politiche. Il 7 maggio la corte respinge la richiesta della difesa che continua la sua arringa.
Il 18 giugno terminano le arringhe difensive e la corte legge in aula un comunicato in cui i giudici si definiscono “indifferenti alle pressioni mediatiche” e sostengono di “rispondere solo di fronte alla legge e alla loro coscienza”. Questo in seguito ad alcuni attacchi della stampa contro i componenti del collegio giudicante.
fonte Livesicilia
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